Karma (o Darma?) molto positivo per Chris Paul in questo inizio di stagione!

Non tutti conoscono la differenza tra Karma e Darma.

Per Karma si intende una sorta di debito accumulato durante questa vita, o nelle vite precedenti, formatosi a causa di tutte le azioni cattive commesse. La sua perfetta antitesi è il Darma, un credito costituito nel corso della propria esistenza dovuto alle opere buone compiute.

Evidentemente, abbandonare ogni velleità di (presunta) facile vittoria con un’altra maglia per continuare la propria avventura con la squadra che ti ha selezionato sei anni or sono, è considerato un gesto di estrema nobiltà e la scelta sta pagando a Chris Paul dividendi davvero interessanti.

Tutto ebbe inizio l’11 luglio della scorsa estate.
L’occasione era di quelle importanti, il matrimonio della stella dei Nuggets ‘Melo Anthony.

Il nostro Chris, davanti ad una grande platea di invitati, tra giocatori NBA e stelle della musica hip-hop invitava lo sposo a trasferirsi con lui lungo le sponde del fiume Hudson, per formare insieme ad Amar’è Stoudemire un terzetto stratosferico che avrebbe conteso il titolo ai Big-Three di Miami.

Ovviamente la richiesta era stata accolta con grande entusiasmo da Carmelo e Paul decideva di tornare in Louisiana per rendere pubblica la decisione appena presa: chiedere il trasferimento ed indossare la maglia dei Knicks.

Intanto a New Orleans era tempo di grandi cambiamenti: inconsapevole (non del tutto) delle brutte notizie in arrivo, il nuovo GM Demps aveva deciso di scambiare la stellina nascente Collison ed il veterano Posey con Indiana e di sobbarcarsi il pesante contratto di Ariza nel tentativo di mettere attorno al suo play una roster in grado di competere ad alti livelli.

Inoltre, in una trade considerata di secondaria importanza, era anche giunto nella patria del jazz il tiratore da San Giovanni in Persiceto Marco Belinelli, scambiato con i Raptors per Julian Wright.

Profondamente colpito dallo sforzo compiuto dalla società per compiacerlo ed incapace di abbandonare una squadra che aveva assecondato tutte le sue volontà, Chris tornava sui propri passi, non lasciando la città orfana della stella più luminosa degli ultimi dieci anni di storia della franchigia.

Unica condizione imposta: nel caso in cui anche quest’anno non ci sarebbero state le condizioni per arrivare fino in fondo e portare a casa l’argenteria, avrebbe chiesto immediatamente di essere lasciato andare.

Dopo l’era Scott, lo scorso anno sulla panchina dei Calabroni si era seduto l’ex GM Bowers, chiamato a non far affondare una nave che viaggiava in acque tempestose e lanciare sin da subito le due stelline scelte durante lo scorso draft, Marcus Thorton e Darren Collison.

Missione solo in parte riuscita, poiché non era stato raggiunto neanche l’obbiettivo minimo dei PO, ma le due promesse avevano potuto mostrare tutto il loro valore.

In questa stagione di rilancio, la squadra è stata affidata ad un allenatore giovane, ma molto carismatico e competente: Monty Williams, ex assistente di coach McMillan a Portland, ha subito innestato in ogni giocatore la propria identità e la propria idea di basket, vale a dire ritmi lenti, attacco a metà campo e difesa arcigna in ogni singola azione.

Il timone è  stato affidato senza alcun tentennamento alle sapienti del capitano della nave in maglia numero 3; soprattutto in attacco, Paul decide possesso per possesso come e dove trovare i compagni, chi far contento ed in che punto del campo, prendendosi tutte le responsabilità nei momenti decisivi.

Ma è nella metà campo difensiva dove si vede maggiormente la mano dell’allenatore. Attualmente la squadra è prima per punti concessi agli avversari (90,7 ppg) e l’asse Ariza-Okafor forma un fortino inespugnabile sia nel back che nel front court.

Dopo la stagione ampiamente negativa per le aspettative che si avevano in maglia Rockets, l’ex Lakers ha deciso di cambiare aria e trovare una situazione più adatta al suo stile di gioco. In un contesto in cui non deve essere la prima opzione offensiva (neanche la seconda) e difensiva della squadra, Trevor può mostrare il meglio del suo gioco, fatto di difesa arcigna sugli esterni, di tiri piazzati dagli scarichi e lampi di assoluta dominanza atletica quando pescato in taglio.

Stesso discorso vale per Emeka Okafor: che non fosse Olajuwon dal post-basso lo si era capito anche ai tempi dei Bobcats ma se non gli si chiede di essere il punto di riferimento sotto i tabelloni, può davvero diventare un fattore determinante nella propria metà campo, in cui è uno stoppatore come pochissimi nella Lega (2,3 big) ed un rimbalzista solidissimo (9,7 rpg).

In attacco si guadagna la pagnotta con il gioco sporco, rimbalzi e ricezione dagli scarichi, senza grandi pretese di essere coinvolto.

Il gioco offensivo degli Hornets non è cambiato poi molto rispetto ai tempi di Byron Scott. Al contropiede, si predilige un attacco lento ed articolato, alla transizione, la pura esecuzione dei giochi.

Paul riesce a trovare i tiratori liberi sul perimetro con un timing stocktoniano e le sue incursioni in mezzo al pitturato sono dei veri e propri fendenti per la difesa avversaria. Proprio dal perimetro New Orleans è diventata una delle squadre più pericolose della Lega.

Come detto, quello che sembrava uno scambio di secondo piano, si è rivelato invece un vero e proprio steal: Marco Belinelli sta infatti collezionando cifre considerevoli in attacco (12,7 ppg) per quella che sino ad ora è senza dubbio la sua migliore stagione oltreoceano.

Sin dal primo momento in cui è arrivato, Paul si è fidato di lui ed, in quel sistema, la fiducia incondizionata del leader conta davvero tanto. Inoltre anche l’allenatore sembra contare molto sulle sue potenzialità con grandi attestati di stima in conferenza stampa e sul campo.

Nei momenti topici delle partite infatti, Marco è sempre in campo sia perché sta tirando da oltre l’arco con percentuali oltre ottime (oltre il 40%), sia perché in fase difensiva non sta affatto sfigurando. La sfida con il pari-ruolo Thorton per ora è vinta completamente, anche se Marcus non ha ancora fatto vedere ciò di cui era stato capace lo scorso anno a causa di continui fastidi muscolari.

Ormai emarginato al ruolo di vice-Beli, Peja Stojakovic è stato appena ceduto a Toronto, che potrà così beneficiare, a fine anno, della scadenza del suo onerosissimo contratto, intorno ai 15 milioni di dollari.

Insieme a lui è partito Jerryd Bayless, ed in contropartita sono arrivati Marcus Banks e il suo contratto in scadenza, il lungo tiratore David Andersen e Jarret Jack, che potrà essere un utile backup dell’ex Wake Forrest.

Emblema di una mentalità vincente finalmente ritrovata  è l’apporto che David West sta dando alla squadra. La scorsa stagione, nonostante delle cifre più che considerevoli (19 ppg,, 7.5 rpg)  l’ex Xavier non era mai riuscito ad essere determinante, ad essere il faro offensivo della squadra, mostrando molto spesso un atteggiamento soft e poca convinzione di vincere.

Il ritorno in quintetto di Paul gli deve aver ridato quella confidenza in termini di gioco e forza mentale che gli stanno permettendo, nonostante statistiche in lieve calo rispetto ai suoi standard, di prendersi tiri importanti in momenti decisivi del match.

Con questa consapevolezza dei propri mezzi e l’entusiasmo che apportano le continue vittorie, gli Hornets si trovano in questo momento al primo posto della Western Conference, con 11 W ed 2 L. Sarà difficile riuscire a mantenere questi ritmi per tutta la regular season, ci saranno periodi più difficili in cui arriveranno anche sconfitte dolorose e dove la stanchezza prevarrà sull’entusiasmo, ma a mio modesto parere questa squadra sembra pronta per poter fare il definitivo salto di qualità.

In un sistema, per ora, vincente e trascinati dalla voglia di riscatto, New Orleans sembra la squadra che pochi anni fa è riuscita a portare a gara -7 durante le semi-finali di Conference gli Spurs.

Se riusciranno a mantenere una buona posizione di classifica sino a fine stagione ed inserirsi nella griglia PO come testa di serie, potranno creare seri problemi a chiunque con quella strutturazione di gioco.

Forse non a spodestare gli esperti e vincenti Lakers, ma fossi in Kobe, non mi andrebbe per nessun motivo di affrontare Paul in uno scontro all’ultimo sangue….

3 thoughts on “Hornets On Fire

  1. Bell’analisi. Tifo Hornets da una vita, e quest’anno s’è creata proprio una bella squadra! Felicissimo per il ruolo che ha il Beli!

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