Cercheremo oggi di avvicinare il nostro paese al sogno americano, facendo un resoconto di alcuni giocatori italiani impegnati tuttora negli Stati Uniti, ma anche quelli che in passato hanno tentato la conquista della terra dei sogni, avvalendoci di testimonianze dirette da parte di chi ha avuto la fortuna di conoscerli, affrontarli o abbia ricevuto interessanti aneddoti su di loro.

La redazione MLB di Playitusa è inoltre orgogliosa di aver potuto ascoltare le parole di Mario Chiarini, leggenda nostrana e attualmente coach a San Marino, che ci ha raccontato la sua favolosa esperienza negli Usa agli albori della carriera e di come, parecchi anni dopo, si sia rapportato nel World Baseball Classic a campioni fenomenali e future leggende del mondo a stelle e strisce.

Nato nel 1981, si guadagnò giovanissimo all’età di 19 anni lo Spring Training a Seattle.

“Della seconda ondata di italiani ad andare negli USA, successiva a quella del secondo dopoguerra, penso di essere stato uno dei capostipiti. Prima di me ad approdare ai Wisconsin Timber Rattlers, anch’essi affiliati ai Mariners, fu Claudio Liverziani nel 1996 e successivamente David Rigoli in South Atlantic League, per i vecchi Montreal Expos”.”I tempi e le regole erano completamente differenti da quelli odierni, il gioco non ancora globalizzato e in più per noi giovani del belpaese c’era il problema del servizio militare; inoltre i visti erano molto ristretti rispetto ad oggi dove in ogni roster di stranieri se ne possono contare a decine, ragion per cui la mia permanenza durò solo un anno, quando firmai un contratto in Arizona League nel 2000 da terza base. L’esperienza fu ottima e anche a livello statistico mi feci rispettare”.

Chiarini in 24 partite realizzò 15 run, 21 valide e al box ottenne una media a .313!! Ritenuto a lungo il miglior giocatore italiano – questo disse anche il team giapponese durante gli allenamenti primaverili del 2008 in Florida della nostra nazionale – SuperMario può vantare in Italia tre Scudetti e quattro Coppe Italia col Rimini, squadra in cui è cresciuto, e due Campionati Europei con gli azzurri.

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Nel 2009 e 2013, al World Baseball Classic, affermatosi come esterno, si trovò faccia a faccia coi miti MLB, tipo Evan Longoria, Dustin Pedroia, Francisco Rodriguez, Sergio Romo, Craig Kimbrel, Eric Hosmer e Giancarlo Stanton, mentre tra le nostre fila erano presenti nelle due edizioni Adam Ottavino, uno dei migliori rilievi al mondo, e Anthony Rizzo, del quale è superfluo parlare!

“E’ stato come giocare partite di Major League quotidianamente, testa a testa con giocatori fenomenali e futuri Hall of Famer, dei quali ricordo maggiormente Miguel Cabrera e “King” Felix Hernandez, contro il quale ho avuto l’onore di battere”.

Il plotone degli italiani in America è oggi più numeroso, per i motivi prima elencati. Fanno parte fra gli altri del gruppo Marten Gasparini, interbase ed esterno nei Lexington Legends in singolo-A ed ora Wilmington Blue Rocks (Kansas City), Alberto Mineo, selezionato nel 2018 dai Blue Jays, con i Dunedin in Singolo-A avanzato ed ora coi New Hampshire Fisher Cats Double-A, il 19enne Leonardo Seminati, che ha firmato a luglio dell’anno scorso un contratto con i Cincinnati Reds, dopo essersi messo in mostra nella Istructional League e adesso coi Billings Mustangs e il 19enne Cesare Astorri, accordato con gli A’s per giocare negli Azl Athletics. Robel Garcia inoltre ha debuttato recentemente coi Cubs da pinch hitter e successivamente ha effettuato il suo primo dei tre fuori campo; era reduce da 5 stagioni con l’Unipol Sai di Bologna: possiamo dirlo, è stato rilanciato dal baseball italiano.

Davide “Dave” Usiello, esterno classe 1965, iniziò nei preallievi della Capannelle Baseball, fino ad arrivare nel 1990 a disputare i playoff della A2 e perdere col Casalecchio di Reno. Lo scioglimento per motivi economici spinse il suo team a ripartire anni dopo (2002) dalla serie C prima di tornare in A2 ed unirsi alla As Roma, della quale divenne direttore tecnico prima di ritirarsi. “Giocare tanti anni mi ha dato l’opportunità di affrontare molti grandi giocatori, fra i quali parecchi stranieri emigrati da esperienze sfortunate nella terra dei sogni”.

“L’episodio che ricordo maggiormente è quando incontrammo nel 2004 la Rosemar, seconda squadra di Grosseto, e rimanemmo tutti incantati da un ragazzino di 16 anni, terza base, alto ma snello e veloce, di una classe immensa e di categoria superiore rispetto alla media, era Alex Liddi”!

Nato nel 1988, il formidabile giovanotto era originario di Sanremo. “Atleta di interesse nazionale fin dalla stagione precedente, in seguito esordì con l’Italia maggiore durante la Coppa Intercontinentale 2006 e l’Europeo 2007, il Mondiale dello stesso anno e il World Baseball Classic 2009. E’ stato il primo reduce dall’Accademia MLB a giocare nella Grande Lega (il 7 Settembre 2011). Firmò con i Seattle Mariners e divenne uno tra i 4 di tutte le Minor ad avere almeno 100 run segnate e 100 punti battuti a casa, performando a livello di Triplo A 30 fuoricampo”.

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Lo scorso campionato siglò un contratto con i Royals, dove ha ricevuto un invito per lo spring-training, per poi accasarsi in doppio-A ai Northwest Arkansas Naturals; oggi è nel roster dei Leones de Yucatan, sempre in Messico.

Facendo un vertiginoso salto indietro nel tempo abbiamo ascoltato la voce di Alberto Reverberi, prima base e catcher classe 1936, che venne aggiunto insieme ad un numero sostanzioso di giovani liceali, detti i Grifoncini, nel roster della mitica SS Lazio Baseball, una delle più storiche e longeve società italiane. In quel team ebbe l’onore di ammirare le gesta di Giulio Glorioso, il fondatore e per molti il più forte giocatore della storia del nostro paese. “I ricordi sono sbiaditi ma la conquista del titolo nel 1955 è indelebile, così come i consigli verso di noi giovani ragazzi dello skipper King, e le sfide col Nettuno di Carlo Tagliaboschi”.

Dopo un biennio la franchigia era in fase di scioglimento e parecchi vennero “emigrati” nella Roma, mentre il ricevitore per impegni universitari concluse il suo rapporto col gioco per proseguire con successo la vita da medico. “Fu in quella fase di disgregazione che Giulio pensò di intraprendere l’esperienza negli USA, agli Indians, cosa già fatta negli albori della sua carriera, quando ad inizio anni 50 tornò alla Lazio a seguito dell’esperienza in Minor League. Il titolo da Mvp infatti, gli valse una borsa di studio per scolari in Florida, per merito della quale si guadagnò il training camp a Cleveland. Era un pitcher incontrastabile sia in allenamento che in partita”!

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Vanta tuttora il record di strike out (2.884) e di vittorie (235 contro 83 sconfitte). “E’ stato il miglior lanciatore di sempre del nostro baseball”.

Louis Americo Polli fu il primo italiano a debuttare negli States: lanciatore di notevole qualità, venne negli anni ‘30 penalizzato dal far parte di un sistema organizzativo elevato come quello degli Yankees, a causa della presenza di campioni come Ruth e Gehrig. In Ohio, prima di Glorioso, aveva avuto fortuna Marino Pieretti, detto Chick. Furono 194 partite e oltre 630 gli inning che lanciò in MLB anche coi Senators di Washington e i Chicago White Sox. Basso e lontano dagli standard fisici da pitcher, aveva una forza erculea che lo rese dignitoso anche in battuta (.217)!

“A differenza di Giulio iniziò anch’egli in Minor ma senza fare ritorno in patria, e concluse ai Solons di Sacramento la sua carriera”! A ridosso del Secondo Conflitto Mondiale l’esperienza a stelle e strisce vide protagonista Julio Giacomo Bonetti, lanciatore per i St. Louis Browns, Chicago Cubs e a Los Angeles nella Pacific Coast League.

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“I grandi nomi che portarono in alto l’Italia negli Usa e spesso citati dai veterani della Lazio erano Henry Hank Arcado Biasatti, che debuttò dopo ottime stats in prima base (21 Hr) nella Grande lega coi Philadelphia Athletics, senza riuscire a ripetersi, e Rinaldo Ardizola da Novara, che lanciò in una sola partita con la casacca Yanks il 30 Aprile 1947”. ”Stare a contatto con queste star è stato utile per apprezzare al massimo uno sport ancora sconosciuto da noi e per avere conferme su storie avvenute da tramandare ai posteri, come quella di Joe Di Maggio in spedizione a Nettuno a sfidare Tagliaboschi”. Glorioso è morto il 20 Giugno 2015 e molti giornali gli hanno dedicato dei titoli di commiato da vera star di sport nazionale.

Giorgio Costantini, nato nel 1949, è stata una delle bandiere del Nettuno, tra le squadre di maggior spessore del nostro paese, con la quale vinse 2 campionati, una coppa dei campioni e una coppa Italia, arrivando innumerevoli volte al secondo posto, rammentato da tutti come grandissimo battitore di contatto, utilizzato sovente da cleanup e a fine carriera emigrato in prima base dall’esterno.

“A Nettuno la prima cosa che imparavamo da bambini era giocare a baseball, praticato spesso sulle strade per imitare le grandi stelle di là dell’oceano. Vista la fama che la mia città possiede tuttora anche all’estero, ricordo più volte la presenza di scout che ci venivano a studiare per trovare talenti da portare fuori dall’Italia e intraprendere la carriera americana, tipo la Santa Monica University”.

“Non mi sono mosso io, anche perché all’epoca non eravamo dei professionisti ma tutti dei semplici lavoratori, compreso mio cugino, il grande Carlo Tagliaboschi”. “Ho conosciuto però parecchi giocatori professionisti americani che sono venuti nella mia squadra, i più forti dei quali sono stati Lenny Randle e Bob Galasso, mentre tra gli italiani i migliori furono Alberto ‘Toro’ Rinaldi, successivamente ai Cincinnati Reds prima di infortunarsi per una pallata sul volto, e il formidabile Giorgio Castelli, numero uno di sempre tra i catcher ”. “Della mia lunghissima esperienza, iniziata nel 1965 e terminata nel 1988 con la Roma Bassetti, ho nel cuore la conoscenza di Roberto Clemente, il più forte della storia dopo Ruth e Gehrig, avvenuta negli anni 70 durante il mondiale in Nicaragua da me svolto a fianco di Giulio Glorioso, dove lui era lo skipper di Portorico.

Il nostro allenatore, Chet Morgan, vecchia conoscenza MLB, mi invitò ad andare a vedere delle azioni da gioco che la superstar stava effettuando. Divenimmo subito amici e mi diede dei consigli sul posizionamento di gambe e gomiti nel box di battuta. Aveva quasi 40 anni, di una bellezza travolgente e fisicamente ancora pazzesco. Si faceva lanciare la palla dai ragazzini al grido di ‘Nino tirame la pelota’. Mi sgridava anche in maniera grintosa e sosteneva come il contatto fosse nettamente più importante della potenza per essere un top hitter! Il giorno dopo contro Panama battei tre valide grazie anche alle sue dritte”.

Pochi giorni dopo, il terribile terremoto di Managua che flagellò la repubblica centroamericana, spinse Clemente a ritornare in Nicaragua carico di aiuti umanitari, ma morì nel susseguente incidente aereo che ne disperse il corpo. “Ancora oggi ricevo lettere da tutte le parti del mondo per avere testimonianza di questi racconti e la foto d’epoca di noi due insieme rimarrà a vita nel mio cuore!”.

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