1 – Se Atlanta difende così, allora è una contender

d8466e1c22cd4361896305647072cb90E’ il classico gioco dei se e dei ma, il che lega la possibile realizzazione di un evento, in questo caso la qualificazione ai playoff, ad una serie di fattori ipotetici. I Falcons hanno dimostrato in queste cinque settimane di gioco di possedere un armamentario offensivo più che ricco di soluzioni, ed ora, dopo la vittoria in trasferta a Denver, ci sono maggiori certezze pure riguardo la difesa. La squadra fa paura, le statistiche offensive sono da prima della classe ed il problema per qualunque avversario è il cercare di contenere per quanto possibile qualcuna delle opzioni a disposizione di Matt Ryan, che sta vivendo un anno decisamente fantastico.

Resta solo da scegliere il male minore e, cosa peggiore, tutti hanno scoperto che non basta levare Julio Jones dall’equazione per ottenere risultati soddisfacenti come testimoniato dalle affermazioni contro Denver e New Orleans, nelle quali l’attuale miglior ricevitore in circolazione ha registrato 45 yard totali. D’accordo, direte voi, ci sono sempre le 300 prodotte contro Carolina, ma questo è un accadimento più unico che raro, ed in ogni caso non svela la soluzione che le avversarie vanno disperatamente cercando per cercare di limitare in qualche modo un backfield che chiamare letale ancora non rende bene l’idea, attrezzato dai continui big play di Devonta Freeman e Telvin Coleman, quest’ultimo rivelatosi un pezzo fondamentale dello scacchiere offensivo organizzato con grande astuzia dal coordinatore Kyle Shanahan.

Davanti a 457 yard a partita si può fare molto poco, se poi il punto debole delle vecchie edizioni, una difesa che non sapeva cosa fosse la pass rush, si mette a produrre numeri da capogiro sul campo della detentrice del titolo allora i discorsi possono tranquillamente cambiare. E questo significa che, se davvero i Falcons hanno sistemato le lacune difensive, abbiamo per le mani un giocattolino che a gennaio potrebbe impensierire le favorite al titolo, inserendosi a pieno titolo nella corsa.

2 – Rex Ryan ha rischiato e (per il momento) vinto la scommessa

Ammettiamo il nostro totale scetticismo dinanzi alla decisione di licenziare il coordinatore offensivo Greg Roman, mossa che vista dall’esterno pareva assegnare a Rex Ryan un antipatico ruolo di scansa-responsabilità che per giustificare le sue malefatte non aveva esitato nel porre sul patibolo un suo subalterno. Non possiamo rimanere contrariati a lungo davanti ad un filotto di tre vittorie consecutive, le quali sono corrispondenti a tre affermazioni di grossa qualità se pensiamo che le avversarie erano nell’ordine Arizona, New England, e dei Los Angeles Rams a loro volta reduci da tre successi in fila.

A beneficiare del cambio al timone offensivo (Anthony Lynn è il nuovo offensive coordinator) è stato soprattutto LeSean McCoy ma i miglioramenti riguardano tutto il backfield, certo è che passare dalle 58.5 yard di media delle prime due uscite di Shady alle 110 delle ultime tre gare significa aver eseguito un salto di qualità non indifferente. Sfruttare al massimo le qualità del backfield significa non doversi più affidare per gran parte ad un gioco aereo che non è certo la specialità di casa, sappiamo fin troppo bene che Tyrod Taylor non è Tom Brady, ma con un gioco equilibrato l’ex quarterback di Virginia Tech può fare occasionalmente male alle difese con il braccio e più volentieri con le proprie gambe, essendo dotato di una mobilità senza dubbio sopra la media.

Ora per i Bills la questione è sempre la solita, la situazione è stata raddrizzata appena in tempo per non mettere la stagione in discussione, ma la piazza desidererebbe molto partecipare ai playoff piuttosto che accontentarsi di un altro piccolo progresso in attesa del grosso salto di qualità. La situazione sembra virare per il meglio grazie all’incapacità costante di Miami di creare qualcosa di buono e l’inattesa discesa dei Jets, l’importante per i Bills è non cadere nei passi falsi del passato, e tutto potrebbe – finalmente – andare per il verso giusto mettendo fine ad un digiuno quasi eterno.

3 – A San Diego la malattia è cronica

A spropositate migliaia di chilometri di distanza da San Diego, qui in Italia, percepiamo pure noi la frustrazione montante di Philip Rivers, uno che caldo lo è già di per sé a livello caratteriale. Eppure, se dovessimo scegliere un capro espiatorio per una situazione che nelle ultime tre uscite ha avuto del ridicolo, lui sarebbe esattamente il primo degli esclusi, tanto alto a livello qualitativo è il football che sta giocando con i mezzi che la dirigenza gli ha messo a disposizione e considerate due variabili negative come l’assenza per la stagione di Keenan Allen e l’evidente calo fisico di Antonio Gates.

Il problema sono senza dubbio i turnover commessi da Melvin Gordon e compagni, che hanno deciso in negativo troppe partite consecutive mettendo in cattiva luce non solo la reputazione dei Chargers, ma pure un record che anziché di 1-4 poteva essere migliore di almeno un paio di vittorie. Passi per la prima di campionato contro Kansas City, ma battute d’arresto come quelle patite contro Saints e Raiders delineano i tratti di una squadra che non sa minimamente come gestire il quarto periodo di una partita, peccato gravissimo e che non permette altro se non passare un’altra stagione in sordina, in attesa che arrivi quella prossima, con l’unica preoccupazione rimasta corrispondente all’attendere decisioni più precise sulla prossima allocazione della franchigia. Peccato, perché per Rivers il tempo scorre inesorabile, e per quello che ha fatto nella sua carriera avrebbe meritato una chance per giocarsi il titolo.

4 – L’attacco di Green Bay non ha il solito ritmo

rodgersE questa pare davvero una stranezza bella forte, perché i Packers navigano al momento in acque tranquille nella Nfc North dietro solo agli imbattuti Vikings, e nonostante gli intoppi offensivi tutto sembra andare per il verso giusto. Tuttavia, non si possono fare a meno di notare alcuni automatismi mancanti nel settore gestito sempre così bene da Aaron Rodgers, un vero e proprio maestro del gioco del football: un anno fa c’era la parziale scusante del grave infortunio a Jordy Nelson per un attacco che alla fine dei conti è partito come un diesel, quest’anno Jordy c’è e pare tornato pure bello in forma, ma sembra mancare la connessione semi-automatica tra Rodgers ed i suoi ricevitori, che giocavano oramai a memoria in qualsiasi situazione.

Eppure in più di qualche partita si è notato un ottimo lavoro da parte della linea offensiva, con tempi lunghissimi a favore del quarterback per decidere la migliore delle opzioni, e probabilmente parte della soluzione sta nel riuscire a coinvolgere maggiormente un Eddie Lacy sempre sotto la lente d’ingrandimento per quanto concerne la prova della bilancia, regalando all’attacco quell’opzione in più che aprirebbe un mondo di soluzioni per una delle specialità di Rodgers, la playaction. Intendiamoci bene, l’attacco è stato comunque produttivo nonostante le poche yard rimediate a partita (in compenso si segna tanto), ci sono solamente parse maggiori rispetto alla norma tutte quelle occasioni dove il pallone è stato fatto schizzare per aria per essere poi battuto a terra o ancor peggio intercettato, consegnando alla miglioratissima difesa il compito di incidere positivamente sulla partita salvandone in alcuni casi le sorti.

La pass rush è tornata di strettissima attualità grazie alle evoluzioni dei vari Matthews, Perry e la piacevole novità Fackrell, e la difesa contro le corse, capitanata dall’ottimo Mike Daniels, è la migliore della lega per yard elargite di media. Strano, ma a Green Bay si può vincere anche così.

5 – Paxton Lynch non è ancora pronto per la NFL

Qualche problemino l’ha sicuramente creato la mancanza di protezione agli estremi della linea offensiva, ma l’esordio da starter di Paxton Lynch non è stato tra i più incoraggianti. Vero che con una difesa del genere ci si può permettere quasi di tutto, vero anche che se l’attacco non segna sono guai grossi, e per affermarsi serve in ogni caso un quarterback preciso e bravo nella gestione dei drive proprio come si era dimostrato essere l’infortunato Siemian, il quale ad ogni buon conto dovrebbe essere della partita già domani notte contro San Diego.

Le statistiche non sono state affatto malvagie ma come sempre non sono tutto, Lynch ha avuto una buona percentuale di completi, siglato un passaggio da touchdown ed oltrepassato le 200 yard, tuttavia la gestione complessiva di alcuni possessi riteniamo possa essere il neo più in vista di questo esordio tra i professionisti. In alcune occasioni Lynch è risultato corresponsabile dei sei sack subiti, a volte ha tenuto troppo il pallone dimostrando di non aver ancora sviluppato completamente gli istinti, e qualche ovale gettato fuori dal campo sarebbe sicuramente risultato migliore di tutte quelle perdite di terreno. Anche se i numeri magari non dicono esattamente questo, ci è sembrata una prova più incolore che altro, che ci indica un bisogno crescente di snap in allenamento per perfezionare aspetti come la precisione sul bersaglio in movimento, il gioco di piedi, e la concretezza delle decisioni. Semmai servisse una controprova, ora ce l’abbiamo: per puntare in alto, Denver ha bisogno di Siemian.

6 – John Elway sa come condurre una franchigia

elway-495x337Vi abbiamo raccontato tante volte in queste pagine di come il successo di una franchigia di football parta dalla testa che sta al comando delle operazioni. John Elway non ve lo dobbiamo certo presentare, è una leggenda dei Broncos, ma riteniamo di doverne sottolineare una volta in più le abilità di general manager della franchigia che lui medesimo condusse a due titoli assoluti da giocatore, dopo che già era stato capace di vincere una scommessa delicatissima come quella di Peyton Manning. Elway il suo mestiere lo sa fare benissimo e dovendo prendere una decisione che sapeva anticipatamente non avrebbe accontentato tutti ha preferito concedere vagonate di milioni di dollari a Von Miller (uno che ha leggermente inciso sull’ultima vittoria al Super Bowl e che non sembra avere la pancia piena) rinunciando alle esose richieste di Brock Osweiler, lasciando ai Texans il lusso di dovergli pagare un contratto più che profumato per lunghi anni senza aver sostanzialmente dimostrato nulla.

Nel paragrafo sopra a questo avete già letto della situazione quarterback a Denver, Trevor Siemian si è dimostrato un giovane ragazzo poco costoso più che adatto al ruolo che gli è stato richiesto di ricoprire, mentre Osweiler ed i suoi 72 milioni di dollari (37 garantiti) quadriennali sembrano essere l’inverso di quanto speravano in Texas. L’inizio, nonostante la vetta in una Afc South troppo debole per calcolare il vero valore di Houston, non è stato incoraggiante ed il buon Brock sta dirigendo uno dei peggiori attacchi aerei di tutta la Lega, assai poco produttivo per yard a gara e soprattutto per segnature, con un rapporto fra touchdown ed intercetti di sei contro sette. Non esattamente cifre che ci si attenderebbe uscire dal proprio quarterback-franchigia, uno status dettato più dall’esoso contratto firmato che non dalla controprova sul campo. Un altro colpo da jackpot di Elway? Sissignori.

7 – La corsa di Jay Cutler a Chicago finisce qui

L’idea ci è venuta più volte visti i disastri combinati da Cutler nella sua permanenza a Chicago, dove si è affermato come uno dei quarterback più sopravvalutati dell’intera Nfl. Con il regista ai box per l’infortunio al dito indice le vittorie non sono cambiate di molto, ma se non altro il gioco offensivo ha preso una piega meno tendente all’errore, grazie alla bontà delle tre solide prove consecutive messe in piedi da un Brian Hoyer lodevole nell’aver molta più cura per il pallone. Il qb rating è nettamente migliore rispetto a quello dell’oramai ex-titolare, il rapporto tra mete ed intercetti è di sei a zero, il numero di yard aeree prodotte di media è aumentato considerevolmente, un’ottima notizia se consideriamo il netto calo del gioco di corse, che staziona nella parte bassa di quasi ogni categoria statistica riservata al backfield.

Sarà una stagione lunga per i Bears, che sono assai poco competitivi e che paiono aver compreso di avere maggiori chance di vittoria con Hoyer al comando, tenuto conto del fatto che di Cutler a Chicago ne hanno già visto abbastanza e che il medesimo non è stato tagliato prima per via dell’eccessivo peso che il suo contratto avrebbe nel salary cap di questa stagione, una cifra insostenibile per poter essere affrontata. Dell’argomento se ne riparlerà nel 2017, quando i Bears sapranno benissimo quale ruolo dovranno coprire con il prossimo Draft.

8 – Tom Brady è tornato, ed ora si salvi chi può…

C’era da immaginarselo che Brady sarebbe tornato con il dente avvelenato, e con i Patriots già titolari di un 3-1 prima del ritorno del futuro Hall Of Famer con la ben nota girandola di quarterback, ora non resta che mettersi a contenere i danni. La chiave dei Patriots si chiama capacità di allestimento di un roster di football americano. Togli Tom Brady ed un Rob Gronkowski tra l’infortunato e l’invisibile dall’equazione ed i destini di New England cambiano davvero di poco, specialmente quando coach e dirigenza si mettono ad orchestrare trade puntualmente per loro vantaggiose ottenendo per un quarto round gente come Martellus Bennett, ad oggi “solo” il miglior ricevitore di squadra con 314 yard e 4 mete.

Se aggiungiamo a tutti questi fattori il rientro di un futuro Hall Of Famer di trentanove anni che gioca ancora come se ne avesse dieci di meno, per le concorrenti il quadro complessivo comincia a diventare preoccupante. Sì, gli avversari di domenica erano i Browns, tuttavia alla faccia della ruggine da scrollarsi di dosso Brady ha ricominciato da dove aveva terminato, con 403 yards, 3 mete e nessun intercetto è già arrivata la prima nomina di giocatore della settimana per la Afc. Se i ritmi sono questi, buonanotte a tutti.

9 – Il licenziamento di Marc Trestman é assai motivato

I Ravens hanno iniziato certamente bene questo campionato, ma gli aspetti offensivi non hanno affatto convinto John Harbaugh, che si è semlicemente seccato di dover assistere ad un playcalling eccessivamente conservativo con tutte le grandi potenzialità che il braccio di Joe Flacco può offrire. Non c’è nulla di cui stare felici nell’osservare le 5.9 yard per tentativo che il gioco aereo ha prodotto fino a questo momento, così come insufficienti sono i 19 punti in media ad uscita che hanno condannato i Ravens ad almeno una sconfitta in più del dovuto rispetto all’attuale 3-2, perché con un sistema offensivo più votato al big play la partita contro i Redskins della scorsa domenica sarebbe andata diversamente.

La grande giocata profonda è nelle corde di Joe Flacco, per cui si è cercato un coordinatore in grado di creare esattamente quel tipo di effetto. Comincia quindi una nuova era per Marty Mornhinweg che ritorna a questo ruolo dopo le esperienze fruttifere a Philadelphia e New York sponda Jets, e dalla cosiddetta apertura del playbook devono forzatamente nascere dei numeri molto più convincenti di questi.

10 – A Dallas c’è una qb controversy

gettyimages-613641488Dak Prescott è una sorpresa tanto quanto Carson Wentz. Incredibile come il giovane rookie dei Cowboys si sia dimostrato così pronto a sobbarcarsi le intere sorti dell’attacco del team di Jason Garrett, ancora non ha lanciato un intercetto ed ha preso un numero considerevole di decisioni corrette per guidare il sistema, ivi comprendendo anche le soluzioni intraprese direttamente con le proprie gambe, che fino a questo momento hanno varcato la endzone per tre volte. All’orizzonte si intravede sempre il rientro di Romo, ma chi credeva che questo sarebbe stato un disastro fino a metà campionato, ora deve fare i conti con la qb controversy più inaspettata della stagione.

Il dubbio si deve porre se non altro per il 4-1 con cui Prescott ha gestito le sorti della franchigia, e ci si chiede se davvero farlo tornare in panchina sarebbe una mossa sensata per Dallas, tenendo pure conto del fatto che se Terrance Williams non avesse dimenticato di fermare il cronometro verso lo scadere della prima di regular season contro i Giants, staremmo parlando di un 5-0. Il dubbio è di quelli corrosivi, perché protraendosi la serie vincente le possibilità di dubbio non farebbero che ingrandirsi a dismisura, pur domandandosi a rigor di logica di come apparirebbe l’attacco una volta che il buon Tony, che per tanti anni l’ha gestito ad alti livelli, avesse la possibilità di rimetterci mano. E’ una scelta delicata quella che attende il coaching staff da qui ad una ventina di giorni, il rientro sarebbe programmato per la gara contro Philadelphia, ma a questo punto non farebbe più notizia il duello tutto matricole tra Wentz e Prescott? Al di là degli aspetti scenici della sfida, qualora l’inerzia rimanesse a favore dei Cowboys la soluzione migliore sarebbe quella di non toccare nulla rispetto all’attualità. Come dicono negli Stati Uniti, se non è rotto, perché aggiustarlo?

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