Ben ritrovati cari lettori e buona stagione Nfl a tutti. Ricominciamo la pubblicazione della rubrica Ten Weekly Lessons, giunta al suo secondo anno, nella speranza di fare cosa gradita a chi leggerà, cui va un ringraziamento anticipato. Siccome ci sarà parecchio da scorrere a seguito di questa introduzione saremo sintetici al massimo, e vi invitiamo a lasciarci commenti con le vostre idee ed opinioni sulla prima settimana di gioco. Buona lettura!

1 – Giorgio Tavecchio appartiene alla Nfl

Ci pare d’obbligo cominciare da casa nostra, in quanto Giorgio Tavecchio, per il quale abbiamo tifato durante tutti questi anni di tagli ed amarezze sempre conditi dalla speranza di farcela, è ufficialmente un giocatore professionista Nfl. Il senso della sua presenza in questa rubrica non sta nel fatto in sé di essere riuscito ad appartenere ad un roster, ma nell’aver dimostrato di appartenere in senso assoluto in questa Lega.

Ricordiamo tutti molto bene le notevoli difficoltà patite dai kicker l’anno scorso, tanto che l’azione di field goal – certamente aiutata dall’allontanamento dell’extra point – è divenuta quanto di meno scontato potesse esserci. Giorgio ha dimostrato nervi di ghiaccio ed un’ottima psiche nel caricarsi le sorti di una squadra alla prima presenza di sempre in una gara ufficiale, ogni allenatore ha forte bisogno di potersi fidare del suo kicker, spesso risolutore di partite allo scadere ed in ogni caso affidatario di tutti i punti che l’attacco non riesce a generare quando va in fase di stallo al terzo down.

L’ex-kicker di California ha centrato i pali in due occasioni dalle 52 yard ottenendo un record Nfl per una matricola (mai un rookie alla prima partita di sempre aveva infilato due conclusioni da oltre le 50 yard), segnato il calcio della definitiva sicurezza a poco più di un minuto dal termine della gara contro i Titans e siglato la bellezza di 14 dei 26 punti messi a segno dai Raiders, eseguendo la miglior imitazione di sempre di Sebastian Janikowski. Giova inoltre ricordare che Oakland non ha avuto altri kicker al di fuori del polacco sin dalla stagione 2000 in un ruolo per definizione poco stabile, aumentando una pressione che Tavecchio ha gestito da maestro.

2 – Meglio prendere sul serio Andy Reid

Non dovremmo mai e poi mai basare giudizi su una partita, si rischia sempre di cadere nella banalità o di sparare sentenze che possono essere solo parziali. E’ tuttavia impossibile non essere rimasti favorevolmente impressionati dall’esordio dei Chiefs nel kickoff dello scorso giovedì contro niente meno che i campioni in carica, i Patriots che le truppe di Andy Reid suonarono per bene anche nel corso del campionato passato.

La Kansas City della scorsa edizione avrebbe potuto giocare un ruolo maggiore nei playoff della Afc dato che la regular season era terminata con la seconda posizione assoluta di Conference grazie ad un 12-4 alimentato soprattutto da una difesa in grado di concedere pochi punti e mettere parecchia pressione al quarterback, salvo evidenziare i maggiori difetti della squadra – il funzionamento dell’attacco – in occasione della gara persa contro gli Steelers nella troppo fugace apparizione di postseason di una franchigia che pareva attrezzata per infastidire, appunto, New England.

Una rondine non fa primavera, chiaro, però seppellire Bill Belichick sotto 532 yard offensive, 26 primi down ottenuti e 42 punti messi a segno – venendo da una stagione dove i Chiefs venivano aspramente criticati proprio per il loro povero reparto offensivo – non la vediamo esattamente come un’impresa da poco. E’ evidente che la lunga pausa primaverile-estiva abbia permesso a Reid ed al suo staff di studiare le mosse corrette per rendere l’attacco produttivo, intuendo che eventuali sogni in grande passano esclusivamente da lì, regalando dinamismo laddove non ce n’era.

E allora occhio a Kansas City se le cose dovessero continuare su questo filo conduttore, Andy Reid è un allenatore che sa benissimo quello che fa e che probabilmente aveva solo bisogno di tempo e del personale giusto per inquadrare meglio la situazione. Se Tyreek Hill si conferma quale minaccia per tutte le difese, se Kareem Hunt – terzo giro 2017 – dovesse fornire questo tipo di produttività sulla lunga distanza e se Alex Smith si toglierà di dosso l’etichetta di game-manager (368 yard e 4 TD, con tanti saluti ai fan di Patrick Mahomes), sarà bene prenderli davvero sul serio quelli dell’Arrowhead.

3 – Per i Browns c’è speranza

Lo sappiamo, hanno perso un opener (e non solo quello) per l’ennesima volta, ed ha fatto notizia l’ex di turno, Joe Haden, che schierato dai nemici Steelers è riuscito finalmente a cominciare con il piede giusto dopo sette partite di carriera in apertura di campionato perse consecutivamente.

I Browns saranno pure giovani ed inesperti, una squadra in ricostruzione e senza cultura vincente, si aggiudicheranno tre o quattro partite al massimo, ci sta, ma se non altro non sono un disastro come gli altri anni, o così paiono non essere per il momento. Pur insistendo sulla premessa che tutti devono scaldare bene i motori e che i meccanismi non sono oliati, dobbiamo in ogni caso notare di come la prestazione difensiva di Cleveland sia stata di livello, avendo concesso 290 yard ad uno degli attacchi più esplosivi che si possano trovare in circolazione, peraltro senza il gusto di provare il nuovo giocattolino Myles Garrett.

Vero che alla fine Antonio Brown e le sue 182 yard hanno fatto ammattire tutti, vero anche che si è trattato di uno show sostanzialmente solista, e che non riusciamo a ricordare nemmeno sforzandoci una difesa che fosse riuscita a tenere Le’Veon Bell a 47 yard di total offense senza alcuna passeggiata in meta. Cleveland ha lottato per rimanere in partita, ha mostrato grinta ed aggressività con una difesa che può davvero progredire tanto sotto le cure dell’esperto coordinator Gregg Williams, e non dimentichiamo che l’attacco era diretto da un rookie, per quanto buone le qualità di DeShone Kizer possano essere, e che ogni buona matricola dovrà patire momenti bui ma anche felici progressi.

C’è speranza.

4 – Prepariamoci ad una lunga stagione per i Colts

Non si poteva immaginare un inizio peggiore per Indianapolis, squadra che aveva già abbondantemente tenuto banco durante l’estate grazie a tutte le contraddittorie notizie messe fuori sullo stato di salute di Andrew Luck e sulla sua possibile partecipazione al primo mese di campionato. Se durante quel periodo abbiamo capito che il proprietario Jim Irsay situazioni come questa le sa gestire molto poco bene, domenica abbiamo pure compreso di come la stagione dei Colts sia destinata a rivelarsi lunga e sofferente, a meno di improvvisi miracoli. Purtroppo, chi pagherà sulla lunga distanza sarà coach Pagano, già sulla graticola durante la stagione scorsa per risultati che non sono arrivati non solo per responsabilità sua.

Il cuore ci direbbe di essere buoni e di limitarci a chiamarla figuraccia, ma proprio non ce la facciamo. Per carità, l’anno scorso non è il presente, ma non crediamo che i Rams, nonostante il buon indubbio lavoro di Sean McVay, possano aver eseguito un salto di qualità così grande in così poco tempo. La povera difesa di Indianapolis non ci ha capito nulla di quello che è stato il peggior attacco Nfl di tutto il 2016. Grave.

Jared Goff ha lasciato il campo con il suo massimo in carriera per yard lanciate in singola partita, 306 yard che ci possono stare, ma la statistica che salta maggiormente all’occhio sono i 32 punti offensivi (ricordiamo che 14 i Rams li hanno siglati con la difesa) concessi ad un reparto che solo pochi mesi fa ne aveva fatti registrare – con fatica – 14 a partita. Avendo osservato i benefici che McVay aveva apportato a Kirk Cousins abbiamo pochi dubbi sul fatto che Goff terminerà l’anno molto migliorato rispetto all’annata da rookie, ma presentare una difesa del genere, per i Colts, è inaccettabile considerando che i Rams non segnavano così tanto dal novembre del 2014.

L’aggravante arriva dall’attacco, che completa il disastro. Un buon backup quarterback deve reggere la pressione di sostituire il titolare senza combinare disastri, e qui Scott Tolzien ha fallito su tutta la linea. Responsabile di due intercetti riportati in meta, l’ex-Winsconsin ha completato il 50% dei suoi passaggi per 128 yard prima di essere rimpiazzato da Jacoby Brissett, autore dell’unico drive di giornata finito con una meta. Luck è Luck, non si discute, ma un solo giocatore, nel football, non fa così tanta differenza se tutto ciò che lo circonda non funziona.

5 – Per i Bengals è già notte fonda

Le premesse già non erano proprio buone sulla carta, e l’esordio casalingo dei Bengals ha fatto pentire ogni fan di aver sprecato una domenica allo stadio. I problemi di Cincinnati erano già tanti prima del kickoff, e di certo non serviva il contributo aggiuntivo fornito da Andy Dalton, che un problema non dovrebbe invece essere, ad appesantire ulteriormente la situazione.

Parte del merito di quanto visto sul campo va certamente e correttamente dato alla prestazione maiuscola della difesa dei Ravens, che hanno portato una pressione allucinante approfittando di una delle maggiori lacune di Cincinnati, una linea offensiva decimata da importanti partenze in free agency (a seguito della gara di domenica c’è anche da valutare l’entità dell’infortunio a Trey Hopkins) e già l’anno scorso concessionaria di ben 41 sack.

Di atterramenti Dalton ne ha subiti già cinque, non certo un inizio brillante, ma al di là di questo l’attacco è sembrato semplicemente sconnesso. Qualche big play occasionale di Gio Bernard e qualche bella giocata del poco utilizzato Joe Mixon sono state le uniche belle cose fatte vedere da tigrati, quando Dalton ha cominciato a trovare le mani di A.J. Green era già troppo tardi ed il ritmo offensivo era già stato più volte spezzato dai continui turnover, giunti sotto la forma di quattro pesanti intercetti che rappresentano uno dei punti più bassi della carriera del Red Rifle.

Tra le inadeguate forzature di Andy, la qualitativamente bassa prestazione della linea offensiva – che sarà messa a dura prova per tutto l’anno – e la generica mancanza di esplosività, le previsioni dei Bengals si confermano essere tutt’altro che rosee.

6 – I nuovi running back della Nfl sono elettrizzanti

Quelli che siamo riusciti a vedere in azione, perlomeno, perché l’appena menzionato Joe Mixon è stato utilizzato con il contagocce ed attendiamo altre e più consone occasioni di vederlo all’opera per curiosare sul suo operato.

Inutile ricordare l’incredibile ed inattesa esplosione di Kareem Hunt, un costante squilibrio di marcatura per la difesa dei Patriots, affermatosi come un’arma totale dotata del talento necessario a portare palla, a schierarsi da wide receiver aggiunto, a ricevere fuori dal backfield trovando la endzone per ben quattro volte, gestendo ogni giocata con una gran rapidità di base ed una capacità di leggere le situazioni già molto interessante per un giocatore uscito da Toledo e dimenticato dai primi due round abbondanti dello scorso Draft.

Il Monday Night ci ha offerto la possibile dimensione di Dalvin Cook, che per una curiosa congiunzione astrale ha iniziato la stagione da diretto avversario del giocatore di cui ha preso il posto, Adrian Peterson, scrivendo giusto un paio di motivi secondo i quali i Vikings avrebbero fatto la scelta dirigenziale corretta. Anche in questo caso gambe fresche e scattanti, bei movimenti laterali, capacità di accelerazione che non ha lasciato possibilità di replica ai tentativi di placcaggio offerti dalla difesa dei Saints, che si è dovuta arrendere dinanzi alle scampagnate dell’ex-running back di Florida State ed alle 127 yard da lui prodotte all’esordio tra i pro, parte di un attacco profondamente rinnovato.

Fondamentale per i Jaguars è stato l’apporto di Leonard Fournette, anch’egli in grado di toccare le 100 yard e soprattutto responsabile del funzionamento del gioco di corse di Jacksonville, fondamentale per tenere al minimo indispensabile il coinvolgimento di Blake Bortles tenendo bassa la sua possibilità di errore. Il pensiero di gioco fisico e di possesso palla di Doug Marrone è stato molto ben coadiuvato dalla sua prima scelta, che ha garantito la giusta consistenza ad un attacco costretto dalle circostanze a pensare diversamente dalla maggior parte della concorrenza, abituata a bombardare per vie aeree.

Potrebbe essere l’inizio di un periodo rinascimentale per il ruolo di running back, dopo tanti anni in cui i numeri dei quarterback sono saliti come razzi lanciati nello spazio e gli schieramenti di ricevitori sono sempre più folti.

7 – La stagione di Arizona non si mette bene

Già si era inteso che i Cardinals non sarebbero più stati consistenti o presumibilmente tali come li si era considerati negli ultimi due anni, dato che le perdite difensive di Tony Jefferson e Calais Campbell avevano indebolito la difesa, e che Bruce Arians aveva pubblicamente manifestato il disappunto per il suo reparto ricevitori durante l’estate.

Con tutta probabilità il campionato di Arizona si è spento ancor prima di cominciare davvero, in quanto tutte le possibilità offensive della squadra passano dal tuttofare David Johnson, che ora dovrà rinunciare a vestire casco e paraspalle per un bel paio di mesi (si parla anche della possibilità del terzo mese…) a causa dell’infortunio al polso riportato domenica contro Detroit. Johnson è chiaramente anima e cuore di questo reparto offensivo dall’alto delle oltre 2.000 yard di total offense fornite alla causa nel 2016, numeri che avrebbe dovuto replicare o in ogni caso avvicinare per aiutare la causa di Carson Palmer, un quarterback sempre più avanti con l’età, storicamente poco mobile, e per questo facile da prendere di mira con pressioni e blitz.

Un Palmer con gli alti e bassi mostrati domenica non basterà di certo a portare i Cardinals ai playoff in queste condizioni, e l’attacco in genere non è vicino a ciò che fu solamente un paio di stagioni fa, ovvero il reparto più produttivo di tutta la Nfl. Arizona ha sprecato un vantaggio di 17-9 portato avanti fino ad oltre metà del terzo periodo, per poi continuare a cadere sui turnover (i 3 intercetti di Palmer hanno pesato tantissimo sull’economia della gara, compreso il pick six del quarto periodo) e su drive poco fruttuosi, fermatisi nelle ultime 30 yard e composti da lanci troppo frettolosi ed imprecisi, alternati alle comunque molte cose buone mostrate dal quarterback.

Non avere Johnson per così tanto tempo sarà deleterio, e l’assenza di produttività nel gioco di corse che la sua assenza comporterà non giocherà a favore della costanza del braccio di Palmer, compromettendo un po’ tutte le basi su cui poggiavano le speranze di giocare una bella stagione di riscatto dopo un 2016 sotto le aspettative.

8 – Aspettiamo a fidarci dei Jaguars

Quella dei Jags è stata senza dubbio una delle vittorie di cui si è maggiormente preso nota durante questa prima settimana di gioco, dato che da tempo immemore la squadra non possedeva un bilancio superiore al 50% in un qualsiasi punto della stagione e che nessuno pensava realmente che il team della Florida potesse davvero maltrattare così tanto gli Houston Texans.

Nonostante Jacksonville non fosse nemmeno vicina ad essere una squadra competitiva durante l’anno passato, molti addetti ai lavori avevano fatto notare come la difesa fosse davvero migliorata e rappresentasse, in chiave di lettura futura, un interessantissimo punto di partenza su cui lavorare per far tornare la squadra rilevante. Il reparto ha chiaramente ripreso da dove aveva terminato mettendo punti esclamativi un po’ ovunque, la linea difensiva ha generato tutta la pressione che J.J. Watt e soci non sono riusciti a creare, puntellando una giornata memorabile e composta da 10 sack e big play in grado di generare anche dei touchdown.

Le imprese di Calais Campbell e Dante Fowler Jr. hanno permesso a Marrone di tenere fede al proprio piano partita ed alla propria filosofia di gioco, un po’ da vecchia scuola, ma in ogni caso efficace. Per avere successo i Jaguars devono sfruttare il più possibile le qualità di Fournette, far eseguire il compitino a Bortles ed incidere duramente in difesa, proprio come sono riusciti a fare nella loro straordinaria prova di domenica. Attenzione però a pensare già in grande, freniamo un momento pensando a tutte le altre avversarie maggiormente attrezzate dei Texans che andranno affrontate più avanti, e soprattutto al fatto che, una volta trovato l’antidoto per Fournette su singola partita, mettere pressione a Bortles potrebbe far regredire la situazione e non di poco.

9 – I Cowboys si confermano tra le favorite della Nfc, asterisco permettendo

La tegola della sospensione di Elliott è una distrazione non necessaria per uno spogliatoio Nfl stabile, ma i Cowboys – contenti o meno – dovranno conviverci per tutta la stagione. Basandosi su un approccio corretto e prendendo una partita alla volta, Dallas intanto è ripartita alla grande alla ricerca di riaffermarsi come prima forza della Nfc East e tra le potenze della Conference intera, puntando sull’anno di esperienza in più delle sue due ex-matricole meravigliose con l’intento di migliorare le sorti playoff che la squadra ha patito oramai da troppi campionati finiti prima del previsto.

Ogni settimana, e non sarà facile, il piano partita dovrà essere preparato con o senza Elliott, in attesa che si prendano decisioni definitive sull’effettivo inizio della sua sospensione. Dallas intanto ha già messo le cose in chiaro sbarazzandosi temporaneamente (li incontreranno nuovamente strada facendo) di quei Giants capaci di metterli gravemente in difficoltà nel 2016, gettando le basi per una corsa da primi della classe nella Nfc. Se le circostanze rimanessero invariate, ed Elliott fosse sempre presente producendo altri numeri stellari con alte percentuali di utilizzo, oltre ad una difesa capace di mettere pressione con costanza, non ci sarebbero problemi a proiettare i Cowboys nell’olimpo della Lega, tuttavia è necessario capire A) quando Elliott verrà sospeso; B) quale record avrà Dallas nel momento in cui sarà sospeso; C) se Alfred Morris e Darren McFadden (rimasto misteriosamente in borghese domenica) sapranno fornire il giusto apporto alla causa facendo pesare un pochino meno l’assenza del campione da Ohio State.

La seconda giornata proporrà un test già molto interessante contro i Denver Broncos, ma in ogni caso la consistenza di Dallas ci sembra così tanta da mantenere la squadra tra le cinque più forti di quest’anno con una certa tranquillità.

10 – Colin Kaepernick merita un posto in questa Lega

Torniamo su un argomento che ci è caro. Non siamo casinisti, reazionari, né nulla di simile, ma cerchiamo solo di ragionare usando il più possibile la logica. Se già prima dell’apertura delle ostilità eravamo convinti che l’ostracismo verso Colin Kaepernick fosse un fatto grave e discriminatorio che poco avesse a che fare con la tecnica, dopo questa prima giornata il nostro pensiero non può che uscire rafforzato.

Siamo d’accordo su una questione tecnica di non poco conto, ovvero che Kaepernick non possa avere lo stesso successo in questa Lega che nel giro di tre anni si è già dimenticata le azioni in option, quindi ha senso da questo stretto punto di vista che sia lui che Robert Griffin III siano attualmente privi di un’occupazione Nfl. Colin non ha chiaramente giocato bene a San Francisco nel 2016, ma in precedenza nessuno può negare di come il suo contributo sia stato determinante per permettere ai Niners di fare strada nei playoff e raggiungere il Super Bowl. E’ sempre il ragazzo che una volta distrusse i Green Bay Packers ai playoff, ma probabilmente più di qualcuno se l’è già dimenticato.

La Week 1 ci ha lasciato con delle prestazioni penose. Scott Tolzien, rating di 33.8, non è arrivato a fine gara. Tom Savage, 7/13 per 66 yard, è stato spedito sotto la doccia all’intervallo. I 49ers medesimi, guidati da Brian Hoyer, hanno segnato la miseria di 3 punti. Sorvoliamo su Josh McCown, perché ha giocato fin troppo bene nel nulla che i Jets gli hanno costruito attorno.

Per questo ribadiamo che, in queste condizioni, giustificare la non appartenenza di Kaepernick alla Nfl nemmeno da backup di qualcun altro sottovalutando la vera caccia alle streghe che si sta perpetrando, lo riteniamo un insulto alla nostra stessa intelligenza.

Buona Week 2 a tutti, ed alla settimana prossima!

 

2 thoughts on “Ten Weekly Lessons: Week 1

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