Aldridge, Batum e Lillard saranno le colonne portanti della squadra in questa stagione?

Difficile trovare una parola per definire l’insieme di cambiamenti che ha coinvolto la franchigia dell’Oregon senza ricadere nel sovrautilizzato rifondazione.

Non rivoluzione, non repulisti, perché di un qualcosa di voluto e ponderato si sta parlando. Un processo graduale, senza forzature di tempi e scelte, ma che ha coinvolto la franchigia su più livelli. Primo tra tutti, sia per rilevanza strategica che per ordine di tempo, la nomina di Neil Oshey quale nuovo General Manager della squadra, a cascata tutte le altre: dalla scelta della coppia Lillard-Leonard al primo giro del draft 2012, alla nomina di Terry Stotts quale nuovo head coach, con il riposizionamento di Kaleb Canales sulla poltroncina degli assistenti allenatori, passando per un’ampia rivisitazione del roster, con la conferma dei soli Nicolas Batum e J.J. Hickson tra la folta schiera di free agent, e la firma di due scelte passate quali Victor Claver e Joel Freeland, rispettivamente appartenenti ai draft datati 2009 e 2006.

Rifondazione, appunto, non esiste parola più calzante da abbinare ai Portland Trail Blazers, e viceversa, non si troverà una franchiga con un quadro che meglio si accosti alla sua effettiva definizione.

Conference: Western.
Division: Northwestern.

Arrivi: Victor Claver, Joel Freeland, Jared Jeffries, Sasha Pavlovic, Ronnie Price.
Partenze: Jamal Crawford, Raymond Felton, Jonny Flynn, Joel Pryzbilla, Craig Smith, Hasheem Thabeet.
Draft: Damian Lillard #6, Meyers Leonard #11, Will Barton #40.

Probabile quintetto: Lillard, Matthews, Batum, Hickson, Aldridge.

Roster:
Guardie: Will Barton, Damian Lillard, Ronnie Price, Wesley Matthews, Nolan Smith, Elliott Williams.
Ali: Luke Babbit, Nicolas Batum, Victor Claver, Joel Freeland, J.J. Hickson, Jared Jeffries, Sasha Pavlovic.
Centri: LaMarcus Aldridge, Meyers Leonard.

Head coach: Terry Stotts.

Le fondamenta su cui si è deciso di ricostruire il progetto hanno un volto, un nome, un cognome ed una canotta con il numero 12: LaMarcus Aldridge, prodotto dell’università di Texas giunto al suo settimo anno in NBA.

Inizialmente parte, con Greg Oden e Brandon Roy, dell’ambizioso trio su cui i Blazers avevano riposto enormi aspettative, Aldridge si trova, all’età di ventisette anni, a vestire i panni della guida, del mentore.

Al suo fianco, quali giocatori maggiormente esperti della rotazione, Nicolas Batum e J.J. Hickson: il primo proviene da un’estate travagliata, dove, dopo che i Minnesota Timberwolves gli avevano allungato un foglio d’offerta da 46M per quattro anni, non aveva esitato a far trapelare il proprio gradimento per la nuova possibile destinazione; il francese, però, non era mai uscito dall’idea che la dirigenza si era fatta dei nuovi Blazers, ed ha così assistito, suo malgrado, al pareggio dell’offerta da parte del team che lo aveva scelto quattro anni fa.

Completamente diverso il discorso per J.J. Hickson, firmato lo scorso 21 Marzo per rintuzzare il reparto lunghi in un finale di stagione che aveva ben pochi spunti di interesse, Hickson ha offerto un rendimento ben oltre le più rosee aspettative, chiudendo la sua parentesi da 19 partite con medie da 15.1 punti ed 8.3 rimbalzi, ed un picco da 29 e 13 sul parquet dei Clippers.

Il nuovo contratto la dice lunga sulle sue potenzialità, ma allo stesso tempo sulla sua reputazione: 4 milioni per un anno sono una cifra irrisoria se confrontate alla maggior parte delle altre firme poste negli ultime mesi, ma sono quasi il doppio di quanto percepito la scorsa stagione, e la durata singola dell’accordo, oltre a fungere da salvavita in caso di infortunio o blackout mentale, sono un guanto di sfida lanciato verso lo stesso Hickson, spronato a confermare quanto di buono messo in mostra in coda al campionato scorso.

Con la conferma di Aldridge da 5, sarà probabilmente lui la power forward titolare di coach Terry Stotts, tornato su una poltrona di capo allenatore sei anni dopo la fine di un quadriennio equamente suddiviso, con esiti rivedibili, tra le panchine degli Atlanta Hawks e dei Milwaukee Bucks.

Sei anni spesi bene, che gli permettono di mettere piede a Portland con un anello da campione NBA al dito, eredità più preziosa di questi mezza dozzina di stagioni trascorse a Dallas da assistente di Rick Carlisle. L’augurio che si fanno in Oregon è, naturalmente, quello che Stotts abbia fatto ricco tesoro di questa esperienza in Texas, durante la quale i Mavs hanno sempre chiuso la stagione con un saldo positivo ed una qualificazione ai playoff, e non si porti dietro nulla dei suoi anni in Georgia e Wisconsin, dove il record complessivo di W è andato a registro ampiamente sotto il .500.

Le scommesse da vincere sono tante, forse troppe, ma aggiudicarsi quelle giuste potrebbe significare già molto per il futuro della franchigia: Lillard pare il favorito per ricevere le chiavi della squadra da subito, mentre alle sue spalle si giocheranno il ruolo di seconda point guard il sophomore Nolan Smith e Ronnie Price, free agent ex Kings, Jazz e Suns firmato nel corso dell’estate.

A completare il backcourt titolare sarà Wesley Matthews, che lo scorso anno ha confermato quanto di buono messo in mostra nella sua prima stagione ai Blazers, e che costituirà uno dei principali terminali offensivi sul perimetro. A completare il probabile quintetto base saranno i già citati Batum, Hickson ed Aldridge.

L’elemento più enigmatico del mosaico è indubbiamente Meyers Leonard: 216 centimetri ed appena vent’anni, esploso al suo secondo anno ad Illinois, dal quale è stato scelto con l’undicesimo pick dell’ultimo draft. Lo spettro dei possibili sviluppi del giovane caucasico sono molteplici, e molto dipenderà da quanto il coaching staff saprà svilupparlo e proteggerlo allo stesso tempo.

Chiuso un quinquennio dove la realtà ha disatteso di gran lunga le aspettative, i Portland Trail Blazers si affacciano su un nuovo capitolo della loro storia con tutto il materiale necessario per far bene: giovani da lanciare, un coach reduce da un esperienza vincente e due o tre pedine affermate e di esperienza su cui fare affidamento nei momenti difficili. Il resto lo farà il destino, quello stesso destino che diverse, troppe volte nelle ultime stagioni ha voltato le spalle ai Blazers, quello stesso destino che per quattro volte li metterà di fronte a Brandon Roy, eroe recentissimo del Rose Garden, alla disperata ricerca di una quiete fisica sin qui sconosciuta in quel di Minneapolis.

In una Western Conference in cui l’asticella della post season continua inesorabilmente ad alzarsi, Portland sa di non avere nulla da perdere, e conscia che anche una splendida stagione potrebbe non valere un biglietto per i playoff, avrà dalla sua la tranquillità di chi sta muovendo i primi passi di un nuovo sentiero.

8 thoughts on “Portland Trail Blazers: Preview

  1. Non lo so
    ma non credo che Freeland e lo stesso Hickson giocheranno solo da 4,
    credo che spesso giocheranno anche da 5.
    Per il resto bell’articolo
    e speriamo anche nella sorpresa Barton!

  2. complimenti vetto, bell’articolo! l’unica considerazione che voglio aggiungere è che, da fan Blazers, è importantissimo che Leonard riesca, perchè secondo me un quintetto con lui da 5 darebbe la possibilità ad Aldridge di esprimersi da 4, ruolo a lui più congeniale. se le due scelte del draft saranno azzeccate, un quintetto con lillard, matthwes, batum, aldridge, leonard è più che rispettabile, oltre ad essere una line-up giovanissima.

  3. intrigato dal quintetto con aldrige da 4 e leonard da 5
    alti, sono alti… vedremo…

  4. Ragazzi per voi che amate l’Nba ho creato un fantasy basketball su yahoo solo per gli italiani che seguono l’Nba!
    Se volete partecipare la lega è Italian Nba ID 92623 e la password è italia.
    Live draf mercoledì 24/10 alle ore 22!

  5. Scusate, ma fate una preview dei Blazers e non spendete un rigo di commento su Lillard? o_O

    • Ci provo io: sto ragazzo mi sta convincendo alla grande! Istinti da play ancora da rivedere, ma è un attaccante coi fiocchi, attacca il ferro con facilitá, si prende una marea di falli, mid-range migliore di quanto pareva in NCAA, discreto rimbalzista nonostante la stazza non da hustler del pitturato. Mi lascia perplesso la capacità di creare giochi a 2 con LaMarcus…

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