Dwight Howard pensa al suo futuro, probabilmente lontano da Orlando...

Gli Orlando Magic sono esattamente quello che la squadra della città del più grande Disneyland del mondo dovrebbe essere: un giocattolo.

Un giocattolo bellissimo ma altrettanto fragile, uno di quelli che ti piacciono tantissimo quando ci giochi la prima volta, ma che ci vuole niente perché si rompa. Una fragilità che lo può far finire in un angolo della cameretta NBA da un momento all’altro.

Nel 2009 una squadra praticamente identica a quella attuale arriva a un centimetro dal titolo NBA, perdendo solo in Finale con i Lakers per colpa di un rigore a porta vuota sbagliato da Courtney Lee, qualche tiro libero che doveva entrare e non è entrato e un paio di giocate eroiche di Derek Fisher.

Questo era un momento in cui considerare sostanzialmente due strade possibili: continuare con lo stesso sistema di gioco e gli stessi interpreti o cambiare radicalmente impostazione sia a livello di filosofia offensiva che di buona parte del roster.

E’ stata fatta un po’ una cosa a metà, nel senso che da quel momento a oggi (quindi nel corso di oltre 2 anni) si sono susseguiti numerosissimi movimenti di mercato che hanno creato più confusione che altro nell’ambiente di Orlando.

Dopo il fallimento della scorsa stagione (fuori al primo turno con gli Atlanta Hawks) i Magic versione tweny-twelve si sono presentati al cancelletto di partenza con un roster sulla carta da semifinale di Conference e con il sistema di gioco che ha sempre caratterizzato gli uomini di coach Van Gundy così riassumibile: quattro tiratori da 3 punti fuori dall’arco e un Dwight Howard a presidiare l’area pitturata.

Un sistema che rischiava di perdere gran parte della sua credibilità già nei concitati giorni tra la fine del lockout e l’inizio della stagione, quando il signor Howard Dwight, in scadenza di contratto nell’estate 2012, si presenta dal GM Otis Smith chiedendo di essere ceduto.

La dirigenza di Orlando tentenna, prende tempo, valuta ma rifiuta offerte da mezza Lega e trattiene Superman in Florida in una situazione che lascia tuttora i tifosi col fiato sospeso e che diventa ogni giorno più critica con l’avvicinarsi della trade deadline del 15 marzo.

Ma prima di soffermarci sull’affaire-Howard andiamo ad analizzare quella che è stata fino a oggi la stagione dei Magic, per capire anche l’impatto di un giocatore così sugli equilibri di una squadra che, ripeto, avrebbe sulla carta i presupposti per giocarsela con praticamente tutti i top team a Est come a Ovest.

I Magic sono arrivati alla pausa per l’All Star Game (che hanno ospitato in casa loro nello splendido Amway Center) dopo aver giocato 35 partite, 22 delle quali vinte. Un record di tutto rispetto che li tiene secondi nella Southeast Division alle spalle degli inarrivabili Miami Heat ma che dovrebbe permettere loro di arrivare perlomeno a lottare per il #3 a Est.

A parte qualche “colpo di testa” decisamente evitabile (sconfitte imbarazzanti come il 56-87 coi Celtics o il 67-93 con i derelitti Hornets) il ruolino di marcia dei Magic è stato assolutamente positivo, considerando anche gli infortuni (peraltro non particolarmente seri) che hanno coinvolto Jason Richardson e Jameer Nelson.

La più grande forza di questa squadra è anche la sua più preoccupante debolezza: il tiro da 3 punti è una scienza decisamente inesatta. Per quanto esaltante e spettacolare quando gira a tutta, una squadra di tiratori come accennato prima è e rimane un giocattolo molto fragile, perché ci sono serate e serate e fare troppo affidamento sulle conclusioni dalla lunga se non lunghissima distanza è una scommessa che rischia di non pagare magari proprio sul più bello (leggasi Playoff).

In questa regular season i risultati sono stati comunque incoraggianti: Orlando è la squadra che tira più volte dall’arco dei 7.25 (26.1 tentativi a partita) e anche quella che ne realizza di più (10.6 a serata), e il 38.6% è una percentuale di tutto rispetto (quarti nella Lega). E nonostante tutto sono appena il 23esimo attacco con circa 93 punti di media! (Quando si diceva scienza inesatta…)

Per le incredibili cifre dei Magic nel tiro pesante bisogna ringraziare parecchi giocatori, ma quello più rappresentativo e caratteristico, perché riassume in sè tutta la pallacanestro che ha in mente Van Gundy, è Ryan Anderson.

Arrivato in punta di piedi all’interno della trade che aveva portato dal New Jersey in Florida anche Vince Carter, Anderson si è lentamente costruito un ruolo sempre più importante nella squadra, diventando il secondo violino offensivo (il primo nonostante tutto rimane DH12) giocando da ala forte (è un 208 centimetri) ma interpretando il ruolo in modo abbastanza personale, stazionando praticamente sempre fuori dall’arco pronto a convertire in 3 punti ogni pallone che transiti dai suoi polpastrelli.

Le statistiche raccontano perché oggi come oggi sia un più che credibile candidato al Most Improved Player 2012: in un anno è passato da 22 a 31 minuti di utilizzo medio, aumentando decisamente il numero di tiri tentati ma anche le percentuali (ed è questo il vero salto di qualità), passando da 10.6 a oltre 16 punti a partita e dimostrandosi grande rimbalzista offensivo, grazie anche alle attenzioni che i difensori avversari devono riservare all’ingombrante Howard. E’ altrettanto innegabile che rimanga piuttosto passivo in difesa e sotto il proprio tabellone, ma i suoi progressi sono stati davvero notevoli.

Parlando della provenienza degli altri tiri da 3 punti della squadra non si possono non nominare le mani di Jason Richardson e Jameer Nelson, coppia di guardie piuttosto atipica sia per la mancanza di un vero play (Duhon dalla panchina dà una mano sotto questo aspetto) che per la loro monodimensionalità non si sa fino a quanto “imposta” dal sistema Magic. Nelson in particolare è stato al centro di numerose critiche e sta attraversando una stagione difficile, e non è escluso che anche la sua permanenza in Florida abbia le ore contate.

Parlando di tiri da lontano o da lontanissimo non si può ignorare l’impatto dalla panchina di JJ Redick, prodotto di Duke e tiratore pazzesco già dal college, che quest’anno sta finalmente trovando confidenza e continuità a livello realizzativo e di minutaggio.

Sempre dalla panchina invece, ha un po’ deluso l’apporto di “Big Baby” Glen Davis, chiamato a svolgere il ruolo che era di Bass e cioè fare da spalla a Howard e presidiare la zona del suo jumper dalla media, ma non può sostituire Dwight per mancanza di centimetri e salto.

Ma al di là di tutti i grandi talenti del roster rimane Hedo Turkoglu il giocatore in grado di dare qualità all’attacco Magic e capace di far cambiare ritmo alla squadra, grazie, oltre al tiro da fuori, alla sua pazzesca visione di gioco, i suoi giochi a due con Howard e la sua capacità di essere “clutch” nei momenti caldi della partita, qualità che lo hanno da sempre fatto uno dei preferiti di Superman, e che potrebbe seguire proprio il centrone (qualora dovesse partire) per liberare Orlando del suo pesantissimo contratto.

Capitolo Howard: limitandosi a guardare i numeri della prima scelta assoluta del Draft 2004 non si direbbe che stia passando quello che sta passando lui, perché viaggia a oltre 20 punti e 15 rimbalzi, oltre a rimanere uno dei più impattanti difensori d’area del mondo (interessante la statistica che appena il 42% dei tiri degli avversari dei Magic arrivi da dentro l’area, la più bassa percentuale della Lega).

Rimane il limite dei tiri liberi (ricordate i falli sistematici dei Warriors che gliene hanno fatti tirare 39?) e della gestione dei falli (ma sta migliorando) ma stiamo parlando senza ombra di dubbio del migliore centro in circolazione, e forse l’unico giocatore al mondo che possa fare quello che sta facendo nei Magic su entrambi i lati del campo.

Chiaro che la priorità del front office di Orlando sia trattenerlo mettendo sul piatto tutto quello che hanno, dai soldi alle preghiere di un’intera città, passando per il senso di colpa e quello di responsabilità.

Howard è stato molto chiaro: se ne vuole andare perché non crede che con questa squadra riuscirà mai a vincere un anello. E come dargli torto?

La soluzione più immediata sarebbe stata quella di provare a racimolare qualcosa o qualcuno in una trade a inizio stagione per convincerlo che anche la dirigenza è dello stesso parere, ma questo fino ad ora non è successo: il recente interessamento della franchigia della Florida per il veteranissimo Steve Nash non pare abbastanza.

A fare la differenza per quanto riguarda la scelta di Howard potrebbe essere l’arrivo di uno tra Monta Ellis e Joe Johnson, sui quali si sprecano i rumors nelle ultime settimane e che sarebbero realisticamente alla portata dei Magic sacrificando Nelson o Richardson e qualche pezzo dalla panchina (oltre a qualche scelta). Difficile, molto difficile, ma non impossibile. E l’arrivo di uno dei due potrebbe convincere Dwight a restare e trasformare la franchigia della Florida in una signora contender.

La sensazione netta è che comunque Orlando in queste prime due settimane di marzo sarà una città col fiato sospeso, perché qualcosa di certo succederà. Forse la “fine del mondo” per i tifosi e il front office dei Magic sarà ben prima del 21 dicembre: non possono permettersi di perdere Howard in estate per niente in cambio (la famosa “decision” di LeBron è un precedente che non fa dormire tranquillo il GM Otis Smith, probabilmente) e quindi si proverà a concretizzare qualcosa adesso.

Gli scenari che si stanno delineando da ormai qualche mese sembrano limitati in questo momento a tre destinazioni possibili: i New Jersey Nets, i Dallas Mavericks e i Los Angeles Lakers, cioè i tre team con cui è stato permesso ad Howard di parlare su indicazione dello stesso giocatore.

I Nets sono stati vicini all’acquisto di Howard già durante la preseason, ma poi la trattativa si è bruscamente interrotta e numerosi fonti dicono improbabile una trade tra New Jersey e Orlando prima del 15 marzo: è indubbio comunque che visto che anche Deron Williams sarà free agent in estate il front office dei Nets proverà in ogni modo ad affiancargli Howard e firmare entrambi per la prima stagione della franchigia a Brooklyn.

Sembra onestamente difficile che Howard possa finire nei campioni in carica di Dallas: i Mavs possono godere di un buono spazio salariale creatosi dalla cessione di Butler ai Clippers, ma la contropartita che possono mettere sul piatto, per quanto non chiarissima da identificare, risulterebbe difficilmente all’altezza della concorrenza delle altre franchigie interessate a Superman.

Difficile anche che se ne riparli in estate, perché Dallas è la città natale di Deron Williams e sarà probabilmente lui l’obiettivo numero 1 dei Mavericks per il dopo-Kidd.

Per quanto riguarda i Lakers invece, nelle ultime ore si è parlato di una mega trade che coinvolgendo anche i Raptors avrebbe portato a LA Nelson, Turkoglu e Howard, e in Florida Andrew Bynum e Pau Gasol con i Magic che avrebbero poi potuto ottenere anche Josè Calderon.

Andrew Bynum rimane comunque il nodo principale che alla fine sarà decisivo per l’eventuale arrivo di Howard a Hollywood: il front office dei Magic non è convinto della sua stabilità fisica, in particolare delle sue ginocchia, visti i numerosi infortuni che ne hanno costellato la carriera; d’altra parte Bynum sta viaggiando a più di 16 punti e 12 rimbalzi a partita in 34’, tutti career-high. E lui stesso ha dichiarato di poter essere un realizzatore anche migliore di quanto non possa fare ai Lakers, e ai Magic avrebbe più responsabilità offensive.

Ma in ogni caso i Lakers sarebbero davvero disposti a cedere entrambi Gasol e Bynum per arrivare all’erede di Shaq? I dubbi rimangono.

Naturalmente molte altre squadre si stanno muovendo più o meno silenziosamente per ottenere i servigi di Howard, su tutte Chicago che potrebbe affiancare a Rose un’altra superstar per togliergli un po’ di pressione a provare a sconfiggere i Big3 di Miami.

Come detto, la sensazione è che i Magic debbano provare a scambiare Howard prima possibile, sicuramente però lo faranno solo quando saranno certi che una volta diventato FA non avrebbe intenzione di rifirmare per Orlando.

Saranno decisivi forse i prossimi giorni, quando ci sarà un ultimo incontro decisivo tra le parti e si deciderà presumibilmente il destino di Superman. Comunque vada, sarà un marzo interessante a Orlando, Florida…

13 thoughts on “Un marzo caldissimo ad Orlando

  1. nel articolo non avete accennato che ci sono possibilità anche se onestamente forse poche anche per new york

  2. in realtà si è parlato anche di uno scambio con gli heat, dove si parlava di wade e bosh a orlando, e anderson, il turco e dwight a miami. Altra soluzione potrebbe essere miller, cole e bosh a orlando e howard a miami

    • Orlando e la Central Florida sono posti meravigliosi… questo tuo commento è a dir poco demenziale…

  3. Ottimo articolo, indubbiamente spero finisca ai miei Bulls: senza un altro giocatore più che ottimo l’anello lo salutiamo anche quest’anno.

  4. Spero che rimanga nella cittá di topolino perche questo fenomeno di formare i super big three sta davvero impoverendo la lega…

  5. la florida è miami sono splendidi ma la città di topolino non è molto importante

    • Orlando è la 5 città al mondo per turismo mondiale, dietro a Parigi, Roma, Londra, NYC.

  6. poi mi domando, ci sei mai stato? io parecchie volte e ti assicuro che è un posto della madonna.

  7. Non so ma ho l’impressione che andra a Chicago magari in cambio di Noah e deng…mi sembra la piu probabile destinazione…vedremo….

  8. Secondo me finisce la stagione ad Orlando, poi l’anno prossimo, avendo la facoltà di uscire dal contratto, va ai Mavs con Deron Williams.

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