Nowitzki è tornato, il resto della squadra ancora no...

Nowitzki è tornato, il resto della squadra ancora no…

Benvenuti al Weekly, dove ci concentreremo su tre squadre in particolare, ma non solo, visto che alla fine parleremo anche di due leggende NBA. Siete pronti? Allora iniziamo…

DALLAS IN CRISI

“Dirk, quante probabilità hanno i Mavericks di recuperare posizioni e salvare la stagione?”, ha chiesto un incauto reporter a Nowitzki dopo l’ottava sconfitta in nove partite contro i New Orleans Hornets, otto incontri sotto quota .500.

Incauto per la secca risposta di Dirk: “Perchè ci sono ancora possibilità?”, che riflette il senso di incertezza del franchise-man tedesco sulla situazione attuale dei Dallas Mavericks.

La scommessa sull’approdo nel Texas di Dwight Howard o Deron Williams quest’estate è stata persa, e Dirk anche su questo punto è stato quantomai pungente: “Una franchigia non può ricostruirsi sulla speranza. E’ difficile pensare che Chris Paul o Howard lascino Los Angeles la prossima estate…”, non escludendo neanche una sua possibile trade, se questo significasse conseguenze positive per Dallas: “Se una ricostruzione dipendesse da una mia trade accetterei di finire la carriera con un’altra maglia, ma il mio desiderio è di finire come un giocatore dei Mavericks.”

Sostanzialmente Nowitzki non ha certo desiderio, alla Gary Payton o Karl Malone, di andare a giocare in una contender per arrivare al titolo NBA, avendolo vinto nel 2011, ma non intende neanche tirare a campare in una squadra senza prospettive.

Il colpo di genio adesso tocca a Mark Cuban, difficile capire quali saranno le sue prossime mosse per rafforzare i Mavs, lamentarsi degli arbitri NBA a parte (e non senza qualche ragione…). I soldi non gli sono mai mancati, le idee anche, intanto tocca a coach Carlisle trovare la via migliore per raddrizzare una stagione difficile…

LAKERS, CHE SOFFERENZA!

Appurato che tra Kobe e Dwight Howard non ci sono state scazzottate nello spogliatoio, se non per finta, come vediamo qui, il problema è che continuano a perdere terreno nella Western Conference, e dopo la sconfitta di domenica contro Denver sono a 15 vittorie e diciotto sconfitte, non certo il pedigree a cui i lacustri erano abituati.

Tenendo conto che la trasferta texana (Houston e San Antonio) si presenta senza Howard, Gasol e Jordan Hill perchè infortunati, l’allarme rosso per coach D’Antoni diventa sempre più un dato di fatto, e non una mera locuzione giornalistica.

Cosa continua a non funzionare in casa Lakers?
2 fattori emergono su tutti. Il primo è la difesa, che parla da solo quando perdi 112-105 contro una squadra a sua volta “allegra” nel settore. Vero, come ha detto Bryant, che non è sbagliato il meccanismo difensivo, ma chi lo esegue (i giocatori) in modo sbagliato.

Si potrebbe anche aggiungere che i mancati ritorni in transizione che si trasformavano in canestri facili per gli avversari dimostrano anche un problema di età, di mancanza di fiato, e sono più gravi perchè indice di una squadra con dei limiti ben precisi.

Ma c’è un altro fattore che deve preoccupare i gialloviola, ancor più per l’immediata mancanza dei giocatori di cui sopra, ovvero una panchina fatalmente corta di qualità. E dove potrebbe esserci, vedi Antwan Jamison, subentra una mancanza di fiducia da parte del coach, difficile spiegare altrimenti dopo tanti DNP un utilizzo di 4 (!) minuti sempre contro i Nuggets.

Concludiamo segnalando una differente veduta sul modo di affrontare la crisi di risultati da parte, ancora una volta, Bryant e Howard. Con il primo a evidenziare che “è giusto che ognuno di noi elabori il momento difficile,  e stia a bollire un pò nel proprio brodo”, l’altro a segnalare che “solo insieme potremo superare gli ostacoli che abbiamo davanti”: non una scazzottata fisica, ma verbale sì, ci troviamo di fronte a un replay Kobe-Shaq? Ma per il momento i Lakers hanno altro a cui pensare…

CELTICS, ANDAMENTO LENTO

Come possono migliorare i Celtics? Proprio quando sembravano perduti, e senza neanche più capacità di reazione, i Celtics hanno tirato fuori i proverbiali artigli e vinto due partite consecutive contro Pacers e Atlanta Hawks, non male dopo 4 sconfitte consecutive.

La partita contro gli Hawks potrebbe essere l’ideale spartiacque della stagione, anche se visto gli alti e bassi dei verdi di Boston, giurare su questo diventa impossibile. Subito sotto di una decina di punti, apparendo stanchi della dura partita di 24 ore prima contro Indiana, all’improvviso i Celtics incominciano semplicemente a giocare, causa anche presenza in campo dell’utile Avery Bradley, una difesa asfissiante che li fa tornare in partita, e vincere 89-81.

Come dopo la sconfitta in casa contro Memphis aveva detto Rajon Rondo “non giochiamo in difesa, punto”, la ricetta era sottomano, equilibrare le due fasi di gioco, anche se ovviamente Kevin Garnett e anche Paul Pierce fanno sempre più difficoltà a giocare intensamente per tutti i minuti in cui sono in campo, e giocando magari due partite in ventiquattr’ore.

Ma contro gli Hawks il giochetto è riuscito, per Doc Rivers il segreto è riuscire a portare questa intensità ogni sera senza snaturare le doti offensive di Rondo. Non facile, ma la posta nei prossimi mesi è alta…

NOTIZIE DALL’NBA

Sembra che DeMarcus Cousins non sia in partenza… o forse sì! A seconda dei giorni, e delle sue prestazioni, il centro dei Kings sembra cambiare casacca e possibili destinazioni, la sensazione comunque è che difficilmente la dirigenza di Sacramento rifiuterebbe un’offerta interessante riguardo al giocatore prima della Trade Deadline.

Kevin Love si è di nuovo fratturato la mano destra, e sarà di nuovo assente per diverse settimane. La stagione dei Wolves ritorna di nuovo al nuvoloso, e si aspetta dal GM Kahn una mossa a sorpresa che permetta di rinforzare la squadra: possibile oggetto di una trade, ovviamente, il nominatissimo Derrick Williams.

HALL OF FAME!

Tra i candidati all’Hall of Fame di quest’anno, spiccano i nomi di Gary Payton e Bernard King, due leggende NBA che meritano assolutamente un posto nella galleria delle stelle. Il nome di Payton è legato soprattutto ai Seattle Sonics, che con lui e Shawne Kemp arrivarono alle Finals del 96′, perdendole contro i Bulls di Jordan e Pippen, ma è da ricordare che finì la carriera conquistando il titolo con Miami nel 2006: una delle migliori point-guard della sua generazione, un hall-famer sicuramente, probabile che dovrà ancora attendere, anche se meriterebbe l’accesso alla prima nomination.

Particolare il caso di Bernard King, leggenda Knicks della prima metà degli anni 80′. che se dovesse ancora saltare l’accesso a Springfield si potrebbe parlare di una vera e propria ingiustizia, ancor più tenendo conto di una carriera segnata da successi ma anche da un infortunio al ginocchio che lo fermò nel momento migliore, costringendolo a saltare la stagione 85-86.

Pochi dati per capire le sue incredibili qualità come scorer:  il record di punti in una partita natalizia, 60 nel 1984 contro i Nets, di cui 40 nel primo tempo, non in garbage time. Record di punti in una partita al Madison Square Garden, rimasto imbattuto fino al 2 febbraio 2009, quando una sventurata versione dei Knicks non riuscì a fermare Kobe Bryant dal battere il record con 61 punti, col disgusto dei fans newyorchesi a veder cadere uno degli ultimi ricordi lasciati da King al Madison e ai suoi tifosi. Anche per questo, date a Bernard King il posto nell’Olimpo che merita…

 

Anche per questa settimana il Weekly si congeda, con un tono amarcord per una volta. Alla prossima, e buona settimana NBA a tutti…

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