20130502-150227.jpgParafrasando la famosissima frase che rese famosa la sfortunata missione dell’Apollo 13 possiamo affermare “Oklahoma City, abbiamo un problema!” e possiamo aggiungere “Houston, abbiamo una serie!”.

Riascoltando attentamente il dialogo tra l’equipaggio e la base sempre che la trascrizione corretta sia “abbiamo avuto un problema”, affermazione che calza ancora più a pennello per i Thunder.

Il problema si chiama Russell Westbrook, presente al palazzetto anche lui in veste da tifoso con la maglietta blue d’ordinanza, ma sigillato in uno degli sky-box per evitare qualsiasi inconveniente post operatorio. L’assenza dell’All Star si è fatta sentire più che mai e lo stesso Durant sembra affaticato dall’iper-impiego a cui è sottoposto.

Per la prima volta in carriera in una partita di play-off in cui ha giocato almeno 10 minuti ha chiuso un quarto senza canestri dal campo. Merito anche della difesa di Houston che senza nascondersi fin da inizio gara ha fatto di tutto per togliergli la palla dalla mani ma demerito va anche ai compagni di squadra di Durant che non sfruttano la liberta concessagli e chiudono la gara con percentuali al tiro alquanto rivedibili.

Jackson è l’unico che trova con continuità la via del canestro, a Fisher non basta l’esperienza perché il minutaggio si è impannato e alla lunga paga dazio alla non più giovane età. Chi toppa clamorosamente è Kevin Martin autore di un deleterio 1 su 10 dal campo.

Il sostituto naturale di Harden si sapeva non essere in grado di creare gioco come il predecessore ma come realizzatore era sempre stata una sicurezza. In fondo anche Martin ha poca esperienza da play-off avendo sempre giocato in squadre perdenti e adesso che le partite si giocano più sull’emotività che sulla tecnica il peso del ruolo di spalla di Durant si sta facendo sentire.

Dall’altra parte Harden, forse respirando aria di “casa”, gioca la migliore partita della serie, parte con sette triple consecutive per 31 punti finali. Il confronto con Martin è impietoso e il destino ha giocato un brutto scherzo ai Thunder. Li ha privati di Westbrook proprio quando di fronte c’è Harden, capace di mettere a nudo tutti i problemi che si pensava potessero nascere con l’addio del “Barba”.

Nessuno riesce a creare qualcosa che non sia Durant in aggiunta McHale sta vincendo la sfida diretta con Brooks costringendo il coach Thunder a far sedere in panchina Perkins e Collison per la quasi totalità della partita. I due veterani faticano troppo e subiscono il gioco perimetrale dei pariruolo Rockets.

Houston prende subito in mano le redini della gara e chiude il primo tempo con un vantaggio di sette lunghezze. Nel secondo tempo allunga anche fino a sedici punti. Ancora fermo Lin Houston perde anche Delfino per la seconda parte di gara ma trova un Garcia totalmente rinato. Ancora una buona prova su Durant a cui aggiunge un’ottima serata offensiva.

Nel finale Brooks prova anche il fallo sistematico su Asik a cui il turco risponde con 11 liberi segnati con cui assicura la vittoria per i suoi. Il centro chiude ancora con una doppia doppia, sempre più indispensabile per questa squadra e per il gioco che McHale vuole proporre.

L’ero di serata però è Harden che non partecipa alla sessione di tiro mattutina perché malato e gioca nonostante sintomi simil influenza che avrebbero dovuto limitarlo ma in realtà sembra che lo abbiano tenuto più sotto controllo. “Abbiamo giocato senza pressione” ammette Harden “siamo una numero 8 e nessuno si aspetta che possiamo vincere”.

Serata deficitaria al tiro per i Thunder che ora devono ritrovare l’inerzia per poter chiudere la serie. “Hanno preso fiducia” le parole di Brooks che ammette la difficoltà della sua squadra. Adesso è compito dello stesso Brooks trovare nuove soluzioni per sbloccare l’attacco ma soprattutto ritrovare la solidità difensiva di un tempo. “Abbiamo concesso un quarto da 30 e uno da 37 punti. E’ inaccettabile” se vogliamo vincere la serie aggiungerei.

Durant si prende le sue responsabilità, non tanto per l’ultimo quarto non da Durant, ma per non essere stato in grado di coinvolgere i compagni di squadra. “Non s’interessavano di nessun altro. A volte quando avevo la palla mi controllavano in quattro. Stasera non abbiamo segnato canestro che avremmo dovuto fare ma devo continuare ad avere fede che li metteremo.”

Sulla serata no di Martin commenta “E’ compito mia dargli fiducia. A volte sembra perdersi durante la partita ed è colpa mia, come leader devo continuare ad aver fiducia in lui”.

La serie torna in Texas, i Rockets sembrano aver trovato le misure ai Thunder ma anche questa gara ha confermato che la differenza tra vittoria e sconfitta la fanno i particolari.

Difficilmente Martin avrà un’altra serata così storta, con Durant tuto è possibile e una vittoria in gara 6 in trasferta non è impensabile anche se l’inerzia è tutta a favore di Houston. Oklahoma deve far pesare l’esperienza di una finale e una finale di Conference a un gruppo alla prima esperienza come quello dei Rockets.

In fondo credo che tutti speriamo in una gara 7 con le emozioni che una gara senza porta con sé, forse è chiedere troppo che sia punto a punto con Durant e Harden che si sfidano ap duello nel finale. Intanto godiamoci gara 6 i Rockets se la sono meritata ma i Thunder faranno di tutto per passare il turno senza dover tornare a chiudere la serie in casa.

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