La miglior seconda base di tutti i tempi per molti addetti ai lavori, il portoricano Roberto Alomar Velazquez ha strabiliato il mondo del baseball per 17 anni giocando per Padres, Blue Jays, Orioles, Indians, Mets, Dbacks e White Sox riempendo una bacheca personale di 2 World Series, 12 All Star Game, 10 Gold Glove, 4 Silver Slugger ed 1 MVP nella partita delle stelle.

Figlio di un Major Leaguer (Sandy, 15 anni da infielder) e fratello minore di un altro (Sandy anch’egli) trascorrerà sin dalla culla la sua vita nel field e nelle locker rooms apprendendo da subito i segreti su come giocare e lanciare grazie ai simpatici insegnamenti di Nolan Ryan, all’epoca teammate di suo padre, completando spesso i suoi compiti scolastici nelle panchine durante le Winter League portoricane.

Nato il 5 febbraio 1968 a Ponce da Maria, aveva anche una sorella Sandia; con la propria famiglia crebbe a Salinas, 20 miglia più lontano. Qui divenne già All Star a sette anni in una piccola lega minore dimostrando un talento innato che però, una volta scoperta l’età, non porterà all’elegibilità fino al primo contratto a 16 anni coi Caguas.

Poco dopo aver compiuto 17 anni firmò con i San Diego Padres nonostante l’ingaggio fosse inferiore ad altri, questo perché Sandy Sr (era il coach della squadra della South Atlantic Charleston a cui Roberto venne assegnato) aveva dato la sua parola allo scout Luis Rosa. Venne seguito dai suoi congiunti fino a quando fiorirà la sua stella evitandogli dunque la via della perdizione dovuta alla solitudine e allo stress, quel che accadrà a molti suoi colleghi.

Le sue medie e prestazioni distrussero il campionato anche al cospetto di giocatori più anziani e lo portarono l’anno dopo alla promozione a Reno nella California League. “Guadagnavo $700 al mese utili solo a pagare affitto e bollette, dormivo su un materasso, senza tavolo e macchina per cui andavo a piedi ovunque” dirà nella sua biografia.

Dopo 90 partite e media a .346 e 123 valide altra promozione alla Double-A Wichita, dove ritrovò il fratello con cui condivise un appartamento mantenendo statistiche da brivido a .319 con 12 fuori campo e 43 basi rubate.

Fu il 1988 l’anno del debutto in Major, due settimane e mezzo oltre lo start della stagione regolare e dopo che Alomar era rimasto precedentemente deluso (con tanto di lacrime) dalla mancata iniziale convocazione in prima squadra, dovuta a precedenti fallimenti dei Padres con altri giovani (Bip Roberts e Joey Cora) da promuovere come second basemen.

E’ il 22 aprile 1988 quando Roberto entra per la prima volta nel box di battuta in MLB a fronteggiare proprio, ironia della sorte, Nolan Ryan all’epoca già leggenda e futuro hall of famer, battendogli una singola. Concluse quinto come Rookie of the Year con 145 hits, un avg a .266 e 24 stolen bases per poi migliorare ancora l’anno dopo.

La sua ascesa fu rapida e lo portò al primo All-Star Game nel 1990 dove incontrò di nuovo Sandy Jr scambiato a Cleveland, divenendo la prima coppia di fratelli a partecipare all’evento da Jim e Gaylord Perry nel 1970. Più tardi verranno di nuovo convocati per 2 volte ma nello stesso team.

Infatti la Mlb si sa riserva molte sorprese per cui al termine di questa grande annata San Diego raggiunse un accordo coi Blue Jays che portò Alomar e l’outfielder Joe Carter a Toronto in cambio di Fred McGriff e l’interbase nonché Gold Glove Tony Fernandez in California.

Fu un’altra mazzata per l’ancora giovane ed ingenuo Roberto che però in Canada si misurò con un numero elevato di talenti fra i quali l’esterno centro Devon White, fresco acquisto pure lui, contribuendo a portare il club nell’elite dell’American League East ottenendo fra l’altro il clinch per i playoff dove vennero eliminati dai Twins nonostante una sua media a .474!!

I canadesi entrarono nelle alte sfere della MLB e la carriera di Alomar sarebbe stata sempre più luminosa col suo primo Gold Glove a farne da riprova. Il futuro contratto da 14 milioni fu il più alto per una seconda base, per un ventiquattrenne o meno e per un giocatore con massimo 4 stagioni nella lega maggiore.

Con altre acquisizioni di valore (David Cone e Dave Winfield che eleggerà il portoricano come il più forte con cui giocò) la seconda vittoria nella AL del 1992 fu scontata e permise ai Jays di arrivare poi al Championship. Qui l’infielder divenne MVP grazie soprattutto ai due memorabili home run nel nono inning al cospetto di un grandissimo closer come Dennis Eckersley permettendo ai suoi di eliminare Oakland e arrivare alle World Series dove trionfarono contro Atlanta per 4-2.

Si ripeterono pure l’anno successivo (1993) ed anche qui il felino di Ponce risultò decisivo per la sua enorme abilità a rubare basi e a battere con percentuali spaziali (.480) per merito delle quali eliminarono prima i White Sox e poi i Phillies nel secondo e consecutivo trionfo.

Anni più tardi anche questo idilliaco rapporto si incrinò a causa di alcune scelte societarie come la trade per David Cone che Roberto contestò rimanendo in panchina, le minacce di morte di una fan che scossero l’allora ventisettenne e i media locali che sostenevano falsamente la sua voglia di essere ceduto.

Divenuto free agent si trasferì perciò agli Orioles per $18 milioni in tre anni, battendo record su record (condusse la lega come hitter). Quel che caratterizzerà questi periodi sarà il modo “all round” con il quale si approccerà alle partite: una media battuta fuori dalla norma ed una rapidità incredibile a rubare le basi ma anche un tiro ed una presa da difensore puro e un’abilità a lanciare la palla a velocità supersonica all’interno dell’infield. Con lui Baltimore raggiunse per due anni le ALCS venendo però sempre eliminata.

Va anche ricordato uno spiacevole evento della sua carriera da giocatore: forse perchè teso nel reincontrare i suoi ex compagni di Toronto sputò sul volto di un giudice durante una chiamata discussa su uno strikeout. Per farsi perdonare donò $50.000 per la ricerca sul morbo di Gehrig di cui il figlio dell’arbito Hirschbeck era sofferente.

Nel ’98 raggiunse suo fratello a Cleveland mantenendo la solita costanza di prestazioni e alzando il livello anche di questa compagine nei viaggi in postseason nel 1999 e 2001, perdendo però contro Boston e Seattle. Come in passato con Winfield e Ripken Jr anche qui formerà una grande coppia con Omar Vizquel.

Superati i 35 concluderà la sua inarrivabile epoca prima ai Mets, poi ai White Sox (2 volte) e ad Arizona calando vistosamente senza riuscire più a far salire le medie in battuta ai suoi livelli standard (rimase sui .250/.270) ritirandosi prima dello Spring Training a Tampa, squadra che lo avrebbe voluto per un’ultima stagione nel 2005.

E’ diventato il terzo portoricano ad entrare nella Hall of Fame dopo Roberto Clemente e Orlando Cepeda. Nell’Ontario ritirata la maglia numero 12 ed inserito nella Canadian Baseball Hall of Fame.

Un talento straordinario sin dagli albori, una bellissima epopea che ha reso la Major League ancora più attraente. Quattordici anni consecutivi su diciassette a dominare e riscrivere la storia di un ruolo, ottenendo in questo periodo una sfilza di premi personali e trasformando in mentalità ogni team che ha usufruito dei suoi servigi.

Questo è stato per il baseball Roberto Alomar.

2 thoughts on “MLB Vintage: Roberto Alomar

  1. Quando ho iniziato a seguire il baseball dell MLB(i primi anni ’90)R.Alomar era uno dei giocatori più eleganti e belli da vedere; personalmente lo ricordo più nel periodo Cleveland e Oriols(forse perchè si potevano vedere più partite rispetto al periodo Tor.)e mi piaceva sempre molto per stile, battute valide quando contavano, leadership. Un grande giocatore insomma, giusto questo tributo, grazie.

  2. E’ stato il mio primo amore nel baseball caro Tarpley; non ti nascondo mi sono emozionato molto nello scrivere questo pezzo che mi ha ricordato tante cose!! Mi fa piacere sapere ci siano molti “anziani” come me a rimembrare questi campioni nati poveri e dal nulla ma che hanno conquistato l’America e il mondo. Solo la Mlb puo’ arrivare a tanto…un caro saluto a te

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