Kyrie Irving, la nuova sensazione in casa Cavs

Qualche anno fa a Cleveland era arrivato un adolescente con la maglia 23 sulle spalle e chiare intenzioni di vincere l’anello nel minor tempo possibile e soprattutto con la maglia dei Cavaliers.

Lebron James era quasi riuscito nel suo intento quando nel 2007 trascina la franchigia dell’Ohio alle Finals per poi perdere con un netto 4-0 contro San Antonio. I Cavs però vengono sedotti e abbandonati perchè l’8 Luglio 2010 Lebron dichiara, in diretta mondiale, di voler lasciare Cleveland per continuare la sua scalata verso l’anello a Miami in compagnia di Bosh e Wade.

Così dopo annate da 60 vittorie e miglior record nella lega Cleveland passa a una stagione da 19-63 con il record di sconfitte consecutive (26). Ma Chris Grant e Dan Gilbert sembrano essere riusciti a trovare la “cura” a questo momento difficile della franchigia scegliendo con la chiamata numero 1 dell’ultimo draft una altro adolescente terribile: Kyrie Irving.

Infatti dopo tanto scetticismo iniziale dovuto al fatto che il play proveniente dai Duke Blue Devils abbia giocato soltanto 11 partite al college prima di infortunarsi ad una caviglia saltando l’intera stagione, i tifosi di Cleveland sono stati convinti dalle ottime prestazione del loro numero 2 che ha portato i Cavaliers ad avere un record di 6 vittorie e 6 sconfitte prima di incappare in tre debaclè consecutive, giocando ben oltre le più rosee aspettative viaggiando a 17,7 punti, 5,2 assist e 3,5 rimbalzi in soli 28 minuti di utilizzo.

Irving non sarà e non farà quello che ha fatto Lebron ma sicuramente è un ancora di salvezza importante per una franchigia che è passata da dover lottare per il titolo a dover arrivare a non avere il peggior record nella storia dell’NBA. Nelle sue prime settimane nella lega il diciannovenne di Melbourne ma americano a tutti gli effetti ha mostrato molti lati positivi ma anche tante piccole cose su cui coach Byron Scott dovrà lavorare.

Irving è un grandissimo tiratore dalla lunga distanza e viaggia quasi al 43%, Ha grandi doti di penetratore, sa passare la palla e condisce tutto questo con una grande personalità e quel pizzico di incoscienza che distingue un giocatore “normale” da una possibile stella. Però per diventare una superstar deve diminuire il numero di palle perse e imparare a giocare in pick and roll ma soprattutto deve iniziare a difendere.

Infatti il rendimento difensivo di Irving è veramente deficitario e per risollevare le sorti di Cleveland Kyrie dovrebbe sbattersi anche in difesa. Per sua fortuna ha l’allenatore che fa per lui e che potrebbe senz’altro aiutarlo a colmare queste lacune.

Byron Scott nella sua ultima esperienza NBA prima di Cleveland ha allenato un giocatore del calibro di Chris Paul, grande passatore e straordinario difensore, mentre da giocatore ha avuto la fortuna di giocare al fianco di Magic Johnson, proprio per queste sue esperienze Scott sembra essere il coach adatto per guidare Irving al salto di qualità.

E’ ovvio però che non è stato solo Irving a cambiare le cose in casa Cavs. Nella scorsa stagione i Cavs si erano affidati al duo Mo Williams – Anderson Varejao ma l’accoppiata è stata tutt’altro che convincente infatti il play è stato ceduto a febbraio ai Clippers, insieme a Jamario Moon, in cambio del “Barone”, anch’egli rilasciato con l’amnesty clause, mentre Anderson Varejao, forse la stella della squadra della passata stagione, ha dovuto sottoporsi ad un intervento per ridurre una frattura al perone, infortunio che lo ha costretto a giocare soltanto 31 partite.

Quest’anno però il riccioluto centro è tornato operativo e la sua grande energia sotto canestro sta regalando ai Cavs più gioie che dolori. Il Brasiliano infatti non sarà il miglior attaccante che l’NBA ricordi ma senza dubbio riesce a lasciare sempre un impronta più o meno importante nel gioco di Cleveland. Varejao da sempre il 100% quando scende sul parquet per questo è amato dal pubblico di Cleveland e anche per lui le statistiche parlano chiaro terzo miglior rimbalzista offensivo della lega, meglio anche di Dwight Howard.

Su di lui però c’è da fare una riflessione extra cestistica, infatti dovremmo valutare quali saranno le idee di Gilbert e Grant per la ricostruzione di questa franchigia: L’owner e il GM di Cleveland punteranno sul brasiliano, ormai trentenne, per fare da chioccia a Tristan Thompson oppure decideranno di scambiarlo magari per scelte future e dare più spazio al prodotto di Texas cercando così di portare avanti un progetto improntato sui giovani?

Probabilmente saranno proprio le prestazioni di Thompson a determinare quale strada verrà intrapresa e per il momento il canadese non sta entusiasmando, ma è in crescita. E’ vero serve tempo ad un rookie per ambientarsi al piano di sopra, ma allora non era meglio scegliere ed aspettare Valanciunas che dopo una anno d’Europa poteva tornare comodo soprattutto per le sue qualità d’attaccante?

A quanto pare Cleveland ha preferito la fisicità e le doti difensive rispetto alla qualità tecnica e offensiva. Thompson è un giocatore dall’atleticità smisurata e una o due volte a partita ti fa saltare sulla sedia per quello che riesce a fare, una stoppata roboante o una schiacciata clamorosa, ma oltre al fattore divertimento c’è ben poco.

Molto spesso va in confusione in difesa e per fermare un avversario si basa sull’intuito e l’atletismo, ma non sempre ha fortuna, la gara contro i Bulls Docet infatti le abilità in post dei lunghi di Chicago hanno mandato in tilt il numero 13 che non ha potuto nulla contro i vari Boozer, Noah e compagnia. Ma nonostante alcuni limiti tecnici quando entra in campo TT porta tonnellate di energia, attacca il canestro senza paura e se impara a giocare il pick and roll con Irving potrebbero uscire cose interessanti, ovvio non ai livelli degli Utah Jazz dello Stockton to Malone!

Il talento è evidente ma è ancora molto grezzo, probabilmente ci sarà da aspettare ancora perchè le sue qualità escano a pieno ma sicuramente può diventare un giocatore d’impatto per questi Cavs.

L’unica trade di Cleveland dopo la fine del lock out è stata quella che ha coinvolto J.J. Hickson, finito a Sacramento, e Omri Casspi arrivato in Ohio. L’Israeliano non ha brillato in questo avvio di stagione ma i Cavs sembrano puntare su di lui.

Nelle prime 10 partite l’ex Maccabi è stato terribile, non sembrava nemmeno un giocatore di basket, non riusciva a fare quello che gli riesce meglio: attaccare il canestro e subire falli. Scott però non si è perso d’animo e ha continuato a proporlo in quintetto e qualche risultato è uscito fuori. E’ possibile che sia stata una questione di adattamento al nuovo scenario e al nuovo sistema. Il numero 36 può diventare fondamentale nel futuro della Franchigia dati i grandi margini di crescita, deve solo mettersi in testa di poter migliorare sia in attacco che in difesa, prendendo coscienza dei suoi mezzi fisici.

Il futuro della franchigia è sulle spalle di questi ragazzi che dovranno rimboccarsi le maniche per riportare Cleveland a livelli di decenza rispettabili. I Cavs sono ancora un cantiere aperto.

Oltre alle due prime scelte e a Casspi l’incertezza regna sovrana: se il posto di Varejao è in discussione sicuramente anche Jamison e Parker sono due forti indiziati a lasciare l’Ohio . L’ala ex Washington dopo un brutto inizio di stagione è riuscito un pò a risollevarsi nelle ultime partite grazie agli assist di Irving e ora viaggia a 17 di media.

Parker si sbatte in difesa ma non incide più di tanto infatti in 22 minuti di utilizzo non va oltre a 6 punti ad allacciata di scarpe e sicuramente se Grant avrà l’occasione li lascerà partire. Gibson è importante nella rotazione di Scott e funge come specialista al tiro da 3 già come faceva nel sistema di Mike Brown. Hollins e Gee stanno facendo il compitino senza lode e senza infamia ma difficilmente potranno avere un futuro in una franchigia NBA.

Il giocatore più funzionale nelle rotazioni di Coach Byron Scott è Ramon Session che come cambio di Irving sta facendo cose importanti: 10 punti e 5 assist di media e grande leadership quando scende in campo, regalando a Irving minuti di riposo importanti per tenerlo lucido e pronto per i quarti quarti.

Mychail Thompson, Harangody, Samuels e Erden rimangono ancora dei punti interrogativi e anche loro come Hollins e Gee difficilmente avranno un futuro NBA, ma mai dire mai magari in un sistema come quello di Cleveland in cui nessuno a niente da perdere e ogni occasione è buona per mettersi in mostra.

Gilbert ce l’ha messa tutta pur di portare alla ribalta la sua Cleveland non solo sotto il punto di vista prettamente cestistico ma anche su quello mediatico, opponendosi assieme a Mark Cuban alla trade che avrebbe portato Chris Paul a Los Angeles sponda Lakers.

Il lavoro di rafforzamento sembra essere riuscito ma ci sarà ancora molto da lavorare per non ripetere le brutte figure degli anni passati.

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