hayal564“Londra, XIX secolo, tale Henry Jekyll, brillante medico londinese, scopre una pozione in grado di alterare la  personalità umana  trasformando ogni uomo in una creatura violenta e malvagia in grado di compiere i più deplorevoli misfatti.”

Se qualcuno decidesse di adattare il romanzo di Stevenson all’NBA moderna i protagonisti sarebbero sicuramente gli Utah Jazz!

Il loro record, infatti, dice che in casa viaggiano col 73% di vittorie (in piena media PO) mentre in trasferta si trasformano e la loro percentuale di vittorie (27%) sembra quella di una squadra in rebuilding mode con l’unico scopo di accaparrarsi una scelta alta in vista del draft.

Una tendenza che ha assunto contorni imbarazzanti nel mese di Marzo, dove su 8 partite giocate lontano dalla Energy Solution Arena i Jazz non né hanno vinta nemmeno una, e ciò, nel periodo decisivo della stagione in chiave Play-Off pesa come un macigno sulla testa di Corbin e dei suoi uomini.

Se la fase offensiva gira (per modo di dire) allo stesso modo sia tra le mura amiche che on the road, non si può dire lo stesso della difesa che concede in media 8 punti in più rispetto ai 95 concessi in casa.

La causa principale di ciò è la mancanza di un gioco pulito e ordinato, spesso fatto di giocate estemporanee dei singoli e non seguendo un set offensivo ben preparato come accade per la maggior parte delle franchigie in cerca di un posto al sole.

Coach Corbin è sicuramente uno dei responsabili di tutto ciò, infatti si pensava che fosse in grado di seguire le orme di Jerry Sloan, suo mentore, capace di fare dei Jazz una pericolosa contender ad ovest prima con Stockton e Malone e poi con D-Will e Boozer.

Purtroppo però Corbin si è dimostrato ancora acerbo per una franchigia NBA sia a livello tattico che a livello psicologico. Non è mai riuscito a gestire le difficoltà che gli si sono poste davanti, generando spesso malumori che a lungo andare hanno minato le certezze dei giocatori che a loro volta non sono riusciti a remare verso la stessa direzione incidendo, e non poco, sulle prestazioni della squadra.

Parlando di Corbin non si può non far riferimento alla pessima gestione del roster fatta durante l’arco della stagione, con giocatori che a distanza di 24 ore passavano da 25-30 minuti di partita a 5-10 minuti o addirittura 0!

Un’istantanea di quanto appena detto ce la fornisce la partita del 21 Marzo persa a Houston. Il migliore dei Jazz nel primo tempo, Paul Milsapp, viene tenuto in panchina per l’intero ultimo e decisivo quarto di gioco, Enes Kanter in forma smagliante viene fatto giocare soltanto 5 minuti, Jamal Tinsley con 0 minuti in 8 delle precedenti 11 viene promosso a backup del play titolare Mo Williams.

Altra critica da muovere nei confronti di Corbin è la sua riluttanza nel dare un minutaggio consistente ai rookie infatti, gente del valore del calibro di Kanter e Favors è rimasta in panchina giocando solo briciole di gara non potendo maturare, tutto ciò dando ampi minutaggi a giocatori in scadenza come Jefferson e Millsap, ed è proprio qui che entra in gioco la dirigenza dei mormoni protagonista in negativo dell’ultima sessione di scambi.

Un immobilismo ingiustificato quello di di Lindsey(GM dei Jazz) soprattutto alla luce della situazione contrattuale di dei due titolari del frontcourt, entrambi in scadenza e in odore di addio.

Con Favors e Kanter in rampa di lancio sarebbe stato saggio scambiare almeno uno dei due prima citati per cercare di rafforzare un back court mediocre e privo di fosforo troppo dipendente dalle lune e dalla condizione di un Mo Williams mai in grado di prendere in mano i suoi e di guidarli a dovere nei momenti caldi.

Oltre ai già citati Kanter e Favors il futuro dei Jazz passerà per le mani di Gordon Hayward, ala piccola all-around in continua crescita che all’occorrenza ha dimostrato buone doti di passatore .

Nonostante l’attuale ottava posizione, sembra davvero dura per i Jazz approdare in post season, soprattutto alla luce di un calendario che li vedrà impegnati in 5 occasioni contro squadre sopra il 50% di vittorie, squadre che Utah ha sofferto molto durante la stagione raggiungendo appena il 32% di vittorie.

Ora come ora la soluzione più logica sarebbe quella di cominciare a pensare alla prossima stagione, scegliendo di rinnovare uno tra Millsap e Big Al per poi dirottare le attenzioni su un play puro(Calderon?) in grado di dare stabilità e ritmo alla squadra.

Con una Western Conference in continua crescita e con almeno 11 squadre in grado di lottare per i Play-Off la dirigenza sarà chiamata a scelte decisive per non finire nel limbo della lottery nelle stagioni a venire.

3 thoughts on “Lo strano caso degli Utah Jazz

  1. D’accordissimo su tutto…
    Corbin è il problema di questa squadra…
    Purtroppo faremo i PO e Corbin rimarrà ancora alla guida di questa squadra…

  2. Ciao, grazie del commento, sinceramente non mia aspettavo questa fiammata di Utah con 5 W di fila,come dici tu credo sarebbe meglio non fare i PO anche per evitare un altro 4-0 come lo scorso anno e anche Corbin è il caso che cambi aria. Spero facciano bene in post-season perchè una piazza come Utah non merita di cadere nei bassifondi della western!

  3. Oggi abbiamo visto una squadra “allenata male”….
    I Thunder sono più forti…è oggettivo….
    Ma oggi difensivamente non avevamo un piano….tranne quando in campo c’era Favors….
    Favors che è sempre stato dimenticato da Corbin….
    In attacco solo quando Hayward ha cominciato a forzare abbiamo prodotto qualcosa….
    Corbin se ne deve andare…prima è meglio è…

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