Nella National League tra Washington (terza) e San Francisco (decima) ci sono circa solo 9 partite di distanza.

Come da previsioni la NL Central si sta rivelando la Division maggiormente bilanciata e ricca di colpi di scena, confermando il meraviglioso finale della vecchia stagione, quando Milwaukee, Cubs e Cardinals battagliarono fino all’ultimo minuto del tiebreaker game, che assegnò poi ai Brewers il primo posto del girone.

Christian Yelich è ancora il top hitter di tutto il baseball, mentre il solito mastodontico Lorenzo Cain, insuperabile nell’outfield, Braun, Moustakas e Grandal nuovo ricevitore, si mantengono in media. Il resto della truppa non soddisfa in pieno le esigenze e quel che è sicuramente mancato sono state le prestazioni di Aguilar, esploso nel 2018 ma rimasto praticamente a secco quest’anno, tanto da cambiare aria e conference.

Dignitoso Eric Thames al suo posto, ma nella voce offensive score ci sono quasi una trentina di home run in meno. Al lancio i problemi sono maggiori visto il 19mo posto di ERA a differenza del quinto nello scorso campionato: è obbligatorio ritrovare le prestazioni di Anderson e Chacin tra i partenti e quelle di un bullpen quasi imbattibile e decisivo negli ultimi playoff.

Sui Cubs bisognerebbe scrivere un articolo a parte, come fatto in passato quando celebrammo la loro epopea con l’avvento di Maddon fino al trionfo delle World Series. L’età aumenta però, i tempi e il gioco si aggiornano e qualcosa per stare al ritmo bisogna sempre farla. Le statistiche di Chicago infatti rimangono sempre a ridosso dei migliori (sesti in NL per punti e settimi generali per Pgl) ma il gap con i team avanti in queste medie ci sembra tenda progressivamente ad aumentare.

I cinque professori al lancio se la cavano ancora egregiamente, in particolare tra le mura amiche, con forse Lester unico ad accusare un irreversibile calo e Darvish a non abbassare la propria ERA mantenendo comunque forza sovrumana per molti frame a partita. Nel bullpen, da sempre un cruccio per il coach, si è andati giù forte nelle trade con gli avventi di Helps, Holland e soprattutto Kimbrel, non ancora a suo agio e mai ripresosi dalle scorse WS, dove fu l’unico Red Sox in seria difficoltà. Chi sta aumentando i giri dell’attacco e in esterno è Nick Castellanos, che si sta giocando al meglio l’occasione della vita e della maturità.

I Cardinals conducono il girone e si stanno dimostrando un team praticamente imbattibile contro squadre sotto in classifica. Nonostante gli arrivi in pompa magna di Goldschmidt ed Andre Miller, uniti ad un 20-10 iniziale che lasciava presagire un ottimo campionato e appunto la leadership attuale, le critiche in deadline non sono mancate da parte degli analisti, visto l’immobilismo del front office.

Le stelline Flaherty ed Hudson, Miles Mikolas (pure se in ribasso) tra i partenti e ottimi rilievi oltre al già citato AM come Martinez, Brebbia, Gallegos e Gant, pongono il team del Missouri difficile da affrontare per ogni battitore. Anche qui però, come per i Cubs, ci sentiamo di pronosticare enormi difficoltà allorquando in un ipotetico scontro di playoff, si fronteggerebbero hitter della caratura di Rendon, Soto, Acuna, Freeman o Bellinger.

Il rientro parziale di Bader nel lineup, il recupero di Carpenter da una crisi ormai preoccupante e le performance costanti di Goldy, Ozuna, DeJong, Fowler e del divino Molina, stanno dando un hype maggiore ad un attacco altrimenti distante anni luce da altri top team. Oltre alla ripresa fisica di Jose Martinez, non sarebbe male nemmeno estrapolare dalle Minor un top prospect come Randy Arozarena (.374 a Memphis), a nostro avviso meritevole di una chance.

Washington e Atlanta sembrano ad oggi fuori portata, coi primi a sweeppare proprio il Wrigley 14 anni dopo l’ultima volta, dimostrando un rodaggio ormai assemblato che pone ora Nationals e appunto Braves come uniche franchigie vicine a Los Angeles ed eventualmente pronte ad impensierirla nei turni ad eliminazione diretta.

Tra le antagoniste di altri lidi pure Arizona e Giants fanno una fatica atroce a rimanere costanti ma il loro record limitrofo al 50% li mantiene ancora in corsa.

Una rotazione smantellata dall’ultimo mercato, col pezzo pregiato Greinke andato a rinforzare forse definitivamente Houston, ha tolto la costanza storica sul monte per i D-Backs, idem gli acciacchi continui di un giocatore eccelso come Peralta e il calo che ultimamente ha investito la stellina e sensazione stagionale Ketel Marte, all star e gioiello sbocciato in casa, non lasciano molte speranze di un arrivo al vertice, nonostante l’ottima stagione di Eduardo Escobar, giunto a metà dello scorso torneo per rimpiazzare Jake Lamb e finalmente un fattore determinante.

Lo stesso discorso ci sentiamo di farlo per San Francisco, il cui lento ed inesorabile declino di vecchie star come Longoria (millesimo Rbi raggiunto contro Oakland) e Sandoval – il rientro alla base del quale ha lasciato molti dubbi due anni or sono – continua imperterrito, e le mediocri statistiche offensive (24mi per run e terzultimi in batting average) non permettono sogni di gloria.

Se il loro primato è ancora nella media lo si deve ad un’ottima difesa del campo, quasi immacolata al pari della fielding percentage, grazie al solito Posey, Yastrzemski e Solano, e al lancio (9no posto), per merito soprattutto di Samardzija e Bumgarner, rimasto nella baia anziché sbarcare nel Bronx. Preoccupa invece la continua involuzione di Dereck Rodriguez.

Philadelphia deve limare le troppe debacle contro squadre di bassa caratura mentre i Mets, nonostante si siano un pò distanziati a seguito dei recenti incontri ravvicinati con Baez e Acuna, ci sembrano uno dei team maggiormente rinforzato nella mid season trade ed in rimonta dopo l’inizio stentato.

Il lineup può essere infatti devastante e a parte la delusione Robinson Cano – al peggior anno della carriera – presenta fra gli altri il rookie delle meraviglie e recordman per fuori campo Pete Alonso, un grande battitore di contatto come McNeil e certezze acclarate del calibro di Rosario (leader per hit), Michael Conforto (quasi 30 hr) e Wilson Ramos, catcher prodigioso dalla più lunga striscia di valide in tutta la Major.

Il gruppo, oggi completo e lungo, viene affiancato da una rotazione paurosa, con l’ultimo Cy Young deGrom (ingiocabile dopo l’all star game), Noah “Thor” Syndergaard (rimasto nel Queens nonostante molti rumors), Zack Wheeler, Steven Matz e l’ultimo arrivato Marcus Stroman, il vero colpo della deadline. Pure qui però troviamo un fallimento tra le nuove dispendiose acquisizioni che sta costando caro: Edwin Diaz e parte dei rilievi non stanno performando secondo le aspettative.

Mancano poco meno di 30 incontri ma possiamo escludere già dalla race Cincinnati, nonostante gli ottimi movimenti di inizio stagione che avrebbero potuto metterla in competizione con le tre rivali della Central; inoltre lo scambio blockbuster, grazie al quale l’asso Bauer si è aggiunto ad una rotazione d’elite assieme a Luis Castillo e Sonny Gray, si è rivelato insoddisfacente, col 28enne da Ucla College a performare livelli di ERA e Whip mai così alti.

Colorado è la maggior sorpresa in negativo e lo storico mal di pancia di Arenado potrebbe aumentare in estate mentre San Diego dovrà rinviare al prossimo torneo le proprie mire egemoniche.

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