48 milioni in 4 anni per il cambio dei lunghi della nazionale spagnola? In NBA, può avere un senso…

Tranquilli, niente di serio: le partite si giocano tutte, non ci sono pizze, torte di compleanno e abbigliamenti a tema (perché erano vestiti da festa, vero?…), non ci sono mediatori federali, è molto vicino a non c’entrarci più nulla Billy Hunter (bei tempi quelli in cui si criticava lo stipendio di Stern…) e non ci sono grandi firme sulla via di Bologna.

Per tutto questo bisogna pazientemente attendere ancora 5 anni.
Perché sì, con estrema probabilità nel 2017 ci sarà un altro lockout.
Ma no, Kobe temo a quel punto si sarà ritirato, toccherà inventarsi altro… ma in certe menti le idee non mancano, il problema non sarà certo quello.

Aneddoti a parte, del lockout 2011 è per fortuna ormai rimasto solo un lontano ricordo… ma abbinato a tanti punti interrogativi. Quelli che compaiono sulla fronte di appassionati e tifosi in occasione di ogni rinnovo contrattuale o firma di un certo peso. E in coda alla domanda che ha accompagnato questi due mesi di free agency: ma con il nuovo CBA, i contratti non si sarebbero dovuti abbassare?

La risposta semplicissima è: NO.
Innanzitutto il nuovo contratto collettivo entrerà pienamente in vigore solo a partire dal 1 luglio 2013. Con i nuovi scaglioni di luxury tax e l’impossibilità per le squadre che la pagheranno di effettuare sign&trades. E quindi era decisamente prevedibile che le due stagioni di transizione vedessero le squadre con i payrolls più alti assolute protagoniste del mercato, nel tentativo di accumulare quanti più assets possibili.

Inoltre per le suddette stagioni 2011/12 e 2012/13 NBA e NBPA hanno deciso di slegare il tetto del salary cap dal BRI, mantenendolo fisso sui livelli pre-lockout (58 milioni di dollari e spicci). Quindi, a parità di spazio salariale disponibile, nel loro complesso i contratti hanno mantenuto valore nominale molto simile.

Si parla di valore nominale perché, come spiegato nella serie di articoli dedicati al lockout pubblicati nello scorso autunno, le cifre delle quali siamo a conoscenza sono un artifizio utile a livello sportivo (salary cap), ma non economico. Il totale dovuto dalle 30 franchigie ai giocatori, vale la pena di ricordarlo, è infatti fisso e predeterminato e corrisponde ad una altrettanto predeterminata percentuale del BRI (51,15% nella passata stagione, 50% circa d’ora in poi) e per stabilire quanti dollari vengono veramente versati nelle tasche dei giocatori esiste il sistema dell’escrow.

Il che porta, tanto per rinforzare ulteriormente il concetto, le uscite nel loro complesso ad essere quasi completamente slegate dai contratti firmati. E il ragionamento “Ma non hanno fatto il lockout apposta? E continuano a dare i contrattoni? Se sono in perdita fatti loro” ad essere completamente errato.

Essendo stata ridotta la parte di introiti destinata ai giocatori (nel vecchio CBA come risaputo era al 57%) è però evidente che, con valore nominale simile, sia anche ridotto l’effettivo stipendio percepito dai giocatori… e quindi cominciando ad approfondire l’argomentazione, la risposta alla domanda risulta essere SI’, anche se di pochi punti percentuali.

Proseguiamo nell’approfondimento: anche a livello nominale e “superficiale”, un aggiustamento c’è stato: se per Stelle e giocatori di contorno la situazione è rimasta invariata, ad aver subito le nuove dinamiche salariali è stata la “middle class”, cioè tutti quei giocatori il cui stipendio è superiore alla taxpayers MLE (3M), ma non che non offrono garanzie sufficienti da meritare un contratto più corposo o di durata superiore a quello appena firmato.

[Si prende come riferimento la “mini” MLE e non la “full” perché l’utilizzo di quest’ultima è destinato a rimanere isolato a casi singoli e sporadici, dato che comporta un’implicazione salariale di difficile gestione: l’hard cap, cioè l’impossibilità per la stagione in corso di oltrepassare in alcun modo, comprese trades e firme di minimi salariali, l’apron, cioè una soglia salariale pari al limite della luxury tax + 4M. In questa stagione se ne sono serviti Bulls (Hinrich), Clippers (Crawford) e Spurs (Diaw), che non potranno quindi in alcun modo andare oltre i 74.3M di monte salariale.]

Emblematica la situazione di Dallas, che ha sfruttato alla perfezione le nuove dinamiche costruendo una squadra discretamente competitiva, senza intaccare i progetti futuri. Ed ecco Kaman, annuale da 8 milioni, e soprattutto OJ Mayo, con biennale (in player option) da 8.3M totali.

Quindi SI’, per una certa fascia di giocatori i contratti si sono abbassati. Trend peraltro destinato a consolidarsi, soprattutto per quanto riguarda chi uscirà da un contratto da rookie che non ne rispecchiava il valore… chiedere a Micheal Beasley e in attesa di ciò che succederà a Tyreke Evans.

Trovate alcune possibili risposte alla domanda principale, restano però i dubbi sui “contrattoni”, i cosiddetti albatross.

Lopez, Humphries e Wallace. Hibbert, Ibaka e McGee. Batum e Gordon. Lin e Asik.

Prima di tutto, un paio di linee guida: di un contratto può essere utile valutare il peso “netto”, non “lordo”. E la “tara” è rappresentata da (in ordine sparso):
– esigenze presenti e future della squadra
– disponibilità economica della proprietà
– disponibilità salariale della franchigia
– età e potenziale inespresso del giocatore
– valore dello specifico skillset sul mercato
– offerte altrui
– importanza per la squadra
– costo di un eventuale sostituto

E poi: analizzando la situazione salariale delle 8 squadre che hanno disputato le recenti semifinali di conference, quindi le migliori della lega, il dato più rilevante è che per ognuna di queste uno dei due giocatori più “cari” è il lungo più pagato (Bosh, Garnett, Brand, West, Perkins, Duncan, Gasol, Jordan), che guadagna in media 15.2M. Andando sempre alla ricerca di valori medi, utilizzabili come riferimento, si può stabilire che la struttura salariale “ideale” di un quintetto da Playoffs è, in milioni di dollari, 18-13-10.3-6.5-4.

Infine, va tenuto sempre ben presente che un buon GM è pressoché obbligato a prendere dei rischi al momento di rinnovi e nuovi ingaggi e che l’abilità migliore sta nel pagare il giocatore anche parecchio, ma un anno prima che esploda e costi ancora di più. Non a caso, rookie scale a parte, i contratti con il rapporto qualità/prezzo migliore stati firmati seguendo questo principio: Rondo, Lowry, Gortat i primi nomi che vengono in mente.

Alla luce di tutto ciò, si possono guardare da un diverso punto di vista gli accordi firmati dai giocatori in questione.
Nel giro di 3 anni, Ibaka, McGee e Hibbert hanno la possibilità di diventare il lungo principale di una franchigia di alto livello? Soprattutto dal punto di vista difensivo, che è quello che in postseason più conta tra i lunghi… sì. Se poi queste possibilità siano concrete o remote è la percentuale di rischio di cui sopra. E la differenza tra i tre accordi (tutti ottimi e quasi obbligati a mio parere) è dovuta a upside, aspetto mentale e dinamiche di mercato.
McGee e Ibaka e Batum possono, in virtù dei loro 11-12M l’anno, essere il terzo giocatore, per impatto, di una contender?
Oklahoma City, Denver e Indiana avevano la possibilità di un “piano B”?
C’erano sul mercato offerte da battere?
E così via.

Su Gordon (anch’egli RFA, come tutti i citati finora tranne Ibaka, che lo sarebbe stato tra 10 mesi) il dubbio non riguarda il talento, ma la salute. Ed ecco la componente di rischio.
Lin e Asik sono giovani dal potenziale inesplorato. Con stipendio (8M) da buoni titolari e nulla più.
Lopez, anch’egli RFA, e anch’egli injury prone, ha uno skillset diverso dagli altri lunghi in questione: molto più sospetto in difesa e a rimbalzo, molto più talentuoso in attacco. Caratteristiche che nell’NBA moderna sembrano “spostare” poco (a meno di non chiamarsi Dirk, ma non sembra decisamente questo il caso). Ma per la situazione particolare dei Nets (proprietario ricco fino all’estremo, flessibilità futura tendente a zero) il suo contratto è quasi irrilevante e Brooklyn è probabilmente l’unica franchigia in cui il massimo salariale abbia senso.
Humphries aveva offerte sul mercato e proprio in virtù della particolare situazione di Brooklyn è meglio che i 24M per cui si è accordato vengano spalmati su due anni che su quattro, per quanto vedere che in una stagione guadagna 12M possa essere destabilizzante. Ma per i Nets era indiscutibilmente meglio dare quei soldi all’ex Mr.Kardashian che il minimo salariale ad un giocatore che ne valga il 90%.
Wallace… ecco, che un’altra squadra potesse anche solo pensare di offrirgli 8M a stagione, è abbastanza utopico. Probabilmente si tratta del peggior contratto di questa sessione di mercato, in assoluto. Però vale ovviamente anche per lui il discorso fatto per i compagni di squadra… ed allora anche questo contratto risulta almeno in parte giustificabile.

Tutto questo ovviamente non significa che tutti questi giocatori giustificheranno il proprio contratto, né che questo sia l’unico modo di leggere le firme estive… ma sicuramente può aiutare a capire, più del semplice “50 milioni?!? Troppi.

Per finire, una considerazione proprio sui Nets (e i Knicks e i Lakers).

E’ vero, pagando ingaggi per 100M la competitive balance tanto cara a Stern va a farsi benedire.
Ma se proprio disparità deve esserci, per gli small market teams è molto meglio sia enorme.
Non va dimenticato che il principale motivo che ha portato al lockout è che la maggior parte dei bilanci delle franchigie era in perdita.
Questione risolta con la nuova spartizione del BRI, ma sempre d’attualità.

E che oltre al nuovo sistema di revenue sharing c’è da considerare l’imminente incremento della luxury tax, che porterà i Lakers, ad esempio, a spendere poco meno di 200M di soli salari tra 12 mesi, circa metà dei quali andrà redistribuito alle “piccole”. E che per il suddetto concetto di escrow a parità di monte ingaggi, l’esborso reale della Sacramento di turno è inversamente proporzionale al totale degli ingaggi delle 30 franchigie: al crescere del secondo, cala il primo.

E che quindi se Oklahoma City potrà permettersi di rinnovare Harden (tendenzialmente sì), dovrà probabilmente ringraziare Buss, Dolan e Prokhorov.

Lungi dal considerarla filantropia o beneficenza… ma non tutto il “male” (leggi: spese irrazionali) vien per nuocere.

4 thoughts on “NBA Lockout, un anno dopo: apologia del contrattone

  1. Complimenti all’autore per questo articolo che spiega benissimo le conseguenze del lockout.
    Mi dispiace per lo spopolamento del sito creato dai troppi problemi che affliggevano il sito

  2. Grazie (anche a te Toni).
    Per lo spopolamento… È più apparente che reale, le visite non mancano, sono i commenti a scarseggiare.
    Beh… speriamo che tornino!

  3. Complimenti anche qui. Riguardo ai commenti aspettate e ritorneranno dato che la qualità degli articoli qui è nettamente superiore.

    Girando un po’ per i siti di contratti ho visto che più di qualcuno ha un contratto definito ADJUSTED e per quello che ho capito in parte lo paga la lega. Fazz come si esplica la faccenda? Come mai questo tipo di pratica dato che spesso vedo gli ammontare si riducono al massimo a 400.000$

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