Tolto l’opprimente peso che solo tentare di mettere in un qualsiasi ordine di senso compiuto i migliori cinque quarterback della NFL può dare, teoricamente ora la mia strada dovrebbe essere in discesa: teoricamente, per l’appunto.
Nonostante la clamorosa svalutazione che ha colpito la posizione e soprattutto i contratti dei propri interpreti, è lecito affermare che ora come ora ci troviamo in un’epoca d’oro per quanto riguarda i running back in quanto, facendo un veloce calcolo, possiamo facilmente individuare almeno una dozzina -se non più- di potenziali Pro Bowler.
Considerata la direzione che sta prendendo il gioco, sempre più orientato verso la dimensione aerea, l’abilità nel ricevere è una delle variabili che più ho tenuto in considerazione per stilare quanto segue.

5) Joe Mixon, Cincinnati Bengals

Senza troppi giri di parole, i Cincinnati Bengals lo scorso anno sono stati putridi, in particolar modo nella seconda metà di stagione con Andy Dalton costretto ai box per le ultime cinque giornate: nonostante ciò, Joe Mixon è riuscito a racimolare quasi 1500 yards dallo scrimmage e dieci touchdown totali. Dimenticavo, questi numeri sono arrivati in una stagione in cui oltre che costretto a giocare in una situazione di straziante mediocrità ha pure perso due partite per infortunio: proiettando i suoi numeri su sedici partite, Mixon avrebbe concluso il 2018 con più di 1300 rushing yards, secondo miglior dato dopo Zeke Elliott.
Nonostante l’eccellenza mostrata lo scorso autunno, molti vedono l’ex Oklahoma come il candidato breakout principe per l’imminente stagione: com’è possibile accostare alla parola breakout un giocatore con una produzione simile nell’ancora vicino 2018? Molto semplicemente, i Bengals si sono finalmente sbarazzati di Marvin Lewis affidando la squadra alla brillante mente offensiva di Zac Taylor che credo sarà in grado di sfruttare a dovere il proprio halfback e, soprattutto, di far rendere al meglio una linea d’attacco reduce da anni di inettitudine: la scelta al primo round dell’ultimo draft Williams -che però potrebbe perdere tutto il campionato per un infortunio alla spalla- ed il neo-arrivato John Miller potrebbero rendere a Mixon la vita tremendamente più facile mettendo lui ed i Bengals in una posizione decisamente più competitiva, o in parole povere, in posizione di giocarsi fino in fondo una partita. Ciò significa non abbandonare le corse dopo il rientro dagli spogliatoi: e questo semplice fatto, probabilmente, potrebbe abbellire -e non poco- le statistiche del numero 28.

4) Christian McCaffrey, Carolina Panthers

Entriamo nel territorio dei receiving backs con colui che a mio avviso è il migliore attualmente in NFL, Christian McCaffrey. Volete qualche numero? La scorsa stagione CMC ha totalizzato 107 ricezioni, numero buono per battere il record stabilito da Matt Forte nel 2014, guadagnando 8.1 iarde a presa: ma attenzione, McCaffrey è ben più che una valvola di sfogo per Cam Newton, in quanto dopo una prima stagione decisamente complicata è riuscito ad abbattere il muro delle mille yards guadagnando cinque ottime yards a portata.
Ritenuto troppo gracile per correre fra i tackle, non solo si è dimostrato in grado di smentire tali voci, ma a tempo perso in questa offseason ha lavorato maniacalmente sul proprio corpo guadagnando così tanta massa muscolare da impressionare il solitamente impassibile Twitter e da causare incontrollabile salivazione ai potenziali fantasy owner che se lo garantiranno al primo giro del mai troppo lontano fantasy draft.
Considerata la mancanza di chiarezza sullo stato di salute di Cam Newton è facile immaginare coach Rivera costruire l’intero gameplan offensivo attorno al numero 22, giocatore che lo scorso anno è stato in campo per più del 90% degli snap giocati dai Panthers: volume, efficienza ed un’abilità nel ricevere senza paragoni rendono McCaffrey uno dei giocatori più interessanti della prossima stagione e, se le cose dovessero andare per il verso giusto, a gennaio potremmo trovarci a commentare una rarissima e prestigiosissima stagione da doppio mille!

3) Ezekiel Elliott, Dallas Cowboys

Prima di provare a spiegarvi cosa renda speciale Ezekiel Elliott, mi trovo costretto ad anteporre un’indispensabile premessa: lo scarto presente fra i giocatori occupanti l’immaginario podio è così minimo da avermi portato seriamente a ponderare di cavarmela con tre “primo ex aequo”, ma come già detto in altre sedi, prendersi le proprie responsabilità in questo “lavoro” –e soprattutto in questa vita- è fondamentale.
Parliamo dunque di Ezekiel Elliott, probabilmente la più letale macchina da rushing yards dell’intera National Football League: solamente due anni fa, a causa di una rivedibile sospensione di sei partite, non è riuscito ad aggiudicarsi la palma di rushing leader, in quanto sia lo scorso anno che nella stagione da rookie Zeke è stato agevolmente in grado di guadagnare più yards di qualunque suo pari ruolo.
Statisticamente parlando, la produzione e la costanza dell’ex Ohio State non hanno eguali nella storia del gioco, in quanto solamente il papabile GOAT Jim Brown si è dimostrato capace di guadagnare più yards a partita: tenendo ben presente lo stato d’attività di Zeke, sarà naturale che questa statistica sia destinata a subire mutazioni con il passare degli anni, ma racimolare 101.2 yards ad allacciata è semplicemente pazzesco, specialmente considerando il periodo storico – sportivamente parlando – nel quale stiamo vivendo. Per rendere meglio l’idea, mi limiterò a dirvi che il secondo posto in tale classifica, fra i giocatori in attività, è occupato da Adrian Peterson che a partita di yards ne guadagna “solamente” 89.4, quasi dodici in meno di quelle di Zeke.
Produttivo, affidabile, efficiente – sta accumulando questi pazzeschi numeri portando a casa ben 4.7 yards a portata! – ed estremamente abile pure nel pass blocking, aspetto troppo spesso criminalmente trascurato quando si parla di running back, come mai si è posizionato “così in basso”? Molto semplicemente perché, come già premesso e ribadito in più occasioni, chi gli sta davanti si è rivelato essere “migliore” – o, se volete, “più coinvolto – nel gioco aereo: questo trend, però, sembra destinato a cambiare in quanto la scorsa stagione ha ricevuto 77 palloni, 19 in più di quanti acchiappati nelle prime due stagioni cumulativamente.
Nel caso riuscisse a confermare la produttività nel vero e proprio running game, migliorando ancora nel gioco aereo, di questi tempi l’anno prossimo nessuno sarà in grado di togliergli la meritata prima posizione.

2) Alvin Kamara, New Orleans Saints

Pure in questo caso, il giocatore in questione avrebbe senza dubbio meritato la prima posizione, ma come direbbero Oltreoceano, that’s the name of the game.
Senza troppi giri di parole, l’unico motivo per il quale Kamara non è stato in grado di appropriarsi del gradino più alto del podio è la “mancanza di produzione”: prima di un sacrosanto linciaggio, lasciatemi spiegare.
Limitato dalla presenza di Mark Ingram, non ha mai goduto di un carico di lavoro comparabile a quello dei vari Elliott o Gurley: nelle due stagioni disputate non è mai andato oltre quota duecento portate, numero irrisorio se pensiamo al fatto che Zeke, due anni fa, ne abbia accumulate 242… in dieci partite! Ciò che rende speciale Kamara, oltre ad uno stile di corsa inimitabile, è la sua efficacia e versatilità: quasi sicuramente il miglior receiving back della lega, in questi due anni è riuscito a mettere a segno la bellezza di 31 touchdown totali numero che, oltre ad aver permesso a milioni di fantasy owner di vincere le proprie leghe, è semplicemente inumano. Esagero? Spesso, ma non in questo caso: Kamara, finora, ha trovato i sei punti ogni 15.3 tocchi, mentre i vari Tomlinson, Sanders e Peterson, per contestualizzare tali numeri, ci sono riusciti rispettivamente ogni 23.4, 31.3 e 32.3.
Letale nel backfield tanto quanto nella slot, potremmo tranquillamente trovare una sua foto a fianco della locuzione matchup nightmare, poiché spesso e volentieri i defensive coordinator avversari, vanamente, sono costretti a preparare un apposito piano di contenimento per il numero 41: non esattamente il massimo della vita, se consideriamo che a suo fianco si trovano un certo Drew Brees e da qualche parte lungo la linea di scrimmage il fin troppo efficiente Michael Thomas.
L’addio del caro amico Ingram gli permetterà di aprire le ali e prendere definitivamente il volo: potenzialmente potrebbe mettere insieme una stagione che non si vedeva dai tempi del sopracitato Tomlinson.

1) Saquon Barkley, New York Giants

L’obiettività è solamente uno dei prerequisiti necessari per -provare a- cimentarsi in questo mestiere ed ammetto fin da subito che mi viene molto difficile essere obiettivo davanti al numero ventisei dei New York Giants, l’indescrivibile Saquon Barkley: la mia giovane -per il momento- età non mi ha permesso di godermi dal vivo le giocate di Barry Sanders, quello che credo di poter tranquillamente definire come il giocatore più bello da vedere di sempre, pertanto mi manca il metro di paragone per eccellenza, ma le emozioni che ho provato vedendo Barkley evitare tackle a piacimento, saltare avversari spingendoli a mettere in dubbio la loro esistenza, e cimentarsi in qualsiasi genere di finezza senza mai rinunciare alla sempre utile potenza come un LeGarrette Blount, rappresentano una piacevolissima prima volta nella mia vita da appassionato della disciplina.
L’ho visto emulare Michael Jordan nei pressi della goal-line per poi, inevitabilmente, fare touchdown; ha reso un’apparentemente banale corsa da nove yards l’highlight della giornata; ha lasciato l’inutile Joe Buck in uno stato di trance in grado di togliergli ogni parola, incredible a parte, dalla bocca: tutto ciò in sole sedici partite giocate in una squadra… rivedibile.
Dovrei probabilmente finirla con i romanticismi, ma a cosa serve citare i numeri davanti ad un rookie in grado di accumulare più di 2000 yards e 15 touchdown totali pur correndo dietro una linea d’attacco capace di posizionarsi solo al ventunesimo posto nella graduatoria di fine anno di Pro Football Focus?
A differenza di Kamara ed Elliott, giocatori che possono contare su una linea d’attacco esorbitante, Barkley è stato spesso e volentieri costretto a far da sé, ed a quanto pare ciò non è stato minimamente un problema: nessun giocatore si è dimostrato più elusivo di lui, in quanto i suoi 71 missed tackle causati rappresentano comodamente il miglior dato nella lega e, se prendiamo in considerazione i missed tackle causati solamente su ricezione -31- Barkley sarebbe stato in grado di posizionarsi al ventesimo posto in tale classifica.
Preoccupazioni per l’addio di Odell? Nonostante box da otto giocatori diventeranno la norma, Barkley troverà lo stesso il modo di mettere insieme numeri da Madden NFL e, soprattutto, di regalarci pura gioia per gli occhi per tutti e quattro i mesi di regular season.
Perché deve giocare ai Giants?

Esclusi a malincuore

  • Melvin Gordon, Los Angeles Chargers. Non è stato facile escluderlo in quanto è stato in lizza fino all’ultimo con Joe Mixon per la quinta posizione, però l’upside del giocatore di Cincinnati mi intrigava troppo per non inserirlo.
  • David Johnson, Arizona Cardinals. Riuscirà Kingsbury a riportare in vita quel mostro in grado di dominare il 2016 in modi che non si vedevano dai tempi di Marshall Faulk? Se sì, Johnson l’anno prossimo di questi tempi occuperà la prima posizione senza se e senza ma.
  • Todd Gurley, Los Angeles Rams. Irrispettoso? Molto, ma se ai problemi alle ginocchia aggiungiamo l’innesto di Darrell Henderson comprendere la mia mancanza di fiducia non è poi così difficile.
  • Le’Veon Bell, New York Jets. Sarò chiaro: Bell è uno dei migliori tre running back della lega, ma non potevo inserire un giocatore che lo scorso anno non ha nemmeno giocato un singolo snap.
  • Nick Chubb, Cleveland Browns. L’aggiunta del problematico Hunt mi ha tolto un po’ di entusiasmo, ma quanto mostratoci lo scorso anno da Chubb lascia chiaramente presagire ad un futuro costellato di Pro Bowl e stagioni da mille yards. Hunt permettendo.

2 thoughts on “NFL Top Five: i cinque migliori running back in vista del 2019

    • Purtroppo -o per fortuna per alcuni- il backfield di New England è troppo folto!

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