I Playoffs NBA come gli Hunger Games?

Molti di voi ne avranno già sentito parlare, e lo staranno aspettando con trepidazione: domani nelle sale cinematografiche italiane esce “The Hunger Games”, ennesimo colossal hollywoodiano adolescenzial-catastrofista che racconta di un gioco crudele ad eliminazione dove giovani si affrontano in sfide all’ultimo sangue finchè non ne rimane in piedi solo uno.

Per chi non fosse interessato al cinema, ma prediligesse invece il basket NBA, l’ Hunger Game della pallacanestro americana è iniziato da un paio di giorni: dopo 2 giornate abbiamo già fuori gioco Derek Rose, Iman Shumpert, Caron Butler e Tiago Splitter. Ma siamo solo all’inizio.

E non è tutto: delle squadre che sono arrivate, in qualche modo, alla post season dovete chiamare fuori anche Dwight Howard, Chaunchey Billups, Al Horford, Ray Allen, Wilson Chandler, Rudy Fernandez, Jeremy Lin e Eric Maynor, solo per citare i più famosi.

Il pazzesco calendario della NBA post lockout sta chiedendo un prezzo altissimo al fisico dei giocatori, che non ci hanno rimesso solo soldi da questa lunga trattativa (si stimano minori entrate per i giocatori per circa 8 miliardi di dollari, a vantaggio delle società) ma anche la salute.

La verità è che, mentre noi appassionati ci arrovelliamo sulle possibilità di Lebron di arrivare finalmente all’agognato anello, e se ad Ovest prevarrà la freschezza dei Thunder o l’esperienza degli Spurs, probabilmente il campionato 2011-2012 sarà deciso non sul campo, ma in infermeria. Quest’anno non vincerà il più forte in senso tecnico, ma in senso stretto: l’ultimo che resterà in piedi, dopo che tutti saranno caduti, come negli Hunger Games.

Meglio di una stagione saltata, siamo tutti d’accordo: ma quando il referto medico diventa più importante di quello statistico, e quando all’esordio dei playoffs tocca vedere, nel giro di 2 ore, le lacrime di dolore e disperazione di 2 ragazzi di vent’anni col ginocchio saltato, qualche riflessione tutto questo me la genera. Non so a voi…

11 thoughts on “Benvenuti agli NBA “Hunger Games” Playoffs

  1. Forse l’ evoluzione naturale degli sport a stelle e strisce è il rollerball?

  2. I “signori” che organizzano eventi sportivi, siano essi il Giro d’ Italia o le leghe professionistiche americane non hanno a cuore la salute degli atleti, ma il proprio profitto personale.
    Quest’ anno, dopo il lockout, avrebbero potuto giocare almeno dieci partite di regular in meno: se si gioca ogni due giorni è logico che alla fine saltino le ginocchia.

  3. Sono una voce fuori dal coro (ma non solo qui, anche in generale in altri siti/forum, ecc..) ma secondo me gli infortuni ci sono sempre stati….non ci vedo nulla di diverso dalle solite.

    Si’ ok..forse la percentuale e’ leggermente superiore..ma ci sono sempre stati.
    I playoff passati sono pieni zeppi di squadre che hanno dovuto fare a meno di giocatori importanti.

    E’ solo che quando toccano le superstar (vedi Rose, Howard, Allen, Billups se vogliamo, ecc..) allora tutti siamo un po’ piu’ “preoccupati”.
    Ma io non ci vedo niente di diverso dal solito.

    P.s.: premesso che comunque mi fa IMBESTIALIRE vedere le squadre senza tutti i loro giocatori..in quanto cosi’ il campionato e’ falsato dagli infortuni.

    • E’ vero, ci sono sempre stati, ma quest’anno sono stati tanti, troppi. E concentrati tutti in pochi mesi di gioco!

      E considera che in questo pezzo non ho elencato tutti gli infortunati dell’annata, ma solo quelli delle squadre che sono andate ai playoffs…

  4. La domanda è: ma sono davvero necessarie 82 giornate? Giocare ogni 3 giorni è pesante.

  5. a mio avviso l’analisi di max giordan è incompleta (ma nn per questo errata), perchè manca di un fattore che reputo estremamente importante in quanto permette di vedere ciò che sta accadendo sotto una luce ancora più interesante.

    guardando bene i giocatori che quest’anno hanno subito un infortunio grave (i season ending) risalta subito una peculiarità, cioè che la maggior parte di loro sono giocato che vengono reputati giovani. infatti i vari rose, shumpert, howard, fernandez, lin, harford, rubio sono tutti ben lontani dai 30 anni. l’unico infortunio veramente grave ad un over 30 quest’anno è avvenuto a billups.

    senza contare che ci sono state squadre come spurs, celtics e dallas che possono vantare pochissimi infortuni (nn mi riferisco a piccoli problemi che possono far saltare 1-2 settimane) e soprattutto si presentano “fresche e in forma” a questa post season, a differenza di ciò che si pensava ad inizio stagione, cioè che tali squadre che si fondano su giocatori decisamente in là con l’età come duncan, gino, garnett, sarebbero miseramente crollate in questa assurda stagione da 66 gare in poco più di 120 giorni.

    forse una risposta a tutto ciò l’ha data dan peterson affermando che le squadre vecchie, a causa del calendario così serrato, abbiano preferito ridurre al minimo gli allenamenti, garantendo quindi maggior riposo al fisico dei giocatori e cercando di tenerli in forma semplicemente giocando (oltre ad un minutaggio molto più controllato). mentre squadre più giovani, proprio perchè i loro giocatori di riferimento hanno un’età più bassa e quindi una maggiore sopportazione allo stress fisico, si preferito spremerli di più

    • Tutto vero, l’avevamo anche già fatto notare in un precedente pezzo:
      http://www.playitusa.com/nba/2012/04/22793/lnba-e-quegli-arzilli-vecchietti/

      Sorprendentemente, le squadre più esperte perchè più anziane hanno sopportato la stagione meglio delle squadre tendenzialmente più giovani, soprattutto a livello di infortuni: forse ai giovani è stato chiesto troppo, forse i veterani si sanno meglio amministrare. E’ comunque una sorpresa…

      • azzardo… forse i giovani non sono ancora fisicamente ben strutturati, e non sanno gestirsi psicologicamente.. sotto stress e fisicamente poco riposati, magari anche la coordinazione dei movimenti tende a risentirne..

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