Cosa deve fare Dallas in Gara2 per sorprendere gli Heat?

Gara1 è finita, Gara2 già incombe: che spunti tattici possiamo estrapolare dalla prima sfida?

SUPPORTING CAST

L’obiettivo difensivo di entrambi gli allenatori era molto chiaro: togliere il pallone dalle mani delle rispettive superstar (Wade e LeBron da una parte, Dirk dall’altra) e “sfidare” gli altri componenti del roster a punirli.

Una strategia che in Gara1 si è dimostrata premiante per Spoelstra, visto che i suoi si sono fatti trovare pronti, con un solido 11/24 da tre complessivo e buone prestazioni di Haslem, Chalmers, Miller.

Dall’altra parte invece le “armi segrete” di Carlisle hanno dimostrato di avere le polveri bagnate, con un agghiacciante 4/22 dal campo e 3/10 da tre per i panchinari texani, che in questi playoffs avevano sempre rappresentato un asso nella manica per i Mavs: il tutto nonostante buoni, anzi ottimi tiri a loro disposizione, creati soprattutto dai puntuali scarichi di Nowitzki sui raddoppi sistematici sul tedesco.

Se Miami tira meglio di Dallas, questa serie non ha storia: quello che può far ben sperare i tifosi texani è il fatto che, sul lungo periodo, queste prestazioni potrebbero e dovrebbero ribaltarsi, dal momento che il supporting cast dei Mavs ha mani mediamente molto più affidabili di quelle degli avversari.

Un altro motivo di speranza è dovuto al fatto che, in Gara1, Carlisle si è dimostrato molto efficace nel togliere la palla dalle mani di James e Wade in situazioni di attacco a metà campo, grazie ad un mix di difesa a zona utilizzata estensivamente e cambi sistematici su ogni blocco portato a favore del “dynamic duo”.

Guardiamo i difensori ospiti all’opera in questi quattro filmati, che riprendono quattro azioni consecutive in attacco da parte degli Heat sul finire del terzo periodo: in tutti i casi LeBron chiede un blocco, in tutti i casi l’attenzione dell’uomo del bloccante gli concede un ampio “cuscinetto” per un tiro dalla lunghissima distanza oppure gli impone di scaricare ad un compagno meno pericoloso, e in tutti i casi l’azione finisce per costringere quest’ultimo di creare gioco, con risultati alterni.

In questo primo video, dopo il blocco di Howard e lo switch difensivo, LeBron affida la palla ad Haslem dal gomito: il co-capitano però non prende il tiro, tentando di partire in palleggio contro Stojakovic, pasticciando con i piedi e meritandosi una palla persa.

httpv://www.youtube.com/watch?v=XQL6WvkPhfs

Qui Haslem si fa trovare pronto ad una ricezione più profonda, mentre Stojakovic, costretto a difendere in una posizione in cui è letteralmente un pesce fuori d’acqua, può opporre ben poca resistenza e gli concede un facile layup.

httpv://www.youtube.com/watch?v=Ogc6CyzCX7s

Si ripresenta una situazione analoga alla precedente, ma questa volta l’uomo a centro area, chiamato a districarsi tra la marcatura del proprio uomo e di quello liberatosi dopo il blocco, è Chandler e non Peja, e per Haslem è tutta un’altra musica: contro i centimetri e la velocità di piedi del centro texano non riesce a costruirsi un tiro, e finisce per perdere un altro pallone.

E’ da segnalare il fatto che in questa situazione è evidente come Chalmers e Miller siano entrambi liberissimi al di fuori dell’arco, ma Haslem non ha la prontezza e la rapidità di lettura per rendersene conto.

httpv://www.youtube.com/watch?v=9dU4LvfGY7E

In quest’ultimo video vediamo ancora uno switch difensivo sul blocco portato a LeBron: questa volta è addirittura Nowitzki a trovarsi accoppiato a lui, ma LeBron sceglie nuovamente di premiare il taglio del bloccante… e nuovamente Haslem finisce per schiantarsi contro la superiore difesa di Chandler; in questo caso Howard riesce a mettere per due volte le mani sulla palla vagante, prolungando il possesso offensivo dei suoi.

httpv://www.youtube.com/watch?v=uuHkiVdvo0k

Anche in questa occasione, ci sono buoni tiri sul perimetro a disposizione di Miller e Chalmers, che non vengono serivit: nel resto della gara, a differenza di queste quattro occasioni, gli Heat hanno però dimostrato una buona circolazione di palla, che ha portato ai conseguenti buoni tiri dalla distanza.

Rimane però il fatto che Carlisle, come qualunque tifoso dei Mavs, è ben contento che a prendere decisioni cruciali siano gli scudieri di Wade e James anziché i due generali; è una strategia che nelle prossime sfide potrebbe rivelarsi premiante.

RIMBALZI OFFENSIVI

Nella prima parte della preview di questa serie avevamo sottolineato come Dallas e Miami fossero squadre normalmente poco efficaci a rimbalzo offensivo, ma avevamo anche segnalato che tra le due quella con le maggiori potenzialità di invertire la tendenza fosse proprio Miami.

In Gara1 è successo esattamente questo: a fronte di una prestazione ancor più anemica del solito per Dallas (16% di palloni conquistati sotto il tabellone altrui), Miami ha catturato un incredibile 36% di rimbalzi offensivi (ricordiamo che la media NBA è del 25% circa).

Questa discrepanza significativa, l’unica in una gara che per il resto ha visto le due squadre equivalersi in quasi tutte le voci statistiche, ha rappresentato il vero spartiacque tattico, consentendo agli Heat di prendersi ben 13 tiri in più (di cui 11 da sotto) rispetto agli avversari: traducendo numericamente questi tiri con le percentuali dal campo dei padroni di casa, è facile identificare in questo aspetto la differenza di punti nel tabellone conclusivo.

La ragione di questo successo di Miami è stata da molti individuata nell’utilizzo continuativo da parte dei Mavs della zona 2-3, che ovviamente concede molte opportunità ai rimbalzisti altrui: non solo perché impedisce di “mettere un uomo addosso” agli avversari, ma anche perché porta giocatori come Stojakovic e Terry a doversi barcamenare sotto canestro contro avversari più forti, più alti e più atletici.

In realtà, però, i rimbalzi offensivi di Miami sono stati diluiti su tutta la gara, anche nei momenti (come il primo e il quarto periodo) in cui Dallas non ha utilizzato affatto la zona.

Bisogna quindi puntare il dito su mancanze individuali, su un tagliafuori inefficace, e i responsabili sono innanzitutto Stojakovic e Nowitzki, che troppo spesso si sono fatti spintonare via dagli avversari, e/o non sono riusciti ad assicurarsi palloni su cui già avevano messo le mani.

Ad esempio, il video che segue mostra la solita situazione offensiva di Miami con un pick and roll laterale (in questo caso guidato da Wade), e la solita difesa dell’uomo del bloccante (in questo caso Chandler) a negare la penetrazione.

Wade non ci pensa su due volte e spara un “long two”: situazione semplicemente ideale per la difesa dei texani, che vedono il proprio avversario più pericoloso scegliere la soluzione meno efficace di tutto il suo repertorio, e sono anche perfettamente posizionati per il rimbalzo difensivo.

Nowitzki, però, nonostante una iniziale posizione di tagliafuori impeccabile, si fa sorprendere dall’energia di Anthony, che gli gira intorno, e toccando un paio di volte il pallone riesce a farlo suo, nonostante i molti centimetri che deve concedere al tedesco.

httpv://www.youtube.com/watch?v=T3EGGjp0IXU

In questo caso non c’è tattica o strategia che tenga: è una sfida “mano a mano” tra Nowitzki e il suo uomo, e considerando il fatto che è avvantaggiato come posizione, come centimetri e come chili, il tedesco non può e non deve concedere questo rimbalzo difensivo, che è letteralmente una azione regalata agli avversari dopo un pessimo attacco.

I POSSIBILI AGGIUSTAMENTI

Il primo round è andato a Spoelstra, ora attendiamo le risposte di Carlisle, che avrà molti aspetti su cui rimuginare: la sua squadra è riuscita a tenere sotto controllo le palle perse (solo 11), a limitare il temibilissimo contropiede avversario (solo 8 situazioni di transizione per Miami, da cui hanno tratto 7 miseri punti: probabilmente entrambi season low), a tenere James e Wade lontani dal ferro (solo sette tentativi in tutto dalla lunetta per i dioscuri),  a vincere la battaglia dei falli commessi e dei tiri liberi tentati (32 a 26 per Dallas), a tenere Miami al 36% nei tiri da due… e nonostante tutto ha perso, e deve fare pure i conti con un infortunio di Nowitzki alla mano sinistra.

Le notizie, insomma, non sono buone, ma ci sono margini di miglioramento.

Innanzitutto l’allenatore degli ospiti spera che i suoi tiratori sfoderino una prestazione degna della loro fama, perché, come detto, se gli esterni dei Mavs non mettono i loro tiri con continuità Dallas non ha speranza; ma questo non dipende da Carlisle.

Per quanto riguarda gli aspetti su cui può intervenire, un primo aggiustamento potrebbe essere una diversa gestione della difesa a zona.

In Gara1, infatti, Dallas l’ha impegata in modo molto  “estremo”: due volte nel primo periodo, 24 nel secondo e terzo, per poi abbandonarla di nuovo nel quarto (solo due possessi a zona).

Sembra quasi che Carlisle abbia scelto di fare affidamento alla zona solo per “coprire” le mancanze difensive dei quintetti con Stojakovic e Barea contemporaneamente in campo, preferendo affidarsi alla difesa a uomo quando schierava Marion e Stevenson… ma in realtà ha fatto sì che gli Heat potessero adeguarsi alla difesa avversaria, affrontando la stessa situazione tattica in più possessi di seguito, e per di più ha costretto Stojakovic, come detto, a trovarsi troppo spesso a difendere il canestro, con le ovvie conseguenze in termini di rimbalzi difensivi e mismatch clamorosi per gli attaccanti della Florida.

Forse sarebbe stato meglio variare più spesso zona e uomo, per mettere alla prova le capacità di lettura del gioco dei portatori di palla altrui.

Un altro aggiustamento che si richiede da più parti è legato alle marcature dei lunghi: per quasi tutta la partita Carlisle ha affidato Bosh a Chandler (o Haywood) e Anthony a Nowitzki, ovviamente per contenere l’ex Raptor.

In questo modo, però, Chandler si è trovato troppo spesso a dover difendere a sei metri dal canestro, e quindi da un lato esposto alle penetrazioni di Bosh e al rischio di commettere falli banali (ed infatti proprio da una di queste situazioni, a metà del terzo periodo, è scaturito il terzo fallo di Chandler, con conseguente panca obbligata e imediato parziale degli Heat da cui Dallas non ha più recuperato), e dall’altro ha lasciato il solo Nowitzki a proteggere il ferro tenendo a bada i rimbalzisti offensivi altrui.

Forse sarebbe utile provare ad invertire le marcature, per due motivi principali: innanzitutto per liberare Nowitzki dalle “tonnare” a centro area, che non sono il suo terreno favorito, e scatenare invece gli istinti difensivi di Chandler, che si troverebbe a marcare giocatori offensivamente limitati come Anthony, Howard e Haslem, potendo quindi affidarsi al suo prediletto ruolo da “ultimo uomo” che raddoppia, aiuta, aggredisce tutto quello che si muove nelle vicinanze del ferro.

Inoltre creerebbe una situazione di “cross-match“, visto che dall’altra parte Spoelstra preferisce affidare Nowitzki ai suoi pretoriani difensivi piuttosto che a Bosh, e quindi potrebbe permettere a Dirk di trovare qualche comodo tiro da fuori in transizione (fondamentale in cui è letteralmente mortifero), qualora i lunghi degli Heat non riuscissero a rientrare in difesa ripristinando per tempo i giusti accoppiamenti.

5 thoughts on “Le Finals alla lavagna: Gara 1

  1. “a metà del terzo periodo, è scaturito il terzo fallo di Chandler, con conseguente panca obbligata”
    E perchè? Tre falli in tre quarti vuol dire finire tranquillamente la partita, ci sarebbe da preoccuparsi col quarto….

    • normalmente avresti ragione tu, giovanni (tra l’altro mio secondo nome :-)), ma carlisle in questa partita, per avere forse rotazioni più libere e meno vincolate ai falli, appena chandler ha commesso il terzo l’ha messo in panca nel 3 quarto, ci sono rimasto un pò male anch’io, ma evidentemente voleva tenerselo libero per altri momenti, essendo comunque un pilastro difensivo del quale dallas non può fare a meno… vedremo come andrà avanti… ciao

    • se parliamo in generale, sono d’accordissimo con te: secondo me i criteri con cui gli allenatori NBA panchinano troppo prematuramente i giocatori per falli sarebbero da rivedere.

      però è un discorso che sarebbe diventato troppo “massiccio” da sviscerare, sarei andato “fuori tema” rispetto al resto dell’articolo, quindi mi sono limitato a prendere atto dell’evidenza: per un allenatore “canonico” (e Carlisle è quanto di più canonico ci sia) terzo fallo all’inizio del terzo periodo = panca. amen, che ci piaccia o no.

      • Articolo che e’ un vero piacere come sempre…
        Un po’ meno analizzata miami in otticca gara due..Come mai?

        • perché in un’ottica di serie NBA la squadra “costretta” a fare gli aggiustamenti è quella che ha perso; generalmentee la squadra che ha vinto continua a “battere il ferro finché è caldo”, a fare quello che ha fatto nella partita precedente, a meno di casi eccezionali (infortuni, squalifiche e così via)

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