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Sono le franchigie senza nessuna vittoria nelle World Series. A questo gruppetto di perenni inseguitori si sono sottratti proprio quest’anno gli Houston Astros di George Springer e Josè Altuve.

Ecco allora la lista completa di chi attende da tanto, troppo tempo la cima della montagna: Texas Rangers; San Diego Padres; Tampa Bay Rays; Colorado Rockies; Milwaukee Brewers; Washington Nationals/Montreal Expos; Seattle Mariners.

Di queste sette, solo le ultime due non hanno mai neanche preso il campo in una qualsiasi Classica d’autunno del passato. Ma se Rockies e Rays sono due expansion teams fondati negli anni 90’ (1993 e 1998 rispettivamente), la storia delle altre 5 franchigie ancora al palo è ben più risalente nel tempo, pur non rappresentando alcuna di esse un founding member degli albori del gioco all’inizio del Novecento.

Chi sarà allora il prossimo candidato ad affrancarsi dal gruppetto dei sopracitati “losers”? Se proprio dovete giocarvi 50 €, allora puntateli sui sempre pericolosissimi Washington Nationals.

Se invece amate le storie degli “underdogs” ed il Leicester di Ranieri di due stagioni fa vi ha invogliato ancor più a scostarvi dalla massa dei “predictable betters”, in questo caso la scelta dei Colorado Rockies potrebbe ricompensarvi molto, molto bene.

Con un record di 87 vittorie e 75 sconfitte ed un ticket per i playoffs staccato per la prima volta dal 2009, l’annata passata il collettivo agli ordini di Bud Black, pur non potendo più contare sulla leggenda locale Carlos Gonzalez che lascia via free agency dopo 9 egregie stagioni, sembra fra quelli più organizzati in tutta la National League per aggiudicarsi una delle due wild cards a disposizione.

Lo abbiamo già accennato nei report precedenti: la National League West vedrà quattro serissimi contendenti per il vertice. Da nessun’altra parte in America si potrà contare su un contingente così nutrito di aspiranti per un posto al sole…ehm…al freddo della post-season.

I San Diego Padres con tutta probabilità dovranno accontentarsi di recitare il ruolo di sparring partner (anch’essi in un trend di competitività complessiva ma sul medio periodo) per un quartetto che nel 2017 ha prodotto ben 3/5 dei posti disponibili per i playoffs nella National League con i Dodgers e Diamondbacks e Rockies a giocarsi in famiglia il Wild Card Game.

PS: sette sono anche le vittorie di division nelle ultime dieci stagioni (2008-2017) per i Los Angeles Dodgers. Possiamo a tutti gli effetti definirlo un dominio; un dominio che nei playoffs, all’atto del salto di qualità non è però mai riuscito a tradursi in nulla di più; con l’unica eccezione della scorsa stagione, conclusasi, come sappiamo ad una sola gara dalla vittoria finale. Per un titolo che a Chavez Ravine attendono addirittura dal 1988.

30 anni non sono pochi, e a rendere ancora più amara la contraddizione in termini chiamata Dodgers c’è anche da sottolineare come nel medesimo lasso di tempo preso in considerazione siano stati per ben 3 volte (2010; 2012; 2014) i rivali di una vita San Francisco Giants a portare a casa la corona d’alloro. Insomma, un dominio nel dominio di altri. Passiamo senza indugi la palla a Sigmund Freud per le considerazioni del caso.

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Sono le vittorie di division, nelle 18 stagioni disputate dall’inizio del terzo millennio, di Pittsburgh Pirates, Miami Marlins e Colorado Rockies, le uniche tre componenti di questa speciale lista in negativo. Ma se la storia ha detto Marlins sul tetto del mondo per ben due volte (1997 e 2003 ed entrambe ottenute tramite ingresso da Wild Card), questi due giri ai playoffs rappresentano anche le ultime ed uniche apparizioni in post-season per la franchigia adesso in mano a “Captain Yankee” Derek Jeter.

Anche i Rockies possono vantare nella loro relativamente breve storia una presenza alla Classica d’autunno, più precisamente nel 2007 contro i Boston Red Sox. Che si concluse con un perfetto 4-0 dei bostoniani nel repeat, a soli tre anni di distanza, dall’abbattimento della “maledizione del Bambino” risalente addirittura al 1918. La storia recente dei Pirates invece non ha molto di fondamentale da raccontare. Purtroppo.

Due Wild Card Game, nel 2014 e nel 2015 ed una National League Division Series persa 3 partite a 2 contro i vincitori di conference St. Louis Cardinals nel 2013. Dal 1992, la campagna 2013 dei bucanieri fu la prima ad avere un team Pirates con un record stagionale con più vittorie che sconfitte. 20 lunghissime stagioni di oblio. E nel 2018? Delle tre, le migliori chances di vincere il titolo di division vanno indubitabilmente a Colorado, pur essendo questa una previsione di non facile realizzazione pratica.

E mentre i Marlins cercano di vendere tutto il vendibile (anche Yelich e Realmuto sono sul piede di partenza) per ripartire da (meno di) zero con l’apertura della nuova stagione, i Pirates dovranno lavorare sodo e non cedere alla tentazione di vendere i pezzi migliori per provare ad inserirsi nel gruppetto a tre composto da Cubs, Cardinals e Brewers.

28

E’ il numero che ha ossessionato otto delle dieci stagioni al comando degli Yankees di quel duro di Joe Girardi. Il 27 lo aveva ottenuto al suo secondo tentativo e, durante i festeggiamenti, si era spinto a far menzione di quello successivo come ogni storia sportiva di successo che si rispetti richiede dai suoi interpreti.

Ma 28 è rimasto lì ad occupare i suoi pensieri per 8 lunghi anni senza infamie e senza lodi. Semplicemente inarrivabile con i mezzi a disposizione. E anche per colpa sua. Di cosa parliamo? Il 2 e l’8 sono le due cifre che rappresentano un numero con cui tutti coloro che hanno l’onore di guidare la franchigia più vincente degli sport americani devono fare i conti: il prossimo, maledettissimo titolo. E se adesso è 28, l’anno prossimo sarà 29, e poi 30…

Nella Grande Mela il successo, non solo quello sportivo, è un irrinunciabile aspetto della vita quotidiana con cui tutti, davvero tutti si devono irrinunciabilmente confrontare anche solo per ottenere il privilegio di restarci, nella Grande Mela. Per chi riceve bonifici mensili con cifre a sei zeri la pressione monta duramente e può farsi insostenibile.

E’ per questo che il profilo del nuovo manager cercato con pazienza da Brian Cashman nel corso delle settimane immediatamente successive alle World Series, è risultato essere uno di quelli che non ti aspetteresti visto il resumé. Ma Aaron Boone sembra possedere tutti, proprio tutti quegli “intangibles” dei quali difettava il suo predecessore e che permetteranno al nuovo arrivato di gestire con relativa tranquillità un gruppo di giovani virgulti (di successo, ca va sans dire) e, aspetto fondamentale della declinazione moderna del ruolo del manager di baseball, i tanto temuti ed affamati media.

Anche a Boston hanno guardato a questo aspetto con la lente d’ingrandimento. Alex Cora e Aaron Boone si assomigliano. L’uno ha un’esperienza risicata di un solo anno nei dugout MLB mentre l’altro ci ha vissuto…sì, da bambino seguendo da vicino le gesta del nonno e del papà.

L’uno ha un viso furbo e perfettamente hollywoodiano capace di bucare facilmente lo schermo mentre l’altro viene descritto come un rassicurante papà che sa motivare a bomba i suoi “figli sul diamante”. Entrambi dovranno dimostrare tanto. Forse troppo per dei debuttanti. L’unica differenza? L’uno vorrà il 28, l’altro glielo impedirà con tutte le sue forze.

69

Anche comprendendo nel calcolo le franchigie che non hanno mai vinto le World Series e quindi dall’anno dell’establishment della franchigia fino a tutta la stagione 2017, i Cleveland Indians con 69 anni sono il team MLB che da più tempo attende la vittoria in una Classica d’autunno.

Nel 1948 infatti, con 4 partite a 2, la Tribe guidata dal fenomenale pitcher Bob Feller riuscì a sconfiggere i rappresentanti della National League Boston Braves bissando la vittoria di 28 anni prima. Da allora il palmares della franchigia dell’Ohio è rimasto pressoché intatto.

Alle due World Series si sono aggiunti altri quattro stendardi di vincitore della American League (1954; 1995; 1997; 2016), nessuno dei quali si è poi tradotto in una parata da vincitori lungo le sponde del lago Erie. A questi vanno aggiunti, a far data dal 1994 con la nuova mappatura delle franchigie all’interno di Divisions “geografiche”, di ben 9 vittorie dell’American League Central.

Numero che batte tutte le rivali del Midwest americano nel medesimo lasso temporale distanziando la seconda arrivata, i Minnesota Twins, di ben tre lunghezze. Nel 2018 i tempi saranno arrivati a maturazione per un rientro del Commissioner’s Trophy nell’Ohio.

Terry Francona ed i suoi scudieri entrano nella stagione con i clamori di chi ha il vento in poppa e le stelle davvero ben posizionate in cielo per tentare un altro convincente assalto alla vittoria, due anni dopo il collasso epocale da 3-0 a 3-4 nelle Series contro i Cubs.

Toccherà rimodellare qua e là un line-up di base già solido ma che per sopperire a mancanze importanti dettate dalla “dura lex, sed lex” del mercato della free agency avrebbe bisogno di innesti di vera qualità. Il nome che apporterebbe maggiore linfa vitale in entrambe le fasi del gioco è senza dubbio quello di Manny Machado (attenzione alle mosse sottotraccia di questi giorni degli Yankees).

Magari anche a costo di spedire nel Maryland due lanciatori partenti di una rotazione di cui Francona non può certo lamentarsi sia per profondità che per qualità. Ma di un Mike Moustakas o di un Todd Frazier sul mercato degli svincolati ci si potrebbe tuttavia anche accontentare.

14 e 1

Sono il massimo ed il minimo numero di apparizioni nella post-season MLB computando complessivamente i risultati di tutte e 30 le franchigie sul lasso di tempo delle 18 stagioni dall’inizio del terzo millennio ad oggi.

Nel calcolo inseriamo anche, come da statistiche ufficiali, entrambe le squadre partecipanti al Wild Card Game introdotto nel 2012 (Yankees e Orioles leader AL con 2 apparizioni; Pirates leader solitari nella NL con 3 presenze). Prima del 2012, come sappiamo, veniva invece consentito l’accesso ai playoffs esclusivamente alla miglior seconda delle tre divisions, una per lega.

Ma bando alle ciance e sveliamo l’arcano. Chi sono? Per ciò che riguarda il ragguardevole risultato di 14 su 18 è facile immaginare come sotto la maschera di cotanta costanza non si possa celare altro che i New York Yankees.

Le 4 misere stagioni senza un ottobre (da quelle parti vissute come tragedie sportive…) sono state le 2008, 2013, 2014 e 2016. Con le ultime tre di questa lista a pesare come un macigno sulla valutazione complessiva dell’operato decennale di Joe Girardi manager. L’1 appartiene invece a…a quel complicatissimo cold case che risponde al nome di Florida/Miami Marlins.

E sapete come andò a finire quella bella gitarella autunnale guadagnatasi dai ragazzi di Jack McKeon nel 2003? Ovviamente con un Commissioner’s Trophy! 1 su 1, efficacia del 100% per una franchigia della quale abbiamo già decantato la mancanza di risultati nella sezione zero…

Insomma, i soli numeri 0 e 1 basterebbero a descrivere la situazione ancor’oggi comatosa di una franchigia che ha comunque saputo far placcare il proprio nome sul massimo trofeo MLB per ben 2 volte nelle 25 stagioni dalla fondazione datata 1993.

Mai un primato di division e un solo avanzamento alla post-season nei 18 anni che prendiamo qui in considerazione. Addirittura, se cominciamo a contare dal 1993 la percentuale continua a rimanere del 100% in entrambe le statistiche: un altro accesso ad ottobre da wild card e, pensate un po’, anche in questo caso una vittoria finale datata 1997 contro i Cleveland Indians 4 partite a 3. Non si può neanche rinfacciar loro: “sarebbe ora di vincere”…

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