Esiste un crescente sentimento di resa all’interno dei circoli più ristretti della Nfl quando si parla dei Miami Dolphins. E’ difatti opinione diffusa che in Florida ci sarà il solito autunno caldo e confortevole, con la differenza che sarà più lungo del solito, e che il medesimo potrebbe essere benissimo speso in spiaggia o seguendo le prime evoluzioni di Jimmy Butler in maglia Heat piuttosto che assistere all’esigua manciata di vittorie cui la squadra casalinga di football pare mestamente destinata.

Brian Flores

I conti sono un po’ complessi affinché tornino con perfezione. Miami ha spesso associato il suo nome al derby modalità tanking che si terrà per meglio posizionarsi in occasione del Draft 2020, quando sarà disponibile il sogno Tua Tagovailoa e con lui una schiera di registi pronti a cambiare faccia ad una qualsiasi delle peggiori franchigie Nfl, ma se il piano fosse stato esattamente questo diviene allora lecito chiedersi il perché della trade per Josh Rosen, costata un secondo giro. Una filosofia che stride in maniera assordante con l’approccio nerboruto di Brian Flores, ultimo assistente uscito dai Patriots in ordine cronologico che tenterà la fortuna lontano da Bill Belichick sperando di evitarne la lunga ombra che perseguita chiunque osi costruirsi una carriera fuori dal Massachusets, dato che la missione primaria del nuovo head coach riguarda proprio il totale cambio di cultura dello spogliatoio e la più che totale assenza di sicurezze per chiunque ritenga che il posto da titolare gli spetti per diritti acquisiti in passato, cercando di cancellare le tracce della vecchia gestione-Gase installando un’assegnazione meritocratica dei vari ruoli.

La battaglia per lo spot di regista titolare è l’aspetto maggiormente analizzato di tutto il training camp, perché dalla sua evoluzione scaturiranno delle conseguenze per il prosieguo del cammino di questa franchigia. Da un lato del ring Ryan Fitzpatrick, pittoresco quarterback dotato di sopraffina intelligenza e propenso al turnover, avvantaggiato dall’esperienza accumulata nei suoi vari viaggi Nfl e proveniente da una stagione tanto entusiasmante quanto deprimente a Tampa in quel pazzo valzer inscenato con Jameis Winston tra una promozione ed una bocciatura nel segno della discontinuità pura. La scelta di Kyler Murray da parte dei Cardinals ha posto un secco termine all’esperienza desertica di Josh Rosen, che accenderà la competizione con la sua necessità di crescere a seguito di un’annata da rookie spesa ad imparare sbagliando e trascorrendo i suoi snap dietro una linea offensiva mediocre, una sorta di giudizio lasciato a metà in attesa di capirne di più. Quel di più, appunto, l’ex-Ucla spera di agguantarlo durante il caldo autunnale prima menzionato, cercando di confermare di poter essere lui il futuro della posizione in Florida, nonostante la seria minaccia perpetrata dalla prossima classe di registi in uscita dal College.

DeVante Parker

Chiunque si apposterà sotto il centro dovrà tuttavia eseguire i corretti calcoli con un roster non esattamente carico di talento, una situazione nella quale i protagonisti dovranno dimostrare molto. Il bersaglio principale – più per fama che non per cifre acquisite in carriera – sarà con pochi dubbi Kenny Stills, il quale nonostante una produzione soddisfacente non ha mai dimostrato di poter diventare un ricevitore completo restando intrappolato all’etichetta di giocatore in grado di allungare il campo saltuariamente per la presa a lunga gittata, mai capace di tagliare il traguardo delle 1.000 yard stagionali nonostante le potenzialità. Chi deve provare tanto ed è probabilmente giunto all’ultima opportunità per farlo è DeVante Parker, ex-prima scelta e ragazzo del tutto discontinuo, troppo spesso infortunato e deconcentrato, in possesso di una combinazione tra fisico e velocità degna di una favola ma tendente ad auto-escludersi dal gioco per periodi esageratamente prolungati. La speranza è che sia questo l’anno buono per l’esplosione definitiva, fino ad ora avvenuta solamente dinanzi agli spettatori degli ultimi training camp di squadra.

Dell’equazione offensiva tornerà ad essere parte integrante pure Albert Wilson, elemento essenziale per il dinamismo che porta naturalmente con sé, purtroppo fermato da un infortunio al fianco che ne ha azzoppato una stagione scorsa assai promettente, nella quale stava ricevendo il 74% dei palloni scagliati in sua direzione. Se c’è un giocatore in maglia Dolphins in grado di raccogliere un lancio di un paio di yard e trasformarlo in un abbondante primo down questi è proprio Wilson, un immenso aiuto per chiunque sarà scelto come quarterback partente, una situazione più o meno similare riguarda Jakeem Grant, altro wide receiver elettrizzante fermato sul più bello dal tallone d’Achille proprio mentre stava producendo 26 yard di media per ricezione – oltre al solito grande contributo quale ritornatore di calci. Il piano offensivo è quello di coinvolgere il maggior numero di ricevitori possibile, pertanto ci sarà certamente spazio per Brice Butler, per il free agent collegiale Preston Williams ed il neo-arrivato Allen Hurns, reduce dal brutto infortunio patito durante gli scorsi playoff con l’uniforme dei Cowboys.

Mike Gesicki

Uno dei compiti primari del nuovo offensive coordinator Chad O’Shea sarà quello di utilizzare al meglio le qualità del tight end Mike Gesicki, il quale ha vissuto una stagione da matricola ben al di sotto del par. Le sole 22 ricezioni per poco più di 200 yard non possono certo rappresentare il riflesso delle caratteristiche atletiche di un ragazzo di 250 libbre in grado di muoversi in maniera più che fluida, si paga probabilmente il fatto che il vecchio regime si fosse intestardito nell’utilizzarlo come bloccante – non esattamente la prima nell’elenco delle sue velleità – senza mai davvero consentirgli di sviluppare un’intesa con il quarterback, una pagina che in vista del prossimo campionato andrà voltata con decisione. Del gruppo fa parte anche il veterano Dwayne Allen, altra importazione da Foxboro e blocker d’efficacia, con Clive Walford e Nick O’Leary a garantire profondità e presenza negli special team.

Il backfield si prospetta come un settore dal buon potenziale le cui portate potrebbero essere più o meno equamente suddivise tra Kenyan Drake e Kalen Ballage, entrambi dotati dell’accelerazione necessaria a creare la grande giocata. Drake ha patito la presenza di Frank Gore per tutto il campionato scorso ritrovandosi ad affrontare una piccola regressione statistica, nonostante le 9 mete collezionate tra corse ed abilità in ricezione fuori dal backfield: tutti i segnali portano a presumere che lo starter sarà proprio lui, caricandolo quindi della responsabilità di togliere pressione dal gioco aereo, e di rimanere produttivo quel tanto che basta a non commettere l’errore fatto da Gase lo scorso anno, abbandonare le chiamate a terra nella seconda metà delle partite. Drake non è il classico every-down back pertanto si prospetta uno spazio interessante anche per Ballage, che in opportunità limitate ha mostrato possibilità intriganti (123 yard ed una meta contro i Vikings) e che andrà adeguatamente testato in veste di supporto in attesa di capire se ci sia il potenziale per dell’altro.

Uno dei problemi che Miami tende a trascinarsi appresso da anni è l’instabilità della linea offensiva, un reparto spesso condizionato dagli infortuni ma che da anni non possiede il necessario collante per garantire continuità. Il punto di riferimento del reparto è Laremy Tunsil, giunto agli sgoccioli del contratto da rookie ed una sostanziale garanzia nel proteggere il lato cieco, un deciso disequilibrio di talento se rapportato al resto che lo schieramento ha da offrire. Si spera su un rapido sviluppo del rookie Michael Deiter, che qualora fosse in grado di vincere lo spot di guardia sinistra potrebbe finalmente stabilizzare quel lato delle operazioni, mentre il centro Daniel Kilgore, l’altro tackle Jordan Mills e la guardia Chris Reed rappresentano delle soluzioni solo temporanee. Non aiuta il fatto che la posizione di offensive line coach sia continuamente soggetta a cambiamenti, passando peraltro da Pat Flaherty a Dave DeGuglielmo a training camp in corso, con il difficoltoso obiettivo di sollevare l’unità dai bassifondi statistici della Nfl.

Charles Harris

La difesa coordinata da Patrick Graham si dichiara ibrida e sorretta da allineamenti differenti da decifrare, giocando un assetto base volto alla 3-4 ma pronto a mutare pelle in qualsiasi istante. Il quesito principale riguarda la presenza o meno del talento necessario a sorreggere una tale funzionalità, ma fino ad ora le uniche risposte positive sono giunte dalle secondarie. Vi sono delle possibili lacune riscontrabili nella difesa contro le corse e nell’apporto di pass rush, se non altro perché Cameron Wake e Robert Quinn non fanno più parte del pacchetto ed i Dolphins non si sono preoccupati di sviluppare adeguati sostituti per tale compito. Ciò comporterà un grosso carico di responsabilità per Charles Harris, prima scelta del 2017 che fino a questo momento ha totalmente mancato di fornire un qualsiasi impatto (3 sack in carriera), promosso titolare più che altro per mancanza di alternative e bisognoso di dimostrare che la sua scelta non è stata materiale gettato al vento, facendo affidamento su un’esperienza collegiale dove si posizionava tanto da end quanto da linebacker esterno con esclusivi compiti di pressione. Da questo punto di vista, il nuovo schema potrebbe agevolarlo.

La posizione di nose tackle sarà invece gestita in collaborazione tra il possente Davon Godchaux, emerso per la capacità di risultare immobile per parecchi offensive linemen nonché per i 6 sack messi a segno dal più tradizionale schieramento da defensive tackle, e dal rookie Christian Wilkins, reduce da una strepitosa stagione collegiale culminata con la vittoria del National Championship con l’uniforme di Clemson, ed autore di una prova dominante contro la temibile linea offensiva di Alabama grazie a doti atletiche naturali e ad un’accelerazione notevole se relazionata alla stazza. Permangono dubbi sulla possibile efficienza nella copertura dell’altra posizione di end, oggetto di contesa tra l’ex-Florida State Tank Carradine, che ha tuttavia perso 23 partite in due anni per infortuni assortiti, e Jonathan Woodard, il quale ha trascorso poco tempo in campo per potergli ritagliare un giudizio definitivo addosso.

Raekwon McMillan

Flores e Graham, quest’ultimo garante di un’esperienza a Green Bay in condizioni tattiche molto simili a queste, prevedono di poter utilizzare il fronte difensivo a vantaggio delle giocate dei linebacker, fornendo maggior libertà agli interventi provenienti dalle retrovie. Una difesa terminata al trentunesimo posto per efficienza contro le corse dovrebbe trarre benefici dalla mossa, in particolar caso tenendo conto dell’ascesa mostrata da Raekwon McMillan dal mese di ottobre in poi, quand’è sembrato il giocatore che Miami aveva selezionato l’anno prima, recuperato in pieno dalla stagione da rookie interamente saltata a causa del crociato anteriore. Il giovane da Ohio State possiede dunque tutte le possibilità di replicare i numeri di parte della scorsa campagna, quando ha registrato ben 43 placcaggi entro le due yard dalla linea di scrimmage, una statistica davvero interessante che evidenzia come il medesimo predicasse nel pieno deserto.

Ad affiancarlo nell’altro spot interno torna Kiko Alonso, al quarto anno di esperienza in Florida, un grande accumulatore di statistiche assortite che pecca spesso di disciplina, mentre gli estremi dello schieramento potranno far fruttare la versatilità di elementi come Jerome Baker, il quale ha dimostrato maturità e senso della responsabilità ogni qualvolta è stato chiamato in causa, e Nate Orchard, anch’egli in grado di allinearsi da end aggiunto o da linebacker da pass rush, mentre il rookie Andrew Van Ginkel si ritaglierà uno spazio nei pacchetti di ovvio passaggio grazie alla naturale abilità di diagnosi delle situazioni di passaggio.

Xavien Howard

Versatilità è la parola d’ordine anche per il reparto più forte del lotto, un gruppo di defensive back in grado di assorbire una moltitudine di compiti differenti e che rende di conseguenza difficoltoso prevedere come potrà risultare un ipotetico allineamento titolare delle retrovie. Una delle poche sicurezze risiede nel fatto che Xavien Howard sarà il miglior corner a disposizione, grazie a tratti che delineano un solido placcatore in grado di mettere a segno 7 intercetti marcando costantemente i ricevitori più pericolosi della Nfl, replicandone i movimenti in maniera del tutto vicina alla perfezione, condividendo il perimetro con Eric Rowe, vecchia conoscenza di Flores e prontamente firmato in primavera. All’esterno troverà spazio anche l’ottimo Minkah Fitzpatrick, che nel più che positivo campionato d’esordio ha giocato la maggior parte degli snap nel suo ruolo naturale nello slot, ma che potrà essere ruotato a piacimento anche da corner tradizionale o da safety con allineamenti vicino al box, sfruttando il suo indubbio fiuto nel creare giocate positive per il suo reparto.

Da qui all’inizio delle ostilità vere e proprie la situazione potrebbe più volte mutare la sue sembianze, l’idea è che Reshad Jones, assente ai mini-camp organizzati, potrebbe essere costretto a lottare per guadagnarsi un posto che ritiene scontato, il lieve declino fisico e qualche angolo di placcaggio sbagliato potrebbe determinarne il preferibile posizionamento da strong safety, posizione dalla quale può ancora rimuovere caschi a piacimento con la violenza dei suoi colpi. T.J. McDonald non è un colpitore meno fiero, anzi, per lui si pronostica il ruolo di terzo safety negli appositi schieramenti che Flores dovrebbe mutuare dalla difesa che ha coordinato in passato, lasciando a Bobby McCain, giocatore solido nella tecnica, il compito di pattugliare il centro del campo sul profondo.

Gli special team sembrano essere in mani solide grazie alla presenza di Jason Sanders, che nell’annata da matricola si è dimostrato più che affidabile centrando il 90% delle sue conclusioni ed il 97% degli extra point, il quale vedrà partire gli snap ancora una volta dalle sapienti mani di John Denney, 224 partite consecutive in attivo in 14 anni di onorata carriera in loco. Matt Haack rientra quale punter di riferimento ma le sue prestazioni altalenanti conseguono in una competizione con il free agent Stone Wilson, in arrivo da Central Florida.

Ryan Fitzpatrick

A Miami si cercano risposte, forse troppe per essere fornite tutte assieme. L’attacco è ancora senza una guida definitiva ed in entrambi i casi non possiede un quarterback in grado di presentare grande talento ed esperienza nello stesso piatto, la linea offensiva deve effettuare un difficile salto di qualità e contribuire ad accendere il gioco di corse serrato che Flores ha in mente, di certo l’attacco potrà essere a tratti spettacolare grazie alle possibilità di big play a disposizione di running back e ricevitori, ma la consistenza, tuttavia, è un altro discorso, e da questo punto di vista c’è tantissimo da dimostrare. La difesa ha disperata necessità di ritrovare la pass rush perduta, pena il lasciare le secondarie nella classica isola nella quale fioccano i touchdown avversari, con il pericolo di rendere questa annata ancor più difficoltosa rispetto a quanto già non si presenti, con il timore che il tutto possa finire con la detenzione di una top 5 del prossimo Draft, e poco altro per l’imminente futuro.

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