Lakers e Celtics, ancora loro...

Se non fossero cosi belle, cosi dannatamente paradossali, cosi significative, le sfide tra Celtics e Lakers potrebbero quasi annoiare.

Anni e anni di tira e molla. L’altalena oscilla vorticosamente tra intramontabili leggende e silenziosi estemporanei passeggeri occasionali..

Oggi “la storia si ripete” direbbero in molti, ma la strada è lunga e non siamo ancora all’atto finale. Eppure il presentimento, la sensazione che sia ancora una volta una questione per pochi.
Una questione per 2. Biancoverdi e Gialloviola.

La nottata ha regalato un’altra battaglia.

Il pronostico “ai più” sembrava scontato. Resa incondizionata, senza lottare.
Ad 8 mesi esatti dalla strana Gara 4 delle Finals, l’esito è stato diametralmente opposto.

Una rimonta difficile da digerire, soprattutto per l’intensità, fisica e mentale, con cui i gialloviola hanno ribaltato la gara.

Un 24 in versione jordaniana rovina la festa al più grande tiratore di sempre e ad un garden estremamente caldo. Il recente passato, dopo il 109-96 dello Staples di pochi giorni fa, parla di rivincite e controrivincite.

Ma andiamo per gradi..

Se si parla di obiettivo pare scontato trovarne uno comune.
A Boston “il plus” è quella straordinaria voglia di riscatto che difficilmente calcherà mai il luccicante parquet dello Staples.

La forza della consapevolezza che, un pò come gli Spurs, si sia giunti davvero al capolinea con la voglia di chiudere “in bellezza”.

I Celtics attualmente pagano lo sforzo disumano dell’aver costruito un record del genere nonostante la miriade di infortuni in cui sono incappati.

Miami ha già messo la freccia ed i verdi rischiano il primo posto se non recuperano energie (e giocatori) dopo l’All Star Break.

Sintomatico analizzare come le differenze tra il roster dell’anno passato e quello attuale abbiano in un certo senso “influenzato” anche la gara di stanotte.

Le partenze di Tony Allen (che adesso sembra molto più di un sesto uomo a Memphis) e Rasheed (per cui a Boston accendono ancora ceri nella speranza di un ritorno) sembrano pesare e non poco.

I limiti di Perkins, da poco rientrato in quintetto, e le condizioni fisiche dei 2 O’Neal, su cui scommettere è come giocare alla roulette, li rendono estremamente vulnerabili sotto canestro, come ha dimostrato lo “stupro” del Garden. (vedere le voci rimbalzi e pitp)

Wafer e West per ora sono ingiudicabili e francamente inadatti a livello difensivo, soprattutto quando ci sarà da far rifiatare Allen e Pierce su gente con molti chili e centimetri in più di loro.

Nonostante gli spaventosi progressi, Rondo è ancora alle prese con una discontinuità che lo limita ben più della non attitudine alla lunetta.

In sintesi, una squadra che non ha ancora avuto la possibilità di esprimersi al 100%, ma che sembra leggermente inferiore alla versione 2009/2010.

Sulle coste del Pacifico nonostante la convincente vittoria di stanotte, ci sono ancora vari aspetti da chiarire.

Una squadra presentata come una macchina perfetta ad inizio stagione, ha faticato e sta continuando a faticare in RS.

Gli addii attesi di Farmar e Sasha e gli arrivi di Barnes (altro tassello fondamentale in fase difensiva), Blake (preso per l’attitudine dal perimetro ma che per ora ha francamente deluso), Theo prima e Smith poi (all’unico scopo di allungare il roster sotto le plance) erano i presupposti perfetti per la ricerca del threepeat.

L’assenza prolungata di Bynum a inizio anno ha costretto a spremere eccessivamente il catalano, con tutte le conseguenze del caso. Il rientro del bambino, visto in discreta forma, ha ridato equilibrio a una squadra dannatamente sempre ancorata a quell’interruttore mentale che ne regola intensità/voglia e ne condiziona le prestazioni.

Artest sembra solo aver trovato solo recentemente la propria dimensione (meno conclusioni, più minuti grazie anche all’infortunio di Matt, più “intelligenza” tattica per quanto sia possibile nel suo caso). Brown va a corrente alternata ed è impossibile prevedere quale sarà il suo apporto a primavera inoltrata.

Odom continua ad essere un mistero di rara bellezza, soprattutto per il modo in cui riesce ad essere allo stesso tempo e magari nell’arco della stessa partita o dello stesso quarto, uno dei giocatori più dominanti e/o inconcepibili dell’intera lega.
Ma Lamar è sempre stato questo, prendere o lasciare..

Tutto ruota francamente intorno a quale sia la reale motivazione di un inizio sottotono, solamente a sprazzi.

Certo, le discussioni sul fatto che i Lakers siano davvero questi o che ci sia la modalità risparmio attivata almeno fino ad aprile si sprecano e nessuno pare avere la verità assoluta.
Sta di fatto che nonostante sia una delle squadre più umorali della lega, continua ad essere la pretendente numero uno al titolo. Anche solo per il fatto d’avere il numero 24 a roster.

Ok, puzza di citazione. Di conclusione affrettata.
Tale però non è, perchè non è la qualità di Bryant a fare la differenza in questo caso (essendo fuori discussione quanto sia importante per LA), bensì è necessario sottolineare come se ci sia un giocatore capace di accendersi e spegnersi a piacimento (e di condizionare in tal senso proprio dal punto di vista psicologico anche la propria squadra) quello è proprio il figlio di “Jellybean”. Ciò che più serve ai Lakers.

Per rimanere in tema con la sfida delle sfide, gli Augustana, sottovalutata band di San Diego, cantano melanconicamente di un amore finito, in cui alla “loro” California viene preferita la giovane e tranquilla “culla della libertà”..

E proprio a proposito di fughe/tradimenti (permettetemi il clichè) non può mancare il terzo incomodo. C’è infatti chi vorrebbe tornare grande, dopo aver assaporato una luce più forte di quella del sole di ogni giorno a South Beach..

Una saetta in pieno giorno che spezzò gli equilibri di una lega senza padroni.
Flash non è più da solo. La paura, o la speranza, decidete voi, è che l’allegra brigata dei “two & a half-man” (per citare la serie col mitico Charlie Sheen) abbia una gran voglia di negare un gran finale. Costretti a vincere da quel criticato e fatidico “I will..”.

Quindi, perchè non subito?

PS: No, non li ho dimenticati. Nessuno li può dimenticare. Ma gli innominati in nero-argento riescono ad essere silenziosi anche con un 44-8 sul groppone. Tremendamente inquietanti.

8 thoughts on “Lakers – Celtics: la sfida infinita

  1. bravo! siamo inquietanti e silenziosi. nella sera di allen kobe doveva rompere il c…..
    vedo i lakers fragili e isterici

  2. Eh si ad oggi ancora le 2 pretendenti più accreditate, i gialloviola continuano ad accendere e spegnere da inizio stagione, ma ora con il viaggio ad Est e l’All star break possono iniziare a cambiare marcia come si è visto al Garden. PJ e KB sono delle garanzie su cui fare totale affidamento per poter lottare per il three-peat e se Bynum è in salute sarà davvero difficile batterli. Boston sembra aver più credenziali per vincere l’Est sono il gruppo più unito e hanno una front-line che può dare un vantaggio contro gli Heat, Chicago è ancora troppo giovane, mentre Orlando è sempre un’incognita. Loro sembrano l’unica certezza sebbene il sorpasso di Miami potrebbe avvenire già questa notte. I Lakers se la dovranno giocare con Mavs e Spurs, le due texane che non mollano.

    • ti dico sinceramente che negli ultimi tempi comincio ad avere sempre più spesso qualche perplessità sulle “scelte” di PJ.
      ok, siamo in RS e per lui conta poco e niente, ma lo vedo fin troppo “assente” per giustificare il tutto col solito “ah, si ma lui fino a aprile se ne frega”.
      per il resto concordo pienamente.

  3. non sottovalutiamo gli heat…

    possono vincere,l’unico ostacolo a mio avviso tra l’ennesima finale lakers vs celtics…

    • stento ancora a metterli alla pare delle altre 2 (e degli Spurs) solo e soltanto perchè non ho la minima idea di quanto possano avvertire il cambio di “ritmo” tra regular e post-season.

  4. ora come ora vedo miami ad est favorita.i lakers DEVONO prendere carmelo e saranno grossi dolori x tutti gli altri

    • i lakers NON DEVONO prendere melo altrimenti si potrebbe anche smettere di guardare l’NBA;
      a quel punto la vedo così:

  5. non sono d’accordo, da tifoso lakers, con un punto dell’articolo.
    l’analisi secondo me è corretta ma allen e garnet sono meglio dell’anno scorso. il primo solo leggermente il secondo tanto di più.
    secondo me questi celtics sono più forti dell’anno scorso e giocando una finale contro i lakers col fattore campo a favore, ahimè, sono i favoriti d’obbligo.

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