LeBron James già pregusta la prossima sfida, Danny Granger e i Pacers

Non poteva che finire così. I Miami Heat vincono gara 5 in casa, 106-94, e passano al turno successivo. Ad aspettarli ci saranno gli Indiana Pacers, che hanno sconfitto per 4-1 gli Orlando Magic al primo turno.

Dopo la prova d’orgoglio al Madison Square Garden i Knicks provano a stare in partita con la testa leggera, senza aver troppo da perdere.

Ci riuscono sicuramente per tutto il primo tempo di gioco, allungandosi al massimo possiamo trovarli ancora combattivi fino alla metà del terzo periodo, salvo un timido e disperato recupero nel finale.

Miami stringe le maglie difensive nella seconda parte di gara e di nuovo, come è sempre successo in questa serie, arriva il punto in cui semplicemente vengono a galla tutti i limiti di organizzazione della squadra della Big Apple.

Miami scappa, New York non la prende più. Si pone così fine ad una serie in fondo mai nata sul piano della competizione.

Ci si poteva aspettare di meglio, perché gli ingredienti affinché New York potesse dare fastidio c’erano tutti. C’era il talento, c’era la voglia di un intera città di provare un po’ di gusto a livello di playoff, cosa che ormai è un ricordo lontano nei Five Borough.

Dall’anno prossimo ci proveranno anche i Brooklyn Nets, ma questa, come dice Carlo Lucarelli, è un’altra storia.

Torniamo all’oggi. Dwyane Wade ha giocato la sua prima gara da vero protagonista offensivo. Stufo di nascondersi, si è preso una serata sotto la luce dei riflettori.

19 punti totali, gli stessi di Chris Bosh, ma su 19 tiri tentati, il massimo per i suoi, con un secondo quarto da 12 punti, mostrando un’aggressività finora mai vista nella post-season.

LeBron ? 29 punti, 8 rimbalzi, 7 assist, 1 stoppata, 7-16 da due, 2-6 da tre, cifre da capogiro per tutti ma non per lui, semplicemente in media stagionale.

Oltre all’ottima prova di Bosh, anche 7 rimbalzi , 7-15 dal campo, c’è da lodare soprattutto Shane Battier, ormai non più un ragazzino ma se possibile ancora più intelligente e preciso rispetto ai suoi anni da star a Duke.

2-4 da tre per 9 punti dicono poco, se non la sua affidabilità piedi per terra nello spot up three. Fa impressione di più la difesa one on one su Carmelo, alternata a quella ugualmente magistrale di LeBron, e la capacità di prendere gli sfondamenti.

Già, Melo. Chiude i playoff con un altra grande partita, 35 punti e 8 rimbalzi, anche se ha avuto bisogno di prendersi 31 tiri.

Esce comunque a testa alta il leader offensivo dei suoi, pur che leader, nel vero senso della parola, non lo è ancora ed è difficili che lo diventi pienamente.

Ad ogni modo guardarlo è stato uno spettacolo, perché ha dovuto sudare per ogni due punti, sia contro Battier che contro LeBron. Si è preso tanti tiri difficili e gli va dato onore di averli spesso messi dentro, con coraggio.

Non possiamo invece dire altrettanto bene di Amare Stoudemire. 14 punti e 4 rimbalzi, ha dimostrato anche tanta voglia di smentire chi lo dava già per spacciato. Esce però mestamente per falli in una serie in cui a dir poco è venuto clamorosamente a mancare.

Non si può pretendere troppo, questo è sempre buono ricordarlo, da una squadra che ha dovuto far partire Mike Bibby come starting point guard.

Due triple su 10 punti, 6 rimbalzi, 6 assist sono già un miracolo. Ieri abbiamo avuto tutti gli occhi sbarrati per lo stupore. Ha ragione Wade, “ha messo più tiri in questa serie che durante tutta la scorsa stagione”, del resto con Iman Shumpert e Baron Davis out questo è veramente il massimo.

Poi ovvio, in difesa, non ha mai preso la targa di nessuno, pure ad un Chalmers in serata negativa. Con questi presupposti non si va da nessuna parte. E difatti ciao a tutti, alla prossima.

I Knicks escono di scena e per quello che è peggio non sanno in che direzione si stiano mettendo in marcia. Gli aspetta una off-season piena di punti interrogativi. Alcuni di questi proviamo ad elencarli prematuramente.

 

IL BUONO 

Shane Battier. Difesa e triple dall’angolo, difesa e triple dall’angolo. Gli Heat ne hanno tremendamente bisogno per andare fino in fondo. Ieri notte pacchetto completo ad alti livelli.

 

IL BRUTTO 

Jr Smith. Mi fa male vedere un ragazzo con così tanto talento e così poca realizzazione. Anche in questa serie abbiamo visto giocate che appartengono a pochi, anche in questa lega.

Eppure non ha ancora trovato una situazione in cui potersi esprimere al massimo. Roba da piangere il cuore. Potrebbe essere facilmente tra i migliori in assoluto nella NBA e invece ne vediamo solo i residui.

Quello che è peggio è la prospettiva in maglia Knicks. Il marasma di oggi e del domani prossimo venturo non lo aiuta.

 

IL CATTIVO 

Pushin’ forward. Il futuro dei Knicks. Né necessariamente bello, né necessariamente brutto, solo un elenco di domande difficili.

Tra le altre. Cosa fare di Jeremy Lin, restricted free agent in estate ? Rifirmare anche Steve Novak, un fantasma nei playoff ?

Come risolvere la coabitazione tra Carmelo e Amare ? E poi, soprattutto, chi sarà il prossimo head coach ?

John Calipari, fresco di titolo NCAA con Kentucky e dato per molti come favorito, ha parlato molto chiaro.

“Mike Woodson è un caro amico e sta facendo un ottimo lavoro. A Kentucky puoi vincere titoli e essere d’aiuto per i giovani, non andrò ai Knicks, Mike Woodson sarà il vostro coach”.

Benvenuti ai Nets, bentornati i soliti problemi di sempre per i Knicks. A New York sarà un’estate caldissima.

 

COUNTDOWN TO LEBRON JAMES FIRST RING

-12.

 

Alla prossima serie, Miami contro Indiana, secondo turno della Eastern Conference. Non un grande matchup a livello di equilibrio, ma occhio ai Pacers, una squadra allenata bene, che difende e va a rimbalzo.

Non sarà, e non può essere, una passeggiata.

2 thoughts on “Miami in 5 partite, prossimo ostacolo gli Indiana Pacers

  1. I knicks li vedo male per il prossimo anno, e se non troveranno il bandolo della matassa entro quest’estate, li vedo male per gli anni a venire:
    – Stat: ormai sono maggiori le probabilita’ che non torni piu’ al top rispetto a quelle che recuperi del tutto, a livello fisico ma anche a livello di testa e di sicurezza. Psicologicamente, la presenza di Melo non aiuta. Tecnicamente, ancora meno. Probabilmente la mossa migliore sarebbe cederlo anche per aumentare lo spazio di manovra in salary cap, ma questo vorrebbe dire abiurare tutto quel che si e’ fatto finora, se si pensa che la dirigenza ha appena smantellato tutta una squadra tenendo luio come unico punto incedibile. In piu’ allo stato attuale non credo che troverebbero nessuna squadra che voglia accaparrarselo.
    – Lin: un punto di domanda piu’ che una certezza, ma vista la carenza di play decenti e in forma in questa squadra, vale la pena tentare. Stendendo un velo pietoso sul fatto che probabilmente lo terranno piu’ per il merch che per il suo valore cestistico
    – Melo: tanta pressione, entro il prossimo anno dovra’ dimostrare di poter essere un leader non solo di gioco ma anche di spogliatoio. Per ora, in questi anni, non l’ha mai dimostrato, purtroppo
    – Chandler: probabilmente l’unico punto fermo e certo di questa squadra
    – supporting cast e panchina: se recupera, Shumpert potrebbe essere l’unica sicurezza. Tutti gli altri, probabilmente rivedibili, incluso Novak.

    Insomma, nel caso ce ne fosse bisogno: questi Knicks sono una dimostrazione empirica in piu’ del fatto che accumulare star e top player a caz.zo e senza nessuna strategia non rende. Rende ancora meno della somma dei singoli. E trattandosi di un gioco di squadra, la cosa e’ “tragica”.
    (altra dimostrazione, ma anche altra storia, sono gli Heat. Ma il concetto e’ lo stesso)

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