Golden va avanti nei playoff, adesso nessuno più è scettico sulle capacità di allenatore di Mark Jackson

Golden State va avanti nei playoff, adesso nessuno più è scettico sulle capacità di allenatore di Mark Jackson

 “Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare.”

Con questa frase potremmo sintetizzare la partita dei Warriors che dopo una brutta prestazione martedì, in Colorado, hanno chiuso la serie, accedendo al secondo turno dopo sei anni dall’ultima volta, anche se per loro è stato come aver vinto una finale.

Draymond Green che si lancia in un abbraccio con un emozionato Mark Jackson. Jarrett Jack che si butta a terra incredulo, mentre Steph Curry raccoglie gli applausi del pubblico, sorridendo a chiunque gli capiti attorno.

Dimenticate  quel “We believe”, perché ora è tutto vero.  Questi Warriors hanno dimostrato di meritare le semifinali di conference più di ogni altra squadra. Entusiasmando tifosi e non, al termine di una serie alquanto combattuta.

E poco importa se sono saltati tutti gli schemi, se si è tirato con il 28% da tre e il 40.3% dal campo (entrambe peggiori percentuali della serie) e se nel finale si è corso un rischio assai provante per le coronarie dei 19.596 spettatori dell’Oracle Arena, senza contare quelli a casa o seduti a bordo campo.

Un finale in cui i Nuggets erano addirittura tornati a -2, gettando al vento l’opportunità di pareggiare e concedendo ai padroni di casa di emettere la sentenza definitiva per gli uomini di Karl, che avevano chiuso il primo tempo in vantaggio di due punti, ma protagonisti di un terzo quarto disastroso, in cui Curry e compagnia hanno fatto tutto quello che volevano. Una fuga in doppia cifra che assume l’impronta del figlio d’arte, autore di 12 dei suoi 22 punti nella frazione determinante ai fini del match.

Ma chi ha sorpreso più di tutti è stato sicuramente Bogut che ha segnato 14 punti (7/10 dal campo), ma soprattutto ha catturato 21 rimbalzi, distruggendo le critiche dopo la brutta prestazione di gara-5. A tutto questo ha aggiunto pure 4 stoppate, vincendo nettamente il duello con McGee che si è dovuto arrendere al dominio dell’australiano che ha guidato i suoi ad un fondamentale 55-44 a rimbalzo, segno di una bravura incommensurabile nel raccogliere gli errori avversari che in questa partita, ma anche nel corso di tutte e sei le gare, sono stati davvero tanti.

Non si può pensare di vincere una serie di playoff tirando così male, specialmente nell’occasione che rimanderebbe il discorso a gara-7. 34.7% dal campo, 25% da tre e un imbarazzante 61.9% ai liberi. E non c’entrano le sole 7 palle perse contro le 19 (7 di Curry) dei Warriors, perché è segnando il più possibile che si vincono le partite, specialmente contro squadre così imprevedibili offensivamente.

Se poi i tuoi uomini (Iguodala a parte) ti abbandonano nel momento cruciale, allora è normale che vieni eliminato al primo turno e su questo George Karl rifletterà sicuramente, mentre Golden State andrà ad affrontare gli Spurs con l’intenzione di fare un altro colpaccio, questa volta ben più grosso del precedente, per spingersi più in là di quel 2007, in cui vennero eliminati dagli Utah Jazz, non senza combattere.

“Tutto è andato come sarebbe dovuto andare” ha dichiarato Steph Curry dopo la partita ed è da questo monito che Golden State ripartirà lunedì notte, con magari un David Lee in più.

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