Poche le chanche di riavere insieme i Big3 in maglia biancoverde la prossima stagione…

92-131
No, non è il risultato dell’ultima trasferta dei disastrati Charlotte Bobcats versione 2011/2012.
No, non è neppure un idilliaco sogno di Mike D’Antoni: Carmelo paziente, collaborativo e altruista che guida la squadra ad un esecuzione perfetta del “run&gun” per salvare il suo amato allenatore dal licenziamento.

E’ semplicemente la ciliegina sulla torta della più grande impresa compiuta da tre, altrettanto grandi, giocatori. E’ il 17 Giugno 2008, TD Banknorth Garden strapieno, Gara-6 delle finali, il più classico dei Lakers-Celtics, i verdi conquistano il loro diciassettesimo titolo grazie ad una schiacciante vittoria.

Ray Allen – Kevin Garnett – Paul Pierce, gli eredi del primo e originale Big Three bostoniano, ne sono gli indiscussi protagonisti, diventando, immediatamente, il simbolo della rinascita celtica.

Ray ” The Candyman” Allen: (Merced, 20 luglio 1975) gurdia tiratrice scelta al Draft del 1996 con il quinto pick dai Timberwolves e immediatamente scambiato con i Bucks per Marbury. Fa del tiro da fuori e della precisione ai liberi le sue armi principali, è inoltre dotato di grande intelligenza e umiltà.

Dal 1996 al 2003 milita nelle file dei Bucks, la sua crescita costante, che lo porta ad entrare nel gruppo dei migliori giocatori NBA, non basta per portare la sua squadra ai vertici (miglior risultato: Finali di Conference nel 2001). Dal 2003 al 2007 gioca invece nei Seattle Supersonics dove, ancora una volta, non trova una squadra degna del suo talento (miglior risultato: semifinali di conference nel 2005). Durante il Draft 2007 viene scambiato ai Boston Celtics, insieme a Glen Davis, per Wally Szczerbiak e Jeff Green.

Kevin “The Big Ticket” Garnett: (Greenville, 19 maggio 1976) ala grande polivalente selezionata al Draft del 1995 dai Timberwolves con la scelta numero cinque. Lungo dominante sia in attacco (gran gioco in post e tiro dalla media) che in difesa (applicazione, rimbalzi, stoppate).

Dal 1995 al 2007 gioca a Minnesota dove, dopo un anno da rookie interlocutorio, si impone via via come uno dei più fulgidi talenti nel panorama americano. Per otto stagioni trascina la sua squadra, circondato spesso da compagni non all’altezza, a qualificarsi ai Playoff. Di queste otto Post Season solo una si concluderà dopo il primo turno, nel 2004 i Wolves arrivano infatti fino alle Finali di Conference.

Nel Luglio del 2007, per mezzo del più grande scambio per un singolo giocatore nella storia NBA, viene girato ai Celtics per Al Jefferson, Ryan Gomes, Sebastian Telfair, Gerald Green, Theo Ratliff, la prima scelta di Boston nel primo giro del draft 2009 e la prima scelta di Minnesota del primo giro del draft 2009.

Paul “The Truth” Pierce: (Oakland, 13 ottobre 1977) ala piccola dotata di grandi doti realizzative, scelta al Draft del 1999 dai Boston Celtics con il decimo pick. Giocatore all-around che segna da ogni posizione, buonissimo difensore e discreto rimbalzista.

Dal 1999 milita quindi nelle file dei verdi di Boston e, in pochi anni, ne diventa l’uomo franchigia, il simbolo e il capitano. Nel 2002 guida i Celtics ai Palyoff, dopo 7 anni di assenza, e, per mezzo di grandissime prestazioni, li trascina fino alle Finali di Conference. Nonostante il grande talento di Pierce, però, la dirigenza non riesce a costruire una squadra da titolo, fino a quando, nell’estate 2007, Garnett e Allen sbarcano al TD Banknorth Garden, aspettati a braccia aperte dal loro futuro capitano.

Nell’estate del 2007 in Massachusetts erano quindi riuniti tre dei primi quindici giocatori NBA (stima approssimativa). Dotati di caratteristiche complementari e accumunati da un insana voglia di vincere derivante dal fatto che, nonostante fossero membri di spicco dell’elitè NBA da ormai svariati anni, nessuno di loro era mai riuscito neppure ad avvicinarsi all’agognato anello, rappresentavano la pietra angolare da cui far partire la rinascita cestistica bostoniana.

La stagione 2007/2008 comincia quindi con i favori del pronostico, da anni non si vedeva così tanto talento concentrato in un solo team. La dirigenza, inoltre, aveva fatto un buon lavoro in fase di mercato, affiancando ai tre campioni giovani di prospettiva (Rondo, Perkins) e specialisti per la panchina (Posey, House). Guidati dalla filosofia Ubuntu del coach Doc Rivers e impostati in uno dei migliori sistemi difensivi di sempre dall’assistant coach Tom Thibodeau, ottengono il miglior record della Regoular Season (66-16).

La successiva cavalcata nei Playoff è storia nota, il 4-2 in finale contro gli acerrimi rivali losangelini, sancisce la definitiva ammissione nell’Olimpo del basket americano dei tre campioni e della loro squadra.

Le successive stagioni sono però caratterizzate da finali del tutto diversi e si lasciano dietro notevoli rimpianti.

Nel 2008/2009 un infortunio di Garnett priva la squadra della possibilità di competere per il titolo nei Playoff. Senza il loro migliore lungo, infatti, sono dominati al secondo turno dai Magic di Dwight Howard.

Nel 2009/2010, la stupenda cavalcata nei Playoff successiva ad una Regular Season appannata, si conclude ad un passo dall’arrivo. Perkins si infortuna in Gara-5 delle Finali e i Celtics, che si trovavano in vantaggio 3 a 2 nella serie, vengono sconfitti dagli odiati Lakers in sette gare.

Nel 2010/2011, la scellerata decisone della dirigenza di scambiare Perkins per Jeff Green e Nenad Krstić a metà stagione e l’abbandono dell’importantissimo assistente Thibodeau (diventato primo allenatore dei Bulls), determinano l’abbassamento dell’efficacia difensiva della squadra, che aveva proprio nella difesa il suo tratto distintivo. Per questo motivo la stagione non si rivela essere delle migliori e, nella Post Season i celtici vengono eliminati al secondo turno dagli Heat.

E arriviamo, infine, alla stagione da poco conclusasi con la vittoria finale degli Heat. Per i Celtics, ormai considerati da tutti troppo vecchi per essere realmente pericolosi (le tre stelle hanno rispettivamente 36,35,34 anni), il calendario breve causa Lockout è una vera maledizione.

Le tante partite ravvicinate, inizialmente, mettono in difficoltà la squadra che però si risveglia dopo la pausa dell’All Star Game, qualificandosi ai Playoff.

Il primo turno li vede contrapposti a dei buoni Atlanta Hawks, sconfitti in sei, tiratissime, gare dall’esperienza bostoniana. Al secondo turno, invece, i Philadelphia 76ers oppongono una più strenua resistenza, alzando bandiera bianca solo a gara-7.

Questi primi due turni sono il palcoscenico perfetto per il talento di Rondo, che è ormai, a tutti gli effetti, il giocatore più rappresentativo, seguito da Pierce e Garnett che inanellano una serie di esaltanti prestazioni. Ray Allen, al contrario, è condizionato da vari acciacchi che gli impediscono di essere l’infallibile cecchino di sempre. Alla fine, durante le Finali di Conference, a causa degli infortuni e della stanchezza generale, dopo essere stata avanti 3 a 2, Boston subisce la rimonta Heat guidati da un grandissimo James.

La situazione dei Boston Celtics nell’estate 2012 è quindi la seguente: il roster, pensato e costruito attorno ai Big Three, non è più adeguato per essere considerati una reale contender. I tre condottieri sono ormai troppo avanti con l’età per rappresentare ancora il centro del progetto e, nonostante l’infinita gratitudine riservatagli per aver guidato la franchigia verso il ruolo di prestigio che più gli compete, vanno rivisti i loro ruoli.

Pierce ha ancora due anni di contratto che chiamano in totale 32 mln di dollari, è il capitano e finirà la sua carriera in canotta celtica, garantendo ancora un buon apporto in termini di punti e leadership.

Allen e Garnett diventeranno invece free agent il primo Luglio. Arrivati a scadenza i loro contratti pesanti (rispettivamente 10 e 21 mln di dollari), i Celtics hanno guadagnato un buonissimo spazio salariale da utilizzare per ricostruire. Il pensiero di molti addetti ai lavori è che, a causa di questo, i due giocatori non verranno rinnovati neppure a cifre basse.

Personalmente, invece, credo che il GM Danny Ainge dovrebbe proporre ad entrambi un contratto annuale (a cifre ribassate, naturalmente) per utilizzarli come comprimari di lusso. A 37 e 36 anni i due veterani potrebbero rappresentare delle buonissime addizioni dalla panchina o dei perfetti titolari dal minutaggio contenuto.

Sarebbero, inoltre, utilissimi come guide per i futuri acquisti, chi meglio di loro riuscirebbe a spiegare alle nuove leve cosa significa essere un Celtic e quale sia lo spirito giusto da adottare per puntare al titolo? Soprattuto Garnett, in questa veste, sarebbe perfetto.

Infatti i Celtics, con le scelte 21 e 22 del Draft appena concluso, hanno selezionato due buonissimi prospetti per il settore lunghi che, grazie agli insegnamenti di uno dei migliori lunghi di sempre, potrebbero crescere tanto da rappresentare il futuro di questa franchigia:

Jared Sullinger da Ohio State è una PF dal grande talento. Sarebbe dovuto essere selezionato alle prime posizioni ma i dubbi sulla reale condizione della sua schiena (che potrebbe condizionargli la carriera) lo hanno fatto scendere fino alla 21. Sottodimensionato ma tecnicamente, caratterialmente e mentalmente pronto per l’NBA, potrebbe essere lo “steal of the draft” 2012.

Fab Melo da Syracuse è un centro fisicamente prontissimo. Grazie alla sua stazza e alle lunghe leve può rappresentare fin da subito una buonissima presenza difensiva sotto canestro. Offensivamente da rifinire ma il potenziale c’è. Unica pecca pare essere la mentalità: ha sempre dimostrato poca intelligenza nelle sue azioni in campo e nelle sue azioni fuori da esso (voti bassissimi, tendenza a prendere peso).

Tutti questi buoni motivi per trattenerli non sono però abbastanza, infatti non basterà la volontà della dirigenza ma conterà molto anche la reale volontà dei due giocatori. Infatti, nonostante siano legati strettamente alla franchigia, la tentazione di sbarcare in altri lidi per puntare direttamente al titolo durante il loro, probabile, ultimo anno di carriera, potrebbe essere troppo forte.

Le voci, come sempre, si rincorrono incontrollate: per Allen si è parlato di Miami, per Garnett di San Antonio (e perfino di ritiro), ma di conferme neppure l’ombra.

In ogni caso, che il Big Three bostoniano venga confermato o meno, resterà per sempre impressa nella mente degli appassionati la storia di questo trio di stelle che, guidato da un mix di umiltà, impegno e voglia di vincere assolutamente letale, ha condotto i gloriosi Boston Celtics a rivivere i fasti del loro grande passato.

One thought on “Boston Celtics: fine dell’era dei Big 3?

  1. I Celtics sono in piena ricostruzione, le loro fortune prossime passano per alcuni interrogativi : come trattare l’ernia al disco di Sullinger? JaJuan Johnson sarà più utilizzato l’anno prossimo? Si rifirma Jeff Green? Melo cosa farà, la riserva di Stiensma??? Non so, a parte Rondo e un Bradley in crescita vedo ancora troppo poco… Garnett potrebbe essere rifirmato a poco meno della metà del contratto scaduto, mentre Allen credo andrà via.

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