Anziché esaminare la stagione in corso di Vegas raccontando le innumerevoli grandi performance che hanno portato a tante quality-win, ad esempio contro i Penguins umiliati pochi giorni or sono, vogliamo parlare dei Golden Knights analizzando due sconfitte che recentemente hanno impedito al team di Gerard Gallant di compiere una striscia record di 11 vittorie: quelle contro Sharks e Jets, due candidate alla Stanley Cup nonché principali contender dell’Ovest.

Contro i primi – un team ormai sulla cresta dell’onda da quasi quindici campionati – un pressing asfissiante, una pressione famelica vicino la porta avversaria e un aggressivo forechecking anche sui defensive linemen ha provocato una serie impressionante di turnover e di occasioni per sbloccare il risultato.

Una cattiveria agonistica con la quale in pratica a turno i soli Schmidt e Theodore sostavano nei paraggi della neutral zone. Un dominio incontrastato di quasi due tempi con però poca praticità sotto porta (il solo gol di Nosek nel pronti via) che alla fine ha stancato e sfiancato Marchessault e soci permettendo ad un furbo e scaltro dream team offensivo di colpire grazie alle giocate dei due Karlsson, Hertl, Burns, Labanc, Donskoi e Kane. Aggiungiamo per onor di cronaca che a questi fenomeni vanno aggiunti anche Couture, Meier, Pavelski, Thornton, Sorensen, Dillon e Brown!!

Idem nel match di Winnipeg dove a fermare gli uomini di Paradise ci ha pensato Laurent Brossoit, col record di franchigia di 26 shots “stoppati” nel secondo periodo ed il season-high di 43 salvataggi. Anche qui una supremazia nei primi venti minuti con 10 tiri in porta a 9 e 26-7 nei secondi non è bastato; ancora una volta la classe cristallina di grandissimi attaccanti come Connor, Little, Perreault, Scheifele e Wheeler l’ha fatta da padrone.

Perchè questa lunga premessa? Volevamo semplicemente dimostrare come l’expansion team, splendido giocattolo costruito da George McPhee nel 2017, stia continuando a performare nello stesso identico modo di come ha fatto in passato, quando arrivò a tre partite dall’alzare la coppa più bella.

Il gruppo di presunti e vecchi underdog o di promesse non mantenute si può invece annoverare quest’anno ancor di più come una splendida realtà pronta a rincorrere di nuovo il sogno infranto da Kuznetsov & co.

La tattica e il modo per farlo sono gli stessi di ieri, sia nelle vittorie che nelle sconfitte: affidarsi ad una ferocia agonistica fuori dal comune, a profili arcigni e tra i leader di lega per hits e blocked shots (William Carrier oggi ai box ma vicino al rientro, Ryan Reaves e Brayden McNabb su tutti), all’esperienza e mentalità vincente di elementi attempati e rinati da queste parti (Fleury, Marchessault, Reilly Smith, Eakin e Colin Miller tornato ora dall’upper body injury), alla classe cristallina di chi qui è sbocciato (Karlsson e Tuch) ed alla favola di un eterno incompiuto ed ennesimo azzardo societario dalla AHL che si sta guadagnando la permanenza a suon di big performance come Brandon Pirri, progredito fino alla prima linea con quasi 15 punti in 12 match!!

In tema di scommesse non poteva mancare l’acquisizione di Max Pacioretty, che ha lasciato Montreal dopo dieci stagioni e dove forse aveva ancora poco da offrire. Passato anche per l’Ambrì all’epoca del lockout del 2012, il “Pacio” è stato scambiato per Tatar e Suzuki in una trade che alla fine ha accontentato tutti, soprattutto i passionali tifosi Habs, che rimproveravano al natio del Connecticut di non aver più nulla da dare sotto il profilo psicologico.

Reduce dal più difficile anno della sua carriera anche qui non è stato determinante nella fase iniziale, afflitto da un lower body injury, ma adesso sembra aver trovato la giusta dimensione nelle top line iniziando ad essere un fattore. La sua acquisizione mantiene la falsa riga di quelle dell’expansion draft che hanno portato ad un inimmaginabile successo la scorsa annata: puntare su profili dall’ottimo passato e da rivalutare ma pronti sin da subito, grazie alla esperienza e maturità, a competere per le posizioni da vertice: da qui una media per età molto alta (28.7).

Proprio dai Jets il grande investimento è stato quello per Paul Stastny, convinto immediatamente dopo aver visto coi suoi occhi nella finale di conference 2017/18 la caratura dei suoi nuovi compagni e legatosi qui in Nevada per 3 anni. L’acquisizione del trentatreenne, forte e maturo in entrambi i lati del campo e regista sopraffino, conferma quanto da noi detto per Pacioretty e fortifica le nostre convinzioni sulle reali intenzioni della proprietà: riprovare sin da subito l’assalto alla coppa.

Sono arrivati per James Neal e David Perron, fondamentali nella cavalcata dello scorso anno ma giustamente attratti come free agent da contratti ricchi e remunerativi in quel di Calgary e St. Louis; meno traumatico l’addio in retroguardia al sardo Luca Sbisa, spesso ai box.

Al suo posto un altro maturo e finora azzeccato inserimento per due stagioni è quello di Nick Holden, in combo nell’annata appena trascorsa tra Bruins e Rangers, così come i rinnovi degli altri free agent rimasti stanno dando i loro frutti.

Shea Theodore, infatti, prolungato per 7 anni a 36,4M, è il top scorer tra le DL, mentre per Marc-Andrè Fleury (21M per tre anni) ci vorrebbe un articolo a parte: ci limitiamo a dire che viene dalla migliore stagione della sua strabiliante carriera per percentuali di salvataggi e per numero di gol subiti per game e che quest’anno è già a 1100 sv. Anche grazie a lui i Knights sono quinti in difesa nelle statistiche sulle reti a partita.

L’inizio stentato nelle prime 25 gare aveva fatto dubitare i critici sulla consistenza della squadra e sul fatto che la favola fosse finita. Tra le cause, oltre all’essere affrontati con occhio diverso da tutte le sfidanti rispetto al vecchio start, vanno elencati gli infortuni e l’ambientamento che hanno privato Gallant di pedine basilari del nuovo progetto come appunto Pacioretty, Stastny ma anche Erik Haula, fondamentale in terza linea lo scorso campionato.

Il primo, dopo uno stentato ottobre, nelle ultime 27 partite disputate ha siglato 24 punti e il secondo, dal rientro di metà Dicembre, 17 su 16 match. Decisiva inoltre l’assenza di un cardine come Nate Schmidt, out in 20 incontri per doping, essenziale una volta tornato nella DL1 e in prima power play unit come scorer e assist man.

La ripresa che ha riportato in scia Vegas, oltre appunto ad una retroguradia ferrea ed invalicabile, è dettata come in passato dalla produzione costante da parte di tutte le linee d’attacco con Tuch, il vincitore del Lady Byng Karlsson, Marchessault (hat trick contro Pittsburgh), Smith, Eakin, Reaves, Pirri e i due nuovi acquisti a creare una profonda prolificità ed un dominio assoluto a livello di pressione grazie al quale primeggiano per turnovers e shots per game (4°).

Tra i motivi per cui possiamo celebrare George McPhee come eccelso scout c’è anche la scoperta di Alex Tuch, vero gioiello e punta di diamante del roster, ancora ventiduenne e probabile uomo franchigia del futuro prossimo. Meteora a Minnesota, dopo un ottimo 2017/18 con 15 gol e 22 assist, è letteralmente esploso e sta sostituendo come big performer Karlsson, leggermente sotto media.

Unico cruccio, come rimarcato all’inizio, è forse la poca essenzialità nello sfruttare le occasioni create rispetto ai tiri verso i goalies, in particolar modo nei power play, col 20° posto di categoria. D’altronde l’assenza di un capitano e il motto “tutti per uno” fa capire come un vero top player offensivo non ci sia e magari in situazioni di supremazia potrebbe far comodo.

Non si può voler tutto però! Ci accontentiamo di vedere e amare questo gruppo così come è, sicuri che con questa mentalità potranno sopperire anche ai difetti sotto porta.

Siamo soprattutto convinti che nessuno si augurerebbe di affrontarli in un eventuale incontro di post season. Quel che è certo è che la febbre dell’hockey in quel di Vegas proseguirà ancora per parecchio tempo.

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