Donald Trump è il nuovo Presidente degli Stati Uniti. E’ incredibile ma vero, alla fine ce l’ha fatta. “It was tough”, “è stata dura” dice sul palco nella mattina italiana e il suo volto esprime la serenità della vittoria.

Non so commentare questo evento storico se non come qualcosa, c’è solo da ripetersi, di incredibile. Vedere sulla CNN la scritta “Donald Trump elected U.S. President” con lui che applaude soddisfatto e un passo indietro Melania e il loro figlioletto è un colpo al cuore. Il mondo guarda attonito.

Donald Trump è il nuovo Presidente degli Stati Uniti, il mondo guarda sorpreso

Donald Trump è il nuovo Presidente degli Stati Uniti, il mondo guarda sorpreso

Sappiamo tutti quanto sia importante anche per noi italiani come per tutto il mondo il ruolo che il Presidente degli USA gioca nello scacchiere internazionale. Siamo tutti un po’ preoccupati, non c’è che dire, per lo meno la preoccupazione oggi è reale e va a braccetto con un piacere segreto e indicibile.

E’ il piacere che preannuncia una presidenza davvero come nessun’altra nella storia, diciamo che potremmo divertirci come del resto ci siamo divertiti finora. A nostre spese e soprattutto a spese degli americani ma potremmo divertirci.

Trump ha vinto perchè ha condotto una grande campagna elettorale, a suo modo grandiosa. Ha vinto contro Hillary Clinton perchè l’America è stanca delle dinastie, dei parenti, dell’establishment e diciamola tutta, ha vinto anche perchè Hillary è risultata antipatica, assetata di potere, bugiarda non più di tutti i politici ma legata ormai ad un passato che il magnate ha spazzato via contro tutto e tutti, sondaggi dell’ultimo minuto compresi.

Noi di Playit parliamo di sport americani e quindi da un’angolazione giocosa ma importante dell’America stessa. Non possiamo quindi esimerci dal prenderci un momento di pausa e riflettere su cosa è accaduto la scorsa notte.

Al primo Presidente nero non succede il primo Presidente donna ma il primo Presidente Trump. Categoria a parte.

Ieri in America ha vinto il senso dello spettacolo. La politica, e gli americani ce lo insegnano da sempre, è il feeling che si crea tra chi si presenta su un palco e l’elettorato. Non è un arido bagaglio di strategie, o di cultura, o di programmi elettorali, non è saper fare meglio qualcosa, è pura empatia, soprattutto in America dove la personalizzazione della politica è certificata da sempre.

In un’America stanca e vagamente delusa da Obama ha vinto chi ha promesso il cambiamento più forte.

Più spettacolare, e qui propriamente americano, perchè l’America ha creduto che in momenti in cui le cose non vanno bene vada premiato qualcuno che dica le cose come stanno e che non abbia paura del politically correct che produce solo compromessi al ribasso e mediocrità.

L’America ha voluto lo spettacolo nel senso più alto del termine, ovvero come scossa, come nuovo impulso di tornare grandi, più falso che vero nelle parole di Trump, ma questa volta ha voluto dare uno schiaffo invece che prendersi la solita carezza.

A poche ore dalla chiusura dei seggi ho pensato che mancasse poco all’inevitabile, ovvero l’America si desta di colpo ed elegge senza passione la prima donna alla Casa Bianca perchè quell’altro è impresentabile.

Ma quella donna alla Casa Bianca c’è già stata, rappresenta il vecchio che non ha funzionato. Il perdono ad un blow job extra-coniugale non può avere un prezzo così alto e soprattutto non possiamo pagarlo noi, così avranno pensato in tanti.

Ha fatto bene a perdonare, sarà ricompensata, no, ha fatto comunque male, non si può votare per una che perde la dignità di donna e di moglie per il proprio tornaconto personale, vox populi. Oggi Hillary è definitivamente cornuta e mazziata.

Meglio il miliardario quindi, sarà un buffone ma l’America ha sempre premiato le sfide impossibili.

Così Hillary ha perso, e qui torniamo a noi di Playit. Deve essersi sentita invincibile dopo la vittoria dei suoi Cubs, sembrava finalmente l’anno perfetto.

Non vincevano dal 1908 e hanno demolito, come poco tempo fa i Red Sox, una maledizione a perdere, a sentirsi male.

Quel cartello “It’s gonna happen” allora la Clinton se l’è messo nel cuore ma ieri abbiamo capito che non era destinato a lei. Non sarà lei la prima donna Presidente, chissà se e quando arriverà.

Trump di suo non ama molto lo sport, è troppo impegnato ad amare sé stesso. E’ stato però owner dei New Jersey Generals, scapestrata squadra di una scapestrata lega, la USFL, che avrebbe dovuto, nei suoi sogni da Fifth Avenue, rivaleggiare con la NFL.

Sul tema è stato prodotto anche un episodio della gloriosa serie di ESPN 30 for 30, ecco, il Trump sportivo entra in gioco così, con tentativi maldestri di imprese spericolate.

Ha cercato di comprare i Buffalo Bills e i Cleveland Indians ma è riuscito solo a costruire lussuosi campi da golf, si narra che una volta pensò addirittura di accaparrarsi il San Lorenzo.

Diciamo addirittura perché onestamente l’idea che il futuro Papa avesse la tessera della squadra del futuro Presidente americano, beh, fa molto ridere. Due uomini saliti a sorpresa ai propri rispettivi vertici che avrebbero potuto incontrarsi in modo sostanziale molto prima che nel 2017 nei già programmati incontri con inni, bandiere e scorte armate.

Il suo nome divenne famoso per gli incontri di boxe di Mike Tyson da lui sponsorizzati ma poi lo sarebbe diventato di più col suo coinvolgimento nel circo del wrestling.

Se c’è però un bagliore di tifo Trump lo spende per i New York Yankees, del resto mai scelta poteva rivelarsi più appropriata.

E’ il newyorchese manifesto, sbruffone fin oltre l’offensivo, si crede (ed ora lo è davvero) il padrone del mondo, quindi non poteva che tifare per gli Yankees perchè ha un’identità newyorchese strabordante e la squadra in pinstripes è associata a questa idea di America, anche, se non soprattutto, in patria.

Un’idea per cui, come un Copernico dei nostri giorni, gli fa credere non a tutti i torti che la città di New York sia il centro del mondo, un’idea che oggi è stata la benzina del suo successo e che è il motivo per il quale questa meravigliosa città è amata e odiata al tempo stesso, senza mezze misure proprio come lui.

Per Letterman era “the greatest city in the world”, oggi è la patria di un Presidente che veniva lì deriso per i suoi capelli, ricordate Trump or monkey ?

Il concorrente doveva indovinare quale foto tra tre improbabili acconciature apparteneva all’imprenditore ancora lontano dai fasti di “The apprentice” e altra baggianate simili che però adesso passano nella storia d’America come i primi colpi di un uomo che ha saputo prima di tutto comunicare un’idea vincente.

Notate similitudini con Berlusconi ? Non vi ci addentriamo ma diciamo che sono percorsi che possono entrare nello stesso capitolo di un libro, a partire da come i due intendono il ruolo del genere femminile in questo mondo.

Gaffe dopo gaffe, ma solo per i benpensanti, in realtà colpo su colpo Trump si è preso la Casa Bianca e ha realizzato il suo sogno.

Ha promesso di chiudere le porte a tutti i musulmani, ha evocato il sangue viscerale di Megyn Kelly di Fox News, ha offeso chiunque, davvero chiunque, donne che sono solo “pussy” e anche il “falso eroe” McCain, poi i messicani che ora hanno legittimamente paura di essere sbattuti fuori perché per lui chi arriva dal Messico è solo gente senza bellezza.

Vorrebbe avere una relazione con sua figlia Ivanka, in fondo è la bionda che ha sempre cercato, speriamo solo non metta il nome Trump sopra il porticato della Casa Bianca.

Gli chiesero quale fosse la sua reale preparazione sui temi di politica estera e rispose che questo e altro, cultura militare compresa, se l’era fatta guardando le serie TV sul tema.

Avete voluto un commander in chief come minimo ignorante in cultura politica, ve lo tenete verrebbe da dire, ce lo teniamo tutti, speriamo non giochi con i bottoni nella Sala ovale e non scateni una guerra.

E’ il primo Presidente senza un background né istituzionale né militare e aggiungerei nemmeno culturale grosso modo, si sprecano i paragoni con Reagan ma tenderei a fare alcune precisazioni.

Reagan era già stato Governatore, per di più di uno stato grande come la California e per due mandati ma soprattutto aveva una squadra di governo a suo modo all’altezza perché aveva una grossa fetta di Partito dalla sua parte e con essa la professionalità manageriale su tutti i campi.

Trump ha vinto contro tutti, anche contro il suo Partito, e in fondo scalare verso la nomination è stato il suo vero incredibile colpo di genio. Poi ha vinto una gara più facile.

Reagan, ultima precisazione, era un attore di secondo livello, Trump invece è stato un personaggio del mondo dello spettacolo di primissima fascia, “The Apprentice” ha avuto record di ascolti ed è stato un modello televisivo esportato in tutto il mondo, anche in Italia.

Ha costruito negli anni il personaggio Trump, dalla comparsata nel suo stesso Plaza hotel nel sequel di Mamma ho perso l’aereo al contest di bellezza adagiato per renderlo beato tra le donne.

L’abbiamo tutti conosciuto prima di tutto in queste vesti, da Letterman in giù fino alla citazione del suo nome in Do the right thing, finivano gli anni ’80 e il campione di tutti gli yuppie pensava già al passo successivo.

Il suo sogno realizzato è grande quanto quello dell’ultima compagna Melania, hot da morire, modella slovena emigrata nella terra promessa fino a ritrovarsi First Lady, una favola d’oro solo per pochissimi prescelti sulla faccia della terra.

Al centro dell’affollatissimo palco delle primarie c’era lui in quel primo dibattito TV, ci regalò un one man show che per i più era l’effimero fuoco dei posti di blocco in partenza invece siamo qui a commentare onestamente scioccati una notte imprevedibile.

L’inevitabile non è successo, con una sciabolata soffice mi sono ridestato nel cuore della notte perchè assopito dall’esito che scontato si stava dispiegando verso il clan Clinton, poi scopro che i battleground states si stavano colorando di rosso, che sorpresa, fammi un po’ vedere, ma davvero, no, non mi dire, ma che veramente ?

La Clinton posta una foto in cui abbraccia una bambina, la CNN ci dice che sembra improvvisamente la manifestazione della resa, Hillary sembra dire che ci vuole bene lo stesso, che c’ha provato ma che è andata male.

Trump è portato in trionfo da quella working classe troppo spesso dimenticata, mi vengono in mente De Niro e i suoi compagni descritti da Cimino nelle campagne anneriti dal fumo della Pennsylvania lontane da Philly e dai contrasti razziali.

C’è un’America bianca profonda e nascosta che si è sentita bistrattata e forse offesa dagli slanci durati 8 anni di un Presidente nero cool ma lontano dai luoghi dove in fondo giace quella parte dominante e identitaria di un paese riscoperto nel profondo dei suoi enormi spazi paradossalmente da un newyorchese luccicante abituato alla ribalta.

Ha vinto contro le elite di Washington, è vero, da outsider, anche se ne faceva parte lo stesso in campo economico e che dire, vincere da outisder è meraviglioso ma aiuta avere un po’ di miliardi di dollari in banca.

Ha vinto il primo Presidente Yankee, per carattere e determinazione. Lo ha appoggiato anche Bobby Knight, la leggenda degli Hoosiers, uomo duro a cui piacciono i fatti ma affascinato dal suo “telling like it is”.

Ieri notte ha perso anche il Presidente Obama. Ha perso perchè si è speso in prima persona nei comizi e perchè in parte questo voto è anche sul suo operato.

Ha fatto bene ma non non benissimo, il giudizio è complesso ma in fondo è semplicissimo. E’ stato un buon Presidente, non il grande Presidente che la retorica che gli appiccicato addosso, non il grande Presidente che lui promise di essere, il grande cambiamento epocale non c’è stato ma resta la prima volta storica di un afro-americano, resta averci provato.

Intanto la storia bussa prepotentemente alla porta, il tempo dei giudizi verrà un giorno ma adesso da New York, sulla Quinta Strada, un milionario festeggia il raggiungimento di un sogno nelle lussuose stanze kitsch finte romane in un grattacielo che porta il suo nome.

L’America e il mondo intero trattengono il fiato. Tra un un pò vedremo.

Donald Trump, quarantacinquesimo Presidente degli Stati Uniti d’America. Davvero ? Non ci crederò fino a quando sfilerà in parata a gennaio.

One thought on “Donald Trump, il trionfo di uno yankee

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.