Poche le speranze per i Jazz contro i più esperti Spurs...

La serie arrivava a Salt Lake City con i Jazz sotto 0-2. Tuttavia, seppur reduci da due gare deludenti sotto tutti i punti di vista, Utah aveva molto di che sperare tra le mura amiche.

In riva al Lago Salato i Jazz avevano quest’anno un record di 25-8 con uno scarto medio nelle sconfitte di appena 4 punti. Nonostante questi numeri incoraggianti i Jazz perdono ancora, con dodici punti di scarto, 102-90, contro un avversario che fatica abbastanza, ma fa il minimo indispensabile per portare a casa la posta in gioco.

Nel primo quarto Duncan e Parker partono subito forte: il caraibico firma i primi sei punti dell’incontro ed il francese un buon 4/5 dal campo. Ma la prima frazione è letteralmente dominata da Devin Harris, autore di 12 punti di pregevole fattura. Nonostante ciò le uniche due triple (2/3) di Gary Neal impattano la gara sul 30-26 Spurs, con un maestoso 60% dal campo per la squadra di coach Pop.

Nel secondo quarto l’ingresso di Ginobili cambia l’assetto della squadra. L’argentino gestisce ogni attacco dei nero-argento, finendo per essere il vero play della squadra e mettendo in mostra una capacità di lettura del gioco e di passaggio come solo pochi altri nella Lega. Il risultato sono solo 6 punti, ma accompagnati da 10 assist, che ne fanno un giocatore a più dimensioni di estrema utilità e duttilità.

Oltre a Duncan, che chiude il primo tempo con un bottino di 13 punti (saranno 17 alla fine), nella batteria delle riserve una menzione d’onore va a Stephen Jackson. Come già successo nei primi due episodi, l’ex Buck, garantisce maggiore esperienza e sangue freddo nei momenti topici rispetto agli altri panchinari.

Nel terzo quarto la partita rimane equilibrata fino a quando una tripla di Green e due di Jackson issano San Antonio sul 73-65. E’ Splitter a mettere la ciliegina sulla torta con un appoggio frutto di un assist fantastico di Manu.

Nell’ultimo periodo Parker, che aveva iniziato bene, ma poi aveva smesso, esorcizza rimontanti Jazz con 16 punti, sintesi di una perfezione notevole al tiro (5/5 dal campo e 6/6 ai liberi). A dargli man forte ci pensano Jackson e Danny Green (14 punti).

La chiave

Corbin, assiduo lettore di Play.it , ha capito che il problema nelle prime due partite erano le incursioni di Parker. Ha pensato bene di mettere sull’MVP delle Finals 2007 Gordon Hayward (peraltro impalpabile in attacco: 4 punti e 1/10 dal campo), il quale scalava poi su Ginobili, quando l’argentino diventava play. L’idea di Corbin era semplice: “Lasciamo spazio a Parker e sfidiamolo al tiro: gli sporcheremo la percentuale e sarà più difficile sorprenderci con gli scarichi dall’arco dei tre punti”. E invece Parker è stato più bravo ed ha infilato 27 punti con 10/17 dal campo.

Altra chiave importante sono la mostruosità delle esecuzioni e dei tiri da tre degli Spurs:2/3 per Neal, 3/5 per Jackson e 1/2 per Bonner.

Da non sottovalutare il ritorno di Splitter, che ha garantito 10 punti e 8 rimbalzi in appena 18 minuti, con un gradevole apprezzamento di Popovich, il quale ha potuto mettere a riposo Duncan, in vista di incontri più sanguinosi e combattuti.

Per i Jazz si salva Harris, che doveva dimostrare qualcosa dopo i 6 punti di media delle prime due. Chiude con 21 punti, ma solo 7 nel secondo tempo. Favors tiene su la baracca con 15 punti e 11 rimbalzi.

Se nel primo tempo gli Spurs avevano lasciato troppi rimbalzi offensivi e, quindi, concesso troppi punti da seconda occasione, nel secondo le cose cambiano radicalmente e San Antonio prende il largo, non guardandosi più indietro.

Verso Gara 4

Hayward: “Possiamo dire che siamo ancora vivi. Abbiamo ancora un’altra partita. Abbiamo un’altra possibilità”.

Ce la faranno gli inesperti (perchè è questo che più di tutto ha pagato) a vincere almeno una partita contro la squadra più esperta di tutte nella Lega? Ci sentiamo dopo Gara 4 !

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