La partita contro i Titans è stata forse la partita più brutta ed imbarazzante dell’intera dinastia Brady/Belichick. Intervistato a caldo, Belichick non può che raccontarci ciò che era davanti gli occhi di tutti, ovvero, come i Patriots hanno giocato malissimo in tutte e tre le fasi di gioco – difesa, attacco e special teams.

Ma c’è di più in quella partita delle pur importanti statistiche imbarazzanti: l’emblema è l’azione “double reverse” in cui Brady riceve un passaggio da Edelman ed inciampa da solo non riuscendo a convertire un terzo down fondamentale in ottica rimonta. Immediatamente dopo Mike Vrabel, coach dei Titans, fa eseguire alla propria squadra esattamente la stessa azione: in quel caso Mariota riceve la palla e va per 19 yards, abbondantemente oltre la bandierina di primo down. Intervistato a caldo coach Vrabel – ex difensore dei Patriots ed ex compagno di Brady dal 2001 al 2009 – dichiara apertamente che la decisione di eseguire la stessa azione “double reverse” era “per vedere gli riusciva meglio della loro”, chiaramente deridendo e denigrando un attacco dei Patriots molto lontano dagli sfarzi del passato, in cui coach MacDaniels si ritrova spesso a giocare il jolly usando questo tipo di “trick plays”, ovvero azioni “trucco” che si usano in situazioni particolari quando sia le portate sia i passaggi tradizionali non muovono le catene. In parole povere, l’attacco nella sua interezza non va.

Anche la fase difensiva ha decisamente fatto un passo indietro rispetto alla prova contro Green Bay. In particolare, Stephon Gilmore – che dovrebbe essere il pilastro della difesa di quest’anno – viene letteralmente preso di mira dall’attacco dei Titans: 1 contro 1 con Corey Davis non c’è assolutamente partita, dominazione totale di Davis e prestazione da dimenticare – velocemente – per Gilmore.

I Pats si ritrovano attualmente con un record di 7 vittorie e 3 sconfitte. Sulla carta sembra comunque una stagione quanto meno decente ed infatti, i Patriots, paragonati con la media della NFL, sono comunque una buona squadra. Tuttavia, i New England da anni non si rapporta con il resto della NFL per determinare il proprio livello durante la stagione, piuttosto il paragone viene sempre fatto nei confronti delle squadre dei Patriots degli anni passati. A questo proposito, gli appassionati sportivi di Boston e dintorni cominciano a paragonare l’edizione odierna con quella della stagione 2009, ed il dibattito è tutt’ora in corso su “la squadra più brutta dell’era Brady/Belichick”.

E poi c’è il capitolo Gronk. Rob Gronkowski viene dipinto da molti esperti del settore come un giocatore che non riesce più a rimanere sul campo da gioco per via della mole di infortuni ed acciacchi accumulati durante la sua carriera e sono in molti a pronosticare l’imminente ritiro alla fine di questa stagione. Anche nelle poche partite disputate non sembrava il solito Gronk, veloce e capace di ritagliarsi spazio dalla marcatura, a volte anche doppia. Il che porta in molti a dire che Belichick aveva ragione nel voler cedere Gronk nella scorsa primavera, in cui avrebbe ricevuto in cambio una scelta al primo round dai Detroit Lions, che visto l’andazzo dalle parti di “Motor City”, si sarebbe rivelata probabilmente una scelta nella top 10.

Ed invece Kraft e Brady si sono messi di traverso – di nuovo – impedendo di fatto la trade ed ora ci ritroviamo senza Gronk per via degli infortuni e senza scelta nel prossimo anno. E chissà, forse a breve ci ritroveremo a fare un ragionamento simile riguardo l’intenzione di Belichick di tenere Garoppolo ed iniziare la transizione da Brady a Jimmy G: come si dice da queste parti, only time will tell. Gronk dovrebbe rientrare in squadra domenica prossima contro i Jets, almeno così dice il buon Adam Schefter (ESPN): sarà certamente molto interessante seguire il suo ritorno per avere un’idea più precisa del suo stato di salute, in particolare la caviglia e soprattutto la schiena tanto martoriata. Una cosa è certa: i Patriots hanno bisogno di Gronk come mai negli anni passati. In molti tendono a minimizzare facendo osservare che nel 2016 i Patriots vinsero il Super Bowl senza Gronkowski: a loro rispondiamo semplicemente che quella era una squadra molto diversa, i Patriots di quest’anno hanno bisogno del miglior Gronk per poter lontanamente sperare di arrivare di nuovo in fondo.

Anche Tom Brady è un punto interrogativo ultimamente. Dopo 10 giornate, Brady è al 16-esimo posto per quanto riguarda la “QB rating” stat, con 94.7 punti, dietro a giocatori come Ryan Fitzpatrick, Kirk Cousins, Mitchell Trubisky e Deshaun Watson e solo 3 posizioni davanti ad Eli Manning, attualmente in 19-esima posizione. Per quanto riguarda la percentuale di passaggi completati, Brady si ritrova al 18-esimo posto, con un discreto 65.2% che 10 anni fa sarebbe stata una percentuale di tutto riguardo, ma che con tutte le nuove regole che favoriscono l’attacco, risulta essere “just average”. Il fattore più allarmante è a mio avviso l’imprecisione in fase di passaggio. Brady non è mai stato un quarterback dotato di un passaggio lungo, la sua intera carriera è stata costruita nei passaggi a corto e medio raggio nello slot (Wes Welker prima e Julian Edelman poi) e al running back di turno soprattutto in una situazione di terzo down.

Nella partita contro i Titans, la difesa è riuscita a neutralizzare Brady in due mosse: primo, portando pressione al centro, eliminando le azioni tipiche di Tom in cui evade la pressione laterale avanzando nella “pocket” ed eseguendo uno dei suoi missili tesi e precisi nello slot o nella seam; secondo, eliminando le “safety blanket”, ovvero i passaggi corti a James White, fin dall’inizio letteralmente massacrato dalla difesa. A quel punto Brady ha cominciato a vedere fantasmi, affrettando il passaggio anche quando la difesa si limitava a giocare a zona senza apportare pressione sul quarterback. Indicativi i 12 passaggi – di cui solo 4 completati – verso Josh Gordon, con il chiaro intento di tirarla alta sperando che il ricevitore riesca ad arrivarci. In generale, Brady non sembra il solito giocatore a cui ci siamo abituati. L’età potrebbe essere uno dei fattori ma sicuramente non è l’unico: solo un anno fa Brady ha vinto l’MVP, è difficile pensare che 10 mesi dopo la sua performance si sia deteriorata a tal punto per puri motivi anagrafici. D’altro canto, la linea di attacco non è il problema, infatti mi sbilancerei nel dire che la linea si sta comportando meglio che negli anni passati a questo punto della stagione.

Per il processo di esclusione, resterebbe il livello di “commitment” di Brady, ovvero l’impegno quasi maniacale che nel passato ha distinto e separato Tom dal resto della NFL. Per sua stessa ammissione, Tom quest’anno ha deciso di dedicare più tempo alla famiglia – vedi anche la sua totale assenza in primavera dagli allenamenti volontari. E’ anche vero che questo pacchetto di ricevitori non gli sta rendendo la vita facile, tutt’altro, giocatori come Chris Hogan e Phillip Dorsett sono ormai solo delle comparse in campo, non riescono a liberarsi dalla copertura, e le difese avversarie ne sono ormai consapevoli, utilizzando i giocatori migliori sulle poche opzioni valide rimanenti – Edelman, White ed a tratti Gordon. Conoscendo Brady, domenica prossima giocherà una partita quasi perfetta, mettendo a tacere tutte le voci che lo dipingono come un giocatore vecchio ed ormai al tramonto. Speriamo.

In ottica stagionale, i Patriots molto difficilmente potranno avvalersi del vantaggio del campo amico durante l’interezza dei playoffs come è accaduto negli anni passati. Gli Steelers, dopo una rimonta rocambolesca contro i Jaguars guidati da un imbarazzante Blake Bortles, si ritrovano con un record di 7-2-1 mentre i Chiefs sono saldamente al comando della AFC con un record di 9-2. Brady, dal 2006 ad oggi si è trovato a giocare quattro volte la finale del campionato AFC in trasferta, perdendole tutte. È dunque evidente che il fattore campo è determinante per i Patriots, specialmente viste le condizioni climatiche dalle parti di Foxboro nel mese di Gennaio. I Pats hanno di fronte partite abbordabili, visto il livello bassissimo della AFC East, l’obiettivo è di riuscire a scavalcare gli Steelers per garantirsi quanto meno una bye week nei playoffs. Le prossime partite saranno determinanti nel convincere l’intera nazione che i Patriots sono ancora la squadra da battere. Difficilmente riusciranno ad andare 6-0 da qui a fine stagione, ma dovranno almeno provarci sperando in un paio di passi falsi da parte di Kansas City e soprattutto Pittsburgh.

2 thoughts on “I Patriots al bivio

  1. “Ed invece Kraft e Brady si sono messi di traverso – di nuovo – impedendo di fatto la trade”
    Dove l’hai letto/sentito esattamente? L’unica cosa certa appurata e incontrovertibile (https://youtu.be/YzBUDw7Xwts minuto 2:50 circa) è che gronkowski, una volta venuto a conoscenza della possibile trade, abbia minacciato di ritirarsi.
    In tutto questo, che io sappia, kraft e brady non c’entrano niente: kraft si è limitato a smentire il rumor della trade mentre brady ha solo la “colpa” di essere il quarterback preferito di gronkowski ed è per questo che lui non ha voluto essere ceduto (“brady’s my quarterback”).

  2. Mi sembra che la storia era stata scritta originariamente da Tom Curran (https://www.nbcsports.com/boston/tom-e-curran), e poi ripresa da un po’ tutti. E’ ormai uno di quei fatti mai confermati dai diretti interessati per ovvii motivi, come per il trade di Garoppolo (anche quello forzato dai Kraft, contro la volonta di Bill)

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