Dimenticate tutto.
Dimenticate il fatto che firma autografi da quando ha 13 anni, dimenticate i murales della Nike sulle facciate dei palazzi di Cleveland, dimenticate il tatuaggio sulla schiena, dimenticate gli spot, dimenticate anche la “Decision”.

Dimenticate, insomma, la cortina fumogena di aspettative malate e hype anabolizzati creati dai media, dal suo entourage e da lui stesso.

Qui non parleremo di “King James”, ma di Lebron Raymone James giocatore di pallacanestro.
Di quello che ha fatto sul parquet finora, di quello che non ha fatto, di quello che avrebbe potuto e dovuto fare, di quello che potrĂ  fare nei prossimi anni.

E’ un vincente? E’ un perdente?
E’ sopravvalutato? E’ sottovalutato?

Analizziamo i fatti.

Il giocatore

Il giocatore è entrato in NBA nel 2003, all’età di 19 anni, con queste premesse: 203 centimetri, 120 chili, tecnica da playmaker, fisico da ala forte o forse da tight end del football, esplosività da gara delle schiacciate. Uno scherzo di natura.

I suoi difetti al momento dell’entrata nella Lega?
Tiro da fuori e difesa. Due aspetti del gioco di cui fino ad allora non si era occupato, potendo giocatore come uomo fra i bambini a livello di high school.

Ecco le sue statistiche in carriera, anno per anno, fino ad oggi:

Ecco dunque di chi stiamo parlando: di un giocatore che in 8 stagioni ha tenuto le seguenti medie ad incontro: 40 minuti – 27,7 punti – 7,1 rimbalzi – 7 assist – 1,7 palle recuperate – 0,8 stoppate in 627 partite.

In una parola, un mostro che dovrebbe esistere sono nelle Playstation modificate, quelle dove puoi crearti il giocatore dei sogni mettendo tutto su 100%: passing, jumping, strenght, stamina, ecc.ecc.

Un giocatore a cui la natura ha dato tutto – il talento, il fisico, l’atletismo – ed a cui lui ha aggiunto un grande lavoro in sala pesi e in palestra, lavorando anche sui suoi (pochi) punti deboli, cosa non banale per chi da sempre ha come soprannome “Il Prescelto” oppure un piĂą sobrio “Il Re”.

Se osserviamo infatti l’evoluzione delle sue percentuali dal campo nel corso degli anni, dopo l’anno da rookie in cui tirò col 41% complessivo, incluso un non certo lusinghiero 29% da 3, si vede come siano passate dal 47% del 2005 al 49% del 2009, per andare addirittura sopra il 50% nelle ultime 2 stagioni! Tirare oltre il 50% quando tutte le difese NBA sono preoccupate prima di ogni altra cosa di difendere su di te, e giocando sostanzialmente da esterno, è una statistica da fantascienza.

A parte le statistiche, il suo tiro da fuori oggi è molto più affidabile rispetto alle prime stagioni, e la sua tecnica di tiro molto migliorata, e tutto questo succede solo col lavoro in palestra.

Stesso discorso per la difesa: praticamente inesistente nelle prime stagioni, visibile solo a tratti negli ultimi anni a Cleveland – dove cantava e portava la croce, per cui ogni tanto tirava il fiato nella sua metĂ  campo – e invece impressionante in questa ultima stagione a Miami, dove potendo dividere il peso dell’attacco con Wade e Bosh si è calato nel ruolo di “stopper” con una intensitĂ  che pochi credevano possibile, difendendo nei playoff con successo contro il miglior attaccante avversario – chiedere ad esempio a Derrick Rose, letteralmente annullato nei finali di partita.

Tecnicamente quindi cosa manca ancora a questo giocatore, una volta sistemato tiro e difesa?
Magari un po’ di gioco in post basso, ma non è di certo guardando alle sue carenze di tecnica individuale che potremo trovare i motivi delle sue sconfitte nei playoffs.

I suoi primi anni nella Lega (2003-2008)

Al momento del suo ingresso in NBA, i Cleveland Cavs sono la peggior squadra della Lega, avendo terminato la stagione precedente col record di 17-65.

Il primo anno, giocando con Boozer e Ilgauskas come front line ed Eric Williams e Kevin Ollie come guardie, arrivano ben 18W in piĂą rispetto all’anno precedente: 35-47.

Il secondo anno, senza Boozer e con Gooden al suo posto, e con 2 nuove guardie (McInnis e Snow) arrivano altre 7 vittorie in più e il primo record positivo (42-40) che però in quegli anni non è sufficiente per assicurare la post season ad Est.

E’ l’anno successivo che i Cavs fanno il primo salto di qualitĂ , sempre senza disporre di grande talento: confermato Snow come playmaker – quasi nullo in attacco ma buon passatore e difensore – gli viene affiancato Damon Jones – specialista del tiro da 3, praticamente invisibile in difesa.

Con questo modestissimo roster, supportato dalla panchina da Pavlovic e Varejao, Cleveland vince altre 8 partite in piĂą (50-32), praticamente un miracolo.

Parte del merito va riconosciuta anche al nuovo coach, Mike Brown: scuola Popovich, predica difesa organizzata e attacco a metĂ  campo – tanto se in quella metĂ  campo tu hai Lebron e gli altri no, parti sempre in vantaggio…

Arriva la prima post season della carriera per Lebron, che al primo turno ha la meglio sui rivali di Washington di Arenas, Butler, Jamison e Haywood – una squadra con almeno il doppio del talento – e si ferma solo in semifinale in Gara7 contro i Pistons di Billups, Hamilton, Prince e i 2 Wallace.

Siamo nella stagione 2006-2007: a Cleveland sono arrivati Larry Hughes e Boobie Gibson, mentre cresce il contributo di giocatori come Varejao, Pavlovic e Marshall.

La regular season termina nuovamente con 50 vittorie, e questa volta nei playoffs ad Est nessuno può fermare i Cavs: né i soliti Wizards – sweeppati – né i Nets di Kidd, Carter e Jefferson – né i soliti Pistons in finale di conference.

Con Hughes e Pavlovic come guardie titolari e Gooden e Ilgauskas come lunghi, i Cavs arrivano alla loro prima finale NBA: ad occhio, la squadra piĂą debole e soprattutto la meno talentuosa mai arrivata al grande ballo. Un motivo ci sarĂ …

Contro i 3 volte campioni NBA di San Antonio – Duncan, Ginobili, Parker e compagnia – non c’è storia: vengono a galla tutti i limiti di talento e di esperienza della coraggiosa squadra dell’Ohio. Lebron è ben controllato da Bruce Bowen – uno dei migliori specialisti difensivi di sempre – ed è sweep.

Ma Lebron a 23 anni, dopo solo 4 anni nella Lega, ha praticamente portato di peso una squadra priva di talento alle Finali. Il futuro è il suo, è solo questione di tempo, poco tempo… o almeno così si pensava.

Nel 2007-2008 l’ossatura della squadra rimane la stessa, ma arrivano nuovi rinforzi come Delonte West, Wally Szczerbiak, Joe Smith e Ben Wallace. James ha qualche problema fisico che gli fa perdere 7 partite di stagione regolare, ed il record ne risente istantaneamente: 45-37.

Nei Playoffs, dopo la solita ripassata ai Wizards, la corsa dei Cavs si ferma contro i futuri campioni dei Boston Celtics – una delle più forti squadre campioni di sempre – col quintetto da sogno composto da Rondo-Allen-Pierce-Garnett-Perkins.

Pur in assenza di fattore campo, i Cavs arrivano in Gara 7 trascinati dal solito Lebron, che sarĂ  autore nell’ultima decisiva partita di un loosing-effort da 45 punti, 5 rimbalzi e 6 assist. Ma non basterĂ : Boston vince di 5 e andrĂ  poi a vincere con molte meno difficoltĂ  prima con Detroit e poi coi Lakers.

Lebron anche quest’anno ha dato tutto, ha disputato una Gara7 da leggenda ma i Cavs sembrano ancora troppo poco talentuosi per poter impensierire corazzate come quelle di Boston o Los Angeles. Per la maggior parte degli analisti il problema non è lui, il problema sono i suoi compagni.

Ma da questo momento in avanti, le cose cambieranno. In peggio.

Continua…

7 thoughts on “Lebron James e il grande equivoco (1/3)

  1. secondo me i suoi pochi difetti sono :
    1 non ha lo sguardo assassino alla kobe o MJ (non mette l’anima per vincere)
    2 a differenza degli altri 2 non ha ancora capito che si deve inserire in un sistema di gioco ( colpa anche degli allenatori Lebbronizzati che ha avuto)
    3 non sa proprio scegliere i compagni di squadra,…lui ha sempre cercato tiratori da 3 e non giocatori piu completi.(escluso ovviamente la “Decision” di andare dalla stella Wade)
    4 tecnicamente non ha un gioco in postBasso… se vieni marcato da Rondo non punti al palleggio ma ti metti spalle a canestro
    5 be direi che è un “pochino” pagliaccio

    e’ un giocatore che odio perchè troppo forte , occupa piu ruoli non inserendosi nel sistema di gioco è così forte da far diventare lebron dipendenti tutti i suoi coach (fanno portare palla a lebron nel 4 quarto che sta 10 secondi a palleggiare e siccome è fortissimo trova un superpassaggio o il gioco da 3 punti o crossover stepback 2 punti)
    anche se lo odio devo ammettere che potenzialmente è una spanna su tutti,potenzialmente appunto

  2. EK aggiungerei un piccolo particolare anche: quando conta non azzecca mai la partita giusta, per non dire che a volte è totalmente stato estraneo.
    Fisicamente è una spanna sopra a tutti, ma tecnicamente si toccano tasti nei quali lui eccelle e tasti nei quali deve migliorare molto. Ad esempio il suo tiro. E’ un tiro che preso per 15-18 volte a partita ti permette di fare 30 punti, però è ancora troppo altalenante… E’ bravo a costruirsi tiri dall’uno contro uno perchè va di fisico e di centimetri, ma non si conta mai che sono tutti tiri fuori equilibrio. In piĂą la sua tecnica di tiro è imprecisa, il suo corpo è tutto indietro, mentre chiunque insegna a tirare col peso del corpo sugli avampiedi e l’equilibrio leggermente proteso in avanti. Ora sono scemenze, perchè stiamo parlando di una super stella, che sicuramente nel giro di 5 anni vincerĂ  almeno 1 o magari 2 titoli, fatto sta che per diventare veramente devastante come lo si vuole far sembrare giĂ  ora dovrĂ  migliorare di molto sotto l’aspetto del tiro. Poi in difesa anche qui, bravo, ma non eccezionale. Il bravo difensore non è chi fa 8 stoppate a partita(howard docet) o chi recupera 7 palloni a partita(iverson)… Ma chi è rapido di piedi, chi intimidisce l’avversario, chi è reattivo e pronto ad aiutare un compagno… Insomma, se lui davvero migliorasse questi aspetti allora lo si potrebbe paragonare di diritto con i vari mj eccetera!

  3. Da questa prima parte ben scritta dal solito max mi vien da pensare che il ragazzo alla fine, come fece MJ prima di lui, dopo alcune vicissitudini riesce poi a trovare i giusti compagni per vincere il titolo, nella sua cittĂ , nella sua squadra, da leader, come uno dei piĂą grandi di sempre, come uno definito il Re e il Prescelto…….oh…no…aspettate….ma non è andata così?…..

    ah vero, c’è la “Decision”.

    Cavolo, tecnicamente quelle statistiche fanno paura, sono irreali, veramente da playstation e i risultati con quei compagni dell’Ohio sono ammirevoli e semplicemente mostruosi. Nessuno avrebbe potuto fare di meglio oggi, nemmeno Kobe!!! Forse nemmeno Jordan o Magic.
    Comunque, il giocatore era forte giĂ  a 18-23 anni, lo è ancor di piĂą oggi, potrĂ  esserlo ancor di piĂą domani, ma per quanto mi riguarda PROPRIO PERCHE’ SI PARLA DI UN POTENZIALE TOP10 ALL-TIME!! il fatto che abbia deciso di mollare la parte da leader a soli 26 anni per dividersi la gloria con wade e bosh, lo relega definitavemente come una delle piĂą grandi delusioni sportive di tutti i tempi tra tutti gli sport mondiali. Un ragazzino che non ha saputo crescere serenamente, un po’ per colpa del carrozzone mediatico, un po’ per il suo carattere, e che ora paga mentalmente tutti gli errori fatti nel suo recente passato.

    I campioni si forgiano nelle sconfitte e diventano piĂą forti, lui no.

    Ma sono certo che prima o poi vincerĂ  un titolo, magari con l’aggiunta al roster di Chris Paul e Howard in modo da togliere ancora quelle poche responsabilitĂ  rimaste all’ex 23 di cleveland

    ;-)

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  4. Credo che al momento LeBron sia un ottimo e completo giocatore, ha tutte le potenzialitĂ  per diventare un campione…finora non ha dimostrato di esserlo, lo si è visto nelle Finals di quest’anno. In gara 4 e 5 doveva fare la differenza e prendere in mano la squadra ma non c’è riuscito. Su di lui influisce una pressione mediatica enorme, esasperante direi! Manca ancora un piccolo salto, ha bisogno di un allenatore con le palle, che abbia una forte reputazione e lo costringa a non tenere ferma la palla per troppo tempo.

  5. io dico che tecnicamente e fisicamente è perfetto, un 10 in tutte le skills immaginabili, il suo problema è il carattere, il voler vincere per dimostrare agli altri prima che a se stesso, Kobe MJ Magic Bird, lo stesso O’Neall, hanno tutti una cultura della vittoria spropositata, non ammettono altro che la vittoria nella loro vita, e non per dimostrare qualcosa agli altri, come Lebron, ma per se stessi, non so se è chiaro il discorso.

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