Cari lettori, avete mai visto qualcosa del genere?
Dispute contrattuali intervallate da post passivo-aggressivi sui sempre più utilizzati social sono oramai all’ordine del giorno, ma una serie di comportamenti e azioni come quelle che hanno avuto come protagonista Antonio Brown rappresentano una novità per chiunque: per la prima volta da un paio di settimane, o perlomeno un paio di giorni, è da circa una decina di ore che non si hanno nuove e clamorose notizie su Antonio Brown.
Dieci ore signori, wow.
Arrivare a provare sincera antipatia per un giocatore talentuoso come l’ex ricevitore degli Steelers – e dei Raiders? – non credevo fosse possibile, in quanto parliamoci chiaramente, Brown negli ultimi anni è stato costantemente uno dei giocatori più elettrizzanti, divertenti e pericolosi dell’intero panorama NFL: da reietto selezionato al settimo round a perenne First Team All-Pro, la classica storia americana che ci fa apprezzare la disciplina e la persona dietro il giocatore, poiché provare affetto per un individuo costruitosi da solo grazie ad etica del lavoro e puro e semplice talento è umanamente facile e ci fa sentire veramente bene con noi stessi, ricordandoci come l’impegno maniacale sia ancora in grado di portare chiunque sulla Luna.
Negli ultimi mesi, però, provare affetto – o più semplicemente, non provare antipatia – per AB è diventato pressoché impossibile: andiamo con ordine.

Dopo aver messo la parola fine nel modo più brutto – e rancoroso – possibile alla propria storia d’amore con gli Steelers, eccolo approdare ai nuovi Raiders marchiati Gruden: vedere un giocatore del suo talento scambiato per un paio di scelte nei turni “anonimi” del draft ci aveva portato ad interrogarci sulle abilità del front office di Pittsburgh e, soprattutto, a lodare i Raiders per la folle infusione di talento apportata ad un roster carente ad un prezzo assolutamente irrisorio. Sulla carta, gli indiscussi vincitori della trade erano senza ombra di dubbio proprio loro, anche se doveva esserci sotto un qualcosa di sufficientemente grave e tossico da costringere gli Steelers a liberarsene il prima possibile: sì, un anno costellato di comportamenti sopra le righe culminato in un orribile litigio con Roethlisberger doveva far sorgere delle domande, ma quante volte nella storia NFL tutto ciò che serviva ad un giocatore per rilanciare la propria carriera – ed immagine – era un semplice cambio di scenario?
Oakland, dunque. Sorrisi, video su Instagram con Derek Carr, innumerevoli tweet al vetriolo contro Roethlisberger, Tomlin e l’universalmente amato Smith-Schuster, tutto nella norma, o almeno, tutto nella perversa norma di Brown.

https://www.instagram.com/p/BynZ-szhxQv/

Passano i mesi, arriva il training camp ed inevitabili arrivano pure i primi problemi: l’infortunio al piede rimediato durante la crioterapia, la ridicola disputa per il casco con annesse minacce di ritiro, la tirata d’orecchie da parte di un Mayock non ancora pronto a tutto ciò, in quanto stiamo parlando di un general manager alla prima esperienza ufficiale, un uomo che per anni ha valutato talento ma che per la natura del suo lavoro non si è mai interfacciato alla persona dietro il talento.
Time to be all-in or all-out: meglio volare bassi per un po’, no? Messosi il cuore in pace per l’amato casco, teoricamente era arrivata l’ora di lasciare la parola al campo, per quanto questo possa parlare durante il training camp.
Nulla di tutto ciò.

Allenamenti saltati, multe che si accumulano, tensione che sale: attenzione Antonio, il punto d’ebollizione non è poi così distante, e vorrei ricordarti che con questa squadra devi ancora giocare un singolo snap.
Ed eccoci arrivare allo scorso mercoledì: Brown posta su Instagram una foto della multa ricevuta per non aver preso parte agli allenamenti. Era proprio necessario ricorrere ad Instagram, Antonio? Nella sempre più confusa testa del giocatore, la risposta è ovviamente affermativa: nella testa del front office di Oakland, però, la sensazione di essersi presi in seno un vero e proprio cancro per lo spogliatoio si stava facendo sempre più concreta.
Confrontato il proprio dipendente per lo stupido post sul social network, ecco arrivare il patatrac: la discussione con l’ex analista di NFL Network si fa animata, non si arriva alle mani per fortuna, ma stando a quanto detto dai report a Brown questa eventualità non sarebbe assolutamente dispiaciuta. Bene, il pezzo più pregiato della scoppiettante offseason quasi sicuramente non esordirà contro i Broncos, la sospensione è inevitabile e sacrosanta… forse: dopo un “commovente” discorso di scuse ed un video postato su YouTube nel quale ci viene presentata la chiamata chiarificatrice avuta con coach Gruden, Brown non è più sospeso, anzi, lunedì notte giocherà contro Denver.
Fine della storia? Certo che no, non mi sarei sforzato così tanto nel tentativo di costruire un climax: come un fulmine a ciel sereno arriva l’ennesimo post su Instagram, nel quale questa volta Mr. Big Chest chiede “cortesemente” alla squadra per la quale deve ancora mettere a segno una singola ricezione di lasciarlo andare, a quanto pare perché a causa dell’ennesima multa il front office non gli dovrà più circa 29 milioni di dollari garantiti.
Una veloce e decisamente troppo social escalation ci ha catapultati al proverbiale punto di non ritorno: chi, però, a fronte di tutto ciò avrà voglia di mettere a repentaglio la stabilità del proprio spogliatoio per assicurarsi il cattivone dell’estate NFL?
Ovviamente i cattivoni del ventunesimo secolo NFL, i New England Patriots.

Esplorare le teorie del complotto è un esercizio sempre molto soddisfacente, un modo per rendere più interessante qualche birra con gli amici ma non per costruirci attorno un articolo: cari lettori, mi rifiuto di pensare che tutta questa apparente follia avesse come fine ultimo quello di essere mollato da Oakland per accasarsi fra le rigide e vincenti mura di Foxborough, forse dopo una discreta quantità di birre potrei ritenermi interessato a tale narrativa, ma in queste righe non troverete sicuramente supporto a tale teoria.
Compromettere ciò che rimane di una reputazione pressoché distrutta per aggiungersi all’harem di Tom Brady mi sembra troppo sciocco anche per uno che si è tinto di giallo i baffi, non scherziamo.
Brown ai Patriots dunque: funzionerà? Difficile dirlo con certezza, o perlomeno affermarlo avendo ancora negli occhi un condensato di melodramma e trash che farebbe invidia allo sceneggiato medio italiano, ma una cosa posso dirla con certezza: se c’è una squadra nella quale Brown può tornare ad essere semplicemente l’eccentrico ricevitore più incontenibile della NFL senza l’aggiunta di inutili mal di testa, è proprio questa. Quante volte i Patriots sono riusciti a riparare ciò che il resto della lega aveva definito rotto? Innumerevoli, sempre grazie a quella Patriots’ way in grado di spingere anche il più tossico degli individui a diventare un buon compagno di squadra mosso solamente da una singola ambizione, aggiungere un altro Lombardi ad una bacheca che oramai straborda: nel caso Brown dovesse ricordarsi di essere pagato per giocare e non per tentare di essere un influencer, New England avrebbe aggiunto al proprio arsenale un’altra arma letale in grado di far passare notti insonni a qualsiasi defensive coordinator.
Diamo una veloce occhiata al loro reparto offensivo: oltre che al backfield più profondo e completo della lega New England può contare sul solito Edelman, sul ritrovato e sempre pericoloso deep threat Josh Gordon, su un veterano del calibro di Thomas e su un paio di giovani di belle speranze arrivate ad aprile. Pace se non c’è più – per ora – Gronkowski, il reparto offensivo di New England non è mai stato così profondo.

Certo, il rischio che tutto ciò si ritorca contro di loro è alto, soprattutto se pensiamo alla pessima condotta di Brown negli ultimi mesi, ma se l’Incappucciato pure in quest’occasione riuscisse a disciplinare il problematico ricevitore, per il resto della AFC saranno dolori: in caso contrario poco male, Brown ha firmato solamente per un anno, la perdita sarebbe minima, salvo che riesca a contagiare qualche suggestionabile compagno, ma con Belichick al comando della nave questa eventualità mi sembra piuttosto remota.
Ed i Raiders? Oakland si è dimostrata per quello che è, una squadra con un front office ancora troppo acerbo per gestire una situazione così esplosiva e nonostante concretamente abbia perso solo un paio di scelte al draft, è alquanto sensato credere che uno spogliatoio senza troppa leadership abbia innegabilmente risentito della situazione, ma penso che Gruden fosse consapevole di tale evenienza nel momento in cui ha messo nero su bianco una trade che io stesso avevo definito come vera e propria rapina.

Nel caso la condotta di Brown dovesse rimembrare quella di un chierichetto alla messa delle diciotto del sabato sera, l’Impero avrebbe colpito per l’ennesima volta: non si costruisce la più grande dinastia del ventunesimo secolo senza prendersi rischi e, soprattutto, senza trovare soluzioni ad enigmi con i quali il resto della lega non vuole averci assolutamente nulla a che fare.
Brown, però, dovrà metterne a segno di touchdown per aiutarci ad andare oltre una vicenda della quale, personalmente, avrei volentieri fatto a meno.
Originale come modo per dare il via alla stagione numero cento.

4 thoughts on “Antonio Brown ai Patriots: cronaca di una vicenda surreale

  1. Giusto farlo fuori. Ingestibile. Un cancro vero per lo spogliatoio. Tenteranno di recuperarlo a Boston con poca carota e tanto bastone.

    • Non è il primo giocatore di talento ad avere la testa vuota e nn sarà l ultimo.
      Scemo a dir poco…

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