Sono tornati!

Sfidando il Covid, sfidando le perplessità dei più pessimisti, sfidando le critiche a mezza bocca delle altre leghe – MLB e NFL in particolare – che stanno tenendo un atteggiamento più trumpiamo e fatalista nei confronti della pandemia (con discutibili risultati), alla fine il campionato di basket più bello del mondo è ripartito, con una invenzione che a pensarci solo pochi mesi fa sarebbe stato follia: La Bolla.

No, non siamo dentro un romanzo di Stephen King, che fra l’altro il tema della pandemia ce l’ha ampiamente in repertorio, ma siamo verso qualcosa all’apparenza di più leggero e divertente, siamo qui:

Che poi in realtà The Bubble è qualcosa di maledettamente serio e ben strutturato: parliamo dell’intero ESPN Wide World of Sports Complex, 89 ettari all’interno del World Disney World Resort in Florida, interamente riservato per portare a termine il campionato NBA 2020, il tutto per la modica cifra approssimativa di 1,5 milioni di dollari al giorno.

Ovviamente comprende 3 palazzetti per il basket, 3 alberghi dove risiedono i giocatori, gli staff e gli arbitri, e tutta una serie di strutture dedicate alla preparazione atletica e allo svago.

Da questa angolazione, la somiglianza con The Dome è abbastanza inquietante

Una volta chiusa, nella bolla non si può più entrare (…) e si può uscire solo con adeguate motivazioni. Per rientrarvi, bisogna sottoporsi a tampone e rimanere per un alcuni giorni in quarantena (vero Lou Williams?).

Ma tutte queste cose, probabilmente, le sapete già. E… i giocatori? E le squadre?

Da 3 giorni, hanno ripreso a giocare, partite vere!

Come molti stanno facendo notare, per essere le ultime 8 partite della regular season prima dei playoffs, si sta vedendo una intensità e un impegno che nelle normali stagioni regolari ci potevamo solo sognare. E questo è un bene.

Cosa cambia a giocare in una bolla, lontani dal mondo e dai tifosi, in un eterno campo neutro con un pubblico virtuale in 4k?

Cambiano tante cose.

Cambia che le squadre che erano in forma, in ritmo, progettate per la regular season, fanno fatica (vedi i Bucks).

Cambia che le squadre con un fattore campo bello tosto, e magari in quota (vedi i Nuggets) fanno anche loro un po’ fatica.

Cambia in meglio invece per tutte quelle squadre con giocatori chiave generalmente spremuti dalla stagione regolare, e che invece arrivano a questo finale di stagione freschi come non lo sono mai stati: Leonard e George per i Clippers, James e David per i Lakers, Harden e Westbrook per Houston, Chris Paul per Oklahoma City.

Cambia che mai come quest’anno, se una squadra si presenta più pronta e più in palla delle altre, può fare il botto. Chi ha detto Toronto? D’altra parte, sono i campioni in carica, quindi che sorpresa sarebbe mai?

Buona estate di NBA a tutti, in questa bolla di irrealtà che ci accompagnerà fino ad ottobre.

One thought on “NBA: una ripartenza da manuale

  1. Dopo 2 mesi di astinenza anche dai vostri bellissimi articoli, queste poche righe ci lasciano con l’amaro in bocca… Dai potere fare/scrivere di meglio!

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