Nell'era di Internet, ha ancora senso una partita esibizione come l'All Star Game?

Si è appena concluso l’All Star Game 2011 di Los Angeles, così come accade ormai dal 1951 i migliori giocatori NBA si sono affrontati divisi in due squadre una in rappresentanza della Eastern Conference ed una in rappresentanza della Western Conference.

La lista di partecipanti all’All Star Game è definita in due diverse modalità, i quintetti base vengono scelti dai tifosi che votano i loro giocatori preferiti e le due guardie, le due ali e il centro più votato compongono lo starting five delle due squadre.

Le riserve vengono invece scelte dagli allenatori della conference di appartenenza, in caso di infortuni  è, invece, il commisioner ovvero la NBA a nominare i sostituti dei giocatori infortunati.

L’allenatore della squadra con il miglior record di ogni conference è invece incaricato di allenare l’All Star  Team della propria Conference, con una limitazione:  non può allenare per due volte consecutive all’All Star Game l’allenatore della stessa squadra.

Questa regola, chiamata “Riley Rule”  fu introdotta quando i Lakers dello ShowTime allenati da Riley ebbero per 8 stagioni, dal 1982 al 1990, il miglior record della Western Conference, “costringendo” Riley ad allenare per 8 volte consecutivamente all’All Star Game.

Queste sono le regole di base con cui vengono composte le squadre e come viene gestita la partita della domenica, ovvero il main event, il vero e proprio All Star Game, all’interno di quel grande contenitore di eventi che è ormai diventato l’All Star Week End con il Rookie Game, la Gara delle Schiacciate, la Gara del Tiro da 3 Punti e gli ultimi due eventi introdotti negli ultimi anni dall’NBA per rendere più “corposa”  la serata del Sabato, lo Skills Challange e lo Shooting Stars Contest.

Diciamo subito che Skills Challange e Shooting Stars Contest hanno davvero poca valenza tecnica, al di la dei partecipanti, e sopratutto hanno poco appeal sul pubblico essendo eventi dove non c’è il gesto tecnico del tiro da 3 punti o l’esplosione fisica della Gara delle Schiacciate, ma sembrano dei “giochini” fatti per coinvolgere le giocatrici WNBA, delle vecchie glorie e allungare la serata in attesa dei due eventi principali del Sabato.

L’All Star Game è sempre stata la vetrina dell’NBA, vetrina in cui mostrare prima all’America poi al mondo interno i migliori talenti della lega impegnati sia in prove di abilità, fisiche e tecniche, sia in una partita dove esibirsi e mostrarsi al mondo.

Oggi, dove con la televisone, internet in tutte le sue forme, qualsiasi immagine, qualsiasi evento, rimbalza nel giro di pochi secondi da una parta all’altra del globo, ha ancora senso un evento vetrina come questo?

Visto che Stern continua a organizzarlo, ed essendo David Stern, non fa nulla per caso, probabilmente la risposta è si, anche nel terzo millennio,  la partita delle stelle serve ancora all’NBA.

Oggi l’All Star Game è un momento che serve per dividere in due la lunga regular season NBA, un’occasione per tutti gli addetti ai lavori di ritrovarsi fisicamente in un unico luogo e confrontarsi di persona.

I GM delle franchigie NBA per pianificare le trattative che si devono concretizzare da lì alla Trade Deadline, di solito fissata una settimana dopo l’All Star Game.  I giocatori che partecipano all’All Star Week End ne approfittano per fare un po di pubbliche relazioni, organizzare feste e sfoggiare qualcuna delle loro migliori “mise”, in questa categoria Shaq è ancora campione imbattuto (dalla scarpa-telefono al sombrero di pelliccia).

Le competizioni del sabato sono in se e per se poca cosa, sono però spesso nobilitate dai partecipanti, stelle NBA di prima grandezza che mostrano il loro talento, anche se spesso la vittoria in queste competizioni va a degli specialisti come Craig Hodges, Jason Kapono e James Jones per la gara del tiro da tra punti oppure Harold Miner, Gerald Green e  altri per la gara delle schiacciate.

Anche se vedere esibrisi Larry Bird e Ray Allen nella gara del tiro da tre punti, Jordan , Bryant, Howard e Vince Carter nella gara delle schiacciate è sempre emozionante e può portare questi grandi atleti a scrivere delle pagine importanti per l’NBA, ad esempio la gara delle schiacciate del 2000 ad Oakland con la vittoria di Carter, in quell’occasione davvero half man and half amazing, o la gara delle schiacciate di quest’anno vinta da quel Blake Griffin che molto probabilmente tra qualche tempo sarà uno dei dominatori dell’intera lega.

La partita di domenica è comunque sempre l’occasione per vedere in azione 24 dei migliori giocatori del mondo sullo stesso campo, anche se la componente agonistica è molto inferiore alla componente “entertainment” in una partita dove il risultato conta il giusto e dove c’è spazio per giocate spettacolari, quintetti sperimentali e prove di futuro, come in un All Star Game di qualche anno fa dove ad un certo punto il quintetto era Nash, Bryant, Garnett, Webber e Nowitzki, una front line probabilmente avanti di 30 anni.

Di solito la partita della domenica ha sempre lo stesso copione, ovvero tre quarti e poco più di giocate di ball handling, schiacciate e riprese dei V.I.P. in tribuna, poi se le squadre sono in equilibro ci sono gli utlimi 7/8 minuti dove i giocatori vogliono vincere, ed allora si vede bsaket di altissimo livello giocato da grandissimi interpreti.

Poi l’MVP della partita, di solito il giocatore di casa oppure uno dei grandi dell’NBA che vuole griffare la serata, come Kobe Bryant all’All Star Game del 2002 che si giocava a Philadelphia sua città natale o come Lebron James che ha voluto portare il suo show a Houston nel 2008.

Questa formula funziona o il copione è troppo scontato?

Sicuramente l’All Star Game racchiude in sè l’idea molto americana di sport-intrattenimento, di evento che dura più giorni a cui tutti possono partecipare: bambini, famiglie, donne, non solo gli appassionati di sport.

Proprio per questo l’All Star Week End non è un evento tecnico ma una festa dove trovano spazio lo sport e lo spettacolo.

Certo se si volesse provare a dare un po più di contenuto “tecnico-agonistico” all’ASG probabilmente la strada è quella di mettere di fronte Team USA contro il resto del mondo, credo che allora si che l’agonismo diverrebbe parte dell’All Star Week End.

Chissà se l’NBA è pronta e soprattutto interessata a questo…

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