Nella National Football League tutto cambia molto rapidamente, le tendenze durano giusto il tempo di un caffè, le caratteristiche richieste in determinati settori di una qualsiasi squadra non sono quelli di un tempo, ed una decade di football può anche rappresentare un’era geologica per chiunque, compresi gli addetti ai lavori.

Chuckie è tornato!

Questo non significa assolutamente che Jon Gruden non si sia aggiornato in questa decade lontana dalle enormi fatiche mentali della sideline, ha difatti studiato montagne di video per prepararsi a tutte le apparizioni da analista tecnico nel Monday Night di Espn, ragione per la quale non si deve nemmeno cominciare a mettere in dubbio la sua conoscenza in materia di sviluppo del gioco, tuttavia tornare ad allenare porta ad un tipo di pressione nettamente differente, dov’è necessario stabilire un rapporto con un folto gruppo di giocatori, guidare la legione senza rischiare di annichilire la leadership dei più giovani – e qui entra in gioco una personalità davvero forte, da sempre grintosamente espressa da dal coach alternativamente conosciuto come Chuckie – e farsi trovare preparati al rispetto dell’attesa per i risultati.

Non va dimenticato un fatto molto importante, nel contempo si sta pure preparando il trasloco per Las Vegas, dove sono cominciati i lavori per il futuro impianto di gioco con ben impressa la stagione 2020 quale termine della storica permanenza californiana dell’organizzazione, offrendo dunque un quadro complesso per il mantenimento della stabilità della franchigia, un traguardo stagionale che sarà meglio non tramutare in ostacolo.

Gruden riceve in eredità una situazione non esattamente cristallina, rapidamente cambiata nel corso di una sola stagione. Nello stesso momento in cui i Raiders avevano decretato il termine di una delle assenze dalla postseason più prolungate di quest’epoca grazie ai successi del 2016 (seppure i festeggiamenti fossero stati danneggiati dall’infortunio occorso a Derek Carr proprio alla fine della regular season), ottenuti grazie ad un quarterback davvero maturato nella cura del pallone, una gestione offensiva che ne aveva esaltato le capacità di colpire sul profondo, ed un allenatore come Del Rio che aveva sistemato una difesa ancora peccaminosa nella concessione di yard ma capace di infliggere una trentina di turnover equamente distribuiti tra intercetti e fumble recuperati.

Derek Carr è atteso al ritorno ai livelli di due anni fa.

Oakland, secondo le previsioni che tutti siamo abituati a calcolare in maniera del tutto imperfetta secondo una logica di progressione che teneva conto del ritorno di Carr e della conferma del rendimento del resto della squadra, doveva confermarsi quale protagonista della Afc ed ha finito per ottenere per sei vittorie in meno rispetto al campionato precedente, nonostante la salute del suo quarterback e con polemiche interne infinite, alimentate dalla discutibile decisione di rinunciare all’offensive coordinator Bill Musgrave a favore di Todd Downing, motivo per il quale si dice Carr abbia vissuto un anno regressivo, ed il licenziamento a stagione in corso del defensive coordinator Ken Norton Jr., andato ad aggiungere pepe ad una situazione già complessa.

Sul 2017 si può discutere all’infinito, ma l’importante è ora lasciarsi tutto alle spalle. Il ruolo di nuovo coordinatore offensivo andrà è stato assegnato a Greg Olson, che ha già allenato Carr nel suo anno da rookie e proviene dalla positiva esperienza di quarterback coach con i Rams, dove i risultati ottenuti verso Jared Goff sono indiscutibili. Sarà in ogni caso Gruden ad effettuare le chiamate gestendo la fase di attacco, per cui l’aspetto principale da valutare sarà il rapporto che verrà instaurato tra un coach molto esigente e pronto ad esplodere davanti ad una cattiva esecuzione di uno schema, ed un regista che sta ancora formando la sua leadership e già chiamato al sostenimento della pressione di dover giocare una stagione adeguata al prolungamento contrattuale di 125 milioni di dollari recentemente ricevuto, contando pure su una situazione fisica possibilmente migliore di quella travagliata vissuta nelle ultime due campagne.

Amari Cooper deve necessariamente riscattarsi.

Nel football americano le responsabilità vanno equamente condivise, perché non sempre un rendimento inaspettatamente basso deve necessariamente corrispondere ad una totale regressione di chi lancia. E’ quindi necessario un consistente aiuto dal settore ricevitori, che secondo le statistiche raccolte da Pro Football Focus hanno lasciato cadere a terra 20 passaggi portando a 174 il totale dei drop dal 2014 ad oggi, peggior risultato di Lega per tale misura temporale.  Da questo punto di vista Amari Cooper ha vissuto una stagione abbondantemente al di sotto delle attese, in parte per le difficoltà di Carr nell’essere efficiente nelle ultime 20 yard e nei giochi a lunga gittata, in parte per sue stesse responsabilità, dato che parliamo di un 50% di palloni ricevuti rispetto ai target e di un apporto di yard per partita lievemente al di sotto delle 50, cifre che hanno messo in secondo piano i grandi progressi mostrati tra il primo ed il secondo anno di professionismo.

Da Cooper ci si attende quindi un ritorno ad una produzione consona dopo le sole 684 yard raccolte l’anno scorso, per il resto il panorama è radicalmente cambiato. Via Michael Crabtree, autore di 8 touchdown ma primatista per drop, e look totalmente rinnovato grazie all’arrivo di Jordy Nelson e Martavis Bryant, volti nuovi che nei piani dovrebbero contribuire ad un ritorno all’esplosività che serve al reparto per tornare a macinare i numeri di due anni fa. Nelson sarà sicuramente motivato dal dimostrare di poter essere ancora un ricevitore incisivo a 33 anni recuperando una stagione statisticamente deludente anche se fortemente penalizzata dall’assenza di Rodgers, e potrà essere d’aiuto per tutte quelle situazioni di redzone dove i Raiders non sono stati concreti, Bryant – salvo possibili nuove misure disciplinari – può ancora essere una meraviglia per il rapporto velocità/stazza che si porta appresso riaprendo la porta a giocate eccitanti per il Black Hole.

Marshawn Lynch è una delle chiavi offensive dei Raiders.

Un anno trascorso lontano dal football non ha causato discese nel rendimento di Marshawn Lynch, che sarà di nuovo il running back principale della squadra ed ha dimostrato di non aver perduto la capacità di rompere i placcaggi stremando le difese. La famigerata Beast Mode si è attivata perlopiù nella seconda parte della stagione, momento nel quale l’ex-giocatore di Seattle e Buffalo ha scritto le statistiche migliori sia per poca efficienza nei bloccaggi che per sostanziale inutilizzo, terminando con 9 portate o meno in tre delle prime sette uscite ed apportando 78 yard a partita da novembre in poi, cifra a lui senz’altro più consona rispetto alle 38 dei primi due mesi di azione.

Il backfield ha visto l’aggiunta di Doug Martin, che presserà il titolare per rosicchiare il maggior numero di portate e si presenterà come valida alternativa per tutte le circostanze in cui Lynch dovrà rifiatare senza far perdere fisicità all’attacco, mentre Jalen Richard, l’elemento più dinamico del gruppo, dovrà davvero convincere Gruden di essere diventato molto più concreto di un anno fa, dato che ha già probabilmente perso il ruolo di ritornatore di calci a causa dei numerosi fumble e non gli resta quindi che il ruolo di ricevitore fuori dal backfield in grado di offrire qualche corsa esplosiva in determinate situazioni.

La linea offensiva, confermata per quattro quinti, è stata eccellente in fase di protezione soprattutto nella parte interna, dove le prestazioni del centro Rodney Hudson sono risultate essere di altissimo livello. A dargli una significativa mano ritornano sia Kelechi Osemele che Gabe Watson, guardie più che sufficienti per rendimento nel tenere al sicuro Carr, mentre Donald Penn verrà spostato da sinistra a destra nel ruolo di tackle in quella che sarà la tredicesima stagione professionistica. Questo significa che la prima scelta Kolton Miller partirà da subito proteggendo il lato cieco, un grande segnale di fiducia che andrà adeguatamente ripagato sul campo – segnali incoraggianti sono già giunti dalla preseason – mentre il taglio di Breno Giacomini apre di conseguenza uno spazio per il terzo round Brandon Parker.

Altro settore, altro viso nuovo nel coordinamento. E’ il caso della difesa, che vedrà l’insediamento di Paul Guenther, reduce da una pluri-decennale esperienza ai Bengals e conoscente di Gruden sin dai tempi in cui il fratello Jay – l’attuale head coach dei Redskins – allenava il reparto offensivo di Cincinnati. Guenther avrà sostanziale carta bianca nelle chiamate degli schemi e nella gestione della gara e giocherà la maggior parte delle situazioni con una zona in Cover 2 o Cover 4, attaccando entrambi i lati tra il centro e le guardie al fine di lasciare in singola marcatura di defensive end.

Khalil Mack è ancora in disputa con la franchigia per motivi contrattuali.

Sulla carta emergono potenzialità devastanti se relazionate alle caratteristiche di Khalil Mack, ben conosciuto per essere uno dei pass rusher più devastanti della Nfl, il quale ha timbrato la terza stagione consecutiva con sack in doppia cifra rivelandosi tra le poche note liete della scorsa annata. Mack ha saltato l’intero camp per il mancato prolungamento del suo contratto, creando una situazione frustrante per entrambe le parti coinvolte, con voci di trade che si rincorrono giornalmente.

Nella filosofia di Guenther, discepolo di Mike Zimmer, la rotazione del fronte a quattro dev’essere frequente per garantire gambe fresche ai migliori giocatori nel quarto periodo, ed è necessario un tackle in grado di attirare raddoppi: ecco perché a titolari come Mario Edwards, Eddie Vanderdoes, Justin Ellis ed il riconvertito Bruce Irvin (dovrebbe schierarsi da end naturale senza compiti in copertura, come ai tempi di West Virginia) sono state aggiunte forze fresche sia dal Draft che dalla free agency, portando un mix di gioventù ed esperienza per rimpinzare la posizione di giocatori adatti alle caratteristiche richieste dallo schema. Del primo gruppo fanno parte il defensive end Arden Key ed il tackle P.J. Hall assieme alla scommessa Maurice Hurst (quest’ultimo fermato da problemi cardiaci e sceso fino al quinto round), mentre il secondo è arricchito da veterani quali Tank Carradine, Frostee Rucker e Ahtyba Rubin, dando garanzia per una profondità eccellente.

Il reparto linebacker è anch’esso per gran parte ristrutturato, le importanti acquisizioni del mese di marzo sono Tahir Whitehead e lo storico rivale divisionale Derrick Johnson, l’uno specializzato nel difendere le corse e l’altro particolarmente efficace in copertura, una combinazione che porterà indubbi benefici per una posizione che da tempo non propone un elemento di spicco in grado di fornire giocate in quantità adatta. L’unica posizione non ancora del tutto determinata, la weakside, vede Emmanuel Lamur avvantaggiato per l’esperienza già raccolta tanto sotto Guenther quanto stando alle direttive di Zimmer, ma dietro incombe una piccola sorpresa della scorsa stagione, il ventiduenne Nicholas Morrow, acquisito come undrafted free agent nel 2017 e capace di scalare le gerarchie fino a disputare cinque gare da titolare. I Raiders hanno invece lasciato libero NaVorro Bowman, nonostante gli evidenti benefici apportati nelle sei partite disputate dall’ex-Niners, per divergenze sul prezzo del suo potenziale rinnovo contrattuale.

Gareon Conley rientra da un lungo infortunio.

Tante le incertezze per le secondarie, se non altro per le esigenze richieste dallo schema praticato da Guenther, che richiede ampio raggio d’azione, velocità, e capacità di tenere il ricevitore per più di qualche secondo, nonché per la mancanza di un giocatore in grado di disturbare consistentemente i passaggi, come avvalorato dai soli 5 intercetti portati a casa nello scorso campionato, peraltro firmati da un defensive back non prima della quattordicesima settimana di gioco, un vero e proprio disastro. C’è curiosità per vedere in azione – si spera in maniera estesa – la prima scelta del 2017 Gareon Conley, fermato dopo sole due partite da un infortunio allo stinco, che partirà da starter assieme a Rashaan Melvin, che nel suo ultimo anno ai Colts ha concesso un rating di 60.3 con tre intercetti su 55 passaggi scagliati in sua direzione. La free agency ha portato ad altre novità in termini di esperienza, su tutte la firma di Leon Hall, altra vecchia conoscenza del defensive coordinator, e Daryl Worley, promettente ventitreenne lasciato andare dagli Eagles a seguito dell’arresto avvenuto lo scorso aprile. Dominique Rodgers-Cromartie, firmato in questi giorni, aggiunge esperienza e talento.

Ci sono dunque le premesse per migliorare sensibilmente i pessimi risultati conseguiti da un gruppo che oggi non comprende più Sean Smith, T.J. Carrie e David Amerson, corresponsabili delle oltre 3.800 yard subite per vie aeree, con possibili dubbi circa il passo e mezzo di velocità che Reggie Nelson ha perso all’età di 35 anni, motivo per il quale lo spot di free safety vedrà certamente una rotazione con Karl Joseph ed il versatile Marcus Gilchrist.

Dopo aver sostituito niente meno che la leggenda Sebastian Janikowski, Giorgio Tavecchio è stato lasciato libero a favore del rookie Eddy Pineiro, mai scelto, che cercherà di guadagnarsi il posto contro il veterano Mike Nugent, mentre il quinto giro Johnny Townsend avrà il posto di punter e holder titolare in un reparto coordinato da Frank Bisaccia, altro vecchio collaboratore di Gruden ai tempi di Tampa, e già in passato allenatore di Dwayne Harris, il giocatore ad oggi incaricato di ritornare i calci.

La missione dei Raiders è chiara, è necessario tornare ai livelli di due anni fa e dimostrare che quello dello scorso anno è stato solamente un inceppamento di un percorso vincente che la squadra deve dimostrare di saper produrre. Gruden riporta istantanea credibilità al di là del faraonico contratto che Mark Davis gli ha concesso, e molti dei giocatori che riportarono ai playoff la squadra dopo anni di assenza sono ancora a roster. Ci sono moltissime domande sull’adattamento alla nuova situazione ed alla consapevolezza della precarietà della permanenza ad Oakland, tuttavia se Carr dovesse tornare alla consistenza del 2016 ed i giocatori risponderanno bene al carisma del loro allenatore, questo ritorno potrebbe diventare presto fruttifero.

2 thoughts on “Oakland Raiders 2018 Preview

  1. un contratto da 10 anni dopo 9 fermo,mah!!!!!
    “io speriamo che me la cavo” ma la vedo peggio del 2017.

  2. Gran bell’articolo Dave.. unico appunto.. la guardia destra si chiama Gabe Jackson, non Gabe Watson . :-)

    Per il resto nulla da dire, concordo in pieno.

    Fantaman

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