1 – Jets, sfortuna e caos

geno-smith-ryan-fitzpatrick-e1476898121822I Jets sono nel caos più totale, presi come sono da repentini cambi di quarterback dettati da indecisione e coincidenze astrali aspramente negative. L’indecisione è quella di Todd Bowles, che dapprima aveva assicurato che Ryan Fitzpatrick sarebbe rimasto al suo posto anche dopo la pesante sconfitta nel Monday Night di dieci giorni fa contro Arizona, per poi retrocederlo a backup regalando una nuova possibilità di redenzione a Geno Smith. Nonostante l’affermazione contro i Ravens, che non migliora comunque la situazione generale di una squadra destinata a scegliere in alto durante il prossimo Draft, le circostanze non si sono rivelate essere delle migliori per i Jets, dato che Smith si è fatto male già nel primo tempo (ecco le coincidenze astrali non desiderate) ed ora sarà costretto a saltare il resto della stagione per l’infortunio al legamento crociato anteriore.

Nonostante l’incoraggiante prova di Smith per quel poco che s’è visto (touchdown di 69 yard per Quincy Enunwa) non crediamo che le intenzioni di Bowles fossero differenti dal fornire una semplice nuova chance ad un quarterback che non è mai cresciuto tecnicamente e non ha mai mostrato un briciolo di maturità e né di umiltà, quindi prima o poi immaginiamo che, dopo aver accumulato altre probabili sconfitte, Petty o Hackenberg avrebbero goduto della loro opportunità di mettersi in mostra per capire la direzione da intraprendere per un ruolo nella quale i tempi recenti non hanno certo portato molta stabilità.

Ora invece il titolare è di nuovo Fitzpatrick, che avrà il non facile compito di cancellare tutte le brutte prestazioni messe assieme in questo campionato da dimenticare, ma che si è dimostrato solido una volta rientrato in campo per sopperire all’uscita di Smith. Un’agevolazione è arrivata dal piano di gioco, impostato in maniera massiccia su un Matt Forte assai determinante per il buon funzionamento dell’attacco, segno che Bowles intende far partire la palla per aria nel minor numero di occasioni possibili, individuando in questa mossa la modalità più concreta di tagliare i turnover. Forte non ha avuto medie eccelse per portata (3.3) ma ha deciso la gara con due mete, e per il futuro aspettiamoci, se il punteggio lo permetterà, una dose pesante di gioco a terra per gestire il cronometro e ridurre il pericolo di intercetti. Ciò non toglie che, a meno di clamorose rimonte, nella seconda parte della stagione uno tra Petty e Hackenberg sarà posto sotto esame.

2 – I Seahawks devono migliorare molti aspetti offensivi

In queste ultime settimane la fortuna ha assistito i Seahawks, che a nostro parere restano senza ombra di dubbio una delle squadre più possenti della Nfl, chiamati però a porre rimedio ad un attacco che non sta producendo come dovrebbe. La buona sorte si sa, prima o poi può anche voltare le spalle, e non sempre interviene un’interferenza non fischiata a Julio Jones od una pessima giornata di Chandler Catanzaro a sistemare la questione in via positiva, e Seattle non può certo permettersi di salvarsi per merito di episodi.

Difensivamente, e lo stesso discorso vale per Arizona, è stata messa in piedi una partita maestosa, ma è difficile pensare di potersi misurare con qualsiasi potenza della Lega con un attacco ridotto in queste condizioni. La serie di terzi down non convertiti ad un certo punto della gara sembrava essere interminabile, tanto da conoscere già l’esito del gioco cominciando già a pensare all’entrata in campo del reparto offensivo di Arizona: 3/14 nelle conversioni di terzo down, 4.5 yard per gioco, rarissimi attraversamenti della metà campo, 6 punti in ben 13 drive offensivi non possono essere cifre accettabili se si punta al Super Bowl.

E’ chiaro che non si possa chiedere all’attacco di girare al massimo se alcuni dei singoli elementi di spicco non sono al top della forma, e qui dobbiamo lodare un Russell Wilson leonino nel giocare in stato di semi-immobilità per via della lesione al legamento mediano collaterale che si sta portando dietro da settimane, c’è poi da tener buon conto di un gioco di corse ondivago e malmesso per quanto riguarda l’infermeria (i tempi di recupero di Thomas Rawls sono ancora incerti) e di una linea offensiva che da due o tre stagioni non si è certo rivelata essere tra le più solide che si possano trovare. Ciò non toglie che una super-difesa non sempre basta se poi dall’altra parte non si attraversano i paletti arancioni con una certa facilità…

3 – I provvedimenti disciplinari per Josh Brown dovevano essere gestiti meglio

Il che la dice lunga sulla modalità gestionale di un Goodell sempre più sotto stretta osservazione. I problemi di Brown erano già emersi durante la offseason e gli si era comminata una sospensione di una sola partita a seguito del caso di violenza domestica cui il kicker dei Giants era stato protagonista dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo, una punizione vergognosamente corta per azioni di tale viltà.Il bubbone è definitivamente scoppiato dopo che la Nfl ha deciso di investigare per bene su alcuni documenti resi ufficiali, nei quali il kicker ammetteva di aver abusato della moglie fisicamente, verbalmente ed emozionalmente, quanto bastava per escluderlo con celerità dalla partita di Londra contro i Rams parcheggiandolo nella cosiddetta exempt list del Commissioner, prima del fresco taglio da parte dei Giants.

Chiunque vorrà firmare Brown in futuro dovrà fare i conti con una sospensione che dovrà essere ben più lunga di una giornata se davvero non si vuol dare l’impressione che vengano utilizzati due pesi e due misure, vero che non ci sono elementi video come nel caso Ray Rice, vero anche che se paragoniamo questa brutta faccenda a tutte le stupidaggini di penalità che vengono inflitte ai giocatori in caso di celebrazione o alla pietosa vicenda del Deflategate, l’impressione è che ai piani alti della Nfl più di qualche cosa sia da modificare a livello disciplinare, il che potrebbe essere un interessante argomento di dibattito in ottica della discussione del prossimo contratto collettivo.

4 – Arizona si è mangiata un’occasione colossale

larryUn pareggio potrebbe non essere nulla di disastroso, ma potrebbe comunque pesare sul momentum che la squadra del deserto stava attraversando dopo essere caduta in un baratro molto pericoloso. I motivi di rammarico sono tanti: c’era la chiara occasione di rifilare una lezione ai rivali di Seattle, proprio quelli contro i quali si sta cercando di recuperare terreno per la vetta della Nfc West, si è sprecata una sontuosa prestazione difensiva fatta di sole 52 yard concesse su corsa, il 21% elargito su conversione di terzi down, e 225 yard accumulate da Russell Wilson ma clamorosamente gonfiate dai numeri messi su in overtime, e soprattutto non si è portata a casa una gara rivelatasi più che alla portata della squadra di Arians, un ottimo rimedio per continuare ad allontanare il brutto inizio di campionato.

Il bello è che la produttività non è affatto mancata ai Cardinals in questo loro primo pareggio degli ultimi trent’anni, David Johnson è stato il solito tuttofare, Carson Palmer ha tirato fuori una prestazione praticamente priva di errori nonostante l’aver saltato ben due allenamenti settimanali, e le 342 yard con cui ha concluso la sua personale partita sono statistiche che in condizioni di normalità verrebbero abbinate ad almeno un paio di touchdown. Non sono arrivati quelli e non sono arrivati i punti della sperata vittoria, merito dell’attenta difesa di Seattle, di un paio di salvataggi provvidenziali nel supplementare (David Johnson e J.J. Nelson atterrati poco prima dell’area di meta) e dei clamorosi calci sbagliati da Chandler Catanzaro, una mescolanza di eventi sicuramente amara da digerire per una situazione molto contorta, nella quale i Cardinals stessi hanno poi schivato la cosiddetta pallottola.

Si ponga la situazione un po’ come si vuole, rimane il fatto che Arizona, a fine regular season, potrebbe seriamente rimpiangere di non aver ridotto le distanze sui Seahawks, gli unici ad aver tratto vantaggio da questo raro risultato in pareggio che lascia i posizionamenti divisionali esattamente com’erano nella settimana precedente, con una gara in meno da giocare.

5 – I Redskins deludono puntualmente

A Washington la sensazione di scoramento è frequente, la storia recente della franchigia la conosciamo bene e non serve ricordarla, e nel loro complesso le ultime annate hanno portato più negatività che altro nonostante i due recenti primi posti della Nfc East. La squadra continua a non convincere, non riesce a prevalere come dovrebbe nelle partite a margine ridotto di scarto nel punteggio, e tutto viene deciso negli ultimi cinque minuti di gara, o in un modo o nell’altro. Si deve sempre soffrire fino in fondo.

Gli Skins hanno un potenziale offensivo discreto, ma è fin troppo evidente che questo attacco si muova con maggior sinuosità in presenza del tight end Jordan Reed, fuori da due gare per trauma cranico, e le prestazioni di Kirk Cousins non possono certo dipendere da un singolo ricevitore per ricevere l’agognato rinnovo contrattuale. L’attacco pellerossa resta tutt’altro che convincente, troppo prono ad errori – e qui chiamiamo in causa un Matt Jones ai limiti della sopportabilità – e dotato di un gioco di corse decisamente stagnante. Messa così è una situazione dove Cousins deve lanciare troppo, con tutte le conseguenze del caso, teniamo poi conto del fatto che Jamison Crowder non può sempe fare tutti gli straordinari dell’universo e che quando si lancia verso DeSean Jackson bisogna quantomeno cercare di centrargli le mani, altrimenti il gioco in profondità non si aprirà mai.

Tre punti in altrettanti quarti contro la difesa di Detroit rappresentano una statistica deprimente, e per come stanno giocando Dallas e Philadelphia il pensiero di ripetere la vittoria della Nfc East non è al momento praticabile.

6 – I Vikings devono sistemare urgentemente la linea offensiva

usatsi_9627969La prima sconfitta stagionale dei Vikings va ricondotta all’enorme pressione lasciata passare dalla linea offensiva nei confronti della già pericolosa front line degli Eagles, a cui non servono certo inviti a nozze come quello di domenica per arrivare a stendere il quarterback o quantomeno a sporcargli le linee di passaggio. La situazione è quantomeno precaria per le ingenti perdite del quintetto titolare, con Matt Kalil e Andre Smith costretti a guardare da fuori per il resto della stagione, ed il gravoso inserimento del veterano Jake Long, il quale al top della forma fu uno dei migliori tackle offensivi della Lega ma che oggi, dopo i noti problemi fisici, fatica ad essere persino l’ombra di se stesso.

Sarà una questione di ruggine, sarà una faccenda legata al non più perfetto funzionamento delle giunture e di un tasso atletico diminuito dall’età e dalle due operazioni al crociato, ma la questione va ponderata attentamente perché la squadra rischia altrimenti di giocarsi una stagione fino a questo momento sorprendente. Sam Bradford è stato sostanzialmente impossibilitato a giocare, dato che ha ricevuto forte pressione in 20 dei 47 tentativi di lancio eseguiti, subendo 6 sack e ricevendo colpi in generose quantità. Per Long ed i suoi compagni di tratta di prendere le parole di Mike Zimmer (soft) come motivazione e giocare con maggiore aggressività in vista dei prossimi impegni, cercando di superare tutte le difficoltà che derivano dal dover troppo spesso ri-organizzare un reparto per il quale la chimica conta più di tutto il resto.

Gli ex-imbattuti Vikings hanno un nervo scoperto, meglio correre ai ripari prima che il piano di gioco di qualche avversario ne approfitti ancora, o potrebbero essere dolori. Con tutte le vittorie ottenute a fronte degli enormi problemi d’infermeria, sprecare tutto sarebbe un vero peccato.

7 – Gli Eagles sono tornati in carreggiata

Nessuno si attendeva una stagione perfetta da Carson Wentz nonostante il suo inizio di campionato a dir poco roboante, ma la trasformazione degli Eagles da grossa delusione 2015 a grande sorpresa 2016 è troppo evidente per essere nascosta a chiunque. Contro i Vikings gli uomini di coach Pederson hanno mostrato una prova complessiva molto positiva, che ha restituito a Philadelphia gli equilibri del primo mese di campionato.

Le buone notizie arrivano soprattutto dalle due linee. Delle imprese di quella difensiva avete letto poc’anzi, un’autentica lezione di pass rush inflitta ai Vikings con un Bradford costretto a non ricordare esattamente nel migliore dei modi l’accoglienza ricevuta al ritorno a Philadelphia, caduto sotto i tremendi colpi di un fronte molto abile nel rompere la tasca andando ad occupare lo spazio vitale del quarterback grazie alla spinta fornita da Fletcher Cox e Beau Allen, con quest’ultimo a fornire una prova importante in sostituzione di Bennie Logan, del quale è normalmente il sostituto. Da non dimenticare, inoltre, che dalle azioni positive giunte dal muro frontale sono nati due importantissimi turnover.

Ottima è stata pure la prova della trincea offensiva, subissata dalle critiche dopo le esose cifre concesse ai Redskins giustificando in larga parte la sconfitta contro di essi, la quale si è ripresa alla grande contro uno dei front four più temibili che vi siano in circolazione. Gli Eagles non hanno concesso nemmeno un sack tagliando di netto le aree di intervento dei vari Griffen, Hunter e Joseph, collezionando una sola giocata con yardaggio negativo su corsa in tutto lo svolgimento della partita, contribuendo in maniera essenziale alle poco più di 100 yard complessive fornite dal backfield. E’ stata una prova positiva a tutto tondo contro un avversario tostissimo, un altro segno di grande maturità da parte di una squadra che sulla carta doveva digerire molte novità prima di essere competitiva, e che sta invece anticipando i tempi.

8 – Jay Ajayi si è preso i Dolphins sulle spalle

Privi di un riferimento offensivo credibile, viste le prestazioni mediocri di Ryan Tannehill, i Dolphins hanno trovato un insperato giovamento dalle frequenti galoppate di Jay Ajayi, il quale domenica ha raggiunto un club tanto prestigioso quanto ristretto di giocatori in grado di superare le 200 yard su corsa in partite consecutive. Gli appartenenti al club esclusivo, O.J. Simpson, Earl Campbell e Ricky Williams, dovrebbero risultare familiari a più di qualche appassionato di football americano.

L’esplosione parziale dell’ex-Boise State arriva quantomeno gradita, non tanto per aver scoperto un probabile diamante grezzo nella sabbia del quinto giro del Draft 2015, piuttosto perché la scoperta giunge nel momento della stagione più opportuno, quello dove Miami si stava pericolosamente rendendo conto che la situazione stava nuovamente precipitando verso l’ennesima non partecipazione ai playoff e dove il pensiero generale era che non ci fosse alcun rimedio per salvare la baracca, se non quello di cominciare prematuramente a ricostruire le fondamenta.

Ora, d’improvviso, i Dolphins si trovano catapultati dal loro due volte giocatore della settimana per la Afc nelle vette statistiche riservate al gioco di corsa, e la speranza rimane quella di poter cavalcare questo momento straordinario del giovanissimo running back per riuscire a raddrizzare le cose dal punto di vista offensivo e togliere un po’ di carico di lavoro dalle spalle di Tannehill, vista la sua propensione all’errore in tutte quelle situazioni dove il gioco aereo diventa vicino all’ovvio. In due gare Ajayi ha prodotto qualcosa come 418 yard demolendo le difese di Steelers e Bills, fornendo nel contempo importanti risposte a quesiti diventati scomodi da risolvere vista la girandola di opzioni che la squadra stava sperimentando con scarsissimo successo, ivi comprendendo il tentato recupero di quell’Arian Foster che proprio questa settimana ha annunciato il ritiro.

C’è da prevedere una maggiore attenzione delle difese nelle prossime settimane, fattore che potrebbe bloccare o limitare l’entusiasmo di questo momento, ma se la linea dovesse continuare a creare questo tipo di spazio permettendo all’attacco dei big play e di poter gestire il cronometro, la stagione di Miami potrebbe prendere una piacevole piega positiva.

9 – Adam Vinatieri è una leggenda vivente, oggi ancor di più

vinatieriE su questo non ci sono proprio discussioni, nel senso che raggiungere un record come il suo a questa età, dopo una carriera già sfavillante anche se si fosse chiusa cinque anni fa, in un ruolo dove possedere un kicker affidabile e duraturo è un qualcosa di assai complicato, è un qualcosa di davvero ammirevole. Ed è proprio molto curiosa la coincidenza accaduta in questa precisa settimana, dove il record ottenuto da Vinatieri – 43 field goal consecutivi messi a segno, non sbaglia dalla seconda settimana del campionato 2015 – è arrivato nel momento stesso in cui abbiamo assistito ad un Sunday Night condito da errori ravvicinati di ogni tipo (ricordiamo Al Michaels ed il suo memorabile “that’s impossible!” al tentativo fallito da Hauschka).

Il kicker più prolifico degli ultimi vent’anni era già detentore di parecchi ottenimenti interessanti, ed il suo piede, come noto, ha deciso un paio di Vince Lombardi Trophy: quattro volte campione Nfl, due calci decisivi al Super Bowl per dare la vittoria alla propria squadra (all’epoca i Patriots), detentore del record di carriera per punti segnati da parte di giocatori in attività, ed oggi autore di una striscia consecutiva che supera di una lunghezza il vecchio primato di Mike Vanderjagt (un ex-Colts, fatalità vuole…), una dimostrazione straordinaria di precisione ed una fonte preziosissima di punti per tutte quelle occasioni dove i touchdown faticano ad arrivare, specialmente con i Colts messi nelle condizioni non certo soddisfacenti di quest’anno.

Sempre decisivo, sempre sulla cresta dell’onda, il tutto a quarantatre primavere suonate, delle quali ventuno passate a centrare i pali tra i professionisti. Roba da elezione alla Hall Of Fame al primo giro disponibile, in un ruolo che storicamente non presenta molti altri esponenti capaci di tanto.

10 – I Patriots non sono imbattibili, ma lo sembrano sempre più

Tradotto, significa che hanno perso una partita ma non per questo debbono smettere di fare paura a tutta la concorrenza che hanno ed avranno a gennaio. Ci sembrano sempre i soliti Patriots, rischieremo pure di essere noiosi ma la sostanza non può essere diversa da questa, perché è esattamente questo che il campo ci racconta. Domenica c’erano degli Steelers privi di Ben Roethlisberger, vero, ma il controllo della partita non è mai stato realmente posto in discussione, e Tom Brady ha diretto la sua orchestra con la solita naturalezza usufruendo delle sue armi più classiche.

Da quando Brady è rientrato dalla nota squalifica Rob Gronkowski ha ricominciato a mettere su numeri di rilievo segnando le sue prime due mete stagionali, e la cosa non è certo una coincidenza, perché tanti anni passati a studiare assieme ogni singola sfaccettatura di una disposizione difensiva vogliono dire tantissimo. E sappiamo anche cosa significhi poter disporre di un ricevitore di quella stazza e di quella agilità contro marcatori sotto dimensionati o più lenti di piedi, in particolare nelle partite di playoff, quando la puntualità nel varcare la endzone può fare tutta la differenza del mondo in partite stringate e combattute.

L’accurata precisione del gioco aereo è un fattore fondamentale, basti pensare che nessun quarterback dei Patriots – e finora ne sono stati utilizzati tre – ha lanciato un singolo intercetto, una prova di efficienza altissima. L’equilibrio offensivo è un altro motivo del successo, perché quando si ha LeGarrette Blount sul campo a produrre più di 5 yard per tentativo – condite da due mete – allora ci si può permettere di mischiare le carte costantemente, mandando in pallone anche la più attrezzata delle difese. Sarà interessante osservare il prosieguo del cammino della corazzata di Bill Belichick, che domenica incontrerà quegli stessi Bills che inflissero a New England un rarissimo 16-0 al Gillette Stadium ad inizio ottobre, un’altra occasione in cui Rex Ryan tenterà di superare la sua nemesi più accesa.

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