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Vincere le World Series per entrare nella storia: frase che pecca di originalità, ovviamente, ma che non per questo non si presta a molteplici interpretazioni. Perché si può riscrivere la storia consolidando il secondo posto all-time di anelli vinti come nel caso dei Cardinals, oppure semplicemente regalando la prima gioia ad un intero stato, il Texas.

 St. Louis, dopo aver raggiunto Giants e Dodgers al secondo posto per numero di pennant conquistati, ha la concreta possibilità di allargare la propria bacheca che già vanta, unica insieme a quella degli Yankees, almeno dieci trofei. Le analogie con il 2006, anno magico in Missouri, si sprecano, anche se l’avversario previsto, i Detroit Tigers, questa volta si sono fermati in vista del traguardo.

 Curioso pensare che in caso di vittoria finale, sarà comunque mancato il contributo di quello che è sicuramente uno dei tre migliori giocatori della squadra: sto parlando di Adam Wainwright, asso della rotazione, scopertosi in questo 2011 una perdita quasi trascurabile per il suo team. Certo, la presenza di Chris Carpenter e Jaime Garcia rappresenta una buona base su cui partire, ma nonostante tutto l’aver raggiunto l’atto finale senza un giocatore che lo scorso anno è valso da solo oltre sei vittorie fa riflettere. Sull’imprevedibilità di questo sport e sul ruolo comunque marginale dei partenti rispetto ai positional players.

 Di fronte i Texas Rangers, alla seconda partecipazione consecutiva al gran finale e desiderosi di concretizzare un biennio di supremazia nell’American League: l’anno scorso l’attacco si fece imbrigliare dall’ottima rotazione dei Giants, quest’anno il rischio che questo si possa ripetere appare, sulla carta, abbastanza marginale.

 A tifare Rangers ci sarà un intero stato, ma non perché questo compare nel nome della squadra: il Texas è alla ricerca di un posto al sole nel panorama del baseball MLB dopo essersi scoperto vincente nel basket NBA (San Antonio prima e Dallas poi): Texans e Cowboys sono realtà affermate nella NFL ma non hanno il credito dei Rangers, chiamati a riscattare i fallimenti degli Houston Astros, franchigia che 6/7 anni fa fece sognare, invano, tutto lo Stato. Allora, come oggi, sono i Cardinals l’ostacolo che li separa dal traguardo: nella speranza, magari, che Pujols dopo Brad Lidge, non diventi la nemesi anche di Neftali Feliz, in quello che promette essere uno dei tanti duelli interessanti di questa serie.

 Chiudo con una breve menzione per Arthur Rhodes che, un anno dopo Bengie Molina, prosegue la tradizione del vincete a prescindere: l’esperto rilievo mancino è già certo di ricevere un anello tra qualche giorno. Nel frattempo, nel suo probabile ruolo di LOOGY contro Josh Hamilton, la tensione per lui sarà un po’ minore.

Gara 1

La cronaca del match: sono C.J. Wilson e Chris Carpenter, i due ace delle rotazioni, a fronteggiarsi nell’opener al Busch Stadium. Li aspetta un compito non facile, visto lo stato di forma dei due attacchi, che nelle decisive due gare delle Championship Series hanno sommerso di punti gli avversari.

In molti, a ragione, prevedono una serie in cui i due bullpen avranno molto spazio e gara-1 rappresenta forse l’unico match per far rifiatare i rilievi. Eppure nessuno prevede quello che sarà, a conti fatti, un pitchers’ duel di grande intensità, una partita a scacchi tra i due manager dove runs e valide faranno fatica a trovare spazio. Più fatica di quanto era lecito attendersi, almeno.

 I due lineup, collaudatissimi, non subiscono stravolgimenti e così, tra i padroni di casa, David Freese nonostante l’ottimo momento di forma deve accomodarsi dopo cinque compagni di squadra. C’è Nick Punto in seconda al posto di Theriot e si rivede, ma solo in panchina, Skip Schumaker al rientro dopo qualche problema fisico.

 Nei Rangers, la mancanza del DH non basta, ovviamente, per panchinare Mike Napoli che si accomoda dietro al piatto in un duello difensivo con Yadi Molina che promette di essere piuttosto sbilanciato a favore di quest’ultimo. La sorte non sembra sorridere ai due MVP delle CS visto che anche Nelson Cruz deve attendere il suo turno nel box di battute dopo cinque compagni.

 Le prime tre riprese corrono via piuttosto velocemente con i due partenti che duellano a colpi di ground-outs, che diventano doppi giochi nelle rare occasioni in un avversario è in base: alla fine del terzo inning sono solamente quattro le palline che hanno lasciato l’infield, con Molina che stronca sul nascere il baserunning aggressivo di Texas eliminando Kinsler che tentava di rubare in apertura di match.

 I Cardinals colpiscono per primi nella quarta ripresa: Pujols viene colpito e, di conseguenza premiato con una base gratis, qualche istante prima del doppio in campo opposto di Matt Holliday, che mette due corridori in posizione punto per Lance Berkman. Con ancora zero out, l’esterno ex-Astros trova il singolo tra Kinsler e Young che porta a casa entrambi i compagni: l’inning si chiude con il K di Carpenter che lascia due uomini in base.

 La reazione degli ospiti è immediata e si concretizza sull’asse Beltre-Napoli: singolo per il primo e HR del pareggio per il secondo. In mezzo, lo SO sul conto pieno di Cruz che costa ai Rangers il possibile vantaggio. I Cardinals hanno subito l’occasione per ritornare avanti ma, con 2 on e 1 out, Holliday incappa in un sanguinoso 5-4-3 DP che salva un Wilson che appare in riserva di energia.

 Nel sesto è Michael Young ad avere una discreta opportunità, ma il prima base non tiene fede alla sua fama di clutch-hitter e, con due out, non riesce a far segnare Ian Kinsler che si trovava in terza. Non è molto clutch neanche Molina che nella parte bassa spreca un’occasione ancora più ghiotta andando K con un solo eliminato e un uomo in terza.

Allen Craig sta per battere l'RBI decisivo

 Il pericolo sembra scampato per Wilson, che regala un BB semi-intenzionale a Punto per giocarsi il pitcher avversario: LaRussa scombina i suoi piani togliendo Carpenter ed inserendo Allen Craig come PH. La risposta di Ron Washington è Alexi Ogando, molto positivo in questa post-season. Il pitcher dominicano apre con tre fastball consecutive che lo portano avanti 1-2 nel conto; la quarta veloce, però, viene intercettata e si trasforma nella linea a destra regalando ai padroni di casa il nuovo vantaggio, 3-2.

 Le emozioni finiscono sostanzialmente qui: Texas, nel settimo, ha l’unica vera occasione per pareggiare ma, con due compagni in base i pinch-hitters mandati in campo da Washington, Gentry e German nell’ordine, non si dimostrano efficaci come il pari-ruolo di St. Louis e Rzepczynski blocca la rimonta con due SO consecutivi.

 Le ultime due riprese scivolano via senza scossoni, ben amministrate da Gonzalez-Feldman da una parte e dal solito walzer di rilievi (Dotel, Rhodes, Motte) dall’altra: vince St. Louis ma la sensazione è che i veri attacchi non si siano ancora visti, ma quando questo succederà, se succederà, allora la serie potrà prendere qualsiasi piega.

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