Cercando la citazione dotta benché superficiale nell’appropriazione, limitata al titolo, per convenienza e certamente per divergenza oggettiva, porgendo le scuse anticipatamente a quel Dickens trending natalizio del proprio canto abusato, il wild card game tra Bills e Texans è stata una sorta di racconto delle due città. Convenienza stilistica, lontano da similitudini di genere, esplicitando il fatto che si, la partita è stata divertente soprattutto perchè tutt’altro che monotona, equilibrata, quasi a voler contentare tutti, missione impossibile, in un contesto che non prevede pareggio: per un ulteriore rimando, o vivi a Parigi oppure a Londra: indipendentemente dalle pene che andrai soffrendo, siano d’amore piuttosto che politiche, solamente da una parte troverai la realizzazione del tuo vivere.

Gioventù bruciata o rampante, novelle vague di questo albore del ventiventi anno bisesto evocativo ma deliberatamente interpretabile – riempia il cesto o sia funesto–  che porta in dote fantasmi sempre più concretamente contornati e albe rosse a voler anticipare chiusure d’ere: i protagonisti, nel concreto, certo Deshaun Watson ma sarebbe imperdonabile non concedere l’onore delle armi ad uno stupefacente Josh Allen. Di entrambe, nell’arco di sessanta minuti, luci e ombre in una partita a scacchi paragonabile al sali scendi di una rappresentazione teorica dell’innegabile principio dei vasi comunicanti: al salire corrisponde uno scendere, fatta salva una superficie equipotenziale mai raggiunta.

Due drive a riassumere brevemente quello che è stato, anticipando quello che sarà. Se non subito, quanto prima, antipasti leccorniosi di questa prossima decade che ci insegnerà ad amare l’altro che pareva impossibile: nessun tradimento, mostri sacri a rimanere tali nella memoria, giovani figli delle stelle ad illuminare un futuro che contestualizzando nello sportivo pare essere quanto di più fantastico si possa desiderare.

Kick Off, riceve Buffalo: la pressione del debutto a cercare il sopravvento, la freddezza del campione a tagliare nubi d’incertezza cercando la concentrazione, tentando il blitz vincente auspicando nell’effetto sorpresa che può logorare il nemico anche quando questo si trova in terreno favorevole, tra mura confortevoli.

Che han fatto a pezzi con l’esplosivo
Che se non serve per cose buone
Può diventare così cattivo che dopo
Quasi non resta niente

Minchia signor Tenente, Giorgio Faletti

Senza togliere sacralità lirica a quella poesia messa in musica, l’effetto dello scrambling di Allen – 42 yards rush più lunga della stagione per i Bills- è stato paragonabile all’effetto deflagrante di un’ordigno esploso improvvisamente. Ad annientare sicurezze e morale dei Texans, annichilendo tifosi, uccidendo un gameplan ad hoc predisposto. Da ripensare, velocemente, ricostruire per ripartire, fatto salvo l’atomica, meschino gesto di strapotere, violenza unilaterale gratuita e ingiustificabile, invero comunque a fare la storia: la trick play per il vantaggio di Buffalo è stato questo.

John Brown a lanciare – male- per un Allen lasciato colpevolmente libero, touchdown: gli effetti di quanto accaduto poco prima erano ben visibili nei movimenti di Whitney Mercilus a mancare un tackle – per i primi tre quarti i texani hanno giocato ad un estivo flag– disinteressandosi completamente della marcatura ad uomo in una zone defense che era ormai andata alle ortiche.

Via via, fino al tredici a zerofino all’arrivo dell’eroe. Come nella migliore tradizione cinematografica, quasi soap-operistica, l’uomo del destino, colui che può tranquillamente essere considerato Comeback Player of the Year through the Year – categoria a parte- a portare a segno un sack devastante, moralmente, a rianimare anime e cuori ormai spenti vaganti nel nulla.

JJ Watt, chi altrimenti, a legare – ce ne fosse ulteriore bisogno- il proprio nome a quello della città cui ha dato sinceramente molto più di quello che ha ricevuto.

A rendere l’idea della bellezza del momento, inciso personale.

Chiama una holding e vede una pass interference ancor prima di me, ma il football è un gioco truccato altrimenti come lo spieghi che dall’azione di JJ è cambiato tutto? Breve dichiarazione d’amore a mia moglie in queste righe: capisce la complessità del gioco ma rifiuta la magia di cui è composto.

Tra l’eccitazione e la paura, nel mezzo di una chiamata rivoluzionaria che tra poco sviscererò, l’approdo all’overtime e l’altro drive fondamentale della partita.

Dabo Swinney lo disse – partigianamente- al draft 2017: chi ha saltato Deshaun, ha saltato Michael Jordan. Parole ad iperbole per molti scettici ora attoniti osservatori della magia.

Snap fondamentale, blitz di Buffalo, escapologia di DW4 ad evitare elegantemente Matt Milano Siran Neal, per trovare Taiwan Jones veloce a guadagnare 34 yards. Il resto è un field goal di Fairbairn a suggellare The Comeback

Produzione e sceneggiatura del miglior quarterback Houston abbia mai avuto, regia precisa di Bill O’Brien, il più sottovalutato head coach dell’intera lega.

Punto di svolta, la chiamata rivoluzionaria.

Meno di due minuti al termine, vantaggio Houston 19-16, basta un down per uscire vittoriosi: vai tu a guadagnarlo, sembra facile ma non lo è. Quarto corto, scatta il genio, non è sarcasmo ma pura verità: sono le piccole variabili a cambiare il senso delle cose, la mentalità di una squadra, la predisposizione a passare di ruolo, scegliendo di essere cacciatore e non più preda, lanciando un segnale a chi verrà dopo. 

Bill O’Brien decide di andare per che in inglese suona meglio, go for it, e prova il guadagno. Niente da fare, turnover on downs, ma è rivoluzionario. I Texans dello scorso anno sarebbero stati più conservativi, dilettantistici forse, non pronti al grande salto. Quelli, non questi.

Sono convinto che anche nell’ultimo istante della nostra vita abbiamo la possibilità di cambiare il nostro destino.

Giacomo Leopardi

 

7 thoughts on “Houston Strong: Uomini del Destino

  1. Bravo Carlo Alberto,
    bel post.
    E giusta, come ho già avuto modo di dire altrove, la centratura sul “sacco che ha cambiato tutto”.
    Lo squillo di tromba del vecchio JJ ha “svegliato” gli altri texani che, da li in poi, hanno cambiato passo.
    Consentimi di aggiungere un altro elemento.
    Anche per il grande DeAndre (secondo me il miglior ricevitore della lega dopo Julio Jones e Larry Fitgerald) un attimo ha cambiato tutto. Un tempo senza catch. Sempre coperto. sempre battuto. Lui non fa il matto (come Diggs sulla sideline dei Vikings il giorno dopo). Insiste. Fino alla prima catch che però ritrasforma in un fumble che (senza JJ) poteva essere letale. E che Fa? Decide che da li in poi sarebbero state tutte sue. Che il suo contributo alla W non poteva mancare.
    E da li in poi sono state tutte sue.
    Forse (direbbe Leopardi) è possibile cambiare il tuo destino anche quando la vita sembra proprio finita.
    Almeno se ti chiami DeAndre Hopkins

  2. Bella partita ma ahimè persa, anche se la luce in fondo al tunnel finalmente si vede e Brady (era ora) è al tramonto anche se un grande ma impareggiabile nemico per noi della Bills mafia!
    Meno pippe e più football nei prossimi articoli dai….
    GO BILLS !!!!!

  3. Delusione immane: ci credevo prima della partita, figurarsi se non ci credevo sul 16-0. Però non penso che l’abbiamo buttata via noi, come hanno detto in molti, ma l’hanno vinta loro, grazie a tre fuoriclasse come Watt, Hopkins e Watson (in rigoroso ordine di grandezza). Non mi dispiacerebbe se facessero strada, anche se forse Kansas City mi sta un po’ più simpatica.

    P. s. Bel pezzo per una bella partita!!!

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