Per come si stavano svolgendo gli eventi in gara, Jimmie Johnson non avrebbe avuto alcuna possibilità di vincere il titolo con una monoposto instabile e priva di velocità. Poi, il ritiro di Edwards difesosi da Logano nella parte bassa del rettilineo principale ha portato questi due piloti a rovinare le loro speranze per il titolo, suppur quest’ultimo sia riuscito a ripartire senza tanti problemi.

E’ qui che Johnson prima della bandiera gialla sfila Kyle Busch, campione uscente e contendente per il titolo mettendo per la prima volta la testa davanti ai suoi avversari a dieci giri dal termine.

E’ qui, che Johnson prende le redini della gara nonostante Logano abbia gomme fresche e nell’ ultimo restart, il californiano riesce perfino a staccare il pilota Ford vincendo la Ford Ecoboost 400 e conquistando il settimo titolo guadagnandosi un posto nell’ Olimpo della NASCAR.

Si tratta del settimo sigillo a distanza di undici anni dal suo primo titolo, a 16 anni dal suo debutto eguagliando Richard Petty e Dale Earnhardt Sr tra i più titolati NASCAR di sempre, diventando il più giovane a raggiungere questo prestigioso traguardo all’ età di 41 anni.

Se rimaniamo nei termini motoristici eguaglia anche A.J Foyt e Michael Scumacher, i più titolati delle serie a ruote scoperte, superando Jordan a livello sportivo. Al momento, solo un’ altro pilota Jamie Whincup,  pilota delle V8 Supercars attualmente con sei titoli potrebbe eguagliarlo già da quest’anno.

Johnson in questa maniera sfata anche il tabù della conquista dell’ovale di Miami scappatogli in tutti questi sedici anni di carriera, accorciando così a tre i tracciati ancora indenni dal suo micidiale passaggio: Watkins Glen, Chicagoland e Kentucky Speedway, e aggiornando a 80 i successi in carriera; ora Cale Yarborough dista sole tre gare, Darrell Waltrip e Bobby Allison hanno  solo quattro successi in più.

Questa vittoria è resa più bella dal fatto che Johnson è stato costretto a partire ultimo in questa gara, causa un’ irregolarità nella monoposto nelle ispezioni pregara.

Il pilota di El Cajon ci impiega circa 50 giri prima di essere nel top 5 per poi faticare parecchio contro i diretti rivali. Una gara per un verso o nell’ altro in cui Carl Edwards è stato a lungo il pilota da battere, ma quell’ incidente a dieci giri dal termine ha dato grosse speranze a Johnson, il quale dopo una rincorsa interminabile è rimasto in testa per soli tre giri, quelli più importanti.

Raggiungere un traguardo simile a 41 anni appena compiuti, possono essere tanti o pochi, ma Johnson ha ancora le carte e l’età per tentare l’assalto all’ ottavo titolo, se si considera che Dale Jarrett si ritirò a 52 anni, Jeff Gordon a 44, Stewart a 45, Mark Martin a 55 anni.

Certo, Johnson non rimarrà a questi livelli per sempre, ma ha ancora un discreto margine per migliorare queste statistiche e a questo punto il limite è lui stesso.

Oltre che a regalare il settimo titolo a Chad Knaus suo crew chief dal 2002, porge la soddisfazione a Rick Hendrick di vincere il 12° titolo come proprietario del team, record assoluto nella storia della NASCAR (7 con Jimmie Johnson 2006,2007,2008,2009,2010,2013,2016; 4 con Jeff Gordon  1995,1997,1998 e 2001; 1 con Terry Labonte 1996)

Con il ritiro di Stewart, dietro di lui c’è un abisso: Harvick, i fratelli Busch, Kenseth e Keselowski a quota un titolo a testa, con Kyle Busch e Matt Kenseth a 42 successi di distanza da Johnson.

Sarà difficile trovare un’ altro pilota della sua grandezza che ha compiuto questa impresa dopo 542 gare, secondo dietro a Dale Earnhardt capace di conquistare i 7 titoli in 478 gare, a distanza di 22 anni dal settimo titolo di “The Intimidator” Dale Earnhardt, il quale a sua volta ci riuscì a distanza di 15 anni dall’ ultimo sigillo di sua “Maestà” Richard Petty. Ora, superarli significherà essere il migliore di tutti.

Nella gioia immensa di Johnson, c’è anche spazio per qualche lacrima grande e piccola.

Da una leggenda a un campione. Tony Stewart ha appeso il volante al chiodo  dopo 18 anni di attività, 618 gare delle quali 309 sono state concluse tra i primi dieci alle quali aggiunge anche 49 successi in carriera.

Ha conquistato tre titoli come pilota (2002,2005 e 2011), l’unico sotto tre sponsorizzazioni diverse: Winston, Nextel e Sprint Cup; due come proprietario nel 2011 e nel 2014 con Kevin Harvick.

Inoltre, al di fuori della NASCAR  ha vinto un campionato IRL (Indy Racing League ) nel 1997 ed è l’unico pilota ad aver completato le due gare più importanti nello stesso giorno per due categorie diverse, la Indianapolis 500 e la Coca Cola 600 ( Indycar e NASCAR) nel cosiddetto “Double Duty” nel 2001: sesto ad nella Indiapolis 500, terzo nella Coca Cola 600. E’ l’ultimo baluardo del secolo scorso.

Con lui, si ritira anche Brian Scott pilota in forza al Richard Petty Motorsport, Clint Bowyer saluta l’HScott per sostituire Stewart nella monoposto numero 14 e lo Sponsor Sprint Cup dice addio dopo 11 anni di partenership con la massima serie NASCAR.

Il 2017 sarà un’annata di cambiamenti e sentiremo parlare non di campioni, ma di leggende viventi quando la Daytona 500 dista soli 98 giorni.

 

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