La vendetta di Lebron...

La vendetta di Lebron…

Un altra settimana di intenso basket NBA, emozioni di diverso tipo e il vostro Weekly pronto a partire.

Via col nostro settimanale…

MIAMI CONTINUA LA STRISCIA VINCENTE

Jason Terry l’aveva giurata a Miami “non credo che quello che stiano facendo sia per nulla eccezionale”, ma alla fine LeBron e soci sono riusciti pure a spuntarla a Boston, in una partita bellissima e sofferta (105-103 e un Jeff Green da urlo, 43 punti!), dove anche essere sotto di 17 punti a metà del secondo quarto non è servita a fermare una squadra vicino alla perfezione, e adesso più vicina ai Lakers del 1972, squadra del record attuale NBA di partite consecutive vinte, 33, con Miami adesso secondi di sempre con 23 partite messe in fila, e nell’immediato futuro Cleveland, Detroit, Charlotte, non le formazioni più pronosticabili per fermare la striscia della compagine di coach Spoelstra.

Ma giusto per inquadrare i diversi momenti storici, che squadra erano quei Lakers del 1972?

I LAKERS DEL ’72

Immaginatevi di togliere tutti i giocatori europei e di spostare almeno dieci giocatori di altissimo livello in Cina, e avrete un raffronto abbastanza indicativo di com’era l’NBA nel 1972.

Giocatori come Julius Erving, Rick Barry, Artis Gilmore, George McGinnis, Ralph Simpson, Dan Issel oltre ad altri ottimi elementi come Zelmo Beaty, Bill Melchionni, invece di arricchire i roster NBA calcavano i parquet della rivale ABA, destinata ad avere vita breve ma a cambiare radicalmente l’aspetto professionistico del basket a stelle e strisce, con un basket meno conservativo e più spettacolare della old-fashioned NBA.

Non a caso ben tre filotti di vittorie consecutive ( 18, 20 e 33) furono raggiunti nel 70′ con i Knicks, nel 71′ coi Bucks e nel 72′ col record appunto storico dei Lakers. Squadra certamente fortissima sulla carta, col futuro Hall of Famer Elgin Baylor ritiratosi dopo poche partite, e con un duo trascinante come Jerry West e Wilt Chamberlain, e Gail Goodrich come terzo elemento di supporto.

Tenendo conto che sia West che Chamberlain erano alla fine di una gloriosa carriera, è un pò come se a minacciare questo record non fossero gli Heat, ma quei vecchietti dei Lakers di oggi, che proprio con Kobe e Nash ricordano abbastanza quei Lakers formato 72′.

Che rimangono una squadra capace di fare storia, ma in un campionato fortemente impoverito di talenti, e dove era più facile vincere un certo numero di partite consecutive. Quindi merito a Miami anche se non portasse a termine il sorpasso, e una nota curiosa: in quei Lakers di allora c’era un certo Pat Riley, proprio colui che da dirigente rischia di scalzare dalla pagina dei record la sua squadra di allora. Solo ai grandi può capitare di “cancellarsi” dalle pagine di storia e ritornare in altre forme…

I GUAI DI KOBE

Ormai l’infortunio capitato a Kobe Bryant mercoledì sera contro Atlanta causato da uno scontro con Dahntay Jones è cosa nota a tutti, forse meno noto è lo strascico di twitter capitato nei giorni successivi, tra Vanessa Bryant che postava il ginocchio gonfio del marito, allo stesso Kobe che si scagliava contro l’ex Dallas e Denver rivendicando il fallo non fischiato.

Che Jones sia un difensore arcigno è cosa nota, e alcuni giocatori NBA l’hanno definito senza molti giochi di parole “un giocatore scorretto (dirty player)”, come  è giusto ricordare che nelle Conference Finals del 2009 tra lui e Bryant ci furono diversi contatti al limite, tanto che Dahntay Jones fu poi squalificato dall’NBA per una partita per aver fatto ruzzolare sul parquet Bryant con un tocco di piede evidentemente volontario.

In soldoni ci troviamo di fronte a un giocatore sicuramente portato alle estreme maniere quando si tratta di difendere, sarà sicuramente curioso vedere i due di nuovo davanti sul parquet. Vista la frequenza con cui Jones cambia maglie, potrebbe capitare anche più spesso di quanto pronosticato da Kobe (“dovrò aspettare un anno per vendicarmi”)…

KNICKS SENZA BENZINA?

La vittoria di lunedì contro gli Utah Jazz è riuscita a riportare un pò di tranquillità nelle file dei New York Knicks, reduci da 4 sconfitte consecutive. Dagli infortuni di Carmelo Anthony e Tyson Chandler, a J.R. Smith che dopo la sconfitta contro i Golden State Warriors aveva messo in dubbio la volontà dei compagni “se si perdono due partite di fila per più di venti punti, non tutti sono sulla stessa lunghezza d’onda”, la trasferta a ovest dei ragazzi di coach Woodson ha indubbiamente avuto parecchi strascichi negativi, tra cui il rischio di perdere la testa della Atlantic Division di fronte ai rimontanti Brooklyn Nets.

Uno dei problemi che è emerso recentemente è anche il rendimento dei playmaker presenti nel roster, per diversi motivi non molto soddisfacente. Da Raymond Felton persosi un pò per strada dopo l’ottimo inizio, a Jason Kidd la cui età si fa indubbiamente sentire, finendo con Pablo Prigioni utile ma non certo in un lungo arco di minuti.

Basterà nei prossimi mesi avere i due perni della squadra, appunto Anthony e Chandler, di nuovo in piena forma per arrivare carichi ai playoffs? Intanto i dubbi serpeggiano nella Grande Mela…

ANCHE I NUGGETS HANNO UNA STRISCIA VINCENTE…

Se i Memphis Grizzles dopo la trade di Rudy Gay hanno ritrovato compattezza e risalito fino alla terza piazza della Western Conference, quasi confermando il pregiudizio che vedeva Gay e Randolph quasi incompatibili, e la squadra con una identità difensiva molto più spiccata con Tayshaun Prince nel ruolo di ala piccola, la squadra che sta sorprendendo di più nell’ultimo mese rimane Denver, ormai arrivata a quota 13 vittorie consecutive.

Con l’ultima vittoria di martedì notte, a Oklahoma city contro i Thunder, i Nuggets hanno compiuto un mezzo miracolo, vincere contro una delle corazzate a ovest, ventiquattr’ore dopo aver battuto ai supplementari i Bulls a Chicago.

“Questi momenti positivi arrivano all’improvviso, e vanno via altrettanto velocemente” ha riconosciuto coach Karl, ammettendo che il rendimento dei suoi ragazzi sta sfuggendo alla sua stessa logica di allenatore di lunga esperienza.

Quello che forse, in ottica playoffs, deve essere rilevato è il rendimento contro i big-teams dei Nuggets: contro i Thunder sono alla terza vittoria consecutiva in stagione, e 3-1 in totale, 3-1 contro i Grizzlies, 2-1 contro i Clippers e in perfetta parità (1-1) contro San Antonio.

Panchina lunga, forza sotto canestro, e rendimento aumentato in modo verticale di giocatori deludenti all’inizio come Ty Lawson, Danilo Gallinari e Andrè Iguodala, per non parlare di un Wilson Chandler finalmente convincente come sesto uomo.

Dove può arrivare Denver, ormai salda al quinto posto e quasi a parimerito con Clippers e Memphis al terzo, è difficile dirlo, ma occhio a non sottovalutarla: potrebbe costare veramente caro.

Anche per questa settimana il Weekly è finito, alla prossima e buon basket NBA!

 

 

2 thoughts on “NBA Weekly: nessuno ferma Miami, i guai di Kobe e le altre squadre del momento

  1. Bell’articolo! Ehm, faccio notare che Ralph Sampson è entrato nell’NBA nell’83. Nell’ABA giocò per diversi anni anche Moses Malone, altro nome che potrebbe essere aggiunto a quelli già fatti :).

  2. grazie, ma occhio a non confondere Ralph Simpson con… Ralph Sampson, meraviglia dei Rockets anni 80′. Simpson fu un ottimo swingman per la squadra di Denver dell’ABA, i futuri Nuggets…

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