McGee: emblema di una generazione di centri ancora molto acerbi.

Si difende sempre in cinque, ma qualche volta si attacca solamente in quattro…

Sin dagli albori del gioco, ci sono stati difensori così validi da meritarsi la permanenza in campo, nonostante doti offensive decisamente modeste che li relegavano ai margini dell’attacco. Ultimamente, capita spesso ai centri.

I centri Nba (con almeno 20 minuti di media  ed almeno 41 partite giocate) nell’ultima stagione hanno segnano mediamente 11,4 punti. Le ali grandi 13,9, le ali piccole 12,7, le guardie 12,8 e le point guard 13. Per quanto riguarda l’Usg% (percentuale di possessi di squadra finalizzati con tiro, dal campo o libero, e palla persa) siamo a: 17,9% centri, 21,4% ali grandi, 19,7% ali piccole, 20,9% guardie e 21,1% point guard.

Intendiamoci, padroneggiare, ad esempio, l’arte del portare blocchi è tanto importante, per l’attacco di squadra, quanto padroneggiare l’arte del passaggio (anche se solo quest’ultima produce highlights), e, considerando che i blocchi non sono solo quelli dell’inflazionato pick n’ roll, ne risulta che giocatori come Joel Przybilla agevolano molto il compito offensivo dei compagni, seppur in modo non appariscente.

Proprio come gli assist-men, i lunghi che sanno bloccare, non collezionano numeroni alla voce “punti segnati”, ma facilitano altruisticamente le realizzazioni altrui. Per conferma, chiedete pure a Rip Hamilton o Ray Allen, quanto conti avere buoni bloccatori in squadra, lunghi che sappiano eseguire i giochi con puntualità e tenacia, pur sapendo che non riceveranno un passaggio e non segneranno, se non in caso di scarico disperato o rimbalzo offensivo.

Per cui, va ammesso che spesso “attaccare in quattro” viene semplicisticamente confuso con “(saper) tirare in quattro”.

Oltre alle doti d’“attacco senza palla”, i centri risultano notoriamente cruciali soprattutto in difesa; pensiamo ai campioni in carica, i Mavs: Tyson Chandler è risultato un pezzo fondamentale del puzzle per l’anello, pur segnando solo 8 punti in 32 minuti (in post season).

Gli altri finalisti, gli Heat, nonostante siano arrivati alle Finals senza conoscere una gara 6, in stagione non hanno avuto un centro fisso, ma addirittura una rotazione di onesti veterani, mestieranti; nei playoff, hanno schierato per 27 minuti di media Joel Anthony (attaccare in 4, si diceva?) e, nei momenti che conta, un centro sottodimensionato (per altezza, ma non certo per “attributi”): capitan Haslem.

Come mai ci ritroviamo a parlare di centri?

Su entrambi i versanti, offensivo e difensivo, si è conclusa una stagione di transizione nel microcosmo dei “numeri cinque”: sappiamo che, da un lato, quest’anno si sono ritirati sia l’O’Neal maggiore che Yao Ming, mentre Duncan ha giocato part-time (ma a piena efficienza); dall’altro,  Thabeet è ancora un desaparecidos al secondo anno, Oden è alla terza stagione (e la quarta la inizierà dall’infermeria), ma ha vissuto in Nba solo 82 partite, esattamente una stagione intera divisa in 3 annate (drammaticamente ironico).

Inoltre, gli ex-rookies Cole Aldrich, Dexter Pittman e Hassan Whiteside hanno giocato più partite in D-League che in Nba, mentre Favors è palesemente un work in progress e dovrà anche fare i conti con l’arrivo del neo-rookie Kanter, acerbo, ma meritevole d’attenzioni.

Per fortuna, almeno Monroe ha chiuso la stagione in crescendo… così, mentre i vecchi timonieri del centro area stanno tirando i remi in barca, pare proprio che i novellini si faranno attendere ancora per un po’ (e non so se al draft di quest’anno sia stato scelto qualcuno che possa “fare onde” sin dall’esordio…).

Dato il periodo di pausa in corso, è dunque un buon momento per chiederci quel’è la reale importanza del ruolo di centro nell’attuale Nba, focalizzandoci soprattutto sul coinvolgimento offensivo del centro.

D’altronde tutti i grandi centri da Hall of fame sono stati a dir poco partecipi dei rispettivi attacchi, esclusi Russell (solo una volta secondo miglior realizzatore di squadra, ma giocando almeno 15 minuti di più in media rispetto agli altri e sorvolando sui rimbalzi offensivi…) e, se lo vediamo come centro, Wes Unseld.

IDENTIKIT DEL CENTRO

Prima di proseguire, è bene definire il fulcro del discorso: qual è il criterio (o i criteri) che identifica(no) un centro? Etimologicamente, il giocare a centro area? L’altezza? Marcare l’avversario più alto? L’assidua frequentazione del post basso? Una specialistica padronanza di alcuni movimenti a discapito di altri?

Solitamente, ciò che accomuna le varie fonti per la classificazioni del ruolo di centro, è semplicemente l’altezza: nel senso di essere il giocatore più alto di una squadra o intesa come marcare il giocatore più alto fra gli avversari.

Ilgauskas è universalmente individuato come centro perché è più alto di qualunque ala grande lo affianchi, ma, shotchart alla mano, non attacca “da centro” , eppure di sicuro difenderà sempre solo sul centro avversario. Questi due aspetti dell’altezza (propria e dell’avversario diretto) sono sufficienti ad etichettarlo come tale. Idem Camby.

Il possesso di un gioco spalle a canestro o la frequenza con cui ci si piazza in post basso sarebbero, in fondo, criteri troppo riduttivi poiché ricondurrebbero ad un’idea esclusivamente offensiva del centro: Dalembert e Dampier sono indiscutibilmente centri, nonostante la palese “contumacia” in attacco (per frequenza e tecnica in post basso sono più centri Bryant e Andre Miller…).

Così come vengono definiti centri Ben Wallace e Chuck Hayes: poco più che sponde in attacco, ma anche loro difendono di fatto sul centro avversario (pur non essendo i più alti della propria squadra), e ciò basta a farli considerare unanimemente centri.

In sintesi, l’unico criterio, forse deludentemente “banale”, che individua il centro di una squadra, pare essere principalmente quello della stazza o, ancor più, la marcatura difensiva sul giocatore più alto avversario.

La questione del coinvolgimento in attacco, con movimenti specifici in determinati punti del campo, è quindi una condizione non necessaria, e comunque non sufficiente, per connotare un centro (anche se ciò può mortificare l’“immaginario collettivo” e la “memoria storica” che richiamano alla mente i titani del ruolo…).

Ci sono poi centri che, giocando affianco ad altri centri, più alti o meno versatili, vengono definiti occasionalmente, a causa di questa convivenza, ali grandi o ali-centro. Due casi esemplari:

Pau Gasol non è sempre chiamato centro, perché gioca talvolta assieme a Bynum (che è più alto di lui). Ma, quando scende in campo Odom, il centro è Pau ed, effettivamente, cambia il suo ruolo anche nell’attacco triangolo. Mentre ai tempi di Memphis, giocando in modo simile, ma essendo il più alto, era schedato come centro.

Tim Duncan viene considerato spesso un’ala grande o un’ala-centro; ma non sarà forse perché ha speso i primi anni al fianco di un affermato centro come David Robinson? Eppure, in campo, i due erano intercambiabili ed era, anzi, Tim ad andare più spesso spalle a canestro in post basso. Ed ora che gioca con McDyess o Blair o Bonner…

TREND STORICO

Miriamo adesso sull’attacco e cerchiamo di quantificare quanto vengono coinvolti i differenti ruoli.

Per evitare di identificare le diverse “posizioni” (per dirla topograficamente “old school”) esclusivamente con gli esponenti di maggior rilievo, ricorreremo a criteri piuttosto blandi: consideriamo i giocatori con almeno mezza partita di media (24 minuti), almeno mezzo campionato giocato (41 gare) ed un Usg% (percentuale di possessi di squadra finalizzati con tiro, dal campo o libero, e palla persa) almeno del 20% (un quinto; si gioca in cinque, quindi mi sembra un minimo ragionevole per parlare di impatto offensivo significativo).

Quanti giocatori troviamo, usando questi “filtri” (su hoopdata.com), in ciascun ruolo? 22 point-guard, 22 shooting-guard, 13 small forward, 20 power forward e… rullo di tamburi… 6 center.

Su 30 squadre, solo 6 coinvolgono quantitativamente il centro nelle trame del proprio attacco; siamo al minimo storico dal 2002: allora furono solo 5, ma iniziò poi un trend in ascesa di 4 anni; attualmente, siamo stabili o in calo negli ultimi 4.

Diamo dunque un’occhiata a questo trend considerando, sullo sfondo, anche l’andamento dei giocatori alti almeno 6-11 (con un Usg% del 20%).


Nonostante alcuni centri non siano alti 6-11 (Alonzo Mourning, Isaac Austin, Emeka Okafor, Al Jefferson), e nonostante siano stati considerati centri anche Duncan e Gasol (classificati come ala-centro dal database usato: Basketball-reference.com), negli ultimi 18 anni c’è stato sempre un differenziale in favore dei giocatori alti almeno 6-11; il che significa che ci sono sempre state ali grandi con l’altezza di un centro, ma che, o per presenza di un centro “classico”, o per caratteristiche fisiche/tattiche, non hanno giocato da “cinque”.

Il lungo atipico non è quindi una “invenzione” o un “espediente tattico” dei tempi recenti; ciò che è cambiato, con il tempo, è stato piuttosto il suo raggio di tiro.

Scendiamo più nel dettaglio; ecco quali sono i giocatori alti almeno 6-11 che non sono mai stati centri, preferendo un’impostazione più periferica o di complemento al vero centro della squadra: D. Radja, K. Willis, C. Laettner, E. Campbell, V. Baker, K. Garnett, L. Wright, D. Nowitzki, M. Okur, T. Murphy, C. Villanueva, C. Frye, A. Bargnani, L. Aldridge, S. Hawes. Yi Jianlian, A. Blatche, D. Cousins.

L’elenco è stato redatto in approssimativo ordine cronologico: avete notato nulla da Nowitzki in poi? Provate a pensare al tiro da 3… mentre prima di Dirk (entrato nell’elenco all’annata 2000) si trattava di ali grandi, anche All-Star, con un ottimo arsenale dalla corta e media distanza, da circa il 2001 in poi, esclusi Aldridge (ormai assorto a “califfo”), Blatche e Cousins (due Chris Webber in erba), ci sono buoni amici delle conclusioni da oltre l’arco che presentano una mediocre efficienza spalle a canestro.

Quindi non si tratta più di non essere semplicemente centri puri nonostante l’altezza, quanto piuttosto di essere marcatamente “periferici” come stile di gioco, preferendo ad esempio il pick n’ pop (da “lungo tiratore”) al pick n’ roll (da centro puro), lo spot up (piazzarsi per ricevere e tirare) al post up (prendere posizione tenendo dietro il difensore).

Ad onor del vero, va riconosciuto che quest’anno fra i giocatori, alti almeno 6-11 con Usg% del 20% non abbondano eccessivamente i tiratori perimetrali; ecco la lista (in corsivo i centri): Nowitzki, Gasol, Duncan, Howard, Aldridge, Garnett, B. Lopez, Hibbert, Bargnani, Blatche, Cousins (da aggiungere fra i centri, Al Jefferson).

Tuttavia, se consideriamo gli infortuni a Murphy ed Okur, il minutaggio insolitamente ridotto di Villanueva (22 minuti), l’Usg% “timido” di Frye (17%), l’utilizzo parsimonioso di Yi (18 minuti al 17,4% di Usg%), ed Hawes (21 minuti al 19%), è possibile che l’anno prossimo la “forbice evolutiva” fra centri “old school” e “lunghi 2.0” possa allargarsi ulteriormente…

To be continued…

7 thoughts on “Focus: palla al centro? (Part 1)

  1. molto interessante. era l’ora che fosse presa in considerazione l’evoluzione del centro.
    attendo con ansia il seguito per le valutazioni in merito..

  2. Secondo me è una questione di scuole di basket se non ci sono più centri…un centro serve ad equilibrare l’attacco a difesa schierata, obbligandola ad abbassare il baricentro e liberando i tiratori perimetrali. Nessuno come Shaquille O’Neal ha interpretato meglio il ruolo di centro classico negli ultimi vent’anni. Anche Duncan ha fatto dei movimenti spalle a canestro un’arma letale, ma dispone nel suo bagaglio di un tiro dalla media, soprattutto dal post basso sinistro al tabellone, che utilizza quando la difesa lo aspetta troppo bassa sul pitturato.

  3. Secondo me al giorno d’oggi se son bestioni o si rompono o son capre. Ormai, come anche detto nell’articolo, ci sono ali grandi altissime, che negli anni 80 sarebbero state centri al 200%. Non è neanche una questione di fisico perchè i centri del passato remoto erano fondamentali per le squadre e grossi non erano (salvo le dovute eccezioni). Bisognerebbe insegnare un po’ di fondamentali come si deve a sti gigantoni esaltati, perchè più grossi sono e più fanno schifo se non hanno tecnica. Una guardia può per lo meno metterci l’agilità.

    Che belli i tempi dei centri che segnavano regolarmente in gancio, ora se dico a Howard (pur adorandolo) di fare un tiro del genere, mi prende, mi accartoccia e mi usa come palla per un Hammer Dunk.

    • sono d’accordo in linea di massima col discorso, ma onestamente Howard credo sia l’esempio meno calzante. non sarà un fenomeno a livello di movimenti di post, ma non si può non notare quanto sia migliorato nel corso degli anni in varietà di soluzioni.

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