La nuova direzione dei Jets è prettamente orientata verso il congruo sviluppo di un reparto offensivo che da anni arranca nella mediocrità più assoluta, risultando certamente parte del pacchetto di motivazioni per le quali i bianco-verdi risultano assenti dai playoff da otto stagioni consecutive.

Sam Darnold ha giocato una stagione d’esordio altalenante, ma promette comunque bene.

Il primo passo dell’ennesima ristrutturazione newyorkese è stato senza dubbio incoraggiante, Sam Darnold, ritenuto essere il tanto atteso franchise quarterback in grado di stabilizzare una posizione che non trova pace dai tempi di Chad Pennington, è reduce da una stagione da rookie certamente abbondante di alti e bassi che ha tuttavia messo in mostra molte delle sue buone peculiarità, in particolar modo durante l’ultimo mese di gioco.

L’ex-USC ha concluso la sua prima esperienza professionistica con la sicurezza di dover lavorare a fondo sui tempi di rilascio del pallone e sull’evitare di fissarsi troppo a lungo su un determinato ricevitore, ma ha mostrato carattere, attitudine a dimenticare velocemente gli errori ed i turnover, ed ha nettamente migliorato le sua statistiche personali utilizzando le ultime quattro partite del 2018 per collezionare sei passaggi da touchdown a fronte di un solo intercetto ed aumentando sensibilmente la percentuale di passaggi completati.

L’ulteriore sviluppo del ventunenne quarterback dipende ora da due fattori determinanti, ovvero la presenza di un vero mentore offensivo con cui confrontarsi giornalmente ed imparare dagli errori con tempi maggiormente ridotti, e poter usufruire di una maggior quantità di talento per migliorare un reparto che in sei delle ultime sette stagioni è rimasto invischiato nella parte bassa delle graduatorie Nfl per punti segnati e yard prodotte. Se la prima necessità è stata abbondantemente coperta dall’assunzione di Adam Gase, che contrariamente a Todd Bowles è uno specialista offensivo di tutto rispetto il quale ha sempre dimostrato di poter lavorare in maniera versatile e fruttifera, la seconda è stata con pochi dubbi innescata dall’attesa firma di Le’Veon Bell, il fuggitivo di Pittsburgh che ha guardato la scorsa stagione da casa, scioperando per l’assenza di un contratto più lucrativo del precedente.

Le’Veon Bell permetterà ai Jets guadagni più consistenti per i primi down.

Dal punto di vista economico il general manager Mike Maccagnan ha indubbiamente svolto un buon lavoro evitando di andare a pagare Bell più del dovuto, una considerazione che a posteriori ha visto i capricci del giocatore ritorcerglisi contro. Le’Veon percepirà poco più di 13 milioni a stagione, secondo stipendio medio per la sua posizione dietro a quello di Todd Gurley ma comunque inferiore ai 14 milioni che Pittsburgh gli offrì a tempo debito ed in ogni caso lontanissimi dai 18 che andava cercando, e dato che l’accordo attuale scadrà al trentunesimo anno di età del running back sarà di certo l’ultimo contratto importante della sua carriera, considerando il già alto volume di utilizzo cui il giocatore è stato sottoposto nei suoi anni in Pennsylvania.

L’inserimento del forte running back da Michigan State non risolverà certo tutte le problematiche del reparto, tuttavia il fornire all’attacco un elemento dinamico e produttivo rappresenta già un ottimo inizio per ricominciare a progredire, se non altro relazionandosi verso un backfield che ha perso il suo giocatore più forte – Bilal Powell – per un grave infortunio al collo dovendosi affidare all’evidente discontinuità di Isaiah Crowell ed all’inesperienza di Elijah McGuire, terminando il campionato al ventinovesimo posto in yard ottenute per ciascun tentativo. Le caratteristiche di Bell sono ben note a tutti ed iniettano una forte dose di flessibilità ad un attacco a tratti moribondo, e torneranno certamente utili per coprire la necessità di generare un maggior numero di yard nei primi e second down, una lacuna che i Jets devono coprire con urgenza per non accumulare troppe circostanze di terzo e lungo, nonché nel fornire a Darnold un ottimo ricevitore fuori dal backfield, capace di produrre un guadagno sistematico quasi ad ogni tocco dell’ovale.

Robbie Anderson non è un ricevitore primario, ma è letale sul profondo.

Quelli appena elencati sono dei benefici che andranno certamente a riflettersi sulla possibilità di creare big play per i ricevitori, e le potenzialità – anche qui – ci sono tutte, salute permettendo. Giocatori come Robbie Anderson hanno già dimostrato in passato di potersi facilmente smarcare in profondità per raccogliere la bomba di turno, un’azione che potrebbe essere addirittura facilitata dalla maggior efficacia che la sola presenza di Bell potrà apportare a tutte le chiamate in playaction, il problema sarà casomai rappresentato dal possedere una batteria consistentemente in salute dal momento che Quincy Enunwa ha patito infortuni con costanza fin troppo puntuale, ed il nuovo arrivato Jamison Crowder, che nel probabile schema base a tre ricevitori andrà ad occupare la posizione di slot, ha perso parecchie partite per noie fisiche (un lungo problema alla caviglia) nel suo ultimo anno a Washington.

Oltre ad un impatto tellurico da parte dell’ex-Steelers, è pressoché obbligatorio un campionato di conferma per il promettente tight end Chris Herndon (502 yard e 4 mete da rookie) ed un rendimento nettamente differente da parte di un Jermaine Kearse il cui primo anno a New York è stato un autentico buco nell’acqua, senza contare che la linea offensiva viene da un torneo assai insoddisfacente per resa generale ed è particolarmente sguarnita nel ruolo di centro, una lacuna che dovrà necessariamente essere coperta dall’attuale free agency.

C.J. Mosely è l’addizione difensiva più importante di questa offseason bianco-verde.

Nonostante la prestigiosa firma di C.J. Mosely, mossa che potrebbe far presagire il benservito per Darron Lee, i Jets hanno parecchio di cui preoccuparsi anche per la difesa ora coordinata dall’esperto Gregg Williams, soprattutto per la chiara assenza di un pass rusher di grande levatura che possa aiutare Henry Anderson, per cui è lecito pensare che la terza chiamata assoluta del prossima Draft possa indirizzarsi esattamente verso quella direzione data la disponibilità di prospetti come Nick Bosa e Josh Allen.

Parte della problematica pareva essere stata risolta dall’apparente accordo raggiunto con Anthony Barr, prima che il medesimo facesse marcia indietro verso Minneapolis utilizzando quanto spuntato ai Jets per ottenere un accordo migliore con i Vikings. Si parla in questi giorni di Nick Perry come un’opzione percorribile se sostenibile a livello monetario, non sembra invece esserci particolare interesse per Justin Houston, ed urge aggiungere profondità ad un reparto cornerback che quasi certamente vedrà partire Morris Claiborne.

Il quadro generale attuale vede quindi i Jets ancora indietro in un’ottica competitiva per i playoff, tuttavia l’acquisizione di Bell, pur considerato il fatto che il running back ha mai giocato 16 partite stagionali solo una volta in carriera tra infortuni e problemi disciplinari nonché includendo nel ragionamento la sua totale assenza dal campionato scorso, non può non essere considerata un’addizione di vitale importanza che va a restituire all’attacco bianco-verde un talento assente da più di una decade, quando il roster presentava un giocatore di caratteristiche molto simili alle sue, Curtis Martin.

Le’Veon Bell è un giocatore del tutto simile al grande Curtis Martin.

Di lavoro ancora da svolgere ce n’è parecchio, ma se non altro la questione culturale riguardante l’adeguamento nei confronti di una Lega sempre più sfacciatamente offensiva è stata finalmente analizzata con cognizione di causa, gettando basi che contano sulla corretta interazione tra un coach di indubbie capacità in materia, l’ennesimo quarterback giunto in città per rappresentare la grande speranza di una rinascita stavolta definitiva, ed una superstar che deve assolutamente confermare di essere degna della sua fama.

Se la missione è quella di scacciare l’insignificante rilevanza che i Jets hanno costituito nel panorama Nfl per la maggior parte degli ultimi dieci anni, le prime indicazioni non possono che essere finalmente promettenti.

 

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