Indiscutibilmente, i 2 più forti giocatori del momento: Kevin Durant e Lebron James

Indiscutibilmente, i 2 più forti giocatori del momento: Kevin Durant e Lebron James

Il miglior disco di tutti i tempi, la donna più bella del mondo, la città più affascinante del pianeta…bla bla bla…

Confronti, paragoni, classifiche e quant’altro sono il passatempo preferito di chi cerca sempre un ideale, un’unità di misura che quantifichi l’eccellente, il massimo, il meglio ma essendo tale esercizio impossibile per definizione si ripiega sui paralleli reali o ideali tra massimi esponenti di un qualsiasi campo per soddisfare l’irrefrenabile bisogno di decretare almeno un capobranco.

Lo sport è da sempre campo ideale per questo genere di divertissement: se in Italia il compianto Maurizio Mosca si limitava ad allietare le nostre domeniche calcistiche anni ’90 con la “Supersfida”, appioppando bonariamente voti a destra e sinistra a calciatori spesso diversissimi tra loro, negli Stati Uniti ex atleti, analisti, super esperti spaccano il capello e sciorinano a decine numeri e statistiche, pretendendo di stabilire con certezza chi è meglio di chi.

Questa ricerca di grandi dualismi e paragoni fra stelle della palla arancione può essere a volte esercizio sfizioso e divertente, proprio perché a tutti piacerebbe avere certezze matematiche e conoscere l’ideale, l’unità di misura da usare per capire quando un giocatore è davvero il migliore di sempre.

Russell vs Chamberlain, Magic vs Bird e via discorrendo: i grandi dualismi nella storia della Nba non hanno mai avuto un vincitore per KO e mai lo avranno però tutti ci divertiamo a mettere uno contro uno i migliori giocatori, al fine di dichiarane il Re.

L’era Jordan aveva fatto venir meno questo giochetto semplicemente perché nessuno è mai riuscito a tenere il suo passo, ma di questi tempi l’argomento ha ripreso piede trovandoci in un periodo unico per la Lega: una nuova Età dell’Oro.

Tante squadre possono stagione dopo stagione ambire all’anello, ciascuna guidata da giocatori fenomenali e dalle caratteristiche mai viste in precedenza che sgomitano e si danno battaglia per essere ricordati come i più vincenti e prendere in mano le redini della Nba, diventando di conseguenza fenomeni interplanetari.

I Thunder hanno sfidato gli Heat per la prima volta lo scorso anno a livello di finale ma la recente consacrazione ai massimi livelli di James e il prodigioso e giovanissimo talento di Durant provano che siamo al cospetto di una nuova ed elettrizzante rivalità in grado di rinverdire i fasti e trasmettere le stesse emozioni delle più accese ed elettrizzanti rivalità storiche della NBA.

La percezione attuale dei due protagonisti porta il confronto a livelli stellari: proprio dai tempi di Bird e Magic non si aveva nella Lega una coppia di giocatori tanto superiore rispetto al livello medio che oggi è comunque più alto rispetto ai tempi del trentatré bianco-verde e il trentadue giallo-viola specie se guardiamo all’evoluzione tecnico-tattica e soprattutto atletica che il gioco ha avuto da allora.

James è all’apice della carriera: ha vinto a spese dei Thunder di Durant il primo agognato titolo e, dominando le Olimpiadi di Londra, si è messo definitivamente alle spalle tutti i pregiudizi e lo scetticismo di chi lo riteneva un perdente di successo.

Durant a ventiquattro anni ha vinto un Mondiale, un Oro Olimpico a Londra e tre titoli di capocannoniere Nba. La sconfitta nella prima finale giocata è un passaggio storicamente ricorrente per i predestinati, 2 su tutti: Shaq e lo stesso LBJ.

Comune ai due è la loro unicità per quanto concerne le caratteristiche atletiche: LeBron è un giocatore di football prestato al basket, potentissimo ma allo stesso tempo rapidissimo e agile; una fusione tra un peso massimo e un centometrista.

Durant per costituzione appare forse fragile e leggero, ma quella struttura ne fa, di fatto, una guardia di 2.10. Le rispettive caratteristiche fisiche e atletiche differenziano i due principalmente in merito alla fase difensiva del gioco: a pari velocità James è indubbiamente avvantaggiato rispetto a Durant in questa fase perché più robusto e compatto.

Oggi Lebron è il miglior difensore della Nba. Non vincerà il premio di Difensore dell’Anno perché non primeggia statisticamente come uno specialista della stoppata o della palla rubata e perché certamente balzano agli occhi altre sue caratteristiche – specie offensive – ma LeBron è oggi in grado di annullare qualsiasi avversario, che sia playmaker o centro, che pesi ottanta o centoventi chili.

Che marchi Bryant, Durant, Chris Paul o Dwight Howard non costringe mai i propri compagni a lasciare l’uomo per aiutarlo in raddoppio. Spoelstra ha in lui un marcatore sicuro cui affidare l’avversario più pericoloso cosa che assieme agli schemi difensivi rende Miami una delle migliori squadre difensive della Lega.

Durant appare più indietro e di parecchio sotto quest’aspetto: capace di stoppate da urlo venendo dal lato debole della difesa, pur migliorato parecchio, non riesce a far prevalere sui piccoli la sua altezza e la sua esile struttura lo penalizza contro lunghi più strutturati. Spesso gli viene affidato l’avversario offensivamente meno pericoloso per consentirgli anche di riservare energie per la fase offensiva.

Mentre altri giocatori del suo livello (Bryant su tutti) hanno grandi qualità difensive, ma le amministrano a seconda dell’avversario e della circostanza in cui sono obbligati alla bella figura, Durant difende troppo spesso solo d’istinto, e agonismo non mostrando totale padronanza dell’aspetto difensivo del suo gioco.

Non è una colpa eccessiva se pensiamo a ciò che comporta fisicamente portare alla causa ciò che lui produce in attacco e storicamente tutti i grandissimi attaccanti staccano la spina in difesa per amministrarsi, ma in questo campo, nel confronto diretto, Durant non può davvero competere con James.

Sul fronte offensivo chiaramente le cose cambiano radicalmente: un attaccante come Durant non si è davvero mai visto. Alto, tecnico e velocissimo: un Nowitzki con l’agilità di Kobe Bryant. Tiratore micidiale e purissimo sin dai tempi del college ha in questi anni di professionismo, migliorato le sue doti anno dopo anno diventando realmente inarrestabile.

La sua meccanica di tiro è magistrale e ineguagliabile per bellezza ed efficacia; mortifero da lontano, rapidissimo in penetrazione e attaccando dall’isolamento l’avversario KD rappresenta un enigma senza soluzione per gli avversari.

In questa stagione sta mostrando enormi progressi nel trattare la palla in palleggio, in crossover e impostando spesso l’azione giocando da point forward permettendo a Westbrook di giocare da tagliante e correre sui blocchi. Queste caratteristiche ne fanno indubbiamente il miglior finalizzatore in questo momento sul pianeta.

In altri aspetti del gioco d’attacco KD deve ancora migliorare leggerissimamente e limare alcune minime imperfezioni: tende a giocare poco all’interno dell’aerea, ad esempio in post basso territorio in cui potrebbe sfruttare maggiormente la sua altezza e rapidità e prendere qualche tiro ad alta percentuale in più. Inoltre, per restare sul confronto diretto, come passatore non è paragonabile assolutamente a James, forse il suo attuale ruolo in squadra non prevede particolari compiti di passatore; molti giochi disegnati da allenatore Brooks isolano lui o Westbrook e il gioco in post basso è in pratica inutilizzato, Martin e Sefolosha sono gli unici a concludere sugli scarichi.

Queste attenuanti non escludono però l’evidenza che Durant dovrebbe migliorare le doti di lettura del gioco per sfruttare i doverosi raddoppi concentrati su di lui che liberano compagni.

Tende a forzare qualche tiro, cosa che non balza agli occhi perché è comunque capace di segnare ogni qualvolta alzi la mano, o a sfruttare poco gli assist, cosa che invece sta diventando sempre più punto cardine del gioco offensivo di LeBron che, sotto quest’aspetto, potrebbe davvero essere paragonato a Magic Johnson.

Andando avanti con la carriera sembra che James attaccante puro e a volte egoista visto troppo spesso a Cleveland stia lasciando posto a un giocatore che preferisce il passaggio al tiro e, dato che parliamo di un passatore tecnicamente sublime, questa tendenza migliora notevolmente i compagni diffondendo fiducia ed equilibrio a tutta la squadra. L’arte di migliorare i compagni è quel che fa di James il miglior giocatore al mondo.

Gente come Gibson ai tempi di Cleveland e come Mike Miller o Mario Chalmers ora a Miami, hanno costruito letteralmente una carriera sugli assist del numero sei che naturalmente sarebbe capace di segnare da solo in tutte le maniere possibili, potendo contare su un gioco in area solidissimo e su un tiro dalla distanza –anche da 3 – in costante miglioramento ogni anno. LeBron maturando ha capito che passando la palla riesce a massimizzare il talento dei suoi compagni (infinitamente inferiore a quello a disposizione di OKC) e a forzare meno tiri.

Questa evoluzione ha portato un nuovo giocatore che da quest’anno, come per magia, è riuscito a eliminare tutti quegli aspetti sbagliati del suo gioco che nei suoi primi anni di carriera gli costavano l’etichetta di egoista o di giocatore mai decisivo quando nel tentativo di risolvere da solo ogni situazione prendeva e sbagliava tiri importanti ma forzati.

La striscia impressionante di partite da trenta punti con il 60% dal campo e le numerose triple doppie ci dimostrano quanto presti più attenzione alla qualità dei suoi tiri e allo stesso tempo al coinvolgere i compagni; spesso sembra preferire il passaggio al tiro nonostante sia chiaramente in grado di segnare in qualunque situazione contro qualsiasi avversario: in area e in post basso sfruttando il fisico quanto lontano da canestro, superando l’avversario in entrata o sfruttando il miglioratissimo tiro in sospensione.

Oggi James è inarrestabile quanto se non di più di Durant pur essendo un attaccante puro se vogliamo inferiore, proprio perché miglior passatore e giocatore “totale”.
Concedergli il tiro dalla distanza è pericoloso quanto esporsi all’entrata in palleggio marcandolo stretto, raddoppiarlo significa vederlo sparare una palla a cento all’ora direttamente nelle mani di un tiratore smarcato; semplicemente non c’è soluzione.

In occasione delle finali dello scorso anno Durant tendeva spesso a forzare eccessivamente quando, marcato proprio da LeBron, non riusciva a prendere i soliti tiri forse tentando di prevalere sul rivale, di fatto potrebbe completare il suo gioco e migliorare i compagni diventando un passatore migliore, partendo a maggior ragione da una struttura fisica e un’altezza tale da permettergli qualsiasi tipo di scarico e visione di gioco.

Cercando comunque di guardare oltre gli aspetti tecnici pare certo che i due contendenti si trovino in due momenti profondamente diversi della carriera.

Oggi James è lanciatissimo, ma esattamente un anno fa di questi tempi, era aspramente criticato, bollato come perdente e spesso addirittura ritenuto emotivamente incapace di vincere. La serie contro Indiana e relegare definitivamente l’ingombrante Wade a secondo violino l’hanno messo in carreggiata nella strada verso la conquista del primo anello ma hanno fatto chiaramente scattare qualcosa a livello psicologico accrescendo la sua autostima a dismisura, una volta liberato da quella zavorra di attese non ripagate che si portava pesantemente dietro dai tempi del suo ingresso da predestinato nella Lega.

La sensazione, come nel caso di Jordan in passato, è che questo sarà il primo di una serie vedremo quanto lunga di trionfi. Il superamento del primo e più grande traguardo pare aver scoperchiato il vaso di Pandora e liberato la mente di LBJ da paure e limiti antichi.

Durant si trova e si troverà a dover fronteggiare gli stessi problemi e a fare lo stesso percorso costellato di delusioni e dubbi ampiamente positivi perché profondamente formativi e forieri di una solida e reale mentalità vincente.

Giocatori di questo genere nascono una volta ogni cinquant’anni e quando entrano in quella sorta di stato di grazia semplicemente non possono perdere. La sensazione è oggettivamente questa: non contano gli avversari o non conta la forza dei compagni di squadra, certi talenti vanno al di sopra di tutto. Accadeva con Chamberlain, Russel, Magic e Bird.

Questi campioni si sono alternati nelle vittorie perché erano l’uno contro l’altro nello stesso momento storico. Jordan si è trovato senza un reale antagonista del suo livello e stessa cosa pare stia accadendo oggi con James.

Durant a ventiquattro anni è il talento più puro della NBA e l’attaccante più letale. Certamente prenderà il testimone di James tra qualche anno ma oggi non è al suo stesso livello per questioni strettamente mentali e di percorso che per il giocatore dei Thunder deve ancora compiersi; se così non fosse, i Thunder vincerebbero il titolo ogni hanno perché hanno oggettivamente la squadra più attrezzata e di maggior talento ma le carriere dei giocatori sono fatte di tappe, di momenti e circostanze chiave che ne sanciscono l’inizio, la durata e la fine.

Per ogni Michael Jordan c’è sempre stato un Karl Malone o un Clyde Drexler a occupare il secondo gradino del podio per tutta la carriera ma ci sono anche sempre stati i  Kobe Bryant a scalpitare e prendere per anni le misure ai mostri sacri fin quando non è poi arrivato il loro momento e il loro ciclo di vittorie ai massimi livelli.

Il Basket è cambiato ma certe tendenze sembrano resistere nel tempo quasi a stabilire delle gerarchie fatte per dare a ogni grande campione il suo palcoscenico, il suo momento di gloria, il proprio pezzo di storia, mantenendo però un filo conduttore di analogie fra carriere uniche, una costanza che ci permette di apprezzare ancora di più la grandezza delle sfide e dei protagonisti.

James ha già oggi un posto nell’immaginario collettivo e nei ricordi indelebili di questo sport, per Durant è solo questione di tempo e naturali gerarchie. Inutile quindi paragonare l’uno all’altro, ragionare su chi è più forte di chi e perché. Non ha alcun senso. Fra vent’anni non saranno ricordati perché più o meno forti di altri mostri sacri del passato; saranno nuovi metri di paragone, nuovi, ideali unici e distinti.

Il basket è un gioco unico, di interpreti unici ed epiche sfide. La bellezza risiede proprio in questo: sapere fin dall’inizio di non poter rivedere MJ, Magic o Bird nel gioco o nella storia di un altro giocatore, è meravigliosa l’evoluzione e la novità di chi riesce a superare i maestri e andare oltre ogni aspettativa. Oltre l’immaginabile. Restando sempre e comunque se stesso. Unico.

8 thoughts on “James e Durant: la rivalità delle Rette Parallele

    • su singolo possesso secondo me si, nel senso che dopo tutto quello che ti da in attacco è impensabile che giochi ogni possesso difensivo al massimo. ma quando c’è da marcare un giocatore pericoloso james lo può annullare per almeno un quarto in cui difende forte. e poi non esiste, ripeto non esiste, un’altro giocatore che possa difendere su 5 ruoli: gli ho visto difendere sui playmaker e sui centri. non sarà il migliore per continuità difensiva (i vari sefolosha, garnett o bradley) ma quando c’è da difendere forte per me non esiste un altro giocatore così

    • Il più versatile, forse. ma non il migliore. Per gli esterni prenderei Avery Bradley

  1. D’accordo su tutto Lbj quando difende sul serio e’ il migliore difensore della Lega(e sono un hater!) basti vedere cosa ha fatto l’anno scorso nei PO nelle due serie contro Melo e KD…impressionante !!! Per nulla d’accordo invece sul fatto (ripetuto 2 volte e quindi molto rimarcato) che i Thunder abbiano piu’ talento degli Heat esclusi Lbj e Kd…

    • westbrook, perkins, ibaka, martin, sefolosha. un quintetto che a est farebbe tranquillamente i playoff. non credo che – escluso wade -il livello degli altri a Miami sia paragonabile…

  2. Complimenti per l’articolo, molto interessante ed imparziale. In questo momento non c’è nessuno in grado di avvicinare James, arma totale in attacco e difensore terrificante se c’è la necessità.
    Unico appunto, secondo me negli ultimi 4 anni il livello medio della lega si è alzato in maniera vertiginosa, ci sono almeno 15 giocatori di primissima fascia e di questi, 5 potrebbero tranquillamente far parte della HOF futura. Credo che una concentrazione di talento ed atletismo, in un numero così ampio di giocatori, che non si sia mai vista. Mi sembra quasi riduttivo restringere la rivalità a James-Durant, perchè si sono scontrati nelle Finals dello scorso anno, penso che Kobe, Melo, Paul, Parker siano altrettanto attrezzati per vincere anello ed MVP. Poi è indubbio che i primi 2 siano i più forti giocatori del mondo ma non penso si possa ripetere uno scontro stile Russel-Wilt o Bird-Magic, proprio perchè le dinastie oggi sono quasi impossibili da portare avanti, c’è troppo talento e ci sono troppi giocatori di alto livello perchè uno possa dominare per una decade.

  3. Bell’articolo…ma

    “proprio dai tempi di Bird e Magic non si aveva nella Lega una coppia di giocatori tanto superiore rispetto al livello medio che oggi è comunque più alto rispetto ai tempi del trentatré bianco-verde e il trentadue giallo-viola .”

    Questa è na roba da far accapponare la pelle!!!
    Il livello medio di oggi è NETTAMENTE più basso di quello di allorasia per motivi prettamente tecnici che per motivi pratici (aumento del numero delle squadre con la conseguenza che c’è gente che fa la squadra che è assolutamente inguardabile)

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