Il saluto a fine partita fra gli ex compagni Bryant e Ariza

Superato l’impatto con i play off, resisi conto che gli avversari erano validi ed andavano rispettati i Lakers hanno messo la freccia ed hanno salutato, terminando la serie con una vittoria per 4 a 2 dopo aver perso la prima in casa.

Quale sarebbe stata la chiave della serie lo immaginavamo tutti, non tanto nel pubblicizzatissimo confronto fra Paul e Bryant, i due giocatori più famosi delle rispettive squadre, due giocatori che spesso hanno ben giocato (Paul sempre, Bryant a tratti), ma per l’appunto era prevedibile fin dall’inizio che la differenza fra il rendimento dei due non sarebbe stata grande.

Dove i Lakers potevano scavare un solco senza che gli avversari potessero opporsi era sotto canestro. Bynum, Gasol ed Odom sono tre “sette piedi”, cioè giocatori alti più o meno due metri e tredici (il corrispettivo dei sette piedi), sono atleticamente validi, seppur in modo molto differente (ad esempio Bynum è forte fisicamente e potente, Gasol agile e veloce), hanno una varietà notevole di soluzioni offensive, sono abituati a difendere contro avversari forti in partite che contano.

Gli Hornets, privi dell’infortunato David West, hanno opposto Emeka Okafor, scelta numero due del 2004 e matricola dell’anno 2005 battendo Dwight Howard, giocatore che è alto quanto Odom ed è quasi buono come lui in fase difensiva ed a rimbalzo, ma non ha la sua versatilità e le sue mani, Carl Landry, più basso e leggero, agile, buona ala perimetrale con tanta grinta ma privo di tiro da tre, cosa grave per un giocatore con le sue caratteristiche, che potrebbe essere decisivo ad alto livello solo giocando molto perimetrale, ed Aaron Gray, lunghissimo giocatore proveniente dai Bulls, buon difensore, tanta grinta ma mani di marmo.

Monty Williams ha preparato benissimo le partite, cercando di tenere i Lakers lontano dall’area e cercando di impedire ai lunghi avversari di effettuare il proprio gioco, ma alla lunga le contromisure non sono state sufficienti e la differenza di talento è emersa.

Sul tabellino si leggono 58 punti e 28 rimbalzi complessivi per Bynum, Gasol ed Odom, 26 punti e 11 rimbalzi per Gray, Landry ed Okafor, 43 rimbalzi complessivi per i Lakers e 30 per gli Hornets. Non penso servano ulteriori commenti per spiegare la chiave della vittoria dei Lakers in questa decisiva gara 6, ma la chiave è stata la stessa almeno anche per gara 5 e gara 3.

In questa gara 6, che ha chiuso la serie, in principio c’è stata una netta prevalenza delle difese. Grande attenzione sui due giocatori più attesi, Paul e Bryant, pressione sui portatori di palla, grande difficoltà nella circolazione. Entrambe le squadre hanno provato con pazienza a trovare il giocatore libero, ma entrambe le squadre hanno faticato parecchio a trovarlo. In questa situazione di punteggi bassi e ritmi lenti, in teoria indigesti per loro, gli Hornets hanno tuttavia tenuto bene il confronto contro i Lakers, per un equilibrio che pareva difficile da spezzare.

Solo negli ultimi 4 minuti del secondo quarto i Lakers sono riusciti ad effettuare un piccolo allungo, grazie principalmente a Derek Fisher, che ha smazzato tre assist in serie prima di mettersi in proprio con un bel tiro da tre, ma la prima metà si è chiusa con un punteggio tutto sommato ancora in equilibrio, con i Lakers in vantaggio di soli 6 punti, per 40 a 34.

Il terzo quarto si è aperto con due belle giocate di Marco Belinelli, che ha quasi chiuso la rimonta, ma Gasol ha ripristinato il vantaggio dei Lakers. A quel punto è venuto il momento della discesa in campo di Kobe Bryant, il quale ha messo in atto il suo personale show cercando di chiudere la pratica. Gli avversari ancora una volta hanno cercato di rispondere giocando da squadra, dividendo tiri e responsabilità, ma il vantaggio è arrivato a 12 punti allo scadere del tempo.

Nell’ultimo quarto gli Hornets hanno provato a stringere i tempi, accelerando i ritmi, ma i Lakers hanno mantenuto il controllo dei tabelloni, hanno dato moltissimi palloni da giocare ai lunghi e Chris Paul è stato ben controllato. Privi della spinta del loro giocatore simbolo ed incapaci di limitare Bynum, Odom e Gasol gli Hornets si sono dovuti arrendere, lottando però fino alla fine e meritandosi gli applausi del loro pubblico.

I Lakers vanno al secondo turno sapendo che i giocatori più esperti forse hanno perso qualcosa fisicamente, ma sono ancora validi e perfettamente in grado di lottare per il titolo, ma sapendo anche di aver trovato finalmente un giocatore decisivo in più, Andrew Bynum.

Il gigantesco centro scelto al numero 10 nel 2005, al momento del ritorno di Phil Jackson sulla panchina gialloviola, tutt’ora il più giovane giocatore sceso in campo in NBA, pareva quasi un “raccomandato” dei Buss. Dopo due anni a sventolare asciugamani nel 2007 Kobe Bryant aveva smesso di credere in lui e si spinse a chiedere la propria cessione se Bynum non fosse stato scambiato per Kidd.

Il bimbo restò a Los Angeles, nel 2008 pareva diventato un buon giocatore e con lui i Lakers erano primi ad ovest anche prima di prendere Gasol. Poi il brutto infortunio e l’arrivo dello spagnolo cambiarono le carte in tavola. I progressi sembravano essersi fermati, nel 2009 e nel 2010 mostrò un’incostanza di rendimento ed una fragilità fisica preoccupanti, il rinnovo a 14 milioni medi pareva una fesseria della dirigenza dei Lakers.

Poi nei play off dello scorso anno Bynum giocò da infortunato, pieno di antidolorifici vari, col ginocchio che veniva siringato prima di ogni partita, eppure fu importante, potremmo dire decisivo contro i Celtics.

Dopo una nuova annata in chiaroscuro è stato sicuramente il migliore dei Lakers in questa serie, chissà che per l’ennesima volta i dirigenti dei Lakers non abbiano azzeccato il centro giusto. L’eredità dei vari Mikan, Chamberlain, Jabbar, Shaq e persino Gasol pare lontana dall’essere raccolta, ma finalmente Bynum sembra un giocatore vero capace di spostare, non solo un corpaccione con potenzialità.

Dall’altra parte troviamo una squadra che è francamente andata oltre le proprie reali possibilità, mostrando grinta, carattere, voglia di giocare insieme, ma se teniamo conto che la squadra è fallita ed è stata rilevata dalla stessa NBA, che non poteva far saltare gli importanti investimenti effettuati a New Orleans, ecco che diventa anche difficile immaginare un miglioramento futuro.

Peccato, perchè dirigenti, allenatore e giocatori paiono capaci e forse con qualche aggiustamento questa squadra potrebbe anche togliersi soddisfazioni importanti. Certo, per sfidare questi Lakers la squadra va bene, per avere speranze vere di vincere senza un aiuto dei gialloviola manca parecchio, specie sotto i tabelloni.

Anche il recupero di David West avrebbe aiutato di certo nelle prime partite, ma alla fine della serie avrebbe presumibilmente spostato poco, dato che non è certo lui il giocatore in grado di dare peso e consistenza al pacchetto lunghi degli Hornets. La sua assenza però è un ulteriore motivo per lodare dei compagni che non hanno avuto il minimo contraccolpo psicologico.

Per ultimi lasciamo i due uomini copertina della squadra della Louisiana, coloro cui vanno i maggiori meriti. Chris Paul ha dimostrato di essere un vero leader e di poter guidare una squadra importante, nelle due vittorie della sua squadra è stato decisivo giocando benissimo ed è stato molto buono anche in altre 3 gare della serie, peccato per una gara 6 sotto il suo livello.

Monty Williams sarà anche un “player coach”, un amico dei giocatori che cerca sempre il modo per mettere i suoi a proprio agio, ma ha mostrato di essere anche un ottimo tecnico, capace di reggere il confronto (ed a tratti di vincerlo) con il collega più titolato della storia.

Molti dei suoi giocatori hanno giocato al di sopra dei livelli abituali ed è stato recuperato qualcuno che ad alcuni commentatori pareva non adatto alla NBA, come il nostro Belinelli o Gray.

Non sappiamo fin dove potrà arrivare il giovane coach esordiente, ma di sicuro ha dimostrato di poter essere un buon allenatore e di poter avere una carriera. In un momento di passaggio, in cui Sloan lascia la squadra, Brown, Popovitch e Jackson iniziano a parlare di ritiro per Monty Williams potrebbero aprirsi possibilità impensabili.

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