[SPOILER. Il tempo è il bene più prezioso, non puoi risparmiarlo: o lo investi o lo sprechi. Ecco, nell’arco di una notte, tutto è cambiato rendendo il valore di questa preview prossimo allo zero. Se non fosse per un punto. Attenzione, non c’è stata nessuna modifica. Sicuramente non parlo di veggenza ma, alla fine del paragrafo riguardante l’attacco, lasciavo una porta aperta a Jacoby Brissett. C’era troppo detto-non detto sulle reali condizioni di Luck. Nel corso della preseason l’avevamo visto riscaldarsi, ci eravamo illusi, ma dal front office dei Colts non filtrava niente. Certo, l’amaro in bocca. Amaro, amaro eh. Perchè se a ventinove anni – nel pieno del proprio primetime – decidi di appendere il casco a quell’infame chiodo, vuol dire che sei esausto. E i reports – yahoo sports su tutti- parlano di un ragazzo provato più mentalmente che fisicamente. Nessuno scoop, l’ha detto anche lui – ho perso l’amore per il gioco, ero in una spirale di dolore infortuni rehab– durante la conferenza stampa d’addio. Si, poi quei fischi. Il tifoso vive di emozioni e non mi sento di colpevolizzare nessuno: è stato un boccone difficile da digerire. La Legacy del giocatore resisterà, seppur non costellata di vittorie e successi, comunque solida e inattaccabile.

Cosa cambia per i Colts? Tanto, ma non solo per loro. Cambia lo scenario nella AFC South che passa dall’ essere una delle division più competitive a essere una delle più piatte e meno intriganti. Cambia per la NFL che perde un possibile contendente al Lombardi Trophy. Una mezza rivoluzione. Ma non tutto è perso per i biancoblu di Indy, Brissett ha le carte in regola per essere l’uomo giusto al momento giusto. Storie di underdogs che arrivano in paradiso ne conosciamo in abbondanza: l’esempio di Foles – ora ai Jaguars- è antologico. In qualsiasi caso, buona fortuna Andrew: mai nessuno è stato Comeback Player Of the Year per due volte. Si, la sfida è stata lanciata]

Le luci del Lucas Oil Stadium in lontananza – il nostro viaggio che continua, spostandoci verso Nord in quella terra votata alla velocità, la 500 Miglia– abbaglianti a fendere sogni di gloria, dolci fantasmi di un passato non troppo remoto, comunque fastidiosamente lontano. La voglia, esplicita, di risentire il profumo di polvere da sparo nell’aria, osservare il luccichio dei fuochi d’artificio – fireworks– tanto in cielo quanto, più prosaicamente, sul turfGridiron, se preferite.

Tutto da perdere. I Colts di questa stagione numero 100 hanno l’onere della prova, evitando – sperano i tifosi- la figura, misera, di quei cardinali che iniziano il Conclave papi ed escono curati di campagna.

Analisti, opinionisti, giornalisti di alta o bassa lega, concordi: parlando dei Colts non ci si limita alla vittoria della Division – sky is the limit- la posta in gioco è più alta, ConferenceSuper Bowl, ipotizzano i più temerari.

Calm down.

Dato di fatto, ineccepibile, è che quelli di Indianapolis hanno un roster di tutto rispetto, una miscela unica, equilibrata, inferiore – forse – solamente a quello dei Chargers a detta di tutti il più completo.

Miscela, si diceva, blend perfetto di giovani emergenti, inaspettati veterani e superstars legittimate a sentirsi tali.

Corrispondere le attese – dopo averle stravolte lo scorso anno, con l’approdo ai playoff e addirittura il passaggio del primo turno- non dovrebbe essere difficoltoso: la chart è di gran lunga migliore di quella che lo scorso anno è riemersa dopo una partenza incubo da 1-5.

OFFENSE

Andrew Luck  è l’alfa e l’omega – apertura e chiusura del cerchio- pivot fragile quanto elitario, causa od effetto di quello che il 2019 lascerà negli almanacchi sportivi. Croce o delizia.

If healthy…dicono cosi. Ed è innegabile, talento cristallino, contenitore fragile attorno a cui Frank Reich ha costruito una diga di protezione incredibile, lavorando su di una offensive line stravolta, rivoluzionata, migliorata nell’arco di un anno. From bottom to the top. E’ proprio questo il punto di forza più grande dei Colts. E’ stato fantastico vedere l’evoluzione sorprendentemente veloce della linea offensiva di Indy, diventata la best in the game. I cinque starters, Anthony Castonzo, Ryan Kelly, Mark Glowinski, Braden Smith e l’inarrivabile Quenton Nelson – vero tone setter della compagine, forza e intelligenza quali caratteri prettamente distintivi- sono saldamente al comando delle loro posizioni ma – all’occorrenza- i Colts possono contare su backup di tutto rispetto come La’Raven Clark e Joe Haeg.

Nessuna cambio sostanziale o rivoluzionario rispetto allo scorso anno, il Draft ha portato in dote due big men di linea presi al settimo giro e un buon prospetto, Parris Campbell, raccolto alla seconda chiama.

Speedster, li chiamano così dall’altra parte dell’Oceano, quei giocatori – ricevitori nel caso in questione- dotati di una velocità fuori dagli standard. Far ricadere la scelta su di un prospetto del genere, sia chiaro, la dice lunga sulle prospettive strategiche di quest’annata. Non è difficile ipotizzare – scongiurando infortuni e mala sorte- formazioni a 3 ricevitori cui si aggiungeranno – probabilmente con un committee idoneo a spacchettare l’impiego- i due poderosi tightends, Doyle e Ebron.

Il reparto ricevitori, cui forse occorrerebbe dare maggiore profondità, resta saldamente capitanato da TY Hilton. Il veterano – trent’anni a novembre- entra nell’ottava stagione della sua carriera tutta in biancoblu, venendo “nominato” MVP del training camp. Si, football estivo certamente, ma i reports vicini alla squadra parlano di un giocatore unguardable che no, sebbene possa assomigliarci onomatopeicamente, non significa inguardabile quanto più impossibile da coprire, difendere. Nella practice congiunta – sempre a detta di NFL Network- Hilton ha brillato raccogliendo quasi tutti – 29 su 30 targets – i passaggi di Jacoby Brissett quarterback backup su cui ritorneremo.

Interessante, poi, l’arrivo di Devin Funchess, da Carolina, che non è un fenomeno ma si inserisce – fisico possente- in uno spazio vuoto, uno spazio di mezzo, che risiede in quella terra di nessuno  tra la figura di wide receiver e tightend. Funchess, dopo stagioni in chiaro scuro a casa dei Panthers dove peraltro ha ricoperto il ruolo di WR1 si trova ad avere una grande seconda chance. Meno pressioni, niente da perdere, potrà trovare – grazie al fisico possente e alla, non eccelsa, ma buona velocità – spazi nelle conversioni di terzi down e dare respiro a i già citati Doyle e Ebron. 

La convivenza dei due tight end è fatto appurato. Due diversi stili di gioco, due diverse personalità che, in ultima analisi, diventano complementari dentro e fuori dal campo. Basti pensare al fatto che Doyle risulta essere – per molteplici statistiche- uno dei migliori bloccatori nel suo ruolo mentre Ebron – furori la scorsa stagione con tredici touchdowns- è uno dei più elettrizzanti e letali pass catcher della sua posizione.

I cavalli da traino, mustangs di qualità: Marlon Mack Nyheim Hines promettono bene tenendo conto che per entrambe, oltre che alla corsa dura e pura si prospetta un impiego negli screen pass. Il reparto running backs è comunque uno dei più scarni in casa Colts. Spencer Ware – reclutato durante la free agency da Kansas City– sta combattendo con alcuni fastidiosi infortuni che hanno portato il front office di Indy a piazzarlo nelle Injuried Reserve List prospettando niente di buono. La ricerca aveva portato a D’Onta Foreman, ex Houston, che però ha avuto vita breve: tagliato dopo un infortunio al bicipite. D’Onta – parentesi- resterà una di quelle promesse inattese che ancora, dopo tanti anni di football, fanno male all’animo. Il talento non manca al giovane running back che aveva iniziato con più chiari che scuri in casa Texans, prima del grave infortunio al tendine d’Achille.

Dai titolari, come giusto, ci si aspetta molto e l’impiego, come anticipato, non sarò limitato alle corse ma anche a ricezioni brevi nell’ambito di una tendenza, RPO running-pass option, sempre più diffusa nell’ambito strategico offensivo. Mack è atteso ad un ulteriore salto in avanti dopo le 900 yards dello scorso anno, accompagnate da 9 touchdowns. Per Hines si prospetta un ruolo alla James White, talentuoso RB di New England.

Come anticipato, Jacoby Brissett. Il ventiseienne backup è stato utilizzato per gran parte della preseason mostrando la giusta confidenza, solidità e determinazione. Il rispetto dei compagni, Ebron su tutti, è garantito e meritato. L’alone di mistero che c’è attorno all’infortunio di Luck non ci consente di ipotizzare se Brissett si ritroverà titolare per la prima, le prime due, partite della regular season. La certezza è che, nonostante tutto, i tifosi Colts possono riporre le loro speranze – sebbene augurandosi un tempo limitato- in buone mani.

DEFENSE

Incredibilmente – per certi versi- solida e concreta lo scorso anno, la difesa cerca il grande salto con l’arrivo del veterano Justin Houston. Se masticate fantasy, anno del Signore 2018, grazie a 26 takeaways e 38 sacks, il reparto difensivo si è classificato ai margini della top 10.

Un punto di debolezza rimane il ruolo di DT, defensive tackle. Ma val la pena chiarire perché detta così può sembrare grave una cosa che invece non lo è. E’ solamente average, nella media. Margus Hunt e Denico Autry sono comunque titolari di qualità e la rotazione difensiva consentirà freschezza e possibilità di impatto specialmente con l’innesto – già anticipato- di Houston, Ben Banogu e l’emergente Kemoko Turay.

Prospettive rosee, quindi, per la stagione pronta a partire e occhi puntati sul talentuoso linebacker Darius Leonard atteso ad un second year leap nonché sui freschi rookies Bobby Okereke, Khari Willis e EJ Speed.

Interessante sarà vedere la battaglia per il ruolo dominante nella posizione di cornerback: dopo aver rimesso sotto contratto Pierre Desir e selezionato Rock Ya-Sin al Draft, Indianapolis si trova in un’ottima posizione nel ruolo in questione, contando su elementi di grande qualità. Se Desir è una certezza, il suo dirimpettaio è ancora da scegliere: il rookie ha il fisico e le abilità di copertura per vedere subito il campo ma Quincy Wilson – secondo giro al draft 2017 –  ha dato segni di netto miglioramento durante l’ultima stagione e, non da ultimo, Kenny Moore ha dimostrato solidità e affidabilità giocando in tutte e diciassette le partite – inclusi i playoff – del 2018.

“Fundamentals and Techniques, that’s how you’ll play better

Fondamentali e Tecnica, è così che migliori il gioco, riassunto scarno ma perfetto quello del Defensive Coordinator Matt Eberflus. Vedremo. Di certo, comunque, il reparto difensivo dei Colts è ben armato per contrastare gli incredibilmente predisposti passing attacks dell’AFC.

PREVISIONI

La AFC South sarà una questione tra i Colts e i già sviscerati Texans. Non cambio idea, i texani seppur marginalmente restano avanti grazie ad un miglior roster e ad un front seven difensivo più vivace.

Appaiati, forse, in un 10-6 o leggermente indietro con un 9-7. Un record migliore li proietterebbe, anzi, li innalzerebbe a livello di pretendenti al Lombardi Trophy.

LAST TAKE

Quasi 47, quarantasette, anni Adam Vinatieri – nonostante un non preoccupante infortunio al ginocchio- si appresta ad entrare nella sua ventiquattresima stagione NFL. In una Lega che vede sempre più bistrattato il ruolo del kicker, dove qualcuno pensa anche di doverli togliere di mezzo, Adam è una stella brillante, esempio di dedizione, solidità, capacità e quella cosa che non val la pena tradurre perchè perde di significato detta commitment to the game.

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