Ci mancherà lo sguardo sornione di TMac, il suo immenso talento, il suo stile inconfondibile

Ormai è ufficiale: dopo 15 anni Tracy Lamar McGrady lascia l’NBA per accasarsi in Cina, ai Qingdao DoubleStar.

Sul percorso NBA di T-Mac si può dire tutto e il contrario di tutto, ma è innegabile che sia stata una carriera assolutamente non convenzionale, tra (strepitosi) alti e (sfortunati) bassi.

Nasce a Bartow, Florida nel 1979; frequenta la Auburndale High School e, appena diciottenne, arriva direttamente in NBA come l’anno prima aveva fatto Kobe. Viene scelto dai Toronto Raptors (9th pick) che, rischiando, puntano su un ragazzo acerbo, ma nel quale intravedono straordinarie qualità.

Il suo primo anno ai Raptors, che non raggiungono i playoff, è di rodaggio: parte spesso dalla panchina e conclude la stagione con una media di 7 punti e 4 rimbalzi a partita.

Ma quello che più salta all’occhio già dalla sua stagione da rookie è una struttura fisica francamente bizzarra: un 2.03 vero con una mobilità e una coordinazione da playmaker che dà subito sfoggio di una verticalità sorprendente e di movimenti da cestista navigato.

Nel suo anno da sophomore si ritaglia il posto di sesto uomo e vede aumentare tutte le sue statistiche; è anche l’anno che vede arrivare in Canada il cugino Vince Carter. Con T-Mac e Vinsanity i Raptors diventano una delle squadre più “verticali” della lega, ma, nonostante i miglioramenti, la squadra non raggiunge i playoff.

Il terzo anno è anche il suo ultimo ai Raptors; T-Mac migliora ancora, dà spettacolo allo Slam Dunk Contest e soprattutto si afferma nella lega come grande realizzatore. I Raptors raggiungono finalmente i playoff con il sesto record, ma vengono battuti in tre gare dai Knicks.

La stagione 2000/01 per McGrady segna uno spartiacque significativo: passa agli Orlando Magic, squadra per cui ha sempre tifato, e lì si consacra come uno dei giocatori più forti della lega. Nelle quattro stagioni in Florida, T-Mac vince per due volte consecutive (2003, 2004) il titolo di miglior realizzatore, diventa ospite fisso dell’All Star Game e si trasforma in un’arma offensiva letale (nel 2004 ne mise 62 contro i Wizards).

Tiro da ogni posizione, controllo del corpo straordinario, jumper da manuale e tutta una serie di skills da enciclopedia del basket; però (sì, c’è un però), nonostante tutto gli Orlando Magic non vanno mai oltre il primo turno dei playoff e nel 2003/2004 concludono la stagione regolare con un record negativo di 21-61.

In questi anni (e per quelli avvenire) le critiche contro McGrady sono sempre le stesse: apatico e inconsistente nei momenti che contano e deficitario delle attitudini da leader che ci si dovrebbero aspettare.

In realtà questa è solo una parte della storia; il quadro deve essere completato da altri fattori: da un lato, una squadra forse troppo acerba negli elementi essenziali e, dall’altro, l’inizio di quei problemi fisici che diventeranno sempre più frequenti nel corso della carriera di T-Mac.

Dopo i quattro anni positivi dal punto di vista individuale ma avari di risultati di squadra, T-Mac passa agli Houston Rockets di Yao Ming. Le prime disputate in Texas sono stagioni da incorniciare per McGrady, che per larghi tratti riesce a dare dimostrazioni di onnipotenza cestistica.

Impossibile dimenticare la prestazione di cui si fece protagonista negli ultimi 35 secondi di una partita di regular season contro i San Antonio Spurs: mette a segno 4 triple consecutive, di cui una con fallo annesso, e segna 13 punti che significano la vittoria dei Rockets in una partita che sembrava andata.

Anche a Houston T-Mac gioca come sa e le sue medie si attestano sempre su standard altissimi. La storia però si ripete anche in Texas, infatti i Rockets faticano ai playoff e una beffa del destino vuole che nell’unica occasione in cui riescono a passare il primo turno, McGrady sia fuori dai parquet per infortunio.

Ecco la nota dolente di tutta la sua carriera: gli infortuni. Perché quelli a Houston sono anche gli anni che vedono intensificarsi i problemi fisici di T-Mac: ginocchia e soprattutto schiena; in tutti gli anni ai Rockets non riesce mai a timbrare il cartellino in tutte e 82 le partite; in alcune stagioni ne salta anche metà e nell’ultima (2009/10) gioca solo scampoli di gare.

Negli ultimi tre anni di Nba, trascorsi da girovago, non si è più praticamente rivisto il vero T-Mac, tormentato dai soliti infortuni che ne hanno intaccato il fisico e forse anche lo spirito. A New York gioca solo 24 gare, e a Detroit ed Atlanta viene relegato a ruolo di sesto uomo di lusso per gran parte delle due stagioni.

Adesso arriva l’ufficialità del suo addio ad una lega che lo ha visto protagonista di una carriera tutt’altro che banale, durata 16 stagioni.

In questi anni lo hanno accompagnato sempre gli stessi interrogativi: che giocatore sarebbe stato senza gli infortuni? Come sarebbe andata la sua carriera se avesse giocato in franchigie più competitive?

Analisi sterili. Nessuno può rispondere con certezza a queste domande. Quello che sappiamo è che siamo stati testimoni di un giocatore unico, capace di rendere semplici giocate proibite ai comuni mortali; un giocatore soprannominato “The Big Sleep” perché una sera ne mise 41 dopo aver dormito negli spogliatoi fino a pochi minuti prima dell’inizio della gara; un giocatore che stupì il mondo nel 2002, quando all’All Star Game appoggiò la palla al tabellone per poi riprenderla al volo e schiacciare; ma anche un uomo che si è speso e si spende per gli altri con importanti iniziative soprattutto per il Darfur.

L’NBA sentirà la sua mancanza, ma chissà che non faccia come Rasheed. In ogni caso, in bocca al lupo T-Mac!

6 thoughts on “L’addio di T-Mac: no ordinary player

  1. Nell’ articolo non viene dettto che il buon t-mac ha iniziato come specialista difensivo..e che specialista!
    Io seguo la nba da fine anni ottanta e non credo di aver visto un altro giocatore cosi’ potenzialmente devastante in ogni aspetto del gioco!
    Inoltre non ho mai capito il perche’ di tutte le critiche che ha ricevuto, sopratutto nella serie contro i pistons, che poi contribui ad affibbiargli l’ etichetta di perdente.
    Praticamente da solo aveva portato i magic sul 3-1 contro la squdra piu’ forte, in quel anno, della lega con addosso per tutta la serie T.Prince (mica paperino in difesa), e inoltre con la squadra che avevano i magic!
    Secondo il mio parere personale, se arrivi a gara 7 giocando con Armstrog, Miller(rookie), Garrity, Horace Grant (appena appena ingiallito) e Bo Outlaw andresti osannato non criticato.
    Un vero peccato, fu anche non aver mai visto giocare insieme T-mac e G-Hill al loro massimo perche’ purtroppo quelli furono gli anni del calvario del ROY del ’05.
    Comunque bell’ articolo.
    Ciao.

  2. Uno dei potenziali più devastanti ce si siano visti nell’NBA, giocatore senza difetti tecnici, ai tempi dei magic compariva tra i primi 25 in ogni statistica, penetrazione, layup, 3pt, midrange, segnava in tutti i modi possibili, rubava palloni, sfornava assist e prendeva rimbalzi, ogni tanto rifilava anche qualche stoppata scenografica, purtroppo una testa non sempre all’altezza, ma soprattutto il fisico e le squadre, ogni volta che rivedo i suoi numeri vorrei tornare indietro per gustarmelo meglio, SUBLIME.

  3. Ragazzi per voi che amate l’Nba ho creato un fantasy basketball su yahoo solo per gli italiani che seguono l’Nba!
    Se volete partecipare la lega è Italian Nba ID 92623 e la password è italia.
    Live draf mercoledì 24/10 alle ore 22!

  4. Anche io sono sempre stato un ammiratore di T-Mac!
    E l’ho sempre difeso dalle critiche che lo davano come perdente o come “senza palle”.

    Qualcuno giustamente ricordava che gioco’ una serie di PO spaventosa contro i Pistons (quando erano i piu’ forti).
    Io voglio anche ricordare che in alcune serie con i Rockets..fu tradito dai compagni.
    Faceva delle giocate spaventose..e dava degli ottimi scarichi a giocatori COMPLETAMENTE liberi di tirare dalla lunga (Battier mi viene in mente) che pero’ puntualmente sbagliavano.

    Io quelle serie le ho viste..e garantisco che la colpa dell’uscito al primo turno non fu quasi mai di McGrady!

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