Non appena si legge il nome Jets da qualche parte lo si abbina a risultati scarsi ed annose problematiche da risolvere. Come tante altre squadre i biancoverdi di New York da lunghi tempi cercano di aprire un nuovo ciclo senza mai riuscirci, cercando disperatamente di costruire qualcosa di buono ma senza arrivare al dunque da quasi una decade. C’era difatti ancora quel burlone di Rex Ryan a dirigere le operazioni dalla linea laterale quando la franchigia aveva raggiunto i playoff per l’ultima volta centrando la finalissima della Afc per un biennio consecutivo tra il 2009 ed il 2010 raggiungendo un risultato forse più grande dell’effettivo valore della squadra, soprattutto grazie alle eccellenti prestazioni della difesa 3-4 importata direttamente da Baltimore, luogo nel quale Ryan aveva fruttuosamente operato quale defensive coordinator.

Todd Bowles è tra i coach che non navigano in acque tranquille.

Dal lento ma inesorabile declino dell’era-Ryan, salutato senza troppi rimpianti nel 2014 dopo i mai mantenuti proclami da Super Bowl, si è passati a Todd Bowles, coach-gentleman che aveva destato un’ottima impressione al suo primo anno di esperienza a New York sistemando una difesa – la sua specialità – capace di scalare verso l’alto ben 15 posizioni tra un anno e l’altro nel settore dei punti subiti, progressi che abbinati ad un attacco diretto da Ryan Fitzpatrick in compagnia di gente come Brandon Marshall ed Eric Decker aveva permesso di ottenere ben dieci vittorie stagionali, quantità normalmente sufficiente per staccare il biglietto per la postseason ma non in quel campionato, dove i Jets erano rimasti esclusi a causa della procedura di rottura delle situazioni di pareggio nel record finale, un vantaggio che aveva invece premiato i Pittsburgh Steelers.

La situazione va presentata esattamente in questa maniera per essere meglio compresa, perché logica vorrebbe che sussistessero dei sostanziali miglioramenti tra un torneo ed il successivo se il presupposto era quello di aver mantenuto un nucleo promettente, ma i risultati conseguiti negli ultimi due anni e mezzo non depongono certo a favore dell’ex-defensive coordinator di Arizona. Il quale era approdato ai Jets proprio con la fama di moderno stratega difensivo, in grado di ritagliare ruoli differenti a ciascun giocatore a seconda della situazione, mascherando safety da linebacker sfruttando le qualità fisiche ed atletiche del singolo, creando schieramenti innovativi per il professionismo (molto più simili al College) per meglio contrastare la dilagante crescita delle statistiche generate dal gioco aereo e gli schieramenti oramai fissi a tre ricevitori.

I due ultimi posti divisionali conseguiti da New York in altrettante stagioni complete hanno comprensibilmente lasciato insoddisfatto un pubblico stanco di bilanci perdenti e soprattutto di non vedere un futuro roseo che possa significativamente mutare la fama storica della franchigia, che negli ultimi anni di successi si era affidata a difese in grado di creare big play a ripetizione e ad un attacco basato sul possesso-palla generato dall’efficienza del gioco di corse, un sistema decresciuto fino a non funzionare quasi più. Escluso solamente il primo anno, sotto le direttive di Bowles i Jets sono caduti nei bassifondi della Nfl sia nelle graduatorie offensive che difensive, vivendo l’oramai consueta girandola di quarterback alla ricerca dell’agognata soluzione definitiva dopo i brutti ricordi del passato, su tutti la famosa trade-up con Cleveland per assicurarsi Mark Sanchez con la quinta scelta assoluta del Draft 2009.

Sam Darnold ha mostrato lampi di classe, ma anche 14 intercetti.

Quest’anno il panorama non è mutato in maniera significativa, e nonostante i lampi mostrati dalla squadra le conseguenze sembrano essere uguali a prima: pessimo record di 3-7 gravato dalla batosta rimediata contro i Bills, prospettiva di scegliere nelle prime cinque o sei posizioni della prossima infornata collegiale, ed una generica sensazione di un altro punto e a capo che con tutta probabilità avrà luogo entro e non oltre il termine della regular season, semplicemente perché non sussistono i presupposti per permettere a Bowles il lusso di un’altra annata di tentativi di modifica radicalmente le speranze della franchigia.

Bowles ha fallito in quello che è il suo pane, la difesa, ma non solo. L’attacco è fortemente legato al successo del gioco di corse – come ampiamente dimostrato dai trend stagionali – e Sam Darnold, la nuova trade-up della speranza bianco-verde, sta offrendo un’annata da matricola certamente altalenante. Non è difatti una coincidenza se due delle tre vittorie stagionali sono pervenute in concomitanza di prove esplosive dei running back e con punteggi assai differenti dalla media di 20.8 a gara che i Jets si portano appresso, la squadra ha difatti inflitto rispettivamente 48 e 34 punti a Lions e Broncos producendo 169 e 323 yard su corsa, di gran lunga le due migliori statistiche stagionali, ed i 14 intercetti già registrati dal quarterback uscito da Usc sono la chiara testimonianza del fatto che gli avversari hanno fin troppo ben compreso come battere New York, annullando gli effetti del backfield condiviso da Isaiah Crowell e dallo sfortunato Bilal Powell (carriera a rischio a causa di un infortunio cervicale) costringendo conseguentemente Darnold a forzare di continuo, evidenziando il non ancora perfetto meccanismo di lettura dei ricevitori che il regista alterna a big play sul profondo assolutamente entusiasmanti.

Una grossa percentuale delle problematiche è evidentemente la mancanza di creatività nelle chiamate, perché è chiaro che i Jets non si sono adeguati alla poderosa mescolanza di movimenti pre-snap e continua ricerca di mismatch effettuati dalle squadre offensivamente più concrete della Lega. Questa missione ha visto fallire Chan Gailey, offensive coordinator nel 2016, fin troppo prevedibile nelle sue conservative intenzioni, John Morton, licenziato al termine della scorsa stagione anche (ma non solo) per le tensioni vissute con Bowles, e sta vedendo cadere pure Jeremy Bates, che in questo campionato non ha proposto alcun che di innovativo. Un altro fatto essenziale è l’assenza di una figura in grado di far maturare adeguatamente Darnold, che nonostante il primato Nfl per intercetti lanciati fino a questo momento ha mostrato un potenziale sicuro, un carattere forte e capace di dimenticare in fretta l’errore, ma ancora lacunoso di qualche tecnicismo prezioso per sopravvivere in una Lega divenuta oramai una grande e grossa porta girevole pronta a divorare chiunque non vinca nel giro di due o tre stagioni, con tanti saluti ai grandi proclami di chiunque si trovi tra gli entusiasmi dell’uscita dal College.

Jamal Adams è uno dei giovani pilastri della difesa.

Licenziare Bowles oggi, dopo una partita vergognosa dove i Bills hanno segnato 41 punti e Matt Barkley è riuscito a dichiarare alla stampa il non dichiarabile (“sapevo di appartenere ancora alla Nfl”) passando da eroe di giornata, non servirebbe a nulla. Getterebbe Darnold in una confusione se possibile ancor maggiore di quella attuale, e non ci sarebbe nessuno con una minima esperienza da head coach per guidare adeguatamente la squadra in fondo ad una stagione dove mancano ancora due appuntamenti contro i Patriots e molte altre avversarie in possesso di un bilancio positivo. Il rischio di perdere lo spogliatoio sarebbe troppo alto, ed i Jets, con tutti i problemi di cui già sono titolari, non possono permettersi ammutinamenti di alcun genere.

Il destino, tuttavia, sembra segnato. La piega presa dalla presente stagione dei Jets sembra essere perfettamente coincidente con le due precedenti, e questo significa solo che Bowles ha terminato le cartucce a propria disposizione. Il talento difensivo presente a roster porta solamente ad una graduatoria medio-bassa per yard e punti concessi, l’attacco è troppo dipendente dal backfield, è pessimo nelle conversioni di terzo down ed incapace di uscire dal suo guscio conservatore, ed è chiaro che il coaching staff abbia necessità di una ristrutturazione che comprenda un coach di larghe vedute capace di seguire le tracce lasciate da Matt Nagy, Sean McVay e Doug Perderson (John DeFilippo, l’attuale offensive coordinator dei Vikings e qb-coach degli Eagles vittoriosi al Super Bowl?), metodo migliore per non sprecare gli anni migliori di Darnold, ma anche di qualcuno che utilizzi correttamente il cacciavite per fissare adeguatamente una difesa che Kacy Rodgers, l’attuale coordinatore, ha lasciato gradualmente affondare dopo un 2015 assai promettente.

Il ritorno alla competitività sembra dunque essere ulteriormente prorogato ad annata da destinarsi, con protagonisti ad oggi sconosciuti. I fan dei Jets di pazienza ne hanno portata già molta, ma il quadro attuale suggerisce un nuovo rifornimento di remissività e clemenza.

L’augurio è che la prossima volta possa essere finalmente quella giusta.

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