Le ottime intenzioni della preseason con innesti giovanili vincenti pochi anni addietro e il buon record di un paio di settimane fa (15 punti), dovuto ad una discreta streak che aveva portato i Blackhawks ad un tiro di schioppo dalla vetta in Central, sono oggi stati trasformati in una mediocre e penosa scorribanda di risultati negativi. Alcuni dei quali arrivati per la verità in circostanze più che sfortunate ed in overtime, ma la maggior parte di questi stanno facendo riemergere i dubbi di inizio stagione dove qualcuno, forse non esagerando, aveva nominato la parolina chiave: ricostruzione!!

Nella lunga estate si è rimuginato quel che è stato il recente passato e quel che sarebbe successo nel presente prossimo: una penosa stagione senza playoff dopo quasi una decade e solo pochi anni dopo la grandissima e ultima vittoria in Stanley Cup, la terza in sei anni dal 2009 dopo cinque decenni di attesa. Parliamo di un’mpresa riuscita a pochissime squadre nella storia della National Hockey League e che ha reso fieri i predecessori che con Aboriginal Hawk sulla pancia riuscirono solo a sfiorare la coppa nel passato: Tony Esposito, Denis Savard, Chris Chelios e Jeremy Roenick!

Ciò che venne fatto a fine anni 2000, una clamorosa rebuiding sia nei posti di comando che nel roster potrebbe a breve ripetersi. Certo “pizzicare” uno dei più forti attaccanti degli ultimi periodi al draft, capace da ala di migliorare chiunque gli sia stato vicino, è quasi impossibile, così come cedere le redini dello spogliatoio ad un giovane leader capace di non scendere mai sotto ai 50 punti.

Insieme a Kane e Toews il roster sembra non essere progredito, anzi, leggere che grandi vecchi di ieri come Keith, Crawford (se sano) e Seabrook hanno mantenuto intatto il loro “posto di lavoro” garantendo inoltre le migliori stats di squadra fa riflettere. Pare quindi ovvio che in un’annata in cui due delle stelle prima nominate stanno performando sotto media, la squadra ne abbia risentito ulteriormente.

E’ stata una offseason caratterizzata inizialmente dagli ormai famosi problemi salariali, da innesti un po’ troppo maturi e ritorni di fiamma (Chris Kunitz e Marcus Kruger) che non hanno finora generato la scintilla per rialzare la cresta nè portato a casa il binomio esperienza/esplosività, aggettivi imprescindibili in un gioco maschio e da duri come l’hockey su ghiaccio ma dove la furbizia per sapersi districare in situazioni attive o passive (power play o provocazioni) è fondamentale.

Dietro DeBrincat e Kahun (8 punti per quest’ultimo) c’è il vuoto ed i ragazzi in squadra hanno assolutamente deluso. Il licenziamento di un decano come Joel Quenneville per il forse troppo acerbo Jeremy Colliton sembra più uno specchietto per le allodole ed una pugnalata alle spalle che una risoluzione dei problemi.

Per questo ed altri motivi del recente passato il GM è oggi nell’occhio del ciclone da parte della critica dell’Illinois. Tra le mosse sbagliate, oltre ad essersi “seduto” su un roster come detto in erosione, c’è quella di aver ripreso in rosa l’ex campione Brandoon Saad dopo due ottime stagioni da 53 punti ai Blue Jackets, cedendo agli stessi Artemi Panarin, lui sì vera sensazione e giovane prospetto del 2015: il primo è entrato in un lento ed inesorabile declino, il secondo si sta confermando una stella di prima grandezza.

Oggi invece sono proprio i profili sul quale programmare il futuro che non hanno reso come dovuto o non si sono visti proprio, chi per acciacchi vari, chi per un mancato inserimento tattico e chi non si è rivelato all’altezza! E di giovanissimi a roster ce ne sono molti: Johnson, Hayden, Kampf, Schmaltz e Fortin.

Discorso a parte, come detto, per la ventenne ala sinistra di Farmington Hills che supererebbe la discreta stagione da rookie se mantenesse le statistiche iniziali. Anch’egli però nelle strisce negative ha “contribuito” a rendere sterile la fase offensiva sparendo completamente nei momenti cruciali.

Nelle cinque sconfitta che vanno da Edmonton a Carolina ha raggiunto solamente due miseri punti (1 goal e 1 assist). Bloccato lui e i due tenori gli aiuti sono finiti: sui 51 gol totali (21° posto) ben 30 vengono dalle tre stelle; segno di linee monodimensionali dove l’appoggio di Ansimov, Saad e soci è per ora insoddisfacente!!

Era Dominik Kahun il giocatore su cui l’originario coach puntava molto: il ceco ha impressionato in preseason tanto da rilevare nei favori dei pronostici Ejdsell e Sikura retrocessi in Ahl. Così come la linea formata da Hayden-Kruger-Martinsen nella prestagione dava segnali incoraggianti: oggi il trio non esiste ed insieme hanno raccolto la pochezza di 4 punti!!

Purtroppo il mix veterani e fresh faces (imitando i Braves in Major League) sta brutalmente fallendo. I paragoni coi Maple Leafs sono impietosi, ma giusto per rendere l’idea lì quasi undici giocatori sono in doppia cifra per punti totali.

Sorprende il numero elevato di shots verso i goalies avversari rispetto ai centri insaccati anche se molti sono avvenuti una volta indietro nel punteggio con tentativo di rimonta: ben 598!! Anche negli special teams un patetico 12,5% nei power plays goals con solo 7 segnature su 56 tentativi.

D’altronde le statistiche parlano da sé, più che i 16 punti in classifica che potrebbero certo progredire in positivo se si ritrovasse una quadra fa veramente riflettere e mette tristezza il -16 come differenziale, davanti solo ai Kings (-17), altra nobile decaduta e dall’attacco spaventosamente asettico (33), ultimo a 11 segnature di differenza dai penultimi Vegas.

Il vero tallone d’Achille oggi come ieri è la difesa colabrodo nonostante Corey Crawford piano piano si stia rimettendo e malgrado il suo secondo sia un signor portiere: l’ex Hurricane Cam Ward! Connor Murphy dovrà inoltre attendere ancora un mese ed oltre per rientrare e le acquisizioni di Manning e Davidson (solo 7 presenze per lui) hanno deluso. La sorpresa più positiva anche in fase di score è Henri Jokiharju che prende il minutaggio di CM5 ed è accreditato di 45 tiri e 9 assists.

In poco meno di venti partite la retroguardia ha già subito 67 marcature dietro solo ai Senators con ben 601 tiri subiti a partita (26° posto) con un alto 11% di realizzazione, quint’ultimi nelle percentuali dei power plays defend con 14 reti su 54 (74%).

Fare paragoni col passato è umiliante, certo viene molta nostalgia ed un po’ di amarezza nel vedere che gli artefici di quei grandi risultati erano gli stessi giocatori così tanto in difficoltà oggi (C.C, Keith, Kruger e Seabrook): una Linea Maginot degli anni d’oro capace di subire 189 reti con un differenziale di + 40.

I molti tifosi Blackhawks sperano si inverta una rotta oggi quasi alla deriva. Il cambio di un grandissimo allenatore con un giovane rampollo potrebbe far implodere uno spogliatoio dove i leaders carismatici di un tempo dovranno giocare un ruolo determinante.

La Central è una Division insormontabile nei primi posti con Predators e Jets una spanna sopra le altre; il problema è che dopo di esse qualunque squadra (Wild su tutte) sembra avere un’organizzazione tattica superiore a Chicago. A fine stagione se di secondo fallimento consecutivo si tratterà bisognerà assolutamente rivedere le certezze degli ultimi anni e con uno spazio salariale limitato attuare un rebuilding sacrificando qualche stella.

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