Harden, decisivo in Gara 2

Ci eravamo lasciati dopo gara 1 dicendo che la serie contro i Mavericks per i giovani Thunder era una grande occasione per imparare in fretta dal gruppo di giocatori attualmente più tecnico e tatticamente evoluto dell’NBA, una occasione da sfruttare in fretta per fare il salto di qualità, pena dover riprovare la prossima stagione.

L’occasione è stata sfruttata alla grande principalmente da Scott Brooks, che finalmente ha avuto il coraggio di prendere in mano la situazione e seguire decisioni anche difficili, cosa che fino ad oggi non aveva ancora fatto, e da alcuni giocatori come Harden e Maynor.

Soprattutto nell’ultimo quarto la scelta è stata quella di puntare più sulla circolazione di palla, effettuare un paio di passaggi in più prima di tirare, servire di più i tiratori liberati dalle penetrazioni di Durant (buono in entrata, negativo al tiro), cercare di ragionare di più prima di attaccare a testa bassa ed i risultati si sono visti.

Nell’ultimo quarto Scott Brooks, con il primo vero colpo di coda di questi play off, ha effettuato una mossa che molti analisti gli chiedevano di effettuare, ma oggettivamente rischiosa.

L’allenatore dei Thunder ha tenuto seduto in panchina, vicino a se, il secondo realizzatore della sua squadra, l’uomo che più tiene palla in mano nella sua squadra, il razzente, atletico, estroso, talentuoso ma indisciplinato play Russel Westbrook, schierando al suo posto il più disciplinato e più orientato al gioco di squadra Eric Maynor, quindi ha tolto un lungo, lasciando uno fra Collison e Durant (generalmente il primo) su un Nowitzki che tanto nessuno era riuscito a fermare in gara 1 ed inserendo un Harden molto in palla in agguato sugli scarichi ed un altro buon tiratore come Cook al suo fianco.

Con questa mossa, apparentemente semplice ma foriera di un possibile cambio radicale di prospettiva nel futuro della franchigia di Oklahoma City, i Thunder hanno spezzato l’equilibrio del match, che pareva assoluto, hanno effettuato un allungo decisivo, portandosi ad un vantaggio di 10 punti, un allungo tutto firmato, guarda caso, da Eric Maynor e James Harden.

Nowitzki, marcato in modo molto leggero da Durant, ha realizzato ben 16 punti in un solo quarto, con un solo errore al tiro, ma tanto in gara 1, dove si erano spompati su di lui i migliori difensori dei Thunder, aveva già realizzato la bellezza di 48 punti, Brooks ha capito di non avere grandi armi per limitarlo, ha accettato il fatto ed ha piuttosto cercato di far marcare gli altri in modo più aggressivo in modo da rendere più difficoltosa la circolazione di palla e lasciare meno tiri da 3 facili agli avversari.

Anche questa mossa ha pagato, anche se dalle cifre non si direbbe, perchè i Mavericks hanno comunque un ottimo attacco, forse in questo momento quello più difficile da fermare della lega, in quanto non dipende dall’estro di un campione o dagli isolamenti di grandi realizzatori, che possono essere limitati, ma da una ottima circolazione di palla realizzata da giocatori buoni in attacco, tutti in grado di realizzare parecchi punti se posti nelle giuste condizioni, un perfetto sistema architettato da coach Carlisle.

I Mavericks hanno quindi tirato con il 43%, soprattutto con un buon 33% da 3 punti, però quella limatura nelle percentuali, unita ad una prestazione ottima ma meno spaziale di Dirk Nowitzki (infine è umano anche lui) ha portato quei 22 punti in meno che hanno cambiato il risultato finale.

Stavolta la partita è vissuta molto meno sul confronto fra Durant e Nowitzki, migliori realizzatori, ma meno decisivi dell’altra volta.

Un buonissimo Nowitzki ha segnato ben 29 punti, con buone percentuali, buone letture, ha giocato un ultimo quarto eccellente, tenendo in corsa fino all’ultimo una squadra che stava affondando nel momento decisivo, ma per tre quarti ha lasciato il proscenio a Kidd, Stojakovic e Chandler, in quanto, vista la grande attenzione che c’era su di lui da parte degli avversari, ha preferito lasciare spazio a compagni liberi sul perimetro.

Durant ha segnato 24 punti, tirando però 23 volte, troppe, anche perchè al tiro da lontano ha palesato delle difficoltà, dimostrate da quello 0 su 5 da 3 punti, ma nel primo quarto ha tenuto la sua squadra a contatto, svegliando tutti con un strepitosa schiacciata, e nell’ultimo quarto ha limitato molto gli errori, lasciando molti palloni a Maynor e Harden, cercando di attirare raddoppi per liberare compagni, e si è spremuto tantissimo in fase difensiva, andando costantemente a raddoppiare su Nowitzki per tornare immediatamente su un Chandler con tantissimi chili in più.

La partita, passando alla cronaca, ha vissuto un inizio tutto di marca texana, con i Mavericks che sono arrivati fino ad 11 punti di vantaggio a 2′ dalla fine del quarto, grazie alla circolazione di palla che ha permesso a tutti di realizzare punti, mentre i Thunder si attaccavano a Durant ed ad un Westbrook un poco fuori fase. Gli abitanti dell’Oklahoma saranno detti “sooner”, quelli che arrivano presto (dalla corsa alla terra del 1893), ma stavolta ad arrivare prima erano sempre i vecchietti texani.

A poco più di un minuto dalla fine poi la svolta, con quella incredibile schiacciata di Kevin Durant ed un rimbalzo offensivo di Ibaka, che hanno permesso ai Thunder di chiudere il quarto sotto di soli 5 punti.

Nel secondo e nel terzo quarto c’è stato l’equilibrio più assoluto, nel secondo quarto i Mavericks hanno avuto qualche punto in meno del solito da Nowitzki, ma hanno trovato i soliti, ottimi Barea, Stojakovic e Chandler di questi play off, mentre i Thunder hanno annullato il distacco cavalcando gli ottimi Harden e Maynor che si sono alzati dalla panca. Con il ritorno in campo di Westbrook c’è stato subito un allungo dei Mavericks, annullato poi dallo stesso Westbrook e da Durant che hanno monopolizzato il pallone, ma probabilmente è stato a questo punto che coach Brooks ha cominciato a maturare la mossa dell’ultimo quarto.

Ancora Durant e Westbrook nel terzo quarto, con briciole per Perkins, Sepholosha e Harden nel terzo quarto, i due hanno combinato per 10 punti, i Thunder hanno spesso dato l’impressione di poter allungare, ma ogni volta che ne avevano la possibilità ecco un tiro sbagliato, in genere da uno dei due pards, una palla persa, un fallo in attacco che hanno consentito ai texani di restare in partita. Nowitzki ha avuto sempre il fiato addosso di un paio di avversari, quindi si è sbrigato a dar via il pallone, senza tentare nemmeno un tiro, mentre i vari Kidd, ancora una volta eccellente, Stojakovic, Chandler, trovavano lo spazio per tentare di restare incollati alla partita.

Nell’ultimo quarto poi con Westbrook, Perkins ed Ibaka fuori, con Collison su Nowitzki e Durant a provare a raddoppiare il tedesco ha avuto una vita molto più facile, realizzando molto e tenendo a galla la sua squadra, ma con Maynor in regia ed Harden e Cook appostati sul perimetro i Thunder hanno trovato per incanto quella circolazione che era mancata, le letture sono migliorate, gli errori sono diminuiti ed il loro attacco ha potuto fare la differenza.

Dopo un allungo firmato da Harden e Maynor, che ha portato i ragazzi dell’Oklahoma in vantaggio per 10 punti, coach Carlisle ha chiamato un time out, forse leggermente tardivo, cambiando il piano ed i suoi ragazzi sono andati insistentemente a cercare uno strepitoso Nowitzki, che ha sfruttato la maggiore libertà caricandosi la squadra sulle spalle. Grazie anche ad una difesa all’ultimo respiro i Mavericks sono risaliti fino al -4, ad un minuto dalla fine, ma a quel punto i liberi di Collison e Sepholosha (gli esperti Mavs hanno scelto bene i giocatori su cui commettere fallo, ma i polsi dei due giocatori dalla mano meno raffinata in campo non hanno tremato) hanno chiuso la partita, per un punteggio finale di 106 a 100.

Ora i Thunder hanno conquistato il vantaggio del campo, vincendo tutte le partite in casa otterrebbero la vittoria, ma hanno anche un problema che si inizia ad intravedere, la gestione di Russel Westbrook.

La talentuosissima point guard già iniziava ad essere ogni tanto guardata in cagnesco da Kevin Durant, a volte inspiegabilmente ignorato anche in momenti decisivi, adesso c’è stato il break decisivo con lui in panca, con una squadra che ha giocato oggettivamente meglio, ora potrebbe aver capito la lezione, cercare di limitare i suoi istinti e cercare di far circolare di più la palla, ma potrebbe anche intestardirsi ancora di più nelle iniziative personali per dimostrare la sua indispensabilità.

A lui e coach Brooks la gestione di una fase difficile, che potrebbe portare alla crescita finale di un progetto vincente come alla distruzione di un rapporto (non della squadra, che con Maynor ed Harden ha dimostrato di avere alternative). Questa evoluzione potrebbe risultare decisiva per questi play off, in quanto i Mavericks sono tutt’altro che sconfitti, hanno dimostrato di avere molte frecce al loro arco e di avere la pazienza e l’intelligenza per cercare quella più adatta alle necessità, e poi, nel caso in cui i Thunder passassero il turno, nella finale dell’Est si stanno sfidando due squadre che stanno dimostrando di avere una ottima difesa e che andranno affrontate con un piano offensivo preciso, non vivendo di iniziative e di istinti.

Brooks l’ha capito, Durant sembra pure, dovrà necessariamente capirlo anche Westbrook. Le dichiarazioni di tutti paiono improntate su questo aspetto.

“Abbiamo iniziato benissimo l’ultimo quarto, sarebbe un peccato rovinare questa chimica, il coach ha fatto benissimo a compiere questa scelta!”: Kevin Durant non l’ha certo mandata a dire ed ha subito scelto la parte con cui schierarsi.

“Non eravamo pronti contro le loro riserve!” ha ammesso Nowitzki.

Per quanto riguarda i Mavericks invece c’è poco da cambiare, i texani hanno affrontato la partita nel modo migliore, rispetto a gara 1 hanno solo avuto una percentuale da 3 leggermente inferiore e sono rimasti inizialmente sorpresi dalla mossa dell’ultimo quarto, che evidentemente non si attendevano.

Dovranno semplicemente provare a difendere un poco meglio, cosa che contro i Lakers ed i Blazers è riuscita loro piuttosto bene, e coach Carlisle ne pare perfettamente consapevole: “Dovremo lavorare sulla nostra difesa! Segnare 100 punti ai play off deve essere sufficiente per vincere!” . Ha poi aggiunto: “Qualche volta capita di prendere un calcio nel didietro. In quelle situazioni devi essere un uomo e rispondere subito.”

Davvero non sembra più quel coach che a Detroit e Indianapolis in tanti accusavano di essere troppo molle.

Capita raramente di commentare una partita in cui nella squadra che vince ci sono tante situazioni critiche da evidenziare mentre alla squadra che perde vanno riservati quasi solamente elogi, ma è comprensibile in questo momento, considerando che da una parte c’è un gruppo di gente esperta, che da tanti anni calca i parquet dell’NBA senza mai vincere, che ha trovato un sistema che gli può consentire uno degli ultimi tentativi e lo sfrutta al meglio, con l’unico vero difetto di dimenticarsi a volte di difendere, cosa però comprensibile perchè si tratta di quasi tutti giocatori tecnici che non hanno mai brillato nella difesa individuale.

Dall’altra parte c’è la squadra che tutti indicano come la nuova possibile dinastia vincente dell’NBA, un gruppo di giovani atletici, tecnici, forti, sbarazzini, che però forzatamente hanno poca esperienza ed ancora non hanno del tutto trovato la strada da percorrere per arrivare alla vittoria.

4 thoughts on “I Thunder impattano a Dallas grazie alla panchina

  1. Harden e’ un misto tra Kimbo slice e il bagnino di un lido che frequentavo da ragazzino.. Sputato identico, quando gli chiedevo un cono algida gli si arricciava la barba xke non avevo soldi ahahhaah. Comunque vado con la prima, e’ proprio Kimbo slice in incognita questo..

  2. Avere un giocatore del genere che ti entra dalla panca e ti spezza la partita è un lusso, poi è giovanissimo, ha margini di miglioramento impressionanti, confermo quello che ho detto nell’altro articolo, è il Ginobili di OKC.

  3. harden va contro ritmo rispetto ai thunder. pensa e gioca pensando è normale che nei momenti importanti il suo controllo sia decisivo.
    molti lo paragonano a manu o a roy io ci vedo anche pippen per l’umiltà, la poliedricità e l’utilità effettiva in campo.
    forse i nostri giudizi sono esagerati per una gara ma se non ora quando un giocatore deve far valere il suo valore, quando deve trascinare la squadra se non ora?
    lo ha fatto harden mentre tutti si aspettavano durant e westbrook che come giocatori possono crescere ancora molto ma che sono meno maturi.
    scusate la provocazione ma, se come worthy in una celebre finale, ve lo immaginate a suon di prestazioni così soffiare l’MVP delle finali a Durant?

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.