Questa volta Chris Wallace fa sul serio. Il GM dei Grizzlies ha provato in tutti i modi a rinforzare la squadra in occasione della trade deadline che ha sconvolto la metà dei team NBA. Nel Tennessee è arrivato Shane Battier, uno dei difensori più forti della lega in cambio della seconda scelta del draft 2009, Hasheem Thabeet.

Come ciliegina sulla torta e anche un pò in veste di minestra riscaldata, è tornato il funambolico e sempre di moda Jason Williams. Si proprio quel Williams che con le sue giocate “poco ortodosse” ha fatto innamorare migliaia di tifosi NBA nei primi anni duemila.

Molto probabilmente si tratta di una mossa che non potrà radicalmente cambiare i Grizzlies, ma almeno porterà quell’esperienza da playoff che mancava alla squadra: infatti adesso Lionel Hollins potrà contare su 4 giocatori con una vasta esperienza in postseason (Williams, Randolph, Battier e Allen), fattore sottolineato anche da Wallace:

“Not only are there more options, but there’s experience that’s been around winning. Those guys have been there. They’ve seen everything.”

Ma c’è dell’altro: a molti la parola Deidroepiandrosterone (per gli amici DHEA), non dirà nulla. Ma è una delle cause per la quale uno dei migliori talenti della squadra, OJ Mayo, è stato cosi vicino alla cessione agli Indiana Pacers. Ha saltato infatti 10 delle ultime 11 partite dei Grizzlies prima dell’All-Star Game proprio a causa di questa sostanza proibita, che aveva fermato Rashard Lewis la stagione scorsa. Si tratta di una delle tante storie che i Memphis Grizzlies ci hanno proposto e ci stanno proponendo in questa stagione, nella quale i tifosi del Tennessee hanno sicuramente di che divertirsi e la noia è calata vertiginosamente rispetto al non eccelso passato della franchigia.

Partendo dal potenzialmente devastante, ma nella stagione in corso particolarmente deludente OJ Mayo, si possono sintetizzare i (pochi) mali stagionali di Memphis, ai quali si è aggiunto, purtroppo, un infortunio alla spalla per il leader di questi Grizzlies, Rudy Gay, che dovrà star fuori per almeno un mese.

Gay non è il miglior realizzatore della squadra, ma è il talento in grado di mettere punti a referto dove e come vuole nei momenti di necessità. Basta ricordare il buzzer-beater che ha permesso ai Grizzlies di battere gli Heat (eccolo in un video di YouTube) oppure il canestro a pochi secondi dalla fine che ha dato la vittoria in casa dei Toronto Raptors (sempre YouTube). Insomma avete capito che stiamo parlando del go-to-guy di questa squadra, di uno che con i suoi 19.8 punti e i 6.2 rimbalzi di media stava dando un gran seguito in termini di prestazioni a quelle sfoderate in maglia USA ai mondiali di Turchia.

Ma a parte le spiacevoli notizie riguardanti Mayo e Gay, è molto più facile trovare e pensare ai tanti aspetti positivi che stanno caratterizzando l’annata dei tifosi che giungono sempre numerosi al FedEx Forum.

I tifosi Grizzlies possono infatti pensare al futuro in maniera sorridente. Possiamo ben dire che questa è una squadra costruita alla grande e soprattutto giovane e ampiamente futuribile. Molti avevano criticato la dirigenza quando i Lakers hanno portato via dal Tennessee uno stanco Pau Gasol, ma quella mossa ha aperto spazi di manovra importanti, che alla fine hanno dato i suoi frutti e oggi i Grizzlies sono in corsa e sono favoriti per raggiungere quei playoffs che mancano dai tempi appunto del catalano.

Verrebbe dunque da dire, da un Gasol all’altro, perché se Memphis può aspirare alla post-season il fratellino di Pau, Marc, ha sicuramente delle responsabiltà in questo. Il catalano che è arrivato nell’ambito di quel famoso scambio dai Lakers, sta dimostrando segni di miglioramento incredibili oltre ad ampie potenzialità che ne fanno uno dei centri giovani più interessanti della lega. Marc ha costruito il suo gioco sull’aggressività e sulla voglia di lottare che non hanno mai contraddistinto il fratello più grande. Le sue cifre sono peggiorate rispetto alla scorsa stagione (11.8 contro 14.6 punti e 7.1 contro 9.3 rimbalzi) ma questo è dovuto anche all’incombente ma fondamentale presenza di Zach Randolph.

E’ infatti l’ex New York colui che sta guidando i Grizzlies nelle categorie più importanti: con i suoi 20.1 punti e 13.2 rimbalzi a partita è diventato il giocatore più produttivo della squadra e il vero ago della bilancia. Sembra un altro giocatore rispetto ai tempi dei Knicks ma in generale rispetto alla sua storia in NBA. Randolph non è alla sua miglior stagione dal punto di vista statistico (c’è ancora quella del 2006-2007 a Portland che rimarrà intatta), ma è sicuramente arrivato a un punto in cui ha trovato quella costanza che in carriera gli è sempre mancata. Dopo aver chiuso la scorsa stagione con cifre simile a quella in corso, possiamo ben affermare che sono finiti i tempi delle prestazioni a corrente alternata.

Un altro motivo del momento felice della squadra, è sicuramente la sua point guard. Mike Conley sta disputando la sua migliore stagione da quando è fra i pro. Nella sua quarta annata a Memphis sta registrando una media di 13.7 punti e 6.6 assist a partita, arricchiti da prestazioni importanti come quella contro i Los Angeles Lakers, caduti al Forum sotto i colpi di un Conley da 28 punti con 10 su 13 dal campo lo scorso 30 novembre. Anche qui siamo di fronte ad un progressivo miglioramento, che non può che far bene a una delle squadre più giovani della NBA.

Oltre al quintetto base coach Hollins può contare su una panchina di gran lunga migliorata rispetto alle precedenti edizioni dei Grizzlies. E’ anche grazie alle prestazioni dal pino di gente come Sam Young (6.4 punti alla sua seconda stagione e 21 volte in quintetto) e Darrell Arthur (ala grande alla terza stagione che sta avendo un grande impatto da 8.6 punti e 4.1 rimbalzi a partita), che la squadra ha raggiunto una dimensione diversa rispetto al passato e che sono state dimenticate in fretta le scelte azzardate di firmare Iverson e prendere il deludente Hasheem Thabeet alla numero 2 del draft nell’ormai dimenticato 2009 (e difatti ci si è puntualmente liberati di questa cocente delusione rappresentata da Thabeet).

Questi sono tutti gli ingredienti per il quale i Grizzlies si sono presentati al break dell’All-Star Game con un record di 12-3 nelle ultime 15, al contrario dell’anno scorso quando chiusero la prima parte di stagione con sei sconfitte su sette gare giocate. Ma oltre ai giocatori più importanti che vi ho elencato e alle loro prestazioni, va ringraziato il sistema difensivo messo in pratico dallo staff tecnico di Lionel Hollins.

I Grizzlies si sono trasformati da squadra con spiccate capacità offensive e spettacolari in una squadra bravissima a difendere. Non dirà molto il 14 esimo posto fra le squadre NBA in termini di punti subiti, ma 97.9 punti a partita segnati dagli avversari è il passo in avanti assolutamente decisivo perché questa franchigia possa dire di essere in lotta per un posto al sole, un posto fra le prime 8 squadre della selvaggia Western Conference. Non è un caso che da quando uno specialista difensivo come Tony Allen ha cominciato ad avere più minuti a disposizione la squadra di Hollins viaggia a ritmi da prima delle classe, venendo da 19 vittorie nelle ultime 28 gare disputate. Le vittorie contro Miami e i Los Angeles Lakers sono solo la copertina di una stagione che più positiva di cosi non ci si sarebbe potuto aspettare. E dopo l’All-Star Weekend è arrivata un altra vittoria prestigiosa: quella contro gli indiscussi dominatori della regular season, quei San Antonio Spurs battutti nella notte fra lunedi e martedi con un secco 109-93, dopo averli fatto soffrire la sera prima in Texas.

Il record di 34-28 è li a ricordarci la pericolosità di questa squadra e soprattutto l’alta probabilità di fare bene anche e soprattutto in futuro: certo ci sarà da vedere la questione Zach Randolph, che sarà presto un free agent nell’estate del 2011. E’ evidente che senza di lui si ritornerebbe alla lotteria, ma è anche vero che i 17 milioni di contratto sono comunque un bel fardello per Chris Wallace, sopratutto dopo aver regalato a Rudy Gay 5 anni di contratto da 80 milioni di dollari totali.

Anche Gasol sarà free agent, ma aldilà di questi aspetti prettamente economici il futuro dovrebbe essere garantito con uno dei roster più giovani e promettenti dell’intera lega.

Come potrebbe essere altrimenti quando si parla di una rosa con l’invidiabile età media di 23,15?

One thought on “Memphis, i playoffs non sono più un miraggio

  1. Salvo imprevisti sono lanciati per i p.o. dove non saranno semplici da affrontare.
    Un quintetto completo e ben assortito con una discreta panchina dove si aggiunge bravura ed esperienza dell’ex Houston.

    Per quanto riguarda il discorso rinnovi c’è da attendere. Possono crearsi delle difficoltà.

    Complimenti per l’articolo.

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