La cura Carlesimo sta dando i suoi frutti per i Nets

La cura Carlesimo sta dando i suoi frutti per i Nets

Un’ altra puntata del Weekly NBA, e tre argomenti centrali a catturare la nostra attenzione. Pronti, via!

LA RESURREZIONE DI BROOKLYN

Due sconfitte consecutive venerdì e sabato a casa di Houston e Memphis non possono far dimenticare quanto di buono nell’ultimo mese, dal licenziamento di Avery Johnson, la nuova “creatura” di P.J. Carlesimo ha saputo fare: un record di 11-4, il recupero nell’Atlantic Division sui Knicks, e dulcis in fondo, la rivincità su quest’ultimi lunedì 21 gennaio con una bella vittoria per 88-85.

In genere i coach a interim non hanno molto successo in qualunque mondo professionistico, ma dall’innesto di Mike Woodson dell’anno scorso a metà stagione che si è rivelato fortunato per New York, sembra che il trend si sia invertito.

Indubbiamente i Nets sotto Carlesimo giocano con più intensità, e soprattutto Joe Johnson ha migliorato di molto le sue stats (percentuali di tiro migliorate di dieci punti percentuali nella nuova gestione), e anche i continui periodi no al tiro di Deron Williams (motivo della sua esclusione dall’All-Star Game) passano un pò in cavalleria se il resto funziona.

Certamente il ritorno di un mostruoso Brook Lopez dall’infortunio ha aiutato a ribaltare il trend, ma sinceramente il mancato rinnovo a coach Johnson lo aveva reso un cavallo zoppo, un dead-man walking per i giocatori di Brooklyn. Complimenti quindi a Carlesimo, ma occhio che sia il magnate russo Prokhorov, che i giocatori che allena, sono pronti a triturarlo al primo segno di cedimento…

RONDO FUORI FINO A FINE STAGIONE!

Quello che sembrava una iperestensione del ginocchio destro si è rivelata la peggiore mazzata possibile per Rajon Rondo e i Celtics: la rottura del legamento crociato anteriore, e di conseguenza la fine della stagione per l’All-Star e, probabilmente, anche dei sogni di gloria per Boston.

La cattiva notizia è rimbalzata durante la partita di domenica pomeriggio al TD Garden durante l’incontro (vinto ai supplementari) contro Miami, oscurando il ritorno del “traditore”  Ray Allen, e degli eterni nemici James e Wade.

“Ebbi il suo stesso tipo di infortunio nella mia carriera e come lui non credevo di avere un infortunio così grave, visto che riuscivo comunque a camminare”, ha ricordato Doc Rivers, ma anche tra i giocatori degli Heat non sono mancati le parole di dispiacere per la prevedibile lunga assenza di un giocatore non certo “simpatico”, ma la cui carica competitiva suscita comunque rispetto tra i suoi avversari.

Come si muoverà adesso Boston, che tra le carte a disposizione prime della Trade Deadline di febbraio aveva proprio il possibile utilizzo di Rondo come pedina per rivoluzionare il roster, che anche col miglior rendimento del comunque amletico regista non stava certo brillando di rendimento?

A breve termine firmare un play di riserva, magari potrebbe tornare Delonte West: ma chissà che non scappi la sorpresa, e che a finire in una trade non sia proprio l’eterno capitano Paul Pierce…

4 ASSENZE NELL’ALL-STAR GAME ROSTER

Brook Lopez, Brooklyn Nets: potrebbe averlo frenato la sua fama di giocatore unidimensionale, dedito all’attacco più che alla fase difensiva, ma un giocatore con simili caratteristiche come LaMarcus Aldridge è stato selezionato a ovest, quindi scartiamo questo indizio.

Oppure che non è sostanzialmente una star, giocatore dallo spiccato talento naturale come Chris Bosh e adatto alla partita delle stelle, ma troviamo tra le riserve a est Luol Deng (o Joakim Noah), quindi non è proprio questo il motivo dell’esclusione. Vendetta postuma tra i coach NBA di Avery Johnson, licenziato ai Nets anche a causa dell’assenza per infortunio di Lopez? In mancanza di altri motivi validi, non escluderemmo proprio questo…

Josh Smith, Atlanta Hawks: l’idea delle scelte delle riserve dell’All-Star Game come in un manuale Cencelli del basket (un giocatore dai Warriors, Miami anche 3, Chicago senza Rose ne vale 2) si scontra però con la fragorosa assenza di un giocatore da una squadra sorpresa dell’anno, gli Atlanta Hawks, in particolare proprio l’eterno snobbato Josh Smith.

Forse la bandiera di Atlanta paga proprio il fatto di essere uno dei rari giocatori multidimensionali, capace di avere almeno 17 punti, 4 assists e quasi 9 punti a partita, ma non di incidere nella memoria  a lungo come altri giocatori: ma dai coach si aspetterebbe più duttilità di scelta…

Stephen Curry, Golden State Warriors: vero che ad ovest le point-guards di qualità sono oscenamente troppe, ma l’esclusione di Steph Curry dalla partita delle stelle rimane dolorosa, vedendo il peso che dà alla squadra di San Francisco, anche superiore a quello di David Lee, lui scelto invece nel roster. Rimane il fatto che con quasi 21 punti a partita, secondo miglior risultato tra i registi della Western Conference, e un impressionante 45,7% da 3, Curry è una stella NBA fatta e finita, e sicuramente paga la scarsa posizione mediatica dei Warriors (forse solo Atlanta è messa peggio a questo punto).

Del resto l’anno scorso nel torneo da 3 punti non fu invitato Brandon Rush, in quel momento uno dei migliori 5 cecchini dell’intera NBA, e dove giocava?? Bravi, avete risposto da soli…

Marc Gasol, Memphis Grizzlies: il Cencelli dell’NBA colpisce ancora in questo caso, con la selezione di Zach Randolph dei Grizzlies, e l’esclusione del giocatore più centrale, nel gioco della squadra del Tennessee, sia per la fase offensiva che quella difensiva.

Inoltre è un eccellente passatore, tanto che è uno dei due giocatori NBA a fatturare almeno 13 punti, 3.5 assists e 7 rimbalzi a partita. Numeri importanti come l’intero gioco del piccolo (si fa per dire) Gasol, snobbato sia dai fans che dai coach…

3 SORPRESE NELL’ALL-STAR GAME ROSTER

J.R. Holiday, Philadelphia 76ers: indubbiamente il play dei Sixers è il miglior giocatore della sua squadra, e se mai ci fosse un dubbio su questo, i 35 punti rifilati ai Knicks sabato sera ne sono una netta dimostrazione. E’ un giocatore che ha avuto una netta crescita, alla Steph Curry, l’unica differenza è che giocando in una Eastern Conference perennemente meno profonda di talento, la sua selezione è stata praticamente automatica…

Luol Deng, Chicago Bulls: premio alla carriera si potrebbe dire la selezione di Deng, che stupisce visto la convocazione di un giocatore simile (difensivo, poco spettacolare) come Joakim Noah dalla stessa squadra, i Chicago Bulls. Forse scegliere Paul Pierce avrebbe portato a 3 i giocatori di una edizione poco vincente dei Celtics, rimane il fatto che la convocazione del giocatore di origine sudanese appare un pò politica, tenendo conto della contemporanea esclusione sia di Brook Lopez, che di Greg Monroe…

LaMarcus Aldridge, Portland Trail-Blazers: stranezze da selezione. Nel 2011 l’ala-centro di Portland fu escluso dalla partita delle stelle segnando quasi 22 punti a partita, e tirando dal campo col 50%, due anni dopo le sue statistiche si riducono e la sua difesa non è esattamente migliorata, ma magicamente Aldridge viene selezionato tra le riserve. Forse il messaggio agli esclusi come Curry, Lopez, è questo: tirate la carretta il meglio possibile e un giorno verrete chiamati, e da quel momento difficilmente verrete esclusi dalla festa…

 NOTIZIE DALL’NBA

Non smettono di susseguirsi le voci di trattative che riguardano Rudy Gay: le ultime riguardano i Toronto Raptors, difficile ipotizzare i giocatori coinvolti nella trade, in precedenza avevamo detto Amir Johnson, anche Kyle Lowry sarebbe un nome fattibile.

Nelle ultime due partite, vinte contro Utah e Oklahoma, Kobe Bryant ha messo in cantiere una media di 14 assists, trasformandosi nel più improbabile degli uomini squadra, pronto a sacrificare le sue stats per l’obiettivo  di riuscire a raddrizzare la navicella Lakers. Durerà in questa veste?

Con l”infortunio a Rondo, ovviamente si è aperto un vuoto nella selezione della Eastern Conference per l’All-Star Game. Per il posto da riempire si aprono scommesse su Josh Smith e  Brook Lopez, a patto che la scelta più scontata sia ancora ingiusta, premiando Deron Williams, non proprio stellare quest’anno. Come outsider mettiamo J.R. Smith, la cui stagione sarebbe indubbiamente meritevole di attenzione, e Brandon Jennings dei Bucks, sempre sulla soglia dell’eccellenza…

Un altro Weekly è finito, appuntamento alla prossima settimana…

 

2 thoughts on “NBA Weekly: la resurrezione di Brooklyn, Rondo infortunato e l’All-Star Game

  1. Solo due precisazioni.
    I Golden State Warriors giocano a Oakland, non a San Francisco.
    Oltre a M. Gasol, in tanti hanno più di 13 pts 7 reb 3.5 ast: James, Durant, Lee, George, Griffin, Noah…

  2. grazie della correzione, Nel caso di Marc Gasol era, in aggiunta alle stats indicate, almeno 1.5 stoppate e 1 palla rubata a partita, ma mi è scappato il cancella e così era errata…

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