Se per quanto riguarda la National Basketball Association possiamo vantare le presenze di Gallinari e di Belinelli, che a San Antonio tre anni fa vinse pure l’anello, la NFL al momento non è la casa di nessun giocatore del Bel Paese: attenzione, vale la pena sottolineare le parole “al momento”, in quanto pure in questa offseason a tener viva la speranza di vedere un italiano scendere in campo per una delle 32 franchigie della lega ci penserà Giorgio Tavecchio.
L’ironia della sorte vuole che a permettergli di portare avanti questo sogno siano proprio i suoi piedi, protagonisti indiscussi quando si parla di sport in Italia.
Ripercorriamo rapidamente le tappe della carriera di Giorgio, ormai sempre più legato ad Oakland.

Giorgio Tavecchio (numero 40) ai tempi del college.

Nato a Milano nel 1990 a soli 18 anni, nel 2008, inizia la sua avventura nella prestigiosa Università Cal-Berkeley negli stessi Golden Bears in cui fra gli altri hanno pure giocato Marshawn Lynch ed Aaron Rodgers. Titolare per quattro anni, non viene scelto al draft del 2012 diventando così undrafted free agent, ma di lì a poco la sua avventura sarebbe incominciata: il 29 agosto del 2012 viene messo sotto contratto dai San Francisco 49ers che lo affiancano al veterano, mancino come lui, David Akers. L’avventura nella Baia dura poco, ma nel marzo del 2013 viene ingaggiato dai Green Bay Packers, ma purtroppo pure quest’avventura è breve, infatti pochi mesi dopo viene tagliato dai Packs.
Dopo un’avventura durata otto mesi con i Detroit Lions, il 27 agosto 2014 passa agli Oakland Raiders, squadra che lo taglierà e rimetterà sotto contratto per quattro volte: una ventina di giorni fa è stato chiamato nuovamente dai Raiders, squadra che per il momento vede titolare il veterano Janikowski che però ha recentemente compiuto 39 anni, età parecchio avanzata per un giocatore NFL.

Un paio di settimane fa venendo a conoscenza del nuovo capitolo iniziato con i Raiders, un enorme “Perché no?” si fa spazio nella mia mente e decido di contattare Giorgio per chiedergli un’intervista. Nel giro di qualche giorno mi arriva l’ok e già dai primi scambi di parole sono evidenti due tratti del suo carattere: l’enorme gentilezza nel rendersi pienamente a me disponibile e la sua sensibilità estrapolabile anche dalle risposte che vedrete fra pochi momenti.
In questo momento è ad Oakland, quindi le comunicazioni sono parecchio difficili, in quanto i suoi momenti liberi coincidono spesso con le mie ore di sonno, ma nonostante tutto questo, ecco a voi l’intervista a Giorgio Tavecchio!

Ciao Giorgio! Come ti senti, specialmente dopo l’ottima preseason dello scorso anno, rispetto a questa opportunità?
Mi sento come mi sono sempre sentito negli ultimi anni, ovvero grato per l’opportunità di poter continuare con il football americano a questi livelli.

Curiosità mia: com’è uno spogliatoio NFL?
Immagino che lo spogliatoio NFL non sia tanto diverso da uno spogliatoio della Serie A: tanti personaggi con tanto talento (e magari qualcuno con un po’ troppo ego…), ma alla fine sono tutti semplicemente essere umani che s’impegnano a svolgere il loro mestiere al meglio.

Breve, ma sicuramente positiva l’esperienza ai Packers.

La scorsa stagione è stata particolarmente dura per i kicker, anche a causa dello spostamento dell’extra point: da kicker sapresti darmi una spiegazione a tutto ciò? E’ un problema principalmente psicologico?
Onestamente non saprei spiegare con certezza…secondo me si potrebbe trattare di un fastidio psicologico dopo il cambiamento delle regole, ma c’è anche da dire che i touchdown possono avvenire all’improvviso, perciò i kicker tante volte hanno meno tempo per la loro preparazione a bordo campo prima di dover entrare in confronto ad un normale field goal in cui hai primo, secondo e terzo down prima che tocchi a noi!

Qual è la cosa che più ti ha lasciato a bocca aperta della NFL?
Le capacità fisiche dei miei compagni…sono atleti mostruosi!

Parliamo un po’ di Oakland. Come li vedi questi Raiders, per molti veri ed unici antagonisti ai Patriots nella AFC?
Li vedo decisamente bene! Coach Del Rio si è subito dato da fare nel cambiare la cultura della società quando arrivò nel 2015, e ci è riuscito in pieno: per questo motivo adesso la squadra ci crede tantissimo!

Cosa ne pensi del trasferimento dei Raiders da Oakland a Las Vegas, considerando l’attaccamento della città a questa franchigia?
Immagino che sarà dura per la città e per i tifosi, ma sono convinto che la “Raider Nation” rimarrà fedele alla squadra…alla fine, non è stata una decisione presa da noi!

La tua abilità è cosa nota, ma essere un kicker è anche e soprattutto questione di testa: hai una routine o un pensiero ricorrente prima di ogni tuo calcio?
Si, ho una routine fisico e mentale che ripeto in preparazione di ogni calcio che pone enfasi sul controllo della respirazione ed alcuni punti fondamentali più tecnici.

Com’è essere italiano nella NFL? C’è un pregiudizio nei confronti di un paese che ha occhi solo ed esclusivamente per il calcio?
Direi che per me è sempre stata una cosa positiva nel senso che tanti hanno qualche collegamento all’Italia (parenti, etc) e allora mi rende un po’ “particolare” in confronto agli altri… ma c’è anche lo stereotipo che i kicker siano tutti stranieri ex-giocatori di calcio. Nonostante tutto mi sento di dire che comunque il giudizio sull’Italia e gli italiani qui in America è decisamente positivo!

Il mio, il nostro augurio è quello di vedere una scena simile ad ottobre.

Come ti senti ad essere un vero e proprio pioniere del football americano, in quanto indipendentemente da ciò che accadrà a settembre, possiamo dire che Giorgio Tavecchio è uno dei pochissimi italiani che abbia mai giocato nella NFL. Come ti fa sentire tutto ciò?
Ride. Mi farebbe sentire molto lusingato ed orgoglioso di essere il porta-bandiere per l’Italia, anche se prima di me ci sono già stati alcuni Italiani nella NFL, come Leo Nomellini negli anni 50 con i 49ers (defensive tackle e Hall Of Famer, n.d.r) e Massimo Manca (kicker per i Bengals, n.d.r) negli anni 80! Ma sinceramente per me, l’obiettivo principale è quello di essere un buon esempio per i giovani da un punto di vista personale (di carattere, per esempio) mentre vivo quest’avventura con il football americano.

Per finire, secondo te il football americano potrà avere un boom come lo ha avuto la NBA negli ultimi anni, o è solo utopia?
Non saprei dirti, ma so per certo che ci sono tanti italiani super appassionati di football americano in Italia! E’ uno sport che sta crescendo piano piano in Italia, e adesso che il mondo sta diventando sempre più piccolo grazie alla tecnologia ed i vari social media, sono ottimista che gli “Americani” sfrutteranno la loro affinità per il Bel Paese, esportando via via sempre più football pure qua, come nel caso d’Inghilterra o Messico.

Sarà sicuramente dura sopravvivere all’estate e far parte del roster finale, ma questa potrebbe essere veramente la volta buona per Giorgio: questo è l’augurio che noi tutti appassionati gli facciamo, ma in ogni caso, Giorgio Tavecchio ha sicuramente già scritto una pagina importante nella storia fra NFL e Italia.
Forza Tav!

3 thoughts on “Storie dalla NFL: intervista a Giorgio Tavecchio

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