Josh Hamilton, l'ultimo dei premiati.

Con l’ufficializzazione, qualche giorno fa, del vincitore del premio di MVP stagionale nell’American League si è conclusa, anche per questo 2010, la carrellata dei premi individuali che segue la fine della post-season.

Si tratta di una serie di riconoscimenti per personalmente non apprezzo molto e che considero una sorta di premio di consolazione in confronto al ben piĂą importante anello di campioni: nonostante tutto rimangono, ingiustamente, molto popolari quando si giudica il rendimento di un giocatore, in particolare quando si parla di un possibile accesso tra gli immortali della Hall of Fame.

Senza ulteriori indugi, ecco com’è andata quest’anno.

 

NL e AL Gold Glove

NL: Arroyo, Molina, Pujols, Phillips, Rolen, Tulowitzki, Bourn, Victorino, Gonzalez.

AL: Buehrle, Mauer, Teixeira, Cano, Longoria, Jeter, Gutierrez, Crawford, Suzuki.

Si tratta di un premio sostanzialmente inutile pesantemente condizionato da due fattori: l’abilità offensiva e la “fama” costruita negli anni passati. L’immancabile polemica che accompagna ogni anno gli awards, quest’anno ha riguardato proprio i riconoscimenti difensivi: senza entrare nel merito, credo che il premio vinto da Derek Jeter sia stato il più controverso dai tempi di Palmeiro nel 1999.

In NL il risultato è stato tutto sommato assolutamente condivisibile, anche se tra gli esterni le presenze di Shane Victorino, al terzo “guanto dorato” consecutivo, e Carlos Gonzalez confermano le due tendenze descritte nel paragrafo precedente: Ike Davis ha pagato un’altra limitazione non scritta, specifica per i difensori, che in sostanza vieta la premiazione di un rookie. Dopo sei anni, Scott Rolen ritorna il re dell’hot corner.

Non c’è molto da segnalare anche nell’altra lega, Jeter escluso ovviamente: Alexei Ramirez dei White Sox è il “derubato” di turno, e il termine non è esagerato considerando la differenza nel rendimento difensivo dei due giocatori. Sempre parlando di Yankees, l’ottima produzione offensiva di Teixeira e Cano regala loro il primato nelle rispettive posizioni, a discapito di Daric Barton e Orlando Hudson. Tra gli esterni si segnala il decimo guanto d’oro consecutivo di Ichiro.

 

NL e AL Silver Slugger

NL: Gallardo, McCann, Pujols, Uggla, Zimmerman, Tulowitzki, Gonzalez, Holliday, Braun.

AL: Mauer, Cabrera, Cano, Beltre, Ramirez, Hamilton, Crawford, Bautista, Guerrero (DH).

Altro riconoscimento puramente platonico: la poca considerazione, in generale, della difesa rende i due elenchi molto, troppo, simili a quelli dei GG. In questo caso, almeno, la valutazione è corretta e tiene conto quasi esclusivamente dell’apporto in fase offensiva: fa sorridere la presenza del pitcher in NL e del battitore designato nell’AL, due riconoscimenti di contorno, a mio parere decisamente superflui.

Nella National League c’è ben poco da discutere, visto che il lineup vincente trova conferma nelle cifre stagionali: gli infortuni stagionali costano il primato a Chase Utley, che abdica dopo quattro anni. Sorte simile tocca a Carlos Zambrano tra i lanciatori, che però già nel 2007 si era visto superare da Micah Owings: fallisce il tris Hanley Ramirez, mentre Brian McCann resiste agli assalti di Buster Posey e si impone per la quarta volta negli ultimi cinque anni.

Molta meno continuità nell’altra lega, dove Joe Mauer è l’unico in grado di ripetersi dopo la vittoria nel 2009, soprattutto per mancanza di veri rivali; Josh Hamilton e Robinson Cano ritornano in vetta dopo qualche stagione, mentre Vlad Guerrero viene ingiustamente premiato a discapito di Jim Thome e la sua mazza ritorna d’argento come DH dopo le stagioni gloriose come esterno. Curioso lo scambio di riconoscimenti tra Derek Jeter e Alexei Ramirez.

 

Manager of the Year

NL: Buddy Black, Dusty Baker, Bruce Bochy.

AL: Ron Gardenhire, Ron Washington, Joe Maddon.

Quello del manager dell’anno è sicuramente il premio più superfluo e indecifrabile tra quelli assegnati: la prassi, solitamente, vede premiato chi guida una squadra alla conquista della post-season (anche se Black è un’eccezione in questo senso), specialmente dopo una stagione negativa in termini di risultati. Tutto nasce dall’eccessivo peso dato dal ruolo del manager, visto spessissimo come vero e proprio fattore determinante che fa la differenza tra una stagione negativa e una positiva..

La realtà, a mio parere, è che l’operato di un manager incide pochissimo nell’economia di una stagione da oltre 160 partite e sia, in ogni caso, difficile da quantificare: per questo motivo è impossibile fare vere e proprie classifiche di merito.

Mi limiterò, perciò, a sottolineare alcune tendenze: in AL, ad esempio, Gardenhire e Scioscia hanno ricevuto moltissimi consensi negli ultimi 4/5 anni, con Joe Maddon in ascesa dal 2008, probabilmente visto ancora come il manager di una squadra “cenerentola” dell’AL East.

 

Molta meno uniformità dall’altra parte, con Charlie Manuel e Bruce Bochy che sono gli unici ad arrivare a podio due volte negli ultimi cinque anni, pur senza vincere. A differenze delle scorse stagioni, quest’anno il primato è stato molto combattuto, con i manager di Padres e Reds divisi da appena un punto.

 

Rookie of the Year

NL: Buster Posey, Jason Heyward, Jaime Garcia.

AL: Neftali Feliz, Austin Jackson, Danny Valencia.

Per maggiori dettagli sulla stagione della matricole rimando all’articolo conclusivo dei rookie report del 2010 di Federico.

Si tratta dei due awards che meno condivido in assoluto: in AL Feliz è stato premiato oltre i suoi meriti per il fatto di essere un closer, e sia Jackson sia Brian Matusz (solamente quinto) meritavano di stargli davanti, avendo giocato bene per molti più innings.

Nella NL Heyward e Posey hanno avuto cifre molto simili, ma l’esterno dei Braves ha giocato oltre 30 gare in più e meritava di essere premiato per questo; da notare, infine, come il catcher dei Giants abbia giocato più di 1/3 dei match come 1B, perdendo buona parte del suo valore.

 

NL CY Young

Roy Halladay, Adam Wainwright, Ubaldo Jimenez.

Il primo premio di una certa importanza è stato vinto, direi meritatamente, da Roy Halladay che si è confermato ad altissimi livelli grazie anche al cambio di lega: il perfect game contro Florida è stata solamente la ciliegina sulla torta di una stagione in cui il pitcher canadese ha abbinato ottimi risultati ad una curabilità invidiabile, superando i 250 IP.

Anche il secondo posto era piuttosto scontato ed ha trovato il riscontro nel giudizio dei votanti: anche in questo caso quantità e qualità, ma non è bastato per superare il pitcher dei Phillies; molto meno condivisibile il terzo posto di Ubaldo Jimenez, sul cui giudizio pesano molto il no-hitter contro Atlanta e la straordinaria prima parte di stagione.

Nel complessivo di tutta la stagione, però, Cole Hamels e Tim Lincecum meritavano più considerazione, senza dimenticare l’ottima annata di Josh Johnson, purtroppo per lui limitato dagli infortunio nel finale; interessante, come al solito, notare l’eccessiva considerazione dei closer, con Heath Bell e Brian Wilson che chiudono davanti a Lincecum, Latos e Cain.

 

AL CY Young

Felix Hernandez, David Price, C.C. Sabathia.

Anche in questo caso la vittoria è stata tanto netta quanto meritata: Hernandez mescola, come Halladay, tanta quantità (249.2 IP) e tantissima qualità sbaragliando nettamente la concorrenza e scongiurando l’ipotesi che il record W/L potesse incidere in qualche modo sul parere dei votanti.

Alle spalle della stella dei Mariners la situazione è stata discretamente incerta, con molti legittimi pretendenti per i due gradini meno nobili del podio: Price e Sabathia hanno confermato le previsioni della vigilia in virtù del già citato record vincente, ma soprattutto nel caso del pitcher di Tampa Bay si tratta di un regalo considerati anche i soli 208 innings lanciati.

Cliff Lee e, in particolare, Francisco Liriano sono stati i più penalizzati: il primo ha probabilmente pagato il fatto di aver lanciato in due team chiudendo in calando l’esperienza in Texas. Il lanciatore dei Twins, invece, pur lanciando poco (191.2 IP) meritava molto di più dell’undicesimo posto finale, dietro anche a Rafael Soriano e Joakim Soria.

 

NL Most Valuable Player

Joey Votto, Albert Pujols, Carlos Gonzalez.

Pronostici della vigilia rispettati anche in questo caso: alla fine la vittoria del 1B dei Reds è stata clamorosamente larga (31/32 come numero uno) rispetto alle minime differenza in termini di rendimento con il rivale di St. Louis. L’aspetto difensivo continua a rimanere, a mio parere, troppo sottovalutato nella valutazione complessiva dei giocatori, ma in questo caso la scelta di premiare i due prima-base appare assolutamente meritata.

L’ultimo gradino del podio è altrettanto legittimo e premia l’ottima stagione dell’esterno dei Rockies che, per quello che conta, ha seriamente rischiato di vincere la Triple Crown: Ryan Zimmerman e Troy Tulowitzki erano probabilmente gli altri due candidati per la medaglia di bronzo e ognuno di questi tre nomi sarebbe stato una buona scelta.

Decisamente piĂą interessanti, anche se irrilevanti, le sorprese scorrendo la classifica verso il basso: Rolen davanti allo stesso Zimmerman tra i 3B e Carlos Ruiz secondo miglior catcher dopo Posey ma davanti a McCann. Curioso, infine, come Brian Wilson, settimo nel CY Young, superi di gran lunga sia Wainwright sia Jimenez in questa classifica.

 

AL Most Valuable Player

Josh Hamilton, Miguel Cabrera, Robinson Cano.

L’esterno dei Rangers ha mantenuto le promesse della vigilia vincendo meritatamente l’award dell’American League: l’ottimo rendimento offensivo (primo per OPS nella lega) e la buona difesa come CF ne fanno la scelta ideale, nonostante qualche problema fisico di troppo che ne ha limitato l’utilizzo nel finale di stagione.

Situazione piĂą complessa alle sue spalle, con tanti nomi (favoriti dalla presenza del DH) in ballo per le altre due medaglie simboliche: molto difficile fare una classifica, ma credo che Robinson Cano, Evan Longoria, Adrian Beltre e Shin-Soo Choo avrebbero dovuto chiudere la top five. Un voto virtuale in meno ai giocatori mono-dimensionali (zero apporto difensivo) come i vari Cabrera, Bautista, Konerko, Thome e Guerrero.

Anche in questo caso, nelle retrovie ci sono un paio di scelte che fanno sorridere: parlando di DH è incredibile che Vlad Guerrero sia ben davanti a Jim Thome nonostante i quasi 200 punti di differenza in termini di OPS (1.039 contro .841). C.C. Sabathia ribalta il verdetto del Cy Young e sovrasta, inspiegabilmente, Felix Hernandez, ma entrambi si devono inchinare a Soriano, che chiude 12simo assoluto.

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