Solitamente vi proponevo questa lunga, infinitamente lunga, analisi immediatamente dopo la conclusione dell’ottava settimana di gioco: quest’anno, però, ho deciso di cambiare per due semplici motivi. Il primo è quello di dare l’opportunità ad ogni squadra di essere valutata su un campione di almeno otto partite, in quanto non devo sicuramente spiegarvi io l’abissale differenza fra un 4-3 ed un 5-3; il secondo, invece, a mio avviso è ancor più sensato: anche se alla fine non è successo praticamente nulla, proporre un riassunto del genere prima della trade deadline sarebbe sciocco, in quanto avete ben presente come sia cambiata la stagione dei Cowboys con l’arrivo di Amari Cooper, da me liquidato dodici mesi fa in poco più di una riga.
Perciò cari lettori, mettetevi comodi che la prossima mezz’ora ve la monopolizzo io.

AFC NORTH

Baltimore Ravens

Record: 6-2.
Motivi per sorridere: Il passing game è – piuttosto prevedibilmente – calato di colpi dopo l’impressionante esordio con i Miami Dolphins, ma chiunque nell’ambiente Ravens è consapevole che l’identità di questa squadra sia costruita attorno al gioco di corse e la fisicità da esso comportata: le 205 yards terrene guadagnate ogni maledetta domenica valgono loro un comodo e preventivabile primo posto nella categoria e come potete facilmente immaginare il discorso sta per spostarsi su un giocatore ben preciso.
Posso parlare di Lamar Jackson? Nonostante sia ancora ben lontano dal poter essere definito il nuovo Rodgers per quanto concerne l’abilità nel lanciare l’ovale con consistente precisione, Jackson sta sistematicamente distruggendo le difese avversarie grazie alle proprie gambe, mettendo i “compagni” di backfield nella miglior posizione possibile per aver successo: ammetto che prima degli ultimi due successi contro Seattle e New England ero piuttosto disilluso su Jackson ed i Ravens in generale, ma dopo averli visti vincere grazie principalmente all’impressionante atletismo del giovane quarterback sto iniziando seriamente a pensare che almeno per qualche anno – arriverà l’inevitabile calo fisiologico – la sua imprevedibilità possa condurre Baltimore alla vittoria contro qualsiasi avversaria.
Motivi per preoccuparsi: Le sconfitte contro Kansas e Cleveland hanno messo in evidenza una scarsa adattabilità schematica del reparto offensivo: l’intero gameplan dei Ravens gravita attorno al running game ed al tempo di possesso e quando sotto di un paio di possessi l’intera squadra sembra spaesata ed incapace di adattare il proprio gioco spostandosi con più convinzione verso la dimensione aerea.
Il ritorno di Jimmy Smith dà loro quella che a mio avviso è la miglior secondaria – almeno sulla carta – della lega, anche se serviranno sostanziali miglioramenti, poiché le quasi 265 yards di passaggio concesse ogni domenica devono necessariamente diminuire se vogliono seriamente imbastire una cavalcata playoff e, soprattutto, non farmi fare la figura del fesso per quanto affermato un paio di righe fa.
Tuttavia il problema più grave viene indubbiamente dal pass rush, dove le ingenti perdite della scorsa offseason si stanno decisamente facendo sentire: in sette partite Baltimore ha racimolato solamente quattordici sacks, numero lievemente superiore agli undici messi a segno in una sola partita contro Tennessee lo scorso anno. L’infortunio rimediato da McPhee – fuori per la stagione – priva Baltimore di quello che forse era il loro pass rusher più efficace e DeCosta in qualche modo dovrà tirare fuori l’ennesimo coniglio dal cilindro.
Voto: 9-. Assolutamente lontani dalla perfezione, ma per il momento controllano con larghissimo margine la division ed hanno dimostrato che il controverso quarterback può seriamente essere la soluzione per il lungo termine: prima della vittoria contro Seattle e soprattutto contro New England molto probabilmente non sarei nemmeno riuscito a dar loro un sette. Psicolabile o facilmente suggestionabile?

Cincinnati Bengals

Record: 0-8.
Motivi per sorridere: Dalton è stato relegato in panchina il giorno del suo trentaduesimo compleanno, A.J. Green deve ancora scendere in campo, la linea d’attacco rimane costantemente una delle peggiori della lega e la difesa è in grado di far apparire qualsiasi reparto offensivo come la reincarnazione dei Patriots del 2007.
Forse queste cose dovevo inserirle nel paragrafo successivo, ma cambia poco.
Motivi per preoccuparsi: Disfunzionali, incredibilmente inetti in ogni singola fase del gioco e per di più infortunati: il 2019 dei Bengals era partito con il piede sbagliato fin da subito in quanto a fine giugno la scelta al primo round Jonah Williams è stato prontamente inserito nella lista IR e, anche se apparentemente impossibile, le cose da lì in poi sono andate solo in peggio.
Joe Mixon, il leading rusher della AFC la scorsa stagione, ha finora raccolto la miseria di 320 yards – 3.2 a portata – trasformandosi in uno dei running back più inefficienti della lega – non per colpa sua, sia chiaro – risultando del tutto immune alla cura che avrebbe dovuto essere portata da coach Taylor: l’apparente erede di McVay è stato capace di raccogliere in media solamente 15.5 punti a partita, numero che rapportato ai 26.3 subiti ci spiega piuttosto esaurientemente il disastroso record e l’umiliante assenza di vittorie… anche perché pensare di vincere concedendo 435 yards all’attacco avversario è pura e semplice utopia. O follia.
Se ad inizio stagione non riuscivamo a comprendere l’essenza del 2019 dei Bengals, dopo otto partite tutto è infinitamente più chiaro: serve una ristrutturazione totale che potrebbe chiedere anche diversi anni per essere portata a termine ed al momento capire se le redini siano state affidate all’uomo giusto non sembra essere possibile.
Voto: 0. Seriamente, che voto potrei dare ad una squadra non in grado di vincere una misera partita? Se non altro i Dolphins hanno – più o meno chiaramente – annunciato i loro intenti di tanking.

Cleveland Browns

Record: 2-6.
Motivi per sorridere: A luglio Las Vegas – e milioni di scommettitori – impazzivano all’idea dei Browns campioni del mondo e, vuoi per mesi di hype o per la pura e semplice depth chart, era facile capire il perché di tali previsioni: un paio di mesi dopo Cleveland si trova con un record peggiore di quello dello scorso anno a questo punto della stagione e molto probabilmente ai playoff non ci prenderanno nemmeno parte.
Se non altro Myles Garrett sta continuando la sua scalata verso il titolo di miglior edge rusher della lega.
Motivi per preoccuparsi: Potrei tranquillamente usare la parola “tutto”, ma proviamo ad entrare nello specifico: dire che Baker Mayfield stia inquietantemente involvendo non è sicuramente materiale da Pulitzer, affermare che non sia più di tanto colpa sua invece… potrebbe esserlo. Il rapporto fra touchdown intercetti è putrido – 7/12- ma permettetemi di puntare il dito contro ricevitori che nonostante nomi e contratti da superstar stanno droppando un po’ troppo spesso il pallone e, forse peggio, stanno continuamente sporcando lanci che poi finiranno inevitabilmente intercettati; giocare dietro una linea d’attacco nella quale l’unico elemento vagamente competente è Joel Bitonio sicuramente non lo aiuta, in quanto nonostante il numero di sack subiti – 23 – non sia esorbitante il reparto non è mai stato consistentemente in grado di offrirgli una tasca pulita. Il vero problema dei Browns è sicuramente l’impressionante inefficienza in red zone, in quanto al momento sono riusciti a terminare in end zone solamente il 46.5% dei propri viaggi in questa zona del campo: domenica scorsa contro Denver, per esempio, sono stati in grado di raccogliere i sei punti solamente in un’occasione su cinque… in una partita persa di cinque! Puntare il dito contro il responsabile di tali tormenti non è facile, ma probabilmente questa è un’altra spia del fatto che Kitchens non è adatto a fare l’allenatore, o perlomeno non di questa squadra: solamente gli Oakland Raiders regalano più yards a partita tramite penalità e l’impressione è che al timone di questa barca non ci sia un uomo in grado di tenere la propria ciurma concentrata sull’unico obiettivo, quello di vincere.
Collezionano dozzine di penalità a partita, le proprie “stelle” sembrano più preoccupate dell’outfit con il quale si presentano in campo e l’ingiustamente vorace stampa sta sbranando un quarterback che fino a qualche mese fa veniva esaltato come sicuro talento da Hall of Fame: date a lui ed a tutta la sua squadra del tempo, per favore.
Voto: 3. Semplicemente la più grande delusione dell’anno.

Pittsburgh Steelers

Record: 4-4.
Motivi per sorridere: La trade di Minkah Fitzpatrick. [Pausa ad effetto.]
Dall’arrivo dell’ex scelta al primo round dei Miami Dolphins il reparto difensivo degli Steelers si è trasformato in uno dei più temibili, opportunisti ed arcigni della lega: uno potrebbe tranquillamente farmi presente che concedono decisamente troppe yards per meritarsi tali aggettivi, ma vi invito a prestare attenzione ad “opportunisti”, poiché solamente i New England Patriots hanno accumulato più takeaways delle 22 degli Steelers. I 29 sacks messi a segno in otto partite danno loro uno dei migliori pass rush della lega e guardando le loro rotazioni è facile comprendere i perché di tale affermazione; l’attacco, invece, nonostante soffra terribilmente la mancanza di Ben Roethlisberger – e di Antonio Brown – si sta comportando in maniera perlomeno decorosa, riuscendo talvolta a sfruttare i regali del reparto difensivo.
Il fatto che siano ancora nella mischia per un posto ai playoff ci dice tutto ciò che dobbiamo sapere sul livello medio della AFC, ma attenzione che affrontare una difesa del genere è un qualcosa non presente in nessuna lista dei desideri.
Il record, momentaneamente, è più che buono ed il calendario ancora meglio: dopo lo scontro con i Rams Pittsburgh incrocerà Cleveland, Cincinnati, nuovamente Cleveland, Arizona, Buffalo ed i Jets per poi finire contro dei Ravens che potenzialmente potrebbero non avere alcun motivo per giocare.
Possono vincerle tutte.
Motivi per preoccuparsi: Con Roethlisberger fuori dai giochi i reparti difensivi avversari hanno avuto l’opportunità di concentrarsi quasi esclusivamente su Conner ed i compagni di backfield e ciò, in questa prima metà di campionato, è risultato assolutamente evidente: Pittsburgh guadagna meno di 90 rushing yards a partita e solamente 3.8 a portata.
L’inefficienza del gioco di corse li costringe spesso e volentieri a giocare terzi down particolarmente complicati ed il poco esaltante 37% di conversioni ne è la logica conseguenza.
A dirla tutta, però, immaginarli sul 4-4 immediatamente dopo l’infortunio di Roethlisberger era pressoché impossibile, eppure Pittsburgh è sopravvissuta ad un calendario non particolarmente facile rispolverando il proprio “orgoglio difensivo”: se consideriamo contemporaneamente tutti questi fattori di motivi per preoccuparsi non ce ne sono molti.
Voto: 7+. Sorpreso dalla resilienza di questa squadra, sono altrettanto sorpreso dinanzi alla concreta possibilità di vederli ancora impegnati a gennaio: come già detto circa quattordici volte, ciò dopo l’infortunio di Roethlisberger non era neanche lontanamente concepibile.

AFC EAST

Buffalo Bills

Record: 6-2.
Motivi per sorridere: Ripetete insieme a me: i Buffalo Bills al momento, insieme a Baltimore, posseggono il secondo miglior record della AFC. Il motivo per sorridere, in questo caso, è sicuramente il record, poiché per quanto Buffalo stia mostrando continui miglioramenti è difficile vederli come una squadra migliore rispetto a Houston, Kansas City o anche Indianapolis: sfruttando pressoché alla perfezione un calendario piuttosto soft, Buffalo ha accumulato un quantitativo di vittorie tale che se da oggi in avanti battessero solamente le squadre con un record di vittorie inferiore al 50% concluderebbero la stagione su un 10-6 che in questa AFC quasi certamente significherebbe playoff.
Difficoltà del calendario a parte, come ha fatto Buffalo a racimolare già sei vittorie? Principalmente grazie ad una difesa che concede solamente 184 passing yards a partita – rating medio di 74.8 – limitando gli avversari ad un ridicolo 35.1% di successo su terzo down: ciò permette al reparto offensivo di imporre un gioco ground and pound in grado di sfiancare gli avversari e tenere riposata – e quindi brillante – la sopracitata difesa.
La progressione di Josh Allen lascia presagire buone cose, anche se al momento appare ancora ben lontano dal poter essere definito franchise quarterback, anche se ora come ora un game manager in grado di lanciare una o due bombe a partita è decisamente congeniale al football che vogliono giocare.
Motivi per preoccuparsi: Come facilmente prevedibile, l’attacco: per quanto brillante possa risultare la difesa, è lecito vedere il reparto offensivo come ovvio anello debole della squadra, soprattutto quando si parla di gioco aereo. Era chiaro fin da subito che Josh Allen avrebbe necessitato di tempo prima di poter esprimere pienamente il suo potenziale, però non saprei dirvi se la sua progressione si trovi al punto atteso dal front office dopo un anno e mezzo: il braccio è un cannone con pochi eguali nella storia ma la consapevolezza e presenza nella tasca troppo spesso sembrano ancora essere quelle di un rookie.
Al netto di ciò, non sorprendono le difficoltà nel sostenere un drive fruttuoso – 36.4 – e soprattutto nel mettere a segno punti: con 19.8 punti a partita probabilmente si avrà la meglio su Redskins, Jets e Dolphins ma contro le squadre da playoff che stanno disperatamente tentando di emulare ciò non basta.
Voto: 8. Non è colpa loro se il calendario era piuttosto semplice: il miglioramento c’è e si vede però servirà qualcosa in più per battere consistentemente squadre con record positivo.

Miami Dolphins

Record: 1-7.
Motivi per sorridere: Hanno vinto una partita e pertanto non si aggiungeranno alla ridotta lista delle squadre che hanno concluso la stagione sullo 0-16.
Motivi per preoccuparsi: Hanno perso sette partite in modi spesso umilianti ed hanno circa bisogno di 53 giocatori competenti prima di poter schierare un roster anche solo lontanamente competitivo.
Purtroppo per loro i Jets li incrociano solo due volte all’anno.
Voto: SV. Miami non è chiaramente interessata a questa stagione, pertanto mettersi qua a sviscerare numeri e statistiche non avrebbe alcun senso, così come valutar il loro operato: gli effetti di questa barbarie chiamata tanking.

New England Patriots

Record: 8-1.
Motivi per sorridere: Siccome elogiare la grandezza di Tom Brady oltre che facile è diventato oltremodo banale, per nostra fortuna è salito in cattedra un reparto difensivo che in questi ultimi mesi è diventato il feticcio di ogni appassionato di fantasy football: certo, la sconfitta contro i Ravens ha calmato un po’ le voci che troppo frettolosamente li avevano comparati ai Bears dell’85, però è assolutamente fuori questione affermare che la versione 2019 dei New England Patriots sia quella di una squadra costruita attorno alla difesa.
Non che Tom Brady e soci si stiano comportando male, semplicemente non sono più uno dei tre reparti offensivi più brillanti della lega: i problemi offensivi dei Patriots non riguardano direttamente Brady, poiché se il ground game non riesce a sbloccarsi come verso il finale della scorsa stagione New England non ha più la potenza di fuoco necessaria per annichilire gli avversari solamente attraverso vie aeree.
Di ciò, comunque, ne parleremo a breve nel paragrafo sotto.
Non lasciatevi ingannare dalla sconfitta contro i Ravens, nessuna squadra è più abile nell’utilizzare i dubbi di noi mortali come motivazione per mettere insieme l’ennesima cavalcata Super Bowl: vi ricordate come l’anno scorso stessimo celebrando beatamente la loro morte dopo il 34 a 10 patito contro i Titans?
Un paio di mesi dopo hanno vinto il Lombardi.
Motivi per preoccuparsi: Come abbondantemente accennato poco fa, il rushing game dei Patriots quest’anno è assolutamente disastroso: oltre che a totalizzare la miseria di 92.9 yards a partita, i running back guadagnano 3.3 yards a portata, media assolutamente insufficiente per tenere sulle spine le difese avversarie. Tale deficienza sta permettendo ai reparti difensivi avversari di concentrarsi quasi esclusivamente sulla dimensione aerea dell’attacco e ciò ha palesato quanto si senta la mancanza del numero 87: senza Gronkowski il passing game dei Patriots è decisamente più prevedibile e spesso e volentieri incentrato quasi esclusivamente su Julian Edelman e James White.
Non devono quindi stupire le difficoltà su terzo down – meno del 40% di successi – e più in generale in attacco, anche se i trenta punti segnati di media sembrerebbero suggerire dell’altro: buona parte del merito va attribuita ovviamente ad una difesa in grado spesso e volentieri di trovare i sei punti.
Voto: 9. Non facciamoci prendere da inutili patetismi reagendo eccessivamente male alla sonora sconfitta rimediata contro i Ravens di Lamar Jackson: New England è comunque in pole position per assicurarsi pure quest’anno il bye week ai playoff e, soprattutto, il fattore campo.

New York Jets

Record: 1-7.
Motivi per sorridere: La preseason?
Motivi per preoccuparsi: Parzialmente sfortunati, in quanto Darnold costretto a casa con la mononucleosi per circa un mese è qualcosa di probabilmente mai sentito, totalmente incompetenti in quanto il quarterback è tornato da un mese e tolta l’esaltante vittoria – fuoco di paglia dell’anno – contro i Cowboys quanto accaduto durante le altre partite è da film dell’orrore: con o senza Darnold l’attacco non gira, l’affare dell’offseason Bell non sta sortendo alcun tipo di effetto ed i nuovi volti della difesa o stanno deludendo o si trovano in infermeria.
Oltre che a mesi di pessimo football culminati nell’umiliante sconfitta contro gli allora vergini di vittorie Miami Dolphins, ci stanno pure deliziando con dell’inutile drama ai limiti dello scabroso: una settimana fa, in coincidenza della trade deadline, pensate un po’ che si parlava di scambiare Bell, il leader della difesa Jamal Adams ed addirittura il rookie Quinnen Williams, anche se ammetto di avere qualche dubbio circa la veridicità dell’ultima voce.
Nulla va per il verso giusto tanto in campo quanto nello spogliatoio e quella che secondo molti avrebbe avuto tutti gli ingredienti per essere la stagione del riscatto si è trasformata nell’ennesima pagliacciata che porterà al licenziamento di allenatori, general manager e, perché no, a cercare un nuovo quarterback.
A dirla tutta si era inteso fin dal licenziamento – due settimana dopo il draft – di Maccagnan che in un mondo costantemente in evoluzione i Jets non cambiano mai, ma che andassero così male, considerando il talento coinvolto, no.
Voto: 0. Il prossimo.

AFC WEST

Denver Broncos

Record: 3-6.
Motivi per sorridere: Non facciamoci ingannare dalla vittoria contro i putridi Browns, il 2019 dei Denver Broncos non sta andando come il buon Elway si aspettava: un 3-6 ci lascia abbondantemente presagire che di cose andate per il verso giusto ce ne siano ben poche, pertanto scusatemi per la velocità.
L’unico reparto che sta rendendo al momento è la secondaria, in grado di limitare i quarterback avversari ad un modesto 83.3 di rating.
Motivi per preoccuparsi: L’unica cosa più prominente della mascella di John Elway è l’ego di John Elway: nonostante miriadi di sirene d’allarme urlino incessantemente da anni “rebuild”, il buon John è perennemente convinto che la propria squadra sia ad un nonnulla – leggasi quarterback – di distanza dal portarsi a casa il Lombardi.
Purtroppo per loro l’attacco è fra i reparti più disastrosi in assoluto, attacco o difesa che sia, principalmente per “merito” di una linea nella quale il miglior giocatore – secondo le valutazioni PFF – è quel disastro ambulante chiamato Garett Bolles: l’esperimento Flacco è miseramente fallito e mi sento di dire che le colpe imputabili all’ex Ravens siano poche, in quanto un play-calling estremamente conservativo – e giustamente criticato da Flacco dopo l’imbarazzante sconfitta contro i Colts – incentrato sul provare a muovere le catene via terra difficilmente può funzionare con una linea d’attacco del genere.
Le enormi difficoltà del pass rush si sono risolte con un po’ di tempo e pazienza, ma non nascondiamoci dietro un dito, è inutile limitare gli avversari ad un 34.2% di successo su terzo down o a 18.9 punti a partita se il proprio attacco è poi in grado di segnarne solo 16.6 con un raccapricciante 28.6% di terzi down convertiti: chiunque, dall’alto delle nostre competenze rasenti lo zero, aveva ampiamente previsto tutta questa inettitudine in offseason ed evidentemente, come già detto, l’unico a cui ciò non appariva chiaro era proprio John Elway.
Vediamo se prima o poi la presidenza avrà il coraggio di mettere in discussione la posizione di quella che a tutti gli effetti sembra essere una divinità in grado di sopravvivere ad ogni cataclisma causato da lui e dal suo smisurato ego.
Voto: 4. La difesa girerebbe anche, ma con un attacco del genere si possono vincere cinque o al massimo sei partita all’anno.

Kansas City Chiefs

Record: 6-3.
Motivi per sorridere: Patrick Mahomes, pure quest’anno, è semplicemente troppo per qualsiasi difesa: prima dell’infortunio infatti il pistolero dei Chiefs si stava esprimendo sugli stessi livelli dello scorso anno facendo girare magnificamente l’attacco a mio avviso più esplosivo della lega. Con Matt Moore, comunque, non ci sono stati cali di produzione apocalittici, quindi è lecito affermare che i Chiefs siano ben più che il singolo Mahomes: nelle ultime giornate, in particolar modo, la difesa ha iniziato a giocare sensibilmente meglio ed a cacciare fuori dal campo l’attacco avversario nei momenti di bisogno.
Potrei mettermi qua a sciorinare statistiche di matrice offensiva e probabilmente dovreste fermarmi voi fra qualche ora: con Andy Reid al timone questa non è sicuramente una novità, in quanto nonostante la mancanza di un Lombardi nella bacheca il buon Reid ha costantemente fatto esprimere alle proprie squadre uno dei migliori football in assoluto.
Andranno ai playoff, vinceranno la division e probabilmente con il ritorno di Mahomes torneranno ad essere una delle squadre più divertenti da vedere, ma calma, la regular season qua non è mai stata un problema.
Motivi per preoccuparsi: Due parole, infiniti dolori: running game.
In entrambe le fasi del gioco Kansas City ha palesato enormi difficoltà nel contrastare e soprattutto tenere in vita il running game: solamente tre squadre, infatti, concedono più rushing yards delle loro 140 ad uscita e, forse aspetto più preoccupante, nonostante l’esplosività di un attacco contro il quale affollare il box non ha alcun senso, riescono solamente a guadagnarne 90, lasciandoci facilmente constatare quanto soffrano la mancanza di un vero work horse come Hunt.
Nonostante alcune giocate assolutamente brillanti ed esaltanti, il backfield Williams-McCoy-Williams non sembra mai essere in grado di giocare consistentemente bene e non deve sorprendere la riportata aggressività nel provare ad assicurarsi Le’Veon Bell, il work horse per eccellenza della nostra generazione.
Che la secondaria potesse avere difficoltà nel contenere il gioco aereo avversario era preventivato, ma che il front seven fosse così in difficoltà deve per forza di cose lasciarci sorpresi: se non trovano un modo per contenere il running game potrebbe ripetersi quanto successo lo scorso AFC Championship Game contro i Patriots.
Voto: 8,5. Con Mahomes filavano esattamente – circa – come lo scorso anno; sono riusciti ad avere la meglio su degli ottimi Vikings grazie a Matt Moore mostrando un tangibile miglioramento in difesa: il record non è il migliore in assoluto ma considerando l’impressionante serie di sfortune degli ultimi due mesi un 6-3 a questo punto è oro colato.

Los Angeles Chargers

Record: 4-5.
Motivi per sorridere: Le ultime due vittorie contro Bears e Packers hanno ridato improvvisamente morale ad una squadra di poveretti condannata a giocare sedici partite in trasferta e che oltre a ciò sembra essere perseguitata da una malasorte che continua a palesarsi infortunio dopo infortunio: ciò non basta comunque a giustificare un 4-5 da parte di una compagine che da molti analisti – me compreso – era vista come seria contendente per il Lombardi.
[Hanno ancora tempo per dare una svolta alla loro stagione.]
Motivi per preoccuparsi: In un modo o nell’altro troveranno sempre e comunque una maniera di perdere una partita più agghiacciante di quella della settimana prima: i Chargers signori, i Chargers.
Nonostante un attacco sulla carta incontenibile, L.A. sta riuscendo a mettere a tabellone solamente 20.3 punti a partita, meno degli Arizona Cardinals: il ritorno di Melvin Gordon, in particolar modo, sembra aver inceppato i meccanismi di un attacco che senza di lui si esprimeva a livelli ben più alti sfruttando magistralmente la duttilità e versatilità di Austin Ekeler, anche se dopo quanto visto domenica contro Green Bay si è riaccesa la speranza.
Com’è possibile che una squadra in grado di convertire il 46% dei terzi down metta a segno così pochi punti? Molto semplicemente a causa di preoccupanti problemi in red zone: nella parte più importante del campo, infatti, Los Angeles sta riuscendo a trovare i sei punti solamente nel 47% delle occasioni, numero assolutamente insufficiente per una squadra in grado di scialacquare anche il più ingente dei vantaggi. Dopo un paio di stagioni passate a flirtare con l’MVP, Rivers ha mostrato preoccupanti segnali d’involuzione secondo me dovuti all’addio di Tyrell Williams, giocatore in grado di tenere distesa e generosa la difesa avversaria grazie alla propria velocità: i dodici touchdown lanciati a fronte di sette intercetti potrebbero essere considerati buoni numeri per un attacco scarno guidato da un rookie, non da un veterano come lui con a disposizione giocatori come Keenan Allen, Mike Williams, Hunter Henry ed il sopracitato Ekeler.
La difesa, salvo qualche rara eccezione, non sta giocando sicuramente particolarmente bene ed il differenziale di -3 fra turnovers e giveaways ci dice tutto quello che dobbiamo sapere su una squadra che troppo spesso si beffa da sola senza riuscire ad indurre all’errore gli avversari.
In questa AFC un 4-5 a metà stagione non è sicuramente una condanna a morte, però nella seconda metà di stagione servirà di più, molto di più per raggiungere i playoff.
Voto: 4,5. Finora delusione senza se e senza ma: posseggono il talento necessario per ribaltare completamente la situazione.

Oakland Raiders

Record: 4-4.
Motivi per sorridere: Lo scorso anno mi ero rifiutato di commentare quanto combinato dai Raiders – analogamente a quanto fatto ora con i Dolphins – in quanto chiaramente disinteressati alla stagione 2018: un anno dopo possiamo dire che tale strategia molto probabilmente si sia rivelata essere quella giusta, in quanto la metamorfosi effettuata in questi dodici mesi dai Raiders è assolutamente sensazionale.
Nonostante la querelle Brown, l’attacco guidato da Derek Carr molto spesso fila che è una meraviglia: trainati dal prodigioso rookie Jacobs – già 740 yards e 6 rushing touchdown – riescono a sostenere senza troppi problemi drive lunghi grazie ad un pazzesco 49.5% di successo su terzo down e, aspetto a mio avviso più importante, ad evitare di commettere eccessivi errori come testimoniatoci dagli 8 turnover commessi. Con un running game affidabile alle sue spalle Carr sta vivendo probabilmente la seconda miglior stagione della propria carriera grazie ad un’efficienza solo parzialmente espressa dal pazzesco 105.2 di passer rating: la sua percentuale di completi, 71.2%, ci racconta tutto ciò che dobbiamo sapere di un attacco estremamente solido, fluido ed in grado di muovere le catene senza particolari patemi d’animo.
Il progetto di Gruden è ancora nello stato embrionale, ma solamente dopo un anno si stanno iniziando a vedere miglioramenti sensibili e tangibili: l’anno scorso lo avevo aspramente criticato per la gestione del caso Mack, quest’anno mi scuso per aver messo in dubbio il suo progetto.
Cosa volete che ne sappiamo noi cronisti della domenica?
Motivi per preoccuparsi: Sarò sintetico in quanto un 4-4 per questi Raiders è un record, soprattutto nella modalità in cui è arrivato, assolutamente fantastico: il problema di questa squadra è facilmente rintracciabile ed è senza ombra di dubbio la secondaria. Questo reparto sta infatti concedendo circa 300 passing yards ad allacciata e, soprattutto, ha concesso ventidue passing TD intercettando solamente quattro palloni: contro i Raiders, insomma, muovere le catene non è particolarmente complesso ed il 46.9% di successo sui terzi down degli avversari ne è logica conseguenza.
Detto ciò, abbiamo validi motivi per credere che Gruden già dal prossimo anno riesca a migliorare sostanzialmente la situazione.
Voto: 7,5. Vi ricordate com’erano lo scorso anno? Quest’anno rischiano seriamente di ruzzolare ai playoff: wow.

AFC SOUTH

Houston Texans

Record: 6-3.
Motivi per sorridere: Deshaun Watson, Deshaun Watson ed ancora una volta Deshaun Watson.
Houston non è assolutamente nell’élite della NFL – principalmente a causa di un allenatore travestitosi da general manager con risultati disastrosi – ma grazie al proprio prodigioso quarterback ha il lusso di approcciarsi ad ogni singola partita con una concreta speranza di portare a casa la doppiavù, indipendentemente dall’avversario: l’immensa pericolosità del quarterback sta permettendo ad un gioco di corse capitanato dagli assolutamente non impressionanti Hyde e Johnson di guadagnare 143 yards a partita, trovando così un posto nella top five di tale graduatoria. L’infinita brillantezza del numero quattro sta permettendo loro di convertire circa il 47% dei terzi down giocati e di mettere a referto 26.4 punti ad uscita, mica male considerando la poca creatività dalla panchina.
In questo terzo anno Watson si è confermato uno dei migliori cinque quarterback della NFL e l’impressione netta è che ogni singola domenica il suo gioco si elevi, rendendolo sempre più saggio, calmo ed inevitabilmente pericoloso: se chi di dovere sarà in grado di costruirgli attorno una squadra perlomeno competente, quando la sua carriera sarà storia del passato facilmente parleremo di lui come individuo con molteplici Super Bowl MVP a suo nome.
Motivi per preoccuparsi: La difesa, per anni faro della squadra, vuoi per infortuni o per trade più che incompetenti – ehm ehm, Clowney – non sta riuscendo a replicare la bontà delle giocate di qualche stagione fa: muovere le catene contro Houston non è più particolarmente complicato – quasi 45% i terzi down convertiti dagli avversari – ed i problemi di una secondaria già strutturalmente debole sono stati esacerbati da un’impressionante serie di infortuni.
La secondaria, per l’appunto, è il vero tallone d’Achille di questa compagine: concedono più di 275 yards a partita e faticano tremendamente a mettere le mani sull’ovale, in quanto sono stati in grado di intercettare solamente cinque palloni che a fronte dei diciotto touchdown aerei concessi sono veramente poca roba.
Voto: 8. Qualche brutto scivolone qua e là – soprattutto quello con i Colts – è costato loro la possibilità di abbozzare una fuga per il titolo divisionale: hanno tutte le carte in regola per concludere con 11-12 vittorie… e per tutte le carte in regola intendo un quarterback infinitamente talentuoso.

Indianapolis Colts

Record: 5-3.
Motivi per sorridere: Avessi redatto questo articolo la scorsa settimana, prima dell’infortunio di Brissett e della sconfitta contro Pittsburgh, molto probabilmente avrei dato loro uno dei voti più alti in assoluto: la forza di questa squadra è la coesione e l’efficienza, in quanto spulciando le varie graduatorie delle quali mi sto servendo per mettere insieme queste cinque-seimila parola mi sono immediatamente reso conto che non hanno un vero e proprio punto debole in quanto sono in grado di risultare efficienti circa in ogni aspetto del gioco.
Il reparto più fenomenale, a mio avviso, è la linea d’attacco poiché oltre che a proteggere più che egregiamente Brissett sta riuscendo ad aprire consistentemente corsie d’autostrada al buonissimo Marlon Mack, uno dei giocatori più sottovalutati della lega; a proposito di Brissett, che dire di un quarterback che nonostante le ripetute assenze del proprio go-to-guy ed un posto da titolare guadagnato suo malgrado ad una decina scarsa di giorni dall’inizio della stagione sta riuscendo ad evitare ogni genere di errore? Il rapporto touchdown-intercetti 14/3 è assolutamente sensazionale e se non lo avete ancora capito, Brissett in questa lega può tranquillamente essere titolare.
Motivi per preoccuparsi: Ammetto che il soprannome Cardiac Colts sia assolutamente bello e piacevole all’udito, ma di grazia, vincere una partita senza costringere i tifosi a sopravvivere ad un travagliato ottovolante di emozioni condensato negli ultimi tre minuti di gioco a volte non sarebbe una cattiva idea.
Per comprendere le origini del nome Cardiac Colts, ci basta guardare i punti fatti ed i punti subiti: l’attacco è in grado di mettere a tabellone, in media, 22.8 punti a partita mentre la difesa ne imbarca 22.1. Il differenziale di +0.7 ci dice tutto ciò che dobbiamo sapere su una squadra spesso incapace di prendere il controllo della partita e chiuderla quando deve essere chiusa: le grandi squadre, Patriots docet, hanno costruito le proprie fortune sul controllo del flow della partita ed Indianapolis sembra ancora incapace di mettere insieme consistentemente una serie di giocate positive nel momento in cui avrebbero l’opportunità di scrivere definitivamente la parola fine.
L’infortunio patito da Brissett potrebbe costringerli a fare a meno del proprio – nuovo – leader per qualche giornata, anche se credo siano in grado di sopravvivere alla sua assenza contro squadre come Miami e Jacksonville.
Voto: 8. Sinceramente, chi si aspettava che riuscissero ad essere così competitivi dopo l’improvviso ritiro di Luck? Con Reich al timone Indy sarà sempre – credo- competitiva, indipendentemente dall’individuo under center.

Jacksonville Jaguars

Record: 4-5.
Motivi per sorridere: In quanto fiero portatore di baffo, ho immediatamente preso in simpatia Gardner Minshew e la sua eccentrica personalità, ma non facciamo gli ingenui: da questi Jaguars, prima dell’infortunio di Foles, ci si aspettava ben di più.
I due aspetti che più hanno convinto del loro gioco sono pass rush e running game, in quanto il primo è tornato a produrre ai livelli dei tempi di Sacksonville, mentre il secondo, guidato da un Fournette ben più simile a quello visto durante l’anno da rookie, ha ripreso il suo ruolo di motore in questa squadra.
Un 4-5, considerato quanto successo dentro e fuori dal campo, li tiene sicuramente vivi per i playoff, anche se dopo la batosta rimediata contro Houston è lecito porsi qualche domanda sullo stato di salute dei Jags.
Motivi per preoccuparsi: Come già accennato prima, la simpatia che ho nei confronti di Minshew non è facilmente descrivibile: il discorso si fa ben diverso se si parla di quanto fatto vedere in campo. Le apparentemente ottime statistiche sono state inflazionate da un paio di incontri piuttosto facili: le quattro vittorie dei Jags – coincise guarda caso con le migliori prestazioni individuali di Minshew – sono arrivate contro Titans, Broncos, Bengals e Jets, quattro squadre che cumulativamente sono state in grado di vincere otto partite!
Per una squadra con ambizioni da playoff, una sconfitta come quella rimediata domenica contro i Texans deve aprire gli occhi: contro competizione ben più “vera”, infatti, Jacksonville si è dimostrata totalmente incapace di muovere le catene in attacco e quindi, in definitiva, il ritorno di Foles under center dopo il bye week lo approvo e capisco.
L’ottimo lavoro svolto da Fournette o – a volte – dal reparto offensivo, è troppo spesso vanificato dalla totale incapacità di trovare i sei punti in red zone: solamente i penosi Cincinnati Bengals sono riusciti a convertire in touchdown una percentuale minore di viaggi in red zone rispetto al putrido 34.48% di Jacksonville.
Voto: 6. Sono ancora vivi e, soprattutto, sono stati in grado di sopravvivere all’infortunio di Foles ed al caos culminato nella trade di Jalen Ramsey, il loro miglior giocatore: bisognerà vedere se Foles pure in questo caso dimostrerà di avere poteri magici.

Tennessee Titans

Record: 4-5.
Motivi per sorridere: Il 4-5 li tiene ancora in corsa per una wild card, ma non facciamo finta di niente: il 2019 si preannunciava come l’anno della verità per Marcus Mariota e, sciaguratamente, ciò che è emerso è deprimente.
Tennessee al 99% dovrà ricominciare da capo e cercare un nuovo potenziale franchise quarterback.
Che importanza hanno le statistiche di fronte ad un piano quinquennale fallito così miseramente?
Motivi per preoccuparsi: Una difesa così brillante meriterebbe sicuramente di meglio: Derrick Henry a parte, l’attacco dei Tennessee Titans pure quest’anno si è confermato essere uno dei più putridi e meno esaltanti dell’intera NFL ed i 18.7 punti generati in media sembrano confermarci ciò.
Le enormi difficoltà offensive vengono palesate dall’orribile 33% di terzi down convertiti, e le incoraggianti vittorie rimediate contro Los Angeles e Tampa Bay sembrano essere dovute più alla natura autolesionista delle squadre in questione che ai miracolosi effetti sortiti dalla cura Tannehill: il semplice fatto che a gestire l’attacco ci sia l’ex Dolphins ci dice tutto ciò che dobbiamo sapere sulla stagione di una squadra reduce da almeno due o tre anni “della verità” fallimentari.
Questa volta, però, Tennessee sembra essere definitivamente sul punto di non ritorno e salvo una miracolosa seconda parte di stagione nella quale l’eroico Tannehill riuscirà a trascinarli ai playoff, probabilmente il front office sarà costretto ancora una volta a premere il bottone “reset” e ripartire da capo: come ci si può preoccupare di X e O davanti ad un fallimento del genere da parte di un quarterback che solamente al suo secondo anno era stato in grado di farci brillare gli occhi?
Voto: 4. Nessuno pretendeva una stagione da 12-4 o 13-3, ma perlomeno da record positivo costante in modo da rimanere sempre in lizza per i playoff: con Mariota relegato in panchina e domeniche nelle quali sono pressoché inguardabili, Tennessee si sta rivelando essere pure quest’anno una delle squadre più brutte della NFL.

 

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.